Jair Bolsonaro, a un passo
dalla presidenza del Brasile, è un ex capitano dell'esercito esponente
dell'ultra destra. Di origini italiane (cognome Bonturi), aveva detto che in
caso di sconfitta sarebbe fuggito in Italia perché in Brasile sarebbe stato
perseguitato.
Candidato “gradito alle Borse”
e che “non dispiace alla aziende italiane”, Bolsonaro non ha mai nascosto la
sua simpatia per la dittatura militare del ventennio 64-85, che però secondo
lui ha “torturato ma non ucciso abbastanza”.
Certo, la borghesia non è
stata con le mani in mano in tutti questi anni. Lula e la sua degenerazione
hanno servito la reazione e l'imperialismo. La sua polizia ha scatenato una
guerra silenziosa e impunita contro indios, contadini, studenti, donne, Lgbt,
attiviste e attivisti dei diritti umani, che i padroni di tutto il mondo,
italiani in primis, hanno sostenuto. Ecco chi c'è dietro il futuro
"Duterte" del Brasile, sostenitore del golpismo militare, che ha
utilizzato la farsa elettorale per aprire un'autostrada ai mercati.
Chi in un paese, che ancora non
ha depenalizzato l'aborto, che uccide 13 donne al giorno e ne stupra una ogni
11 minuti, manda al governo un ex militare nazi-fascista, misogino, omofobo e
razzista, se ne frega dei diritti umani e della democrazia e usa la farsa
elettorale (magari con l'ausilio di scagnozzi armati ai seggi) per continuare
ad imporre il proprio dominio di classe!
E la storia ci insegna che alla
guerra di classe, perché di guerra si tratta, si risponde, in Brasile come altrove, con la rivoluzione
proletaria e con la rivoluzione delle donne nella rivoluzione.
Di seguito un articolo si
Claudia Sarritzu su globalist:
Decine di migliaia di donne
sono scese in piazza la settimana scorsa in tutto il Brasile per protestare
contro il candidato di estrema destra alle presidenziali del 7 ottobre Jair
Bolsonaro. Ma forse era troppo tardi.
'Ele nao' (non lui) è stata la
scritta visibile sulle spille e sui cartelli portati dal gruppo di manifestanti
in diverse città del Brasile oltre alla capitale, Brasilia. Il movimento di
protesta è stato avviato su Facebook da un gruppo che ha raccolto finora 4
milioni di persone.
Bolsonaro rientra in un profilo
che molti troveranno familiare: sostenitore delle armi, fervente religioso e a
favore della famiglia tradizionale, anti-gay e sessista, il suo slogan è
"Il Brasile sopra ogni cosa e Dio sopra tutti". E' il loro Trump, il loro
Salvini. Nel corso della sua non brillante carriera politica (ha visto
convertiti in legge solo due dei 171 disegni di legge che ha proposto in 26
anni da parlamentare) Bolsonaro ha svelato più volte di che pasta è fatto, come
quando disse a una deputata dell'opposizione "non ti stupro perché non te
lo meriti", oppure quando definì "vagabondi" gli attivisti per i
diritti umani. Bolsonaro è inoltre negazionista, in quanto sostiene che la
dittatura militare di Humberto de Alencar Castelo Branco, tra il 1964 e il 1985
non sia mai avvenuta.
È tra i giovani ricchi che
Bolsonaro riscuote maggiore successo: la sua strategia di comunicazione infatti
si muove soprattutto sui social network e fa un abbondante uso di meme e
filmati per Facebook e Youtube. I giovani, specie i ricchi sui 25 anni (la
fascia di popolazione che in Brasile ha maggior accesso a internet) sono
sedotti sia dal modo di parlare schietto di Bolsonaro sia da una costante
nostalgia della dittatura, caratteristica questa tipica del Brasile, che non ha
mai condannato i responsabili di 21 anni di dittatura e non ha fatto i conti
col suo passato violento. Anzi, per molti il regime era preferibile alla
situazione di incertezza e corruzione che caratterizza la politica brasiliana e
sono in tanti a sostenere che un intervento militare sarebbe la soluzione a
molti problemi.
Come succede che un uomo così
spregevole arrivi primo al primo turno presidenziale?
Quando la rabbia e l'ignoranza
vengono cavalcate e gli intellettuali restano indifferenti per troppo tempo.
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