30/04/16
FORMAZIONE RIVOLUZIONARIA DELLE DONNE - 4° PARTE
La monogamia viene meno con la scomparsa delle cause economiche...
Il testo di Engels “L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato” è fondamentale perchè ci mostra che ogni passaggio, ogni descrizione della condizione della donna è sempre legata alle fasi storiche. Questa analisi è importante anche per l'oggi. La proprietà privata, lo Stato, la famiglia sono tre elementi fondamentali da cui partire per analizzare anche oggi i cambiamenti.
A che punto è il sistema capitalistico? Che forma si dà lo Stato? Che forma e che ruolo assume oggi la famiglia rispetto alle esigenze di oggi della borghesia, del capitalismo italiano.
Detto questo, partire dall'analisi delle condizioni di produzione non deve però portare ad una sorta di determinismo. Nonostante queste condizioni rappresentano il fattore base, principale, che determina la persona, non è l'unico, perchè poi a loro volta gli uomini e le donne agiscono, e nell'agire essi stessi sono un fattore di cambiamento. Però negare che le condizioni di produzione siano le base è veramente arrivare all'idea di Dio. Chi è l'uomo? Come è determinato l'uomo? Se non è determinato dal modo di produzione, allora lo è da qualcosa che sta al di sopra dell'uomo...
Questo analisi storico materialistico dialettica è importante per la critica all'idealismo.
L'intellettuale pensa che sia lui a determinare le idee e che per mezzo delle sue idee determina la condizione materiale di vita, e non che lui stesso è il prodotto della condizione materiale.
Questo rovesciamento lo ritroviamo anche nel pensiero femminile.
Le femministe piccolo borghesi pensano che si può cambiare l'ideologia maschilista con le idee, con la battaglia ideologica-culturale. Ma queste idee sono il prodotto di questo tipo di società, non possono essere sradicate se no cambiamo questa società, la base materiale, economica su cui si fondano quelle idee. Le parole da sole non bastano se non si fa la rivoluzione, se non cambia la maniera materiale di vivere. Le idee, anche quelle presenti nel proletariato, sono,come dice Marx, le idee della classe dominante: la gente non nasce con la cultura, gli viene imposta da chi ha il potere, da chi organizza la scuola, da chi organizza tutta la società, usando anche la religione...
Quindi tutte le forme e i prodotti della coscienza non possono essere eliminati mediante la critica intellettuale, ma solo mediante il rovesciamento dei rapporti sociali che le hanno determinate.
*****
DA “L'ORIGINE DELLA FAMIGLIA, PROPRIETA'PRIVATA E DELLO STATO” DI ENGELS: LA MONOGAMIA VIENE MENO CON LA SCOMPARSA DELLE CAUSE ECONOMICHE...“...Andiamo ora verso uno sconvolgimento sociale in cui le basi economiche della monogamia, come sono esistite finora, scompariranno tanto sicuramente quanto quelle della prostituzione che ne è il complemento. La monogamia sorse dalla concentrazione di grandi ricchezze nelle stesse mani, e precisamente in quelle di un uomo, e dal bisogno di lasciare queste ricchezze in eredità ai figli di questo uomo e di nessun altro. Perciò era necessaria la monogamia della donna e non quella dell'uomo; cosicché questa monogamia della donna non era affatto in contrasto con la poligamia aperta o velata dell'uomo. Ma il sovvertimento sociale imminente, mediante trasformazione... dei mezzi di produzione in proprietà sociale, ridurrà al minimo tutta questa preoccupazione della trasmissione ereditaria. Poiché dunque la monogamia è sorta da cause economiche, scomparirà se queste cause scompaiono...La posizione degli uomini in ogni caso subirà un grande cambiamento. Ma anche quella delle donne, di tutte le donne, subirà un notevole cambiamento. Col passaggio dei mezzi di produzione in proprietà comune, la famiglia singola cessa di essere l'unità economica della società. L'amministrazione domestica privata si trasforma in un'industria sociale. La cura e la educazione dei fanciulli diventa un fatto di pubblico interesse...
Ma ciò che sicuramente scomparirà della monogamia sono tutti i caratteri che le sono stati impressi con la sua nascita dai rapporti di proprietà: cioè, primo, il predominio dell'uomo; secondo, l'indissolubilità. Il predominio dell'uomo nel matrimonio è una semplice conseguenza del suo predominio economico e cadrà da sé con la scomparsa di questo. L'indissolubilità del matrimonio è, in parte, conseguenza della situazione economica nella quale è sorta la monogamia, in parte tradizione proveniente dall'epoca in cui il nesso di questa situazione economica con la monogamia non era ancora ben compreso ed era spinto troppo oltre per motivi religiosi. Oggi essa è stata già infranta migliaia di volte. Se è morale solo il matrimonio fondato sull'amore, è anche vero che lo è soltanto quello in cui l'amore persiste. Ma la durata dell'impeto d'amore sessuale individuale è molto diversa, a seconda degli individui, specialmente negli uomini, e una positiva cessazione di una inclinazione o la sostituzione di essa con una nuova passione amorosa, fa del divorzio un beneficio sia per le due parti che per la società. Solo sarà risparmiato alla gente il guazzare nell'inutile sudiciume di un processo di divorzio.Quello che noi oggi possiamo dunque presumere circa l'ordinamento dei rapporti sessuali, dopo che sarà spazzata via la produzione capitalistica... è principalmente di carattere negativo, e si limita per lo più a quel che viene soppresso. Ma che cosa si aggiungerà? Questo si deciderà quando una nuova generazione sarà maturata. Una generazione d'uomini i quali, durante la loro vita, non si saranno mai trovati nella circostanza di comperarsi la concessione di una donna col danaro o mediante altra forza sociale; e una generazione di donne che non si saranno mai trovate nella circostanza né di concedersi a un uomo per qualsiasi motivo che non sia vero amore, né di rifiutare di concedersi all'uomo che amano per timore delle conseguenze economiche. E quando ci saranno questi uomini, non importerà loro un corno di ciò che secondo l'opinione d'oggi dovrebbero fare; essi si creeranno la loro prassi e la corrispondente opinione pubblica sulla prassi di ogni individuo...”
27/04/16
Il lavoro si conquista con la lotta! E le donne portano una marcia in più...!
Varie Disoccupate Organizzate dello Slai cobas
sc di Taranto stanno da alcuni giorni lavorando nei
"Cantieri di cittadinanza". Sicuramente non è il lavoro
vero e stabile che serve, ma anche questo momentaneo
lavoro e reddito è stato conquistato con una dura e
lunga lotta, in cui soprattutto le donne sono state la
maggioranza, l'anima e le più combattive! Salutiamo
questo risultato e tutte le disoccupate ora in forza nei
"Cantieri di cittadinanza". MA CON UN IMPEGNO! Questo
lavoro deve diventare stabile. Comune e Regione sappiano
che queste lavoratrici non si faranno mandare via!
25/04/16
25 APRILE DEDICATO ALLE DONNE DELLA RESISTENZA ANTIFASCISTA - IN USCITA LAVORO DI DOCUMENTAZIONE DEL MFPR
DEDICATO ALLE DONNE DELLA RESISTENZA ANTIFASCISTA - IN USCITA LAVORO DI DOCUMENTAZIONE DEL MFPR
25 aprile 2016: 71° della Liberazione dal nazifascismo
dedichiamo questo lavoro
alle donne della Resistenza antifascista.
Oggi pubblichiamo alcuni stralci perchè il materiale raccolto è tanto. Nei prossimi giorni cercheremo di rendere tutto il materiale in forma organica e lo metteremo a disposizione in un opuscolo.
A proposito delle obiezioni sollevate sul nome GDD: “…la definizione “Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai volontari della libertà” può apparire inadeguata a rappresentare la ricchezza di manifestazioni autonome e il significato di promozione ideale, civile e politica che fu realizzata sotto l’egida dei gruppi. Essa deve essere calata nella mentalità di una società che usciva dal fascismo e che prima del fascismo non aveva conosciuto una diffusa e chiara coscienza paritaria, neppure attraverso la predicazione socialista; e la definizione va riferita all’obiettivo che si poneva di
mobilitare e organizzare le più diverse componenti sociali, facendo anche appello alle motivazioni più elementari e ai bisogni più urgenti e immediati della lotta armata”.22/04/16
Ennesimo femminicidio a Corcolle (Roma). L'assassino è il marito, fascista e traditore
Roma. Un femminicidio da fascista, non per caso
Da Contropiano
Una donna uccisa in un bar, a Corcolle, Roma, periferia così lontana
dalla capitale che quasi non sembra Roma. Assunta Finizio, 50 anni,
aveva cacciato di casa l’uomo, Augusto Nuccetelli, mercoledì scorso,
dopo aver scoperto un tradimento.
Come racconta l’agenzia Ansa, matrice di ogni articolo che uscirà su
questo “episodio di cronaca nera”, si tratterebbe “soltanto” di un
uxoricidio come tanti, frutto di una mente malata che non accettava una
separazione dopo una convivenza.
Quel che le agenzie non riportano, invece, ve lo raccontiamo noi, dalla viva voce degli abitanti del posto:
In questo video, esattamente al minuto 8:30, trovate l’ìassassino che parla di convivenza, integrazione, rispetto e giustizia, intervistato da Piazza Pulita, in un reportage di Salvatore Gulisano da Corcolle. L’occasione era stata fornita da una montatura organizzata: una aggressione – mai verficatasi – ai danni di una autista dell’Atac, donna, da parte di presunti “immigrati”. I fascisti si erano subito lanciati sulla vicenda e scatenando tentati pogrom, che avevano quindi spinto alcune troupe televisive a cercare di documentare “la sensazione di invasione causata dall’emergenza immigrati che si trasforma in odio e reazioni violente…”
C’è anche un’interessante descrizione dei molti tatuaggi fascisti, esibito con orgoglio e strafottenza.
Una piccola notazione politica aggiuntiva: il futuro assassino, grazie alle sue evidenti doti intellettuali, era stato poi candidato in circoscrizione col Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo.
Buona visione.
In questo video, esattamente al minuto 8:30, trovate l’ìassassino che parla di convivenza, integrazione, rispetto e giustizia, intervistato da Piazza Pulita, in un reportage di Salvatore Gulisano da Corcolle. L’occasione era stata fornita da una montatura organizzata: una aggressione – mai verficatasi – ai danni di una autista dell’Atac, donna, da parte di presunti “immigrati”. I fascisti si erano subito lanciati sulla vicenda e scatenando tentati pogrom, che avevano quindi spinto alcune troupe televisive a cercare di documentare “la sensazione di invasione causata dall’emergenza immigrati che si trasforma in odio e reazioni violente…”
C’è anche un’interessante descrizione dei molti tatuaggi fascisti, esibito con orgoglio e strafottenza.
Una piccola notazione politica aggiuntiva: il futuro assassino, grazie alle sue evidenti doti intellettuali, era stato poi candidato in circoscrizione col Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo.
Buona visione.
20/04/16
Lucia Uva: quando la vittima siede al banco degli accusati
Lucia Uva è stata, alla fine, assolta dall’accusa di aver diffamato le forze dell’ordine perché «il fatto non costituisce reato». La sentenza, pronunciata dalla giudice Cristina Marzagalli nel pomeriggio di ieri a Varese, è arrivata una manciata di minuti dopo che la procura aveva chiesto una condanna a un anno e due mesi e una multa di 458 euro per la sorella di Giuseppe, morto nel 2008 dopo essere stato
arrestato e condotto nella locale caserma dei Carabinieri.
L’imputazione riguardava delle dichiarazioni rese da Lucia nell’ottobre del 2011 alla trasmissione televisiva Le Iene e un’intervista inserita nel documentario «Nei secoli fedele» realizzato da Adriano Chiarelli (autore anche del libro ‘Malapolizia’): in entrambi i casi si sosteneva che Giuseppe Uva sia stato riempito di botte e stuprato nella caserma di via Saffi, dove era stato portato nella notte tra il 13 e il 14 giugno del 2008, dopo essere stato beccato ubriaco mentre spostava delle transenne in mezzo alla strada, nel centro di Varese. Secondo i pm, queste ipotesi sarebbero «frutto di una congettura non supportata da alcun elemento di riscontro oggettivo». La tesi della difesa invece era tutta incentrata sullo stato emotivo di Lucia Uva durante una fase complicata delle indagini sulla morte di suo fratello. «Quelle dichiarazioni – ha detto l’avvocato Fabio Ambrosetti – erano giustificate da quanto emerso nelle perizie. Lei ha tutto il diritto di pensare che suo fratello sia stato picchiato, e continuerà nella sua battaglia per la verità». Il tribunale ha accolto in pieno questa versione, e Lucia Uva incassa così una piccola vittoria sul piano giudiziario dopo la batosta arrivata venerdì sera con l’assoluzione dei due carabinieri e dei sei poliziotti che erano finiti alla sbarra con l’accusa di omicidio preterintenzionale in relazione alla morte di Giuseppe Uva.
I legali delle divise, dopo la sentenza di ieri, hanno fatto sapere che non in futuro non cercheranno alcuna rivalsa nei confronti della sorella della vittima, «nonostante le sue pesanti e incaute affermazioni contro poliziotti e carabinieri risultati poi estranei alla morte del suo congiunto, ma comunque amplificate dai mass media e divenute una gogna ingiusta per chi svolge ogni giorno una pubblica funzione». Sette anni di indagini, tre pubblici ministeri diversi e due processi (uno ai medici dell’ospedale di Varese e un altro, più noto, ai poliziotti e ai carabinieri) conclusi con due assoluzioni piene, non sono riusciti a spiegare come sia morto Giuseppe Uva. La battaglia per la verità andrà ancora avanti, anche se è chiaro che, almeno a livello legale, la faccenda sia finita venerdì scorso con l’assoluzione delle divise: l’ipotesi che ad otto anni dai fatti possano emergere nuovi elementi tali da poter riaprire l’inchiesta è più impossibile che improbabile. Le indagini non hanno portato prove, e comunque la si voglia pensare, è chiaro che ad aver perso in questa storia è soprattutto la giustizia italiana, ancora una volta incapace di venire a capo di un caso di malapolizia. Semplicemente ieri il tribunale di Varese ha riconosciuto a una donna – una vittima finita per l’ennesima volta sul banco degli accusati – il diritto a gridare il proprio dolore. Non era affatto scontato.
arrestato e condotto nella locale caserma dei Carabinieri.
L’imputazione riguardava delle dichiarazioni rese da Lucia nell’ottobre del 2011 alla trasmissione televisiva Le Iene e un’intervista inserita nel documentario «Nei secoli fedele» realizzato da Adriano Chiarelli (autore anche del libro ‘Malapolizia’): in entrambi i casi si sosteneva che Giuseppe Uva sia stato riempito di botte e stuprato nella caserma di via Saffi, dove era stato portato nella notte tra il 13 e il 14 giugno del 2008, dopo essere stato beccato ubriaco mentre spostava delle transenne in mezzo alla strada, nel centro di Varese. Secondo i pm, queste ipotesi sarebbero «frutto di una congettura non supportata da alcun elemento di riscontro oggettivo». La tesi della difesa invece era tutta incentrata sullo stato emotivo di Lucia Uva durante una fase complicata delle indagini sulla morte di suo fratello. «Quelle dichiarazioni – ha detto l’avvocato Fabio Ambrosetti – erano giustificate da quanto emerso nelle perizie. Lei ha tutto il diritto di pensare che suo fratello sia stato picchiato, e continuerà nella sua battaglia per la verità». Il tribunale ha accolto in pieno questa versione, e Lucia Uva incassa così una piccola vittoria sul piano giudiziario dopo la batosta arrivata venerdì sera con l’assoluzione dei due carabinieri e dei sei poliziotti che erano finiti alla sbarra con l’accusa di omicidio preterintenzionale in relazione alla morte di Giuseppe Uva.
I legali delle divise, dopo la sentenza di ieri, hanno fatto sapere che non in futuro non cercheranno alcuna rivalsa nei confronti della sorella della vittima, «nonostante le sue pesanti e incaute affermazioni contro poliziotti e carabinieri risultati poi estranei alla morte del suo congiunto, ma comunque amplificate dai mass media e divenute una gogna ingiusta per chi svolge ogni giorno una pubblica funzione». Sette anni di indagini, tre pubblici ministeri diversi e due processi (uno ai medici dell’ospedale di Varese e un altro, più noto, ai poliziotti e ai carabinieri) conclusi con due assoluzioni piene, non sono riusciti a spiegare come sia morto Giuseppe Uva. La battaglia per la verità andrà ancora avanti, anche se è chiaro che, almeno a livello legale, la faccenda sia finita venerdì scorso con l’assoluzione delle divise: l’ipotesi che ad otto anni dai fatti possano emergere nuovi elementi tali da poter riaprire l’inchiesta è più impossibile che improbabile. Le indagini non hanno portato prove, e comunque la si voglia pensare, è chiaro che ad aver perso in questa storia è soprattutto la giustizia italiana, ancora una volta incapace di venire a capo di un caso di malapolizia. Semplicemente ieri il tribunale di Varese ha riconosciuto a una donna – una vittima finita per l’ennesima volta sul banco degli accusati – il diritto a gridare il proprio dolore. Non era affatto scontato.
Per il 25 aprile iniziative a Bologna e il 1° maggio presidio sotto l'ambasciata turca a Roma
Riceviamo, pubblichiamo, partecipiamo!
Donne combattenti e resistenti .. prima e dopo il 25 aprile
Un incontro per onorare le tante Resistenze delle donne…. con contributi a più voci a partire dalla nostra Amedea Zanarini socia fondatrice di Armonie, staffetta e sottotenente partigiana.
Parleremo con le Donne in Nero del primo Tribunale delle Donne di Sarajevo quale spazio per le testimonianze, le voci e l’autonomia delle donne e della loro partecipazione attiva alla costruzione della pace e la creazione di nuovi paradigmi della giustizia.
A seguire chiacchiere e aperitivo autogestito (portiamo tutte qualcosa da condividere)
Inoltre invitiamo e aderiamo a:
Parleremo con le Donne in Nero del primo Tribunale delle Donne di Sarajevo quale spazio per le testimonianze, le voci e l’autonomia delle donne e della loro partecipazione attiva alla costruzione della pace e la creazione di nuovi paradigmi della giustizia.
A seguire chiacchiere e aperitivo autogestito (portiamo tutte qualcosa da condividere)
Inoltre invitiamo e aderiamo a:
CORTEO ANTIFASCISTA Lunedì 25 aprile ore 10 da Piazza dell'Unità al Pratello R'Esiste
L'antifascismo è nostro e non lo deleghiamo!
Il 25 aprile 2016 daremo un segnale chiaro: contro la devastazione capitalista e il terrore della guerra perpetua, una nuova Resistenza è necessaria, una nuova liberazione è possibile. Lo faremo con un corteo che attraverserà il centro cittadino, all'interno di un fitto calendario di iniziative antifasciste che dal 21 al 30 aprile vedranno protagonista la Bologna antifascista. La Resistenza per noi non è mai finita: La Resistenza delle lotte dei braccianti e degli operai del Biennio rosso, dell'opposizione armata al regime di Mussolini, della rivoluzione internazionalista della Spagna antifranchista, della guerra di liberazione, del protagonismo giovanile, studentesco e di fabbrica degli anni '60 e '70, delle lotte per l'emancipazione da parte del movimento delle donne, delle forme di antagonismo e di controcultura dei centri sociali, di tutte le sommosse del vecchio e del nuovo secolo contro oppressione e imperialismo. Questa Resistenza continua nelle lotte di oggi. La Resistenza di oggi è Liberazione - dalle leggi razziste e dai confini statali fatti di muri e di filo spinato - dalle politiche guerrafondaie e neocoloniali dell'Europa - dalla violenza degli integralismi religiosi - dal familismo, dall'omofobia e dal sessismo - dallo sfruttamento e dalla precarietà del Jobs Act - dal saccheggio di ricchezza pubblica causato dalle «grandi opere» - dallo smantellamento dei servizi pubblici essenziali: scuola, sanità, casa, trasporti - dalla corruzione e dagli intrighi mafiosi della politica dei partiti, delle elezioni, delle amministrazioni locali, dei governi - dall'autoritarismo del potere, dalle manganellate della polizia - dalle denunce (5000 in meno di dieci anni!), dai processi e dalle condanne contro chi organizza a testa alta le lotte sociali. La Resistenza di oggi è anche Liberazione dai tentativi di sortita che a Bologna come altrove vedono tristi protagonisti i gruppi neofascisti, neonazisti e ultracattolici, che provano ad alimentare l'odio contro il diverso. È Liberazione dalle menzogne e dai depistaggi di chi ogni anno, a ridosso del 2 agosto, prova a negare la verità sulla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 (85 morti, 200 feriti): la mano è fascista, il mandante è lo stato. Il corteo del 25 aprile darà visibilità a tutte queste battaglie, ognuna fondamentale, ma nessuna, da sola, sufficiente a trasformare radicalmente lo stato di cose. Quella giornata sarà espressione di punti di vista e ambiti diversi ma complementari tra loro, solidali nell'affermare la necessità di una nuova Liberazione. Tutte e tutti in piazza il 25 aprile! Ora e sempre Resistenza! Senza tregua contro fascismo, razzismo e sessismo!
Il 25 aprile 2016 daremo un segnale chiaro: contro la devastazione capitalista e il terrore della guerra perpetua, una nuova Resistenza è necessaria, una nuova liberazione è possibile. Lo faremo con un corteo che attraverserà il centro cittadino, all'interno di un fitto calendario di iniziative antifasciste che dal 21 al 30 aprile vedranno protagonista la Bologna antifascista. La Resistenza per noi non è mai finita: La Resistenza delle lotte dei braccianti e degli operai del Biennio rosso, dell'opposizione armata al regime di Mussolini, della rivoluzione internazionalista della Spagna antifranchista, della guerra di liberazione, del protagonismo giovanile, studentesco e di fabbrica degli anni '60 e '70, delle lotte per l'emancipazione da parte del movimento delle donne, delle forme di antagonismo e di controcultura dei centri sociali, di tutte le sommosse del vecchio e del nuovo secolo contro oppressione e imperialismo. Questa Resistenza continua nelle lotte di oggi. La Resistenza di oggi è Liberazione - dalle leggi razziste e dai confini statali fatti di muri e di filo spinato - dalle politiche guerrafondaie e neocoloniali dell'Europa - dalla violenza degli integralismi religiosi - dal familismo, dall'omofobia e dal sessismo - dallo sfruttamento e dalla precarietà del Jobs Act - dal saccheggio di ricchezza pubblica causato dalle «grandi opere» - dallo smantellamento dei servizi pubblici essenziali: scuola, sanità, casa, trasporti - dalla corruzione e dagli intrighi mafiosi della politica dei partiti, delle elezioni, delle amministrazioni locali, dei governi - dall'autoritarismo del potere, dalle manganellate della polizia - dalle denunce (5000 in meno di dieci anni!), dai processi e dalle condanne contro chi organizza a testa alta le lotte sociali. La Resistenza di oggi è anche Liberazione dai tentativi di sortita che a Bologna come altrove vedono tristi protagonisti i gruppi neofascisti, neonazisti e ultracattolici, che provano ad alimentare l'odio contro il diverso. È Liberazione dalle menzogne e dai depistaggi di chi ogni anno, a ridosso del 2 agosto, prova a negare la verità sulla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 (85 morti, 200 feriti): la mano è fascista, il mandante è lo stato. Il corteo del 25 aprile darà visibilità a tutte queste battaglie, ognuna fondamentale, ma nessuna, da sola, sufficiente a trasformare radicalmente lo stato di cose. Quella giornata sarà espressione di punti di vista e ambiti diversi ma complementari tra loro, solidali nell'affermare la necessità di una nuova Liberazione. Tutte e tutti in piazza il 25 aprile! Ora e sempre Resistenza! Senza tregua contro fascismo, razzismo e sessismo!
Roma 1 Maggio - Presidio davanti l’ambasciata turca
Un migrante irregolare per la
Turchia per ogni migrante regolare all’Europa. Un Paese pagato per lo
“smaltimento” dei profughi verso l’inferno della guerra e delle
persecuzioni, ricompensato per il lavoro sporco dei respingimenti
illegali con i quali si vorrebbero chiudere gli accessi allo spazio
europeo. Una mercato di essere umani che ha il valore di 6 miliardi. E’
questo il cuore della vergogna trascritta nell’accordo Ue – Turchia del
18 marzo del 2016.
Il 4 aprile è cominciata la
deportazione. Teste basse, corpi ossuti, avvolti in giacche di larga
taglia. Corpi (co)stretti tra uomini in divisa, maschere sui volti e
sigillo frontex sul braccio. Sullo sfondo la bandiera europea
Da gennaio 100 uomini, donne e bambini
ogni giorno vengono respinti da una guerra civile ad un’altra guerra
civile. Dalla Turchia alla Siria.
In attesa, 200.000 persone affollano i
20 km del confine turco. Terra di nessuno tra diversi Stati. Terra di
nessuno della stessa guerra.
La Turchia è un paese sicuro. Per gli
jihadisti e per il loro commercio illegale di petrolio, di armi, di
esseri umani e di opere d’arte. Un paese sicuro. Sicuro di essere il
canale europeo delle espulsioni di massa. Sicuro di essere valutato
degno di entrare in Europa, entro la fine di giugno. Isis ringrazia.
La paura è l’architrave su cui si regge la costituzione materiale dell’Unione Europea.
La paura, anche detta crisi, narrata
come perdita del futuro, chiamata precarietà e vissuta come
impoverimento. A suo nome. A sua giustificazione, il corpo del migrante è
esposto al pubblico ludibrio: capro espiatorio. Nel frattempo gli
stregoni della xenofobia, del razzismo e del neo-fascismo mettevano a
riparo se stessi e i loro profitti. Panama papers, altro che orgoglio nazionale!
All’alzare dei muri, al tendere del filo
spinato, agli incedere degli egoismi nazionali, alla narrazione dello
scontro di civiltà, ha risposto un’umanità in marcia. L’abbiamo vista
lungo la balkan route; in continuo movimento, mentre muoveva l’Europa.
L’abbiamo vista nella jungla di Calais, conosciuta e amata nel campo di
Idomeni, costretta tra divise e grate nei campi governativi gentilmente
concessi dal Governo Syriza.
I migranti assiepati lungo il confine
greco-macedone ci hanno detto che chiusa una rotta se ne apre un’altra;
entrando in Albania, attraversando l’Italia, passando per l’Austria fino
alla Germania.
“Vienna la rossa” il 2 aprile ha chiuso
le sue frontiere. Disdetto Schengen. Sospeso l’Europa. Il 3 aprile il
confine italo-austriaco è valicato lo stesso. In centinaia. Cittadini
europei pronti a dire ben venuta a tutta quell’umanità in fuga dalle
nostre guerre. A casa nostra, perché la loro gliel’abbiamo bombardata.
Da Idomeni al Brennero una nuova sfida
si aggira nella Fortezza Europea: per delegittimarne dal basso i
confini, interni ed esterni, e quegli istituti della governance
neoliberale responsabili delle politiche che generano la crisi ed il
bisogno di milioni di persone di lasciare la propria terra.
Se i governi europei usano solo parole
davanti alla macelleria in atto nel Kurdistan turco, se restano
indifferenti per il sostegno della famiglia Erdogan all’Isis, se versano
lacrime di coccodrillo per gli europei caduti negli attentati di Parigi
e Bruxelles, se tollerano che il PKK sia ancora nelle liste del
terrorismo mondiale, se in nome della paura si rende il corpo umano
merce di scambio tra Stati, se il neo-sultano può chiedere l’ingresso in
Europa mentre denigra le donne, manganella il dissenso e censura la
stampa, infine, se davanti a tutto questo non vi è nessuna rottura
diplomatica dei rapporti tra Italia e Turchia, è il tempo che questa
rottura venga agita dal basso. E’ il tempo di non tollerare più
l’intollerabile.
Questo non è un appello da firmare. Un promotore a cui accodarsi. Un’area a cui aderire.
Questo è un appello all’azione.
Il Primo Maggio, a Roma, davanti all’Ambasciata Turca.
Genova, donne e ragazzini migranti sfruttati dal racket, "infiltratosi" anche nelle nuove rotte migratorie...
Non è una novità, ma è l'ulteriore conferma della mercificazione delle persone da parte di questo sistema: "Passi solo come schiava"
L'allarme delle associazioni: "L'accoglienza è utilizzata come schermo"
Funziona come il gioco dell'oca, ma ogni casella è una gabbia, e non basta tirare il dado: per proseguire il percorso, la tua famiglia deve pagare. Tanto. Sempre di più. «Il debito per i migranti lievita man mano che il viaggio va avanti, li incatena, come le minacce ai familiari e i riti voodoo. Questo accade per le donne, soprattutto nigeriane. Ma non solo: il fenomeno sta aumentando. Adesso, nel mirino del traffico di esseri umani ci sono anche i ragazzini: magrebini, per lo più».
Funziona come il gioco dell'oca, ma ogni casella è una gabbia, e non basta tirare il dado: per proseguire il percorso, la tua famiglia deve pagare. Tanto. Sempre di più. «Il debito per i migranti lievita man mano che il viaggio va avanti, li incatena, come le minacce ai familiari e i riti voodoo. Questo accade per le donne, soprattutto nigeriane. Ma non solo: il fenomeno sta aumentando. Adesso, nel mirino del traffico di esseri umani ci sono anche i ragazzini: magrebini, per lo più».
Marta Guglielmi della Città Metropolitana è la coordinatrice del gruppo Liguria in rete contro la tratta. E con Auxilium, Agorà e Afet Aquilone, è a contatto ogni giorno con un fenomeno che a Genova cresce a velocità impressionante: perché il racket si è infiltrato nelle nuove rotte migratorie.
«Il sistema di accoglienza, purtroppo, si presta a essere permeabile agli sfruttatori – spiega Giuliana Bacchione di Auxilium – le vittime vengono reclutate fin dal deserto. E quando arrivano, sono perfettamente istruite su come richiedere lo status di rifugiate». Sì, perché con lo status una donna può diventare una "Mamy", un anello stabile dello sfruttamento tale da ampliare la struttura criminale. Ma l'asilo politico è anche un ulteriore elemento di ricatto: su cui i trafficanti possono lucrare. A Genova c'è un alloggio segreto, per permettere a queste donne la fuga: ma i posti sono solo cinque, a fronte di una richiesta che scoppia. E i fondi sono sempre meno: solo 90 mila euro all'anno, erogati dal Ministero delle Pari Opportunità.
In campo, per combattere una piaga difficile anche da quantificare – sono 45 i casi seguiti al momento, a Spezia con le unità di strada solo quest'anno sono stati presi 360 contatti – c'è da un lato la rete coordinata dalla Città Metropolitana, dall'altro quella del Comune con il progetto Sunrise e lo sportello di Salita Mascherona.
In campo, per combattere una piaga difficile anche da quantificare – sono 45 i casi seguiti al momento, a Spezia con le unità di strada solo quest'anno sono stati presi 360 contatti – c'è da un lato la rete coordinata dalla Città Metropolitana, dall'altro quella del Comune con il progetto Sunrise e lo sportello di Salita Mascherona.
«Genova è un laboratorio, certi fenomeni si presentano prima che altrove – riflette Marta Guglielmi – le donne arrivano da noi dopo un percorso violento e lungo. Purtroppo, a Genova non c'è più l'unità di strada, molto utile. Le vittime arrivano da noi tramite il numero verde 80029029». «In passato il percorso migratorio delle vittime era diverso da quello degli altri profughi - spiega Francesco Carobbio di Afet – ora i canali gestiti dai racket le seguono dal Nordafrica fino in Libia: la vittima diventa richiedente asilo, così scattano le procedure per l'audizione in Commissione territoriale. Ci capita di accorgerci che una nostra ospite sia in contatto con il racket: quando sono avviate le procedure spesso fugge, va direttamente dal suo carnefice. Dobbiamo intuire i segnali: se è nervosa, se riceve telefonate, se entra o esce agli stessi orari o ha un tenore di vita migliore degli altri. Quando lo capiamo, cerchiamo di parlarne.
18/04/16
Con le operaie in lotta per il lavoro a Ottana, solidarietà del MFPR
Da sardiniapost - Si preparano a trascorrere la prima notte all’addiaccio a 180 metri di altezza le due lavoratrici Valentina Salvai e Francesca Forma, salite questa mattina sulla ciminiera e che protestano contro la chiusura di Ottana Energia,
dopo la mancata proroga del regime di essenzialità da parte di Terna.
Le due donne hanno dato il cambio ai colleghi che protestavano sulla ciminiera da giovedì scorso. Da oggi per gli 82 lavoratori di Ottana Energia scatta la cassa integrazione, una penalizzazione che la forma estrema di protesta cercando di far rientrare.
Intanto questa mattina nell’area industriale di Ottana è arrivato anche Gianluca Serra, consulente del presidente della Regione, Francesco Pigliaru. Si è quindi svolta, assieme al sindaco di Ottana, Franco Saba, e ai sindacati per una breve assemblea, presente anche la rappresentanza aziendale. Serra ha prima parlato al telefono con le due lavoratrici, invitandole a scendere per non correre rischi, poi ha spiegato che “nessuno deve dubitare sul fatto che la vertenza sia seguita passo passo dal Presidente. L’incontro con Pigliaru – ha proseguito Serra – si farà in questi giorni, nel frattempo dovete sapere che ci sono evidenti interlocuzioni quotidiane con il Governo e con le sue strutture tecniche che sovrintendono alle procedure sulla stabilità della rete elettrica, per verificare quali sono le condizioni per un riavvio competitivo della centrale elettrica, un riavvio funzionale anche al rilancio dell’industria chimica a Ottana”. Si è detto “preoccupato”, inoltre, il sindaco Saba: “Quando c’è disoccupazione, c’è disperazione. E’ stato importante oggi l’incontro con il consulente del presidente Pigliaru, perché ha chiarito la posizione della Regione che sta facendo il possibile per sbloccare la vertenza”.
Le due donne hanno dato il cambio ai colleghi che protestavano sulla ciminiera da giovedì scorso. Da oggi per gli 82 lavoratori di Ottana Energia scatta la cassa integrazione, una penalizzazione che la forma estrema di protesta cercando di far rientrare.
Intanto questa mattina nell’area industriale di Ottana è arrivato anche Gianluca Serra, consulente del presidente della Regione, Francesco Pigliaru. Si è quindi svolta, assieme al sindaco di Ottana, Franco Saba, e ai sindacati per una breve assemblea, presente anche la rappresentanza aziendale. Serra ha prima parlato al telefono con le due lavoratrici, invitandole a scendere per non correre rischi, poi ha spiegato che “nessuno deve dubitare sul fatto che la vertenza sia seguita passo passo dal Presidente. L’incontro con Pigliaru – ha proseguito Serra – si farà in questi giorni, nel frattempo dovete sapere che ci sono evidenti interlocuzioni quotidiane con il Governo e con le sue strutture tecniche che sovrintendono alle procedure sulla stabilità della rete elettrica, per verificare quali sono le condizioni per un riavvio competitivo della centrale elettrica, un riavvio funzionale anche al rilancio dell’industria chimica a Ottana”. Si è detto “preoccupato”, inoltre, il sindaco Saba: “Quando c’è disoccupazione, c’è disperazione. E’ stato importante oggi l’incontro con il consulente del presidente Pigliaru, perché ha chiarito la posizione della Regione che sta facendo il possibile per sbloccare la vertenza”.
Violentata dal padrone una bracciante romena
I PADRONI SONO UNA RAZZA SCHIFOSA CONTRO CUI SCATENARE LA DOPPIA RIBELLIONE DELLE DONNE!
Dallo sciopero delle donne ad una manifestazione nazionale delle lavoratrici, delle donne più sfruttate e oppresse...
Dallo sciopero delle donne ad una manifestazione nazionale delle lavoratrici, delle donne più sfruttate e oppresse...
"Gela. Si è presentata in stato di shock al
pronto soccorso dell'ospedale Vittorio Emanuele.
La violenza
in campagna. Una donna
romena di quarantasette anni ha denunciato di essere stata violentata dal
titolare dell'azienda agricola nella quale aveva trovato impiego.
Nelle scorse
ore, anche se la vicenda verrà ulteriormente valutata, l'uomo l'avrebbe
costretta ad avere rapporti sessuali. La violenza subita avrebbe causato
diverse lesioni interne all'operaia romena che, nonostante le enormi
difficoltà, non ha potuto fare altro che rivolgersi ai medici del pronto
soccorso".
Nel
secondo sciopero delle donne dell'8 marzo 2016 tante lavoratrici,
precarie, disoccupate, proletarie si sono mobilitate dal Nord al Sud
contro quella che è oggi la condizione delle lavoratrici più sfruttate e
oppresse dagli attacchi sempre più pesanti da parte delle politiche del
padronato e del governo moderno fascista Renzi.
Nell'appello per lo sciopero scrivevamo:
"...Le braccianti dicono: “Ci sentiamo le
schiave del terzo millennio”. Sono pagate poco più di venti euro al
giorno, per dieci, dodici ore di lavoro, anche quindici nei magazzini;
sono a nero o con una busta paga falsa, per un lavoro massacrante, in
piedi sotto tendoni dove d’estate si arriva a 50 gradi, respirando
prodotti tossici, o piegate per ore e ore. Sono selezionate come schiave
dai caporali o dal moderno e “legale” caporalato delle agenzie
interinali, per i superprofitti delle grandi aziende; devono lavorare
sotto gli occhi di una “kapò” che decide anche quando possono andare a
fare pipì, ma dietro un albero; le più giovani subiscono anche i
ricatti, molestie, fino alle violenze sessuali di caporali e padroni. E
poi, stanno morendo di fatica, come Paola e le altre di quest’estate.."
L’8 marzo
abbiamo cominciato la marcia dello sciopero delle donne che deve andare
avanti... verso una manifestazione nazionale della lavoratrici,
precarie, disoccupate, di tutte le donne sfruttate e oppresse in autunno
Mfpr
13/04/16
IMPORTANTE INCONTRO TRA IL MOVIMENTO FEMMINISTA PROLETARIO RIVOLUZIONARIO E IL COMITATO DONNE ROSSE DI VIENNA
Si è tenuto
sabato 19 Marzo in Italia, nella città di Palermo, l’incontro delle compagne
dirigenti del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario con la
rappresentante del Comitato Donne Rosse
di Vienna.
Un incontro
permeato, sia durante i saluti reciproci iniziali che durante tutta la sua
durata, da un saldo spirito internazionalista che si è concretizzato con il
canto collettivo dell’Internazionale, in apertura e chiusura.
Questo incontro,
come ha detto una compagna del Mfpr, ha messo un altro tassello alla
costruzione di un ponte internazionalista che deve unire le lotte delle donne
rivoluzionarie, e in particolare delle donne comuniste maoiste nel mondo; un
incontro interno al percorso e agli impegni assunti nella celebrazione del 20°
anniversario del Mfpr; un incontro per avanzare nella generale battaglia
ideologica, teorica, strategica e pratica, di applicazione/sviluppo mlm, la
questione del movimento rivoluzionario delle donne, e del ruolo centrale delle
donne nella costruzione dei partiti comunisti di tipo nuovo.
Un incontro
infine che si è voluto porre lungo la strada non facile ma di nuova sfida verso
la costruzione di un meeting internazionale.
Sono stati letti
alcuni messaggi pervenuti in occasione dell’incontro, in particolare quello del
Comitato Donne Rosse di Amburgo, e alcuni testi/contributi e resoconti sull’8
marzo, in particolare del Brasile, Turchia, Francia. Vi è stata quindi
un’informativa in merito alle iniziative dell’8 marzo tenutesi rispettivamente
in Austria e in Italia, qui concretizzatesi con lo sciopero delle donne; con
uno sguardo alle mobilitazioni avvenute in tanti paesi del mondo, sottolineando
la ripresa forte delle origini, proletarie e comuniste dell'8 marzo, e la
denuncia, ovunque, del peggioramento della condizione delle donne e in
particolare delle violenze sessuali.
E' seguito un
interessante dibattito, che è entrato anche dentro alcune differenze in maniera
sincera e costruttiva. Le compagne italiane hanno esposto il percorso del Mfpr,
la necessità di un'organizzazione specifica delle donne, il significato e la
necessità di ognuna delle parole: movimento femminista proletario rivoluzionario,
come sviluppo di una nuova prassi e di un nuovo pensiero, come applicazione
concreta del mlm alla realtà di un paese imperialista; come arma esterna
per scatenare la ribellione delle donne come forza poderosa della rivoluzione,
le donne sono la metà del cielo, sono una forza decisiva e di prima linea
nell'inizio e sviluppo della guerra popolare, perchè le donne sono le masse, la
gp è g di massa, senza le masse non esiste gp, così senza le donne proletarie
non esiste femminismo proletario rivoluzionario; nello stesso tempo come
arma interna nel partito, perchè le donne
siano, e si assumano la responsabilità di essere, la “sinistra della
sinistra” nell'impugnare la lotta ideologica per la costruzione dei partiti
comunisti di tipo nuovo, secondo gli insegnamenti di Mao e della GRCP, e
l'applicazione della concezione della “rivoluzione nella rivoluzione”.
La seconda parte
dell’incontro è stato caratterizzato da un bel momento collettivo con la
presenza di rappresentanti delle proletarie in lotta organizzate nel Mfpr di
Palermo. Qui, dopo i reciproci e calorosi saluti solidali. le proletarie hanno
fatto diverse domande alla rappresentante del Comitato sulla condizione delle
donne in Austria. Hanno poi raccontato dell’8 marzo appena trascorso in piazza,
facendo, insieme a tante altre proletarie e lavoratrici, il secondo Sciopero
delle donne, una nuova scintilla che ha illuminato il percorso di doppia lotta
della maggioranza di donne in Italia. Lo sciopero delle donne, per il ruolo di
protagonismo reale che le proletarie, sotto la guida del mfpr stanno assumendo
e praticando, non ha un valore solo nazionale ma anche internazionale.
Il canto
collettivo di Bella Ciao e la visione di un video sulle iniziative dell’8 marzo
in Germania e dello sciopero delle donne dell'8 marzo in Italia, ha concluso
con uno forte e unitario spirito combattivo e internazionalista questo bel
momento.
L’incontro si è
concluso con un’ultima parte in cui sono state esposte le proposte per la
continuità del lavoro nazionale e internazionale, in particolare:
L'Mfpr porterà il
proprio contributo alla settimana internazionale 2/9 aprile a sostegno della
lotta delle donne indiane contro stupri, arresti, torture, uccisioni, e delle
prigioniere politiche indiane,
combattenti della guerra popolare; sviluppando anche la solidarietà alle
compagne di Yeni Kadin/Atik e a tutte le prigioniere politiche nel mondo,
rilanciando in Italia la campagna per la prigioniera politica Nadia Lioce;
l'Mfpr, dopo lo
sciopero delle donne, lavorerà per organizzare in autunno, in Italia, una
manifestazione nazionale delle donne lavoratrici, precarie, disoccupate, e
nell'occasione della sua tenuta inviterà le rappresentanti del femminismo
proletario in Europa a partecipare.
Le compagne del
Mfpr e del Comitato Donne Rosse Vienna, si sono trovate saldamente unite su due
importanti proposte:
- Iniziative e
attività di pubblicazioni in entrambi i paesi in occasione dell'anniversario
della Grande rivoluzione culturale proletaria, riprendendo tutta la figura e il
contributo di Chiang Ching;
- Avviare il
lavoro per una conferenza internazionale delle donne lavoratrici nella
primavera del 2017, da tenersi in Italia, promossa e con la presenza delle
realtà del femminismo proletario nei paesi imperialisti e del movimento
feminino popular dei paesi oppressi dall'imperialismo.
In preparazione
di questa conferenza, in estate l'Mfpr preparerà una bozza di appello.
L'Mfpr e il
Comitato Donne Rosse Vienna si sono trovate profondamente unite sulla
valutazione positiva di questo primo incontro, e sulla necessità di portare più
avanti il dibattito, il confronto,
rivolto anche alle altre realtà e organizzazioni delle donne
rivoluzionarie e comuniste.
SCATENARE LA
RIBELLIONE DELLE DONNE COME FORZA PODEROSA PER LA RIVOLUZIONE
VIVA L'INTERNAZIONALISMO
PROLETARIO
AVANTI VERSO LA
CONFERENZA INTERNAZIONALISTA
Seguiranno gli
interventi dell'incontro
MFPR
12 aprile 2016
Importante riconoscimento dell'Ispettorato del Lavoro alle lav asili di Taranto
L'Ispettorato del
Lavoro: "le lavoratrici degli asili fanno attività di
ausiliariato".
Mentre continua lo stato di agitazione delle lavoratrici slai cobas per il sindacato di classe degli asili comunali di Taranto, per il riconoscimento, in termini di aumento delle ore giusto livello retributivo, dell'attività di ausiliariato, che sta creando notevoli disagi nelle scuole,
è arrivata una conferma importante della giustezza della loro richiesta:
L'Ispettorato del lavoro, a cui avevano fatto denuncia le lavoratrici dello Slai cobas, a conclusione dei suoi accertamenti ha scritto che: "dagli accertamenti emerge che per tutta la durata dei rapporti di lavoro, le lavoratrici, pur svolgendo le normali e richieste attività di pulizia, attendevano, in maniera continua e caratterizzante, anche ad attività di ausiliariato in senso stretto, come indicate nel medesimo capèitolato speciale d'appalto. Di conseguenza, ai sensi del CCNL applicato dall'azienda... alle lavoratrici per tutto il periodo oggetto di accertamento, deve essere applicato il parametro retributivo 115 corrispondente al profilo 1, e.s. 1.9, dellivello II, che inquadra gli operai addetti ai servizi di ausiliariato in ambito scolastico...".
DI conseguenza l'Ispettorato ha conteggiato tutte le differenze dovute alle lavoratrici. E poichè la ditta è attualmente in liquidazione, ha richiesto al Comune di corrispondere direttamente alle lavoratrici tali differenze.
E' un importante risultato frutto della battaglia che da tempo lo Slai cobas per il sindacato di classe sta portando avanti, e che ha visto ilsuo momento più importante quest'anno nello "Sciopero delle donne" dell'8 marzo.
MENTRE GLI ALTRI SINDACATI NON FANNO NULLA, DI FATTO ACCETTANDO L'ILLEGALITA' DELLA ATTUALE SITUAZIONE, LE LAVORATRICI DELLO SLAI COBAS HANNO INVECE CONQUISTATO UN PRIMO SIGNIFICATIVO RISULTATO - E ANDIAMO AVANTI PER OTTENERE TUTTI I NOSTRI DIRITTI
Ora questo riconoscimento deve essere anche per l'appalto in corso da parte della Ditta Servizi Integrati.
Non solo. Se le lavoratrici fanno sia lavori di pulizie che di ausiliariato, non possono fare doppio lavoro sempre con il vergognoso orario di 1 ora e 50 minuti al giorno (anche questo in violazione del CCNL che stabilisce: minimo 14 ore alla settimana), ma occorre aumentare l'orario di lavoro.
PER QUESTO LO STATO DI AGITAZIONE CONTINUA!
Esso ha già ottenuto un incontro con la Ditta e un'attivizzazione di alcuni consiglieri comunali.
Ma in Comune ancora latita...
Le lavoratrici Slai cobas sc degli asili
Taranto
Mentre continua lo stato di agitazione delle lavoratrici slai cobas per il sindacato di classe degli asili comunali di Taranto, per il riconoscimento, in termini di aumento delle ore giusto livello retributivo, dell'attività di ausiliariato, che sta creando notevoli disagi nelle scuole,
è arrivata una conferma importante della giustezza della loro richiesta:
L'Ispettorato del lavoro, a cui avevano fatto denuncia le lavoratrici dello Slai cobas, a conclusione dei suoi accertamenti ha scritto che: "dagli accertamenti emerge che per tutta la durata dei rapporti di lavoro, le lavoratrici, pur svolgendo le normali e richieste attività di pulizia, attendevano, in maniera continua e caratterizzante, anche ad attività di ausiliariato in senso stretto, come indicate nel medesimo capèitolato speciale d'appalto. Di conseguenza, ai sensi del CCNL applicato dall'azienda... alle lavoratrici per tutto il periodo oggetto di accertamento, deve essere applicato il parametro retributivo 115 corrispondente al profilo 1, e.s. 1.9, dellivello II, che inquadra gli operai addetti ai servizi di ausiliariato in ambito scolastico...".
DI conseguenza l'Ispettorato ha conteggiato tutte le differenze dovute alle lavoratrici. E poichè la ditta è attualmente in liquidazione, ha richiesto al Comune di corrispondere direttamente alle lavoratrici tali differenze.
E' un importante risultato frutto della battaglia che da tempo lo Slai cobas per il sindacato di classe sta portando avanti, e che ha visto ilsuo momento più importante quest'anno nello "Sciopero delle donne" dell'8 marzo.
MENTRE GLI ALTRI SINDACATI NON FANNO NULLA, DI FATTO ACCETTANDO L'ILLEGALITA' DELLA ATTUALE SITUAZIONE, LE LAVORATRICI DELLO SLAI COBAS HANNO INVECE CONQUISTATO UN PRIMO SIGNIFICATIVO RISULTATO - E ANDIAMO AVANTI PER OTTENERE TUTTI I NOSTRI DIRITTI
Ora questo riconoscimento deve essere anche per l'appalto in corso da parte della Ditta Servizi Integrati.
Non solo. Se le lavoratrici fanno sia lavori di pulizie che di ausiliariato, non possono fare doppio lavoro sempre con il vergognoso orario di 1 ora e 50 minuti al giorno (anche questo in violazione del CCNL che stabilisce: minimo 14 ore alla settimana), ma occorre aumentare l'orario di lavoro.
PER QUESTO LO STATO DI AGITAZIONE CONTINUA!
Esso ha già ottenuto un incontro con la Ditta e un'attivizzazione di alcuni consiglieri comunali.
Ma in Comune ancora latita...
Le lavoratrici Slai cobas sc degli asili
Taranto
10/04/16
Alla giusta battaglia delle lavoratrici degli asili di Taranto, la ditta risponde già con la repressione
E non hanno ancora iniziato lo stato di
agitazione!! Ma questo vuol dire anche che il blocco dei
servizi di ausiliariato che le lavoratrici avvieranno
dall'11/4 fa paura e incide!
Le lavoratrici degli asili
comunali, con condizioni indecenti di lavoro (a 1 ora e
50 al giorno, a sottosalario, costrette a fare doppie
mansioni neanche riconosciute), condizioni che offendono
anche la loro dignità, lunedì prossimo avviano lo stato
di agitazione, sospendendo le mansioni di ausiliariato
che vengono pretese ma non riconosciute, per chiedere:
- l'aumento dell'orario di
lavoro, che ora è anche sotto il minimo contrattuale;
- l'applicazione del giusto
parametro retributivo, come previsto dal contratto per i
servizi di ausialiariato;
- nonchè il pagamento del
100% di quanto ancora avanzano per giugno 2015-Tfr,
dell'appalto precedente.
Questa lotta è
nell'interesse anche della città, dei bambini che
frequentano gli asili, delle famiglie, per un servizio
migliore. Comune e ditta per tagliare i costi tagliano
su tutto, non solo sul costo del lavoro e i diritti dei
lavoratori, ma anche sui materiali di pulizia, sulle ore
di sostituzione, ecc.
Che questa lotta dia
fastidio e si tenta di impedirla, lo si vede già da
ora.
La ditta, Servizi
Integrati, ha inviato una lettera di contestazione a 3
lavoratrici.
Quale sarebbe la loro
colpa?
Aver, secondo la ditta,
portato un comunicato dello Slai cobas nella scuola.
Dove sarebbe
l'irregolarità?
Ma la ditta addirittura
scrive nelle lettere di contestazione che le
lavoratrici per lasciare il comunicato "trascuravano
il servizio", che saremmo di fronte ad una "gravità
del fatto, che causa notevoli disagi all'immagine
aziendale e difficoltà all'azienda..."
Primo, l'azienda dice il
falso, le lavoratrici non hanno affatto trascurato il
servizio, come possono testimoniare le stesse
direttrici degli asili.
Secondo, l'art. 14
dello Statuto dei lavoratori dice:
ART. 14. - Diritto di associazione e di attività sindacale.
"Il diritto
di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di
svolgere attività sindacale, è garantito a tutti i
lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro"
Ma,
soprattutto,
chi parla di regolarità?
E'
regolare che le lavoratrici debbano fare sia il servizio
di pulizia che quello di ausiliariato, senza che
l'appalto preveda un incremento di ore e di importo?
E'
regolare che si facciano appalti al massimo ribasso,
senza neanche mettere al riparo il costo del lavoro, e
più
questo si scarichi sui lavoratori attaccando proprio il
costo del lavoro?
E'
regolare che le lavoratrici lavorino anche sotto il
minimo di orario previsto dal CCNL multiservizi, vale a
dire 14 ore?
E'
regolare che il CCNL prevede che le mansioni di
ausiliariato vengono retribuite con un parametro
superiore e invece le lavoratrici siano pagate con il
livello solo per le pulizie?
E'
regolare che lavorano e non ricevono neanche la loro
misera retribuzione?
QUESTA IMMAGINE E PURTROPPO
REALTA' NON CREA "DISAGIO" ALLA DITTA?
CHI
DEVE RISPETTARE LE REGOLE?
Le
lavoratrici sono pienamente in regola nel chiedere il
rispetto dei loro diritti, compreso il rispetto dei
diritti sindacali!
Chi,
invece di risolvere una condizione vergognosa, risponde
con la repressione, vuol dire che ha paura che "si
scoperchino le pentole"!
LAVORATRICI ASILI COMUNALI
SLAI COBAS per il sindacato di classe - TARANTO
SLAI COBAS per il sindacato di classe - TARANTO
TA. 9.4.16
09/04/16
FCA SATA MELFI - la 'piattaforma delle donne operaie' va sostenuta e portata al tavolo delle trattative
DALLA LETTERA ALL'AZIENDA
Alla
Direzione
Aziendale FCA SATA Melfi
Ufficio
relazioni
sindacali
...a nome
di un
gruppo di operaie della Fiat Sata inoltriamo piattaforma
aziendale in relazione a condizioni di lavoro delle
donne operaie FCA SATA
con richiesta di incontro per discuterla
nulla
osta
presenza all'incontro di altre OO.SS presenti in azienda
e RSU
aziendali...
DALLA LETTERA ALLA DIREZIONE DEL LAVORO DI POTENZA:
...A nome di un gruppo di operaie
della Fiat Sata chiediamo a codesta
Direzione del Lavoro di convocare un incontro con la
azienda FCA SATA di Melfi e la scrivente, avente per
oggetto la piattaforma aziendale - già inoltrata
all'azienda -riguardante le condizioni di lavoro delle
donne operaie FCA
SATA...
PIATTAFORMA
-
le pause devono tornare ad essere di 20 minuti l'una
-
i bagni delle operaie devono essere di più e più
vicini alle
postazione di lavoro
-
riduzione dei carichi e ritmi di lavoro – No all'Ergo
Uas
-
riduzione velocità delle linee per ridurre tempi e
ripetitività dei
movimenti
-
riposi nei giorni di sabato e domenica, senza
riduzione del salario
-
tutela della salute delle donne, miglioramento dei
sistemi di
sicurezza, a partire dai reparti nocivi (fumo, rumore,
ecc);
richiesta agli organi ispettivi di una verifica
generale, sotto il
nostro controllo!
-
ridurre la concentrazione di lavoratori su alcune
linee, perchè
anche questo ha a che fare con la dignità delle donne
-
Assemblee sindacali retribuite delle operaie in più
rispetto a quelle stabilite
Slai cobas per il sindacato di classe Puglia Basilicata
settore
lavoratrici - Coord. Territoriale
DALLE PRIGIONIERE POLITICHE INDIANE, ALCUNE FORTI TESTIMONIANZE - LIBERTA' PER LE PRIGIONIERE POLITICHE! (va avanti la campagna in tutto il mondo - dal 2 al 9 aprile - per i prigionieri politici in India)
"Incatenate mani e piedi, anche durante la gravidanza e il parto, prese a bastonate, stuprate in carcere e nelle stazioni di polizia, fino a farne fuoriuscire l’utero dal corpo, il sangue dalle urine, scosse elettriche sulle piante dei piedi, diventati neri. Impiccate, impalate, stuprate, uccise..."
"...Anche dopo che ha avuto un cesareo le hanno incatenato mani e piedi per due settimane nell'ospedale del carcere, mormora Soni. "Lei non era in grado di nutrire il suo bambino e avrebbe continuato a richiedere al carceriere di sciogliere una mano alla volta, mentre nutre la figlia. Il carceriere urlava verso di lei e le diceva di non cercare scuse... "
"...Durante i suoi 15 giorni di fermo della polizia presso Borguda, Sukma e le stazioni di polizia nel Dantewada, a 16 anni Hidme fu violentata e picchiata con bastoni da parte della polizia. Presto notò sangue nelle urine, Soni ci dice: 'L'utero di Hidme scivolò fuori dopo le torture che ha subito. Nonostante il dolore, ha cercato di rimetterlo senza successo. Il giorno dopo, ha cercato di tagliare con una lama. Fu allora, gli altri detenuti sono intervenuti ed è stata portata in ospedale dove è stata operata. Quei 12 punti ricordano a Hidme dei giorni dei quali non parlerà mai...".
Così sono trattate le donne ribelli, le prigioniere politiche in India, nel paese citato come "la più grande democrazia del mondo”, con la complicità dell’imperialismo nostrano.
In India, le forze armate governative e paramilitari hanno nello stupro una delle più bestiali armi di guerra contro le masse popolari. Nelle vastissime zone dell'India fuori dalle mega città, e soprattutto nelle zone dove è in corso la guerra popolare, gli stupri, le uccisioni delle donne da parte delle forze militari sono una normalità, così come gli stupri che accompagnano sempre le torture quando le donne che fanno la guerra popolare vengono arrestate.
Moltissime donne, compagne hanno fatto, però, della violenza, degli stupri subiti la leva per ribellarsi, oggi costituiscono una parte importante della guerra rivoluzionaria del popolo lottando contro il governo fascista di Modi e lo Stato indiano, che in realtà temono la numerosa presenza delle donne nella guerra popolare e cercano di contrastarne con ogni mezzo l'adesione e partecipazione. Queste donne vengono dalla ribellione ai retaggi feudali, alle tradizioni del matrimonio forzato, del rapimento delle donne, alle violenza e alle bestiali mutilazioni...
Questo fa di questa guerra di popolo un fenomeno internazionale della lotta di liberazione delle donne e della rivoluzione nella rivoluzione, per combattere sui due fronti, della lotta di classe e della lotta di genere, necessaria alle masse femminili per affermare il loro cammino e portare una visione generale, trasformante della lotta di rivoluzionaria.
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