28/11/11

Libertà per Adama e per tutte le/i migranti rinchiusi illegalmente nei CIE/LAGER

Adama verso la libertà?

In soli tre giorni 800 donne, uomini e associazioni hanno risposto al nostro appello per la liberazione di Adama. Anche grazie alla coincidenza con la giornata mondiale contro la violenza sulla donne, lo scandalo costante della detenzione amministrativa di una donna migrante è esploso improvvisamente sulle prime pagine dei giornali e nei servizi televisivi.

La storia di Adama e delle molte violenze da lei subite, il sostegno che ha ricevuto sono stati tali da produrre l’interesse di quelle istituzioni che nei mesi precedenti avevano colpevolmente ignorato la sua situazione. Colpisce che ci sia ancora chi vede qualcosa di poco chiaro nella storia di Adama. Viene così confermata la consueta pratica di addossare alle donne l’onere di dimostrare di aver subito violenza sia essa privata o istituzionale. Ciò nonostante, grazie al suo coraggio e alla mobilitazione collettiva oggi possiamo realmente sperare che Adama ritrovi una libertà che le consenta di riprendere in mano la propria vita, lontano da ogni violenza.

Nulla però è ancora deciso. Per questo è importante che le adesioni all’appello per la sua liberazione continuino ad arrivare numerose. Non si tratta soltanto di un supporto per lei e per la sua effettiva liberazione. Si tratta anche di riconoscere che la storia di Adama è la storia di molte altre, per le quali la violenza è l’altro nome della loro condizione di donne. La storia di Adama, donna e migrante, non è una storia eccezionale, ma la norma imposta a troppe donne migranti che, a causa della legge Bossi-Fini e dei Centri di identificazione e di espulsione, si trovano impossibilitate a denunciare qualsiasi violenza.

Nel pubblicare l’ultimo aggiornamento delle adesioni all’appello per Adama, vogliamo condividere anche la sua sorpresa per la solidarietà ricevuta, una nota di speranza che ha colorato la sua voce per la prima volta in tre mesi. Ci ha detto Adama: “Grazie, non pensavo nemmeno che fosse possibile”.

Per leggere le adesioni aggiornate clicca qui

www.migranda.org

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rigiriamo un articolo di Repubblica di Bologna che sta seguendo la vicenda.
Non stupisce, ma fa rabbia vedere come, da parte delle istituzioni, vedi la neo ministra della giustizia Cancellieri intervistata in proposito, emergono le solite "bisogna indagare", "bisogna vederci chiaro".
Come al solito, sono le donne a dover dimostrare di aver subito violenze e a queste si sommano altre violenze...segue articolo

mfpr

IL CASO

"Adama è malata Fatela uscire dal Cie"

La donna ha denunciato uno stupro: è finita al Centro di identificazione ed espulsione perché irregolare. Il legale ha chiesto al Questore un permesso straordinario per motivi umanitari. La visita medica domandata l'11 settembre è stata autorizzata solo il 26 ottobre

di CARLO GULOTTA

La richiesta di permesso di soggiorno straordinario per Adama, per motivi umanitari, è partita via mail dallo studio Ronchi ieri pomeriggio, e stamattina il legale andrà personalmente in questura per formalizzarla ufficialmente. Ma l'avvocato, oltre ad informare il questore Stingone sulla disponibilità dell'associazione di donne "Trama di terre" di Imola a prendersi cura della migrante senegalese, madre di quattro bambini, ha fatto di più: nel fascicolo ha inserito anche il parere del medico di parte che ha avuto modo di visitarla nell'ultima decade del mese di ottobre. Per il consulente, le condizioni di Adama sono incompatibili col Cie: il medico ha messo nero su bianco che la donna mostra un disagio psicologico evidente, è rassegnata, il tono dell'umore è marcatamente depresso e "manifesta incomprensione per ciò che le è accaduto".

La richiesta di concedere l'ingresso al Cie di un medico per la visita è stata formalizzata dall'avvocato Ronchi l'11 settembre. "Il fax con la risposta della Prefettura - rivela il legale - è del 26 ottobre". Un mese e mezzo dopo. Forse anche per questo la storia di Adama Kebe è diventata il simbolo dei diritti negati alle donne, in particolare a chi arriva da un paese lontano. "Allo stato - dice l'avvocato Ronchi - manca l'attualità delle ragioni che hanno comportato il trattenimento di Adama al Cie". Per il sindaco Merola, la vicenda di Adama "è una vergogna per un Paese che si definisce civile e democratico, deve finire al più presto". Il ministro Cancellieri annuncia un'istruttoria rapidissima: "Ho chiesto un approfondimento all'ufficio immigrazione. È tempo di capire, perché la lunga permanenza in un luogo come il Cie non è in ogni caso un dettaglio trascurabile".

27/11/11

Donne No TAV... OGNI VOLTA CHE CI SARA’ L’OCCASIONE TAGLIEREMO LE RETI! E COSI’ E’ STATO

"continuate a lottare" ci sussurra scintillando

da http://www.notav.info/

OGNI VOLTA CHE CI SARA’ L’OCCASIONE TAGLIEREMO LE RETI! E COSI’ E’ STATO

L’avevamo detto e l’abbiamo fatto, “Ogni volta che cisarà l’occasione taglieremo le reti”, e così è stato. Oggi pomeriggio sabato 26 novembre al crepuscolo si sono radunate le donne no tav che dal campo sportivo di Giaglione si sono poi recate alle recinzioni della val Clarea. Numerose e determinate hanno così circondato le recinzioni che erano presidiate dall’interno da numerosi reparti antisommossa. Vista l’occasione quindi, le “masche” (streghe) si sono liberate e hanno iniziato a tagliare la recinzione e il filo spinato.
Increduli e e presi in contropiede i dirigenti di pubblica sicurezza hanno così dato ordine ai reparti di uscire e bloccare le donne no tav. Curiosità della serata, a quanto risulta dai primi accertamenti le misurazioni dei varchi aperti dalle trance no tav sono stati presi con l’unità di misura dello sfollagente (utensile con cui i reparti di polizia italiana spaccano la legna,
provano a cambiare le ruote agli automezzi ecc.). Seguirà una cronaca più dettagliata dopo la chiusura dell’iniziativa che è ancora in corso e notevole materiale audio video…

26/11/11

TA 25/11: striscioni contro violenza donne



Questi alcuni degli striscioni messi a Taranto nella giornata del 25 Novembre.


In particolare uno è stato calato su un cavalcavia di grande passaggio da e verso la città e i paesi della provincia e le fabbriche; un altro sul ponte girevole che collega le due zone principali di Taranto



PA 25/11: VOLANTINAGGIO ITINERANTE E CALATA DI STRISCIONE DAVANTI AL TRIBUNALE



25/11/11

25 novembre Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne


Basta con le violenze sessuali e le uccisioni contro le donne

Basta con le violenze sessuali e le uccisioni contro le donne

La violenza sessuale non fa che proseguire la discriminazione, il doppio sfruttamento e oppressione di cui siamo sempre più vittime in questa società capitalista

NOI ODIAMO GLI UOMINI CHE ODIANO LE DONNE ...DALLA FAMIGLIA, ALLA POLIZIA/ESERCITO, DAL GOVERNO, AI RICCHI E PADRONI, ALLA CHIESA

NO ALLE POLITICHE SESSISTE, RAZZISTE, DI ATTACCO ALLA DIGNITÀ DELLE DONNE, DA MODERNO MEDIOEVO

TRASFORMIAMO LA NOSTRA OPPRESSIONE, LA NOSTRA RABBIA IN RIBELLIONE

CONTRO LA VIOLENZA SESSUALE VIOLENZA FEMMINISTA PROLETARIA RIVOLUZIONARIA

25 novembre.. le donne in India contro la violenza sessuale: rivoluzione nella rivoluzione


Per il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sessuale contro le donne, a livello internazionale vogliamo dedicare la nostra mobilitazione alle donne che sono in prima linea a guida della rivoluzione in India.
Lo Stato indiano, l’esercito reazionario, le forze della repressione sono particolarmente feroci verso le donne usando anche l'arma degli stupri.E in particolare verso le donne che si ribellano sempre più numerose ai retaggi feudali, alle tradizioni del matrimonio forzato, del rapimento delle donne, alle violenza e alle bestiali mutilazioni...
La natura dell'oppressione di classe e sessuale delle donne è di lunga durata.
Ma proprio per questo la guerra popolare di lunga durata attrae e aiuta la partecipazione di molto donne oppresse e questo rende effettivamente la guerra popolare una guerra di massa.
Una recente indagine ha mostrato che di circa 290 maoisti che operano nella aree della guerra di popolo nel Maharahstra, 74 sono donne, e sono donne membri dei Comitati di divisione, dei Comandanti, anzi gli uomini sono superati dalle donne tra i quadri di comandanti e aggiunti. Protagoniste degli attacchi alle basi dello Stato repressivo sono donne.

Questo fa di questa guerra di popolo un fenomeno internazionale della lotta di liberazione delle donne e della rivoluzione nella rivoluzione, per combattere sui due fronti, della lotta di classe e della lotta di genere, necessaria alle masse femminili per affermare il loro cammino e portare una visione generale, trasformante della lotta di rivoluzionaria.
Come racconta la scrittrice, esponente di punta del movimento antiglobalizzazione e del movimento delle donne, Arundhati Roy, queste compagne vengono da lunghi anni di lotta delle donne all'interno del partito, non solo per affermare i loro diritti ma per convincere il partito che l'uguaglianza tra uomini e donne è al centro di un'ideale di società giusta.

Noi vogliamo in occasione del 25 novembre parlare di queste donne, perché la via del protagonismo diretto delle donne nella lotta per la liberazione è la strada per tutte le donne nel mondo che subiscono violenze sessuali, uccisioni, doppio sfruttamento e oppressione.

In questo senso non siamo d’accordo con l’appello che sta circolando da parte delle ‘donne in nero’ sulle donne della Colombia e a cui alcune realtà di collettivi femministi stanno riprendendo.
Sicuramente siamo anche noi solidali con le donne di Buenaventura (Colombia) che come tante altre donne in tanti altri paesi subiscono le peggiori violenze. Ma mettere sullo stesso piano, come fa l’appello, le violenze dello Stato, delle forze dell’esercito, paramilitari con le “violenze” dei “guerriglieri”, delle forze armate rivoluzionarie che combattono lo stato colombiano è sbagliato, fa il gioco del regime e dell’imperialismo.
L’India insegna che quando c’è una lotta rivoluzionaria le donne non stanno a guardare o non chiedono semplicemente di “prendere la parola”, ma stanno in prima fila. E proprio stando in prima fila fanno una rivoluzione nella rivoluzione, lottando contro le idee e pratiche maschiliste, sessiste presenti anche nelle fila rivoluzionarie.
Tempo fa una compagna indiana ci diceva che le compagne all’interno del partito comunista maoista che guida la guerra popolare avevano denunciato e lottavano contro 34 forme di maschilismo all’interno del loro partito, per costruire “sul campo” la liberazione effettiva delle donne e una società nuova in tutto.

mfpr@libero.it

Appello per Adama: contro la tripla violenza sulle donne immigrate

Forte solidarietà ad Adama e a tutte le donne migranti in lotta

Libertà per Adama e per tutte le/i migranti rinchiusi illegalmente nei CIE/LAGER

Unite nella lotta contro sessismo, razzismo, moderno fascismo

mfpr

----Messaggio originale----
Da: barbara0romagnoli@gmail.com
Data: 25-nov-2011 9.06
A:
Ogg: [Sommosse] APPELLO PER ADAMA: UNA STORIA, MOLTE VIOLENZE

Ricevo e inoltro, pregandovi di sottoscrivere l'appello e farlo circolare,

> APPELLO PER ADAMA: UNA STORIA, MOLTE VIOLENZE

>

> Pubblichiamo questo appello in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Per adesioni scrivete amigranda2011@gmail.com

>

> Adama è una donna e una migrante. Mentre scriviamo, Adama è rinchiusa nel CIE di Bologna. È rinchiusa in via Mattei dal 26 agosto, quando ha chiamato i carabinieri di Forlì dopo essere stata derubata, picchiata, stuprata e ferita alla gola con un coltello dal suo ex-compagno. Le istituzioni hanno risposto alla sua richiesta di aiuto con la detenzione amministrativa riservata ai migranti che non hanno un regolare permesso di soggiorno. La sua storia non ha avuto alcuna importanza per loro. La sua storia – che racconta di una doppia violenza subita come donna e come migrante – ha molta importanza per noi.

>

> Secondo la legge Bossi-Fini Adama è arrivata in Italia illegalmente. Per noi è arrivata in Italia coraggiosamente, per dare ai propri figli rimasti in Senegal una vita più dignitosa. Ha trovato lavoro e una casa tramite lo stesso uomo che prima l’ha aiutata e protetta, diventando il suo compagno, e si è poi trasformato in un aguzzino. Un uomo abile a usare la legge Bossi-Fini come ricatto. Per quattro anni, quest’uomo ha minacciato Adama di denunciarla e farla espellere dal paese se lei non avesse accettato ogni suo arbitrio. Per quattro anni l’ha derubata di parte del suo salario, usando la clandestinità di Adama come arma in suo potere.

>

> Quando Adama ha dovuto rivolgersi alle forze dell’ordine, l’unica risposta è stata la detenzione nel buco nero di un centro di identificazione e di espulsione nel quale potrebbe restare ancora per mesi. L’avvocato di Adama ha presentato il 16 settembre una richiesta di entrare nel CIE accompagnato da medici e da un interprete, affinché le sue condizioni di salute fossero accertate e la sua denuncia per la violenza subita fosse raccolta. La Prefettura di Bologna ha autorizzato l’ingresso dei medici e dell’interprete il 25 ottobre. È trascorso pi di un mese prima che Adama potesse finalmente denunciare il suo aggressore, e non sappiamo quanto tempo occorrerà perché possa riottenere la libertà.

>

> Sappiamo però che ogni giorno è un giorno di troppo. Sappiamo che la violenza che Adama ha subito, come donna e come migrante, riguarda tutte le donne e non è perciò possibile lasciar trascorrere un momento di più. Il CIE è solo l’espressione più feroce e violenta di una legge, la Bossi-Fini, che impone il silenzio e che trasforma donne coraggiose in vittime impotenti.

>

> Noi donne non possiamo tacere mentre Adama sta portando avanti questa battaglia. Per questo facciamo appello a tutti i collettivi, le associazioni, le istituzioni, affinché chiedano la sua immediata liberazione dal CIE e la concessione di un permesso di soggiorno che le consenta di riprendere in mano la propria vita.

>

> Migranda

>

> Associazione Trama di Terre

>

> Per adesioni: migranda2011@gmail.com

>

> Per informazioni e aggiornamenti: www.migranda.org

PA: la furia delle precarie coop sociali... basta con la violenza della precarietà e della disoccupazione

Pomeriggio di fuoco ieri 24 novembre per le precarie Slai Cobas per il s.c. delle Coop Sociali che insieme ai precari hanno occupato i palazzi, Comitini e Ex ferrovi, della Provincia, hanno bloccato la strada antistante mandando letteralmente in tilt il traffico in Via Maqueda.

Il 22 dicembre scade la proroga del contratto che con una dura battaglia a settembre le precarie e i precari hanno strappato scongiurando 14 licenziamenti con i contratti "solidali" (con riduzione collettiva di alcune ore), ma a tutt'oggi non si sa nulla della ripartenza da gennaio nelle scuole per l'assistenza igienico/personale agli studenti disabili, anzi ricominciano a circolare voci di nuovi tagli ai posti di lavoro con pesanti riduzioni, quasi di un terzo, delle ore.

La Provincia, dal Presidente Avanti ai vari dirigenti, hanno cercato di prendere tempo con lettere e letterine di rinvii alle richieste di incontro… ADESSO BASTA!!!

Le precarie e i precari sono scesi in massa in protesta e hanno tenuto in scacco per diverse ore 2 palazzi, le strade, fino a bloccare il passaggio della macchina con dentro il Presidente della Provincia accerchiandola, in prima file le precarie molto incazzate.

E'stata chiamata la polizia, ma il Presidente costretto a scendere dalla macchina, visibilmente preoccupato dinanzi alla furia delle precarie e precari, è stato costretto a dare l'incontro che è stato fissato per il 6 dicembre prossimo.

Durante il blocco della strada le precarie Coop, vista la prossimità della giornata del 25 novembre, hanno protestato anche contro la violenza sulle donne, è stato distribuito un volantino, ricevendo solidarietà: alcune donne in particolare si sono unite alla protesta delle precarie suonando con i clacson delle loro macchine e,sedendosi sui finestrini, si sono unite agli slogan lanciati

BASTA CON VIOLENZA E UCCISIONI DELLE DONNE

BASTA CON LA VIOLENZA DELLA PRECARIETA' E DELLA DISOCCUPAZIONE

IL POSTO DI LAVORO E LA NOSTRA VITA NON SI TOCCANO LI DIFENDEREMO CON LA LOTTA

Precarie Coop Sociali

Slai Cobas per il sindacato di classe - 340/8429376

volantino distribuito ieri 24 novembre

25 novembre 2011

la violenza sulle donne non fa che proseguire la discriminazione, l’ingiustizia, il doppio sfruttamento e oppressione di cui siamo vittime nella società capitalista


Il padronato, il governo agiscono per ricacciare a casa le donne. Tante nel nostro paese in questi mesi sono state colpite sul piano dell’occupazione, lavoratrici licenziate, operaie messe in cassa integrazione, precarie sempre più precarizzate, disoccupate in lotta per il lavoro caricate dalla polizia e multate, donne super sfruttate fin quasi a condizioni di moderno schiavismo, come le donne immigrate.

Nello stesso tempo, con un discorso tanto ipocrita “sulla parità” quanto di primo passo di un attacco generalizzato, viene innalzata l’età pensionabile delle lavoratrici. Tutto ciò non ha fatto altro che peggiorare le già pesanti e discriminanti condizioni di lavoro e di salario delle donne, e l’Italia si posiziona tra gli ultimi paesi per tasso di occupazione delle donne.Vengono scaricate sulle donne i tagli e i peggioramenti ai servizi sociali e sanitari, la gestione della crisi nella famiglia.

Mentre riprende il bombardamento ideologico e attacco pratico da parte di governo e della Chiesa contro la libertà di scelta delle donne.

Queste politiche fatte contro le donne, per le donne ha come inevitabile conseguenza l’aumento dell’oppressione, del maschilismo, della violenza sessuale contro le donne che spesso perdendo il lavoro o costrette a lavori sottopagati e ultraprecari sono private di quella indipendenza economica che le costringe a non potersi separare da un contesto familiare in cui purtroppo sono in aumento le violenze fino alla tragedia delle uccisioni, o nei posti di lavoro subiscono di frequente condizioni peggiori di sfruttamento, oppressione e discriminazione di genere.



Questa realtà dimostra che in questa società nessun passo in avanti delle donne è duraturo e definitivo e come sia sempre più necessaria la lotta che veda in prima linea la ribellione e la forza delle lavoratrici, delle precarie, della disoccupate, delle giovani … non solo nella giornata simbolo del 25 novembre ma ogni giorno.



25 novembre: benchè siamo donne... dalle lavoratrici in lotta al policlinico Palermo

Benché siamo donne…

Le lavoratrici del Cobas Policlinico di Palermo ringraziano vivamente le lavoratrici, le precarie, le disoccupate che dal nord al sud Italia hanno espresso la propria solidarietà a colei che da parecchi mesi guida la lotta contro l’attacco all’insieme dei diritti, alle condizioni di lavoro e allo sfascio del nosocomio, e che per tali ragioni, è stata pesantemente attaccata.

In questo sistema capitalistico di mer… gli attacchi a chi osa ribellarsi al diktat padronale e a chi detiene il potere, sono una normalità, ma sono maggiormente feroci quando si tratta delle donne, soprattutto di quelle proletarie. Donne costrette a subire continue umiliazioni, discriminazioni, ricatti, precarietà, supersfruttamento, lavoro nero, licenziamenti facili, oppressione, molestie, violenza sessuale, e spesso anche la morte sul lavoro, per non parlare di quella in famiglia in enorme aumento.

Questo è ciò che viene riservato alle donne in questa società barbara, maschilista, sessista, per la quale le donne valgono meno di un embrione, considerate incubatrici e strumento di piacere sessuale, proprietà degli uomini, uomini che decidono della vita e della morte delle donne.

E se poi a guidare questa società sono governi moderno fascisti come quello del “PORCO CAVALIERE” e del suo degno successore e compare, MONTI, che vogliono riportare le donne indietro, in un MODERNO MEDIOEVO, è una vera e propria sciagura. Anche perché la falsa ed ex opposizione parlamentare adesso va pure felicemente a braccetto col nuovo governo. Della serie “tutt’insieme appassionatamente”.

Ma se questi fascisti in doppiopetto, pensano che le donne se ne staranno zitte e ferme,

si sbagliano decisamente!

L’oppressione e la repressione aumentano la ribellione!

Domani è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, facciamo sentire forte la nostra voce e la nostra rabbia!

BASTA alla violenza sessuale e di ogni genere sulle donne!

BASTA alle uccisioni delle donne!

BASTA alle discriminazioni, al doppio sfruttamento dei padroni,alla precarietà, ai licenziamenti!

BASTA all’oppressione familiare e alla Chiesa che vuole le donne serve e remissive!

Via i governi clerico-fascisti

La consapevolezza di non essere sole nelle battaglie sul lavoro e nella lotta contro chi ci vuole schiavizzare e rinchiudere nel focolare domestico, ci incoraggia e ci fa sentire più forti. Ma è indispensabile e urgente che la rabbia, la ribellione e la lotta delle lavoratrici, così come delle disoccupate, casalinghe, precarie, studentesse, giovani, si trasformi in forza organizzata e poderosa per spazzare via il sistema politico-economico-sociale-culturale in cui viviamo e tutti i governi di destra e di falsa sinistra, compreso le ministre in carriera, che lo sostengono.

Scateniamo la furia delle donne!

Le Lavoratrici Slai Cobas per il sindacato di classe –Policlinico Palermo 24.11.11

25 novembre a Torino

Il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, davanti al Palazzo della Regione, in piazza castello, alle ore 13:00, ci sarà un manifestazione di donne e di uomini che difendono la libera scelta.

Un fash mobcontro tutte le forme di violenza sulle donne, anche quella delle istituzioni, anche quella delle ideologie.

Saremo in piazza castello per sensibilizzare e informare la cittadinanza rispetto alla delibera che prevede l’inserimento dei movimenti pro-life all’interno di consultori e ospedali e la proposta di legge n 160 del 14 settembre 2011 di smantellamento del servizio consultoriale.

Il servizio sanitario dovrebbe avere, come primo obiettivo, la tutela della nostra salute fisica e psichica e non il proselitismo o l’intimidazione.

Purtroppo, in questo sistema che sta pian piano regredendo,dobbiamo*difenderci dalla violenza di queste riforme mirate ad assecondare le istanze di un “bacino di voti” anche a scapito della distruzione del servizio sanitario, anche a scapito della nostra salute.

Il nostro governo regionale ci considera inadeguate a decidere per noi stesse: donne che hanno bisogno di trovare la retta via con l’aiuto dei militanti pro-life, il nome “cool e d’avanguardia” del movimento anti-abortista.

Non ci lasceremo condannare. Spegneremo il rogo della nuova inquisizione.

25 novembre, contro ogni forma di violenza sulle donne: noi donne non abbiamo paura!

Collettivo AlterEva altereva.torino@gmail.com

22|11|11

25 novembre a Roma

Inserisci linkLa Coordinamenta femminista e lesbica di collettivi e singole INVITA le “donne”, le compagne, le femministe, le lesbiche

ALLA MANIFESTAZIONE/DISCUSSIONE/CONFRONTO SULLA VIOLENZA MASCHILE SULLE DONNE

VENERDI’ 25 NOVEMBRE 2011

dalle ore 17.00

all’isola pedonale del Pigneto

E ADERISCE

ai giorni di mobilitazione indetti dalle femministe spagnole dal 25 novembre al 10 dicembre contro la violenza istituzionale sulle donne con appuntamenti di lotta e di diffusione dell’opuscolo autoprodotto.

25 novembre a Trieste

Care compagne
il Coordinamento Donne Trieste ha partecipato oggi all'assemblea di #occupytrieste e ha deciso di
spostare il volantinaggio (previsto in capo di Piazza e Corso Italia) in
piazza Cavana con le studentesse e quindi unificare le due iniziative: ci vediamo quindi venerdì 25 novembre alle ore 16 in piazza Cavana.

un caro saluto Geni

25 novembre a Bologna

Il 25 novembre, Giornata Internazionale contro la Violenza maschile sulle Donne, si presenta ancora come una giornata di lotta per tutte le donne, femministe e lesbiche.

Ancora. Anche quest’anno.
La giornata nasce per ricordare e rendere omaggio alle sorelle Mirabal, donne coraggiose impegnatesi nella lotta di liberazione del loro paese, Repubblica Domenicana, e per questo torturate e uccise dal regime di Trujillo, il 25 novembre del 1960.

Ma noi non possiamo limitarci solo a ricordare e celebrare: ancora dobbiamo lottare contro una violenza maschile intollerabile che nel 2010 ha ucciso 127 donne in Italia, il 6,7% in più dell’anno precedente.
Ancora dobbiamo lottare contro stupratori, in casa, al lavoro, ovunque.
Ancora dobbiamo lottare contro mariti/fidanzati/padri/zii/cugini/amici, che si accaniscono contro i nostri corpi. Fino a quando dovremo vedere i media usare e strumentalizzare la violenza maschile sulle donne per assecondare i diktat securitari di governi nazionali e locali? Dobbiamo
ancora subire l’ipocrisia di una classe politica che va a puttane, ma non riconosce diritti alle puttane perché le preferisce schiavizzate e ricattabili? Fino a quando dovremo vedere disprezzata e calpestata l’autodeterminazione delle donne, native e migranti? Fino a quando
dovremo vedere donne deportate e stuprate nei CIE? Dobbiamo ancora vedere lesbiche discriminate, violentate o uccise perché negazione esistente della eteronormatività? Fino a quando dobbiamo subire un sistema economico che sottopaga le donne e da a noi meno possibilità
professionali, solo perché donne?
Quellechenoncistanno per lottare ancora contro le numerose strategie di repressione nei confronti delle donne e contro quello che noi consideriamo FEMMINICIDIO, ogni forma di violenza o discriminazione esercitata contro le donne in quanto donne, INVITANO le donne,
femministe e lesbiche a partecipare alla Manifesta creATTIVA
LeSboFeMMinisTa contro la VioLeNzA MaScHiLe, venerdì 25 novembre h 18,
davanti a Palazzo Re Enzo a Bologna.

Vogliamo comunicare e condividere con tutte la lotta contro il Femminicidio, vogliamo creare una cintura di donne, femministe e lesbiche per immobilizzare tutti coloro che AgisconO violenza contro le donne in ogni forma, vogliamo ricordare e rendere omaggio a tutte quelle
donne che ogni giorno lottano e REAGISCONO alla violenza per se stesse e per tutte noi.

Insieme a tutte quelle che sono arrabbiate e battagliere, stanche ma ribelli, preoccupate ma non rassegnate e a tutte quelle a cui non vanno bene le cose così come stanno, creeremo una cintura di mani, braccia, visi, suoni, parole e cartelli, e tutto quello che vorrete portare per rendere visibile la nostra solidarietà femminile contro ogni forma di Femminicidio. Chi vorrà, potrà farsi fotografare con un proprio simbolo, una parola o un cartello contro la violenza sulle donne. L’idea è quella di farne una mostra esplodente all’interno della quale scegliere poi le immagini con cui tappezzare la città per rendere manifesta la nostra autonomia, la nostra libertà, la nostra autodeterminazione. Ecco la nostra risposta a chi ci vorrebbe isolate, docili, obbedienti e
remissive.
Durante l’iniziativa, realizzeremo un video per mandare dei messaggi alle donne colombiane de la Ruta Pacifica de las mujeres che da anni lottano sui loro territori contro la violenza maschile, che ha nella guerra la sua manifestazione più cruenta e radicata. Il video verrà inviato e proiettato sempre il 25 novembre (sfruttando il fuso orario) nella piazza di Puerto Buena Ventura, luogo che le donne della Ruta presidieranno per 24 ore.

Quellechenoncistanno
Donne di mondo
maragridaforte@inventati.org

23/11/11

verso il 25 novembre... "Sulle uccisioni delle donne"

Riportiamo alcuni stralci dell'opuscolo "Le uccisioni delle donne oggi" che abbiamo prodotto in occasione del 25 novembre 2010, di recente ripubblicato in forma aggiornata.

Si tratta di un opuscolo che nasce dalla riflessione comune, alla luce di un'analisi materialistico dialettica, delle compagne, lavoratrici, donne disoccupate che sulla base anche delle esperienze concrete e di lotta nelle diverse realtà hanno poi ragionato insieme in alcuni momenti di incontri collettivi nazionali.

Nelle iniziative cittadine che faremo nelle città in cui siamo presenti il 25 novembre prossimo (volantinaggi itineranti con affissioni di locandine, pannelli e calate di striscioni) sarà tra i materiali che distribuiremo.

Chi fosse interessato a riceverne copia può richiederla a mfpr@libero.it.

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"Le uccisioni delle donne, oggi"

Serve inquadrare il clima politico, ideologico, sociale in cui e per cui avvengono oggi le uccisioni delle donne, a dimostrazione del fatto che non si tratta affatto di casi isolati, da vedere in sé per sé, ma si tratta di una tendenza che andrà purtroppo accentuandosi e che può trovare come risposta soltanto una mobilitazione diretta delle donne.

Il fatto che le uccisioni delle donne stiano assumendo dimensioni allarmanti, una “guerra di bassa intensità” contro le donne, fa sì che la stessa giurisprudenza inizi a parlare di femminicidio.

Noi abbiamo usato il titolo di un libro per parlare del nuovo livello del rapporto uomo/donna. Gli “Uomini che odiano le donne” esprime - sia pur nei limiti di un titolo di romanzo - questi rapporti nella fase del moderno fascismo.

Il moderno fascismo è l’edificazione a sistema di tutto ciò che è reazionario, maschilista.

In questo senso le uccisioni non si potranno fermare, né ci sono interventi di legge, di controllo che possano frenarli. Il moderno fascismo le alimenta a livello di massa: le uccisioni hanno la caratteristica di essere ripetitive, emulative – più se ne parla, più vengono prese ad esempio. La stampa, la televisione berlusconiana sono in questo uno strumento fondamentale: amplificano o minimizzano o nascondono, su alcune vicende costruiscono dei talk show osceni, su altre fanno calare il silenzio; in questo modo indirizzano e/o deviano l’attenzione, impongono idee, giudizi, con criteri di scelta/selezione spesso razzisti, di classe o che comunque rispondono all’utilizzo di tali uccisioni e violenze per rafforzare la politica, l’ideologia, i “valori” dominanti e nasconderne la cause sociali, lì dove invece i motivi di questa recrudescenza di uccisioni delle donne vanno visti sempre come espressione della condizione generale delle donne e della realtà sociale. Spesso si tende a motivare il femminicidio come vicenda privata, frutto della gelosia, o di un raptus di follia. Ma anche esaminando specifici episodi, vediamo che le singole persone che uccidono trovano l’humus adatto, favorevole, che in un certo senso li fa sentire legittimate, niente affatto in colpa, anzi, quasi autorizzate. Questo humus è il moderno fascismo e questo rende differente oggi la questione della violenza sulle donne ed in particolare le uccisioni.

Certo le uccisioni, le violenze ci sono state anche negli anni passati, il problema è perché oggi. Noi dobbiamo denunciare e lottare contro le caratteristiche attuali delle uccisioni, delle violenze sessuali, interne a: clima politico – humus sessista-razzista - reazione alle donne che si vogliono ribellare, che vogliono rompere legami oppressivi - ruolo della famiglia. Oggi dobbiamo affrontare questa guerra, che ha questi terreni di combattimento…

…L’altra questione che rende “nuovo” il femminicidio è il ruolo oggi della famiglia. La famiglia è stata sempre terreno di oppressione per la donna, di tomba dell’amore, di ghetto. Noi diciamo “in morte della famiglia” perché la maggior parte delle uccisioni avvengono nell’ambito familiare o di rapporti familiari. Che cos’è la famiglia? Perché la famiglia è morte? In termini sociali è la cellula della società, che esprime in sintesi processi, contraddizioni che avvengono poi nell’intera società. Il problema è che ora la famiglia, da un lato effettivamente è in crisi, non riesce più a conservare, ad essere un elemento di conservazione, nello stesso tempo viene iper-esaltata dalla Chiesa, dal governo, dallo Stato. Anche questo aspetto rende in un certo senso diversa, moderna la questione delle uccisioni delle donne…

…Affrontare la questione della violenza con le misure repressive, togliendo quegli elementi di socialità, di apertura e solidarietà che ci aiutano a combatterla, puntando invece alla chiusura, alla fascistizzazione della società, alla desertificazione delle città, favorisce la violenza. Nelle città hanno creato un deserto e alle 9 di sera non c’è più gente per strada, e poi si meravigliano che una donna che giri da sola in questa condizione è a rischio? Ma chi ha creato questa condizione?

Queste misure creano un clima oscurantista, sempre ideale per la coltivazione di idee e pratiche fasciste, maschiliste, di sopraffazione e quindi hanno un effetto opposto, di incoraggiamento delle violenze sessuali a tutti i livelli; creano città sotto controllo, invivibili, in cui sono bandite le normali libertà, la socialità tra i giovani, tra le persone, l’uso normale delle città. E quando questo accade, sempre le città si desertificano dalla gente e diventano terreno pericoloso soprattutto per le donne, perché impediscono, addirittura criminalizzandolo, il senso collettivo, sociale della città e dei problemi, spingendo a una concezione individualista, antisociale, compagna di strada della sopraffazione, di un’ideologia comunque reazionaria, razzista e fascista, che nei confronti delle donne si esprime sempre come maschilismo e violenza.

La maggior parte degli assassini avvengono al nord.

…L’EURES ha analizzato che la maggior parte degli assassinii di donne da parte degli uomini e dei mariti avviene al nord, soprattutto in Lombardia: ben 59,3% rispetto invece al 21-22% del centro e al 19% del sud. Si tratta di dati importanti, in un certo senso inaspettati, dato che è il sud la realtà che viene vista come più arretrata e legata ai valori patriarcali. Infatti la denuncia più diffusa, anche nell’ambito femminista, è quella che vede nel patriarcalismo la causa principale degli omicidi di donne.

Se ciò fosse vero il risultato dell’analisi doveva essere almeno rovesciato, perché concezioni e costumi patriarcali sicuramente sono più presenti nel sud rispetto al nord. Allora forse non è questa la causa principale dei femminicidi!

Certo, il fatto che nel sud il numero di violenze e uccisioni sia minore che al nord, è il frutto anche di una maggiore oppressione, del fatto che più donne subiscono ancora in silenzio, che si ribellano meno all’oppressione (ma non nelle grandi città del sud), che non si separano per problemi di mancanza di lavoro, perchè non ce la farebbero a vivere da sole, soprattutto con i figli; mentre al nord le donne si separano più facilmente, rompono i legami familiari (ma anche al sud oggi lo fanno sempre più donne, soprattutto lavoratrici);

Certo, al sud fondamentalmente le relazioni sociali con le famiglie, la parentela funzionano di più, nel male e nel bene, la famiglia è più allargata e c’è una sorta di controllo generalizzato. Al nord c'è un maggiore autonomia dalla famiglia d’origine, e le separazioni soprattutto per gli uomini stravolgono la possibilità di sopravvivenza; c’è un intreccio molto stretto rispetto alle difficoltà materiali delle persone, la difficoltà di vivere con un solo stipendio di fronte al maggiore costo della vita al nord. Molti uomini non riescono da soli a cavarsela, non hanno la capacità di crearsi un’altra vita, vogliono dettar legge, e quando il giocattolo “famiglia” si rompe, non lo accettano.

Ma, quindi, perché al Nord le donne vengono uccise di più? Perchè per capire le moderne uccisioni dobbiamo guardare soprattutto al nord? Perchè è proprio nelle realtà più “avanzate” che si capisce il “nuovo”, qui vi è il nuovo “delitto d’onore” che oggi possiamo chiamare “delitto di proprietà”. Perchè c’è una certa maggiore sintonia tra condizioni di vita da un lato e concezioni fasciste, maschiliste, reazionarie, clima generale, dall’altro… frutto e in sintonia con l’ideologia leghista, moderno clerico-fascista, razzista oggi sempre più presente e agente soprattutto in realtà del nord ma anche portata avanti organicamente dagli esponenti principali del governo, della chiesa, dei loro mass media, e diffusa in settori delle masse, in particolare della piccola borghesia o strato superiore dei lavoratori, ma non solo.

E’ la concezione contro l’altro, che poi è la concezione contro l’immigrato, del securitarismo. A volte anche frutto della condizione oggi di maggiore insicurezza economica, di vita ecc., alla quale, come diceva una donna, al sud siamo più “abituati”; c’è quindi anche un elemento “di difesa”, ma che emerge in termini razzisti, di chiusura, contro il diverso ecc. Allora le donne che si ribellano sono qualcosa che vengono a rompere un “equilibrio” che poggia sull’oppressione delle donne: proprietà privata per l’uomo, ammortizzatori sociali per la società capitalista.

Ma anche le uccisioni al sud vanno analizzate all’interno della situazione attuale.

L’uccisione di Sarah Scazzi a fine agosto 2010 in provincia di Taranto è emblematica.

Essa affonda nella realtà e concezione della famiglia, chiusa, oppressiva, patriarcale, da difendere verso l’esterno anche quando è barbarie e morte. Una famiglia che è una catena, in cui se cade uno cadono tutti e per questo bisogna restare uniti a reggerla, a difenderne l’”onorabilità”.

Una famiglia che soprattutto per le donne, ma anche per i giovani, è un moderno inaccettabile medioevo, che tiene prigioniere, devia energie che invece devono liberarsi. Ma questo è possibile solo se le donne, i giovani si ribellano e lottano contro i veri responsabili di questo moderno medioevo, Stato, governo, chiesa, padroni.

E’ frutto della vita di tantissime ragazze al sud, fatta a volte di vuoto, di soppressione ma anche spesso di deviazione dei desideri di un mondo diverso, libero, ricco, per imporre falsi, deviati bisogni individuali, invece di trovare le ragioni comuni di ribellione e di lotta.

Anche se nel caso concreto è possibile che l’assassinio di Sarah sia stato fatto anche dalla cugina, quindi da un’altra donna, questo non cambia il discorso di fondo e mostra in maniera più cruda la condizione delle ragazze fatta comunque di oppressione sia di vita, ma anche ideologica…

Ma oggi è soprattutto la spinta delle ragazze, delle donne, soprattutto lavoratrici, che entra oggettivamente, benchè spesso non ancora soggettivamente, in contrasto con il patriarcalismo e provoca rotture. Qui il contrasto uomo/donna appare in maniera più evidente simile alla contraddizione tra rapporti di produzione e sviluppo delle forze produttive: le forze produttive (la necessità delle donne di “emanciparsi”) sviluppandosi sempre più entrano in contrasto aperto, antagonista con i rapporti di produzione esistenti (patriarcali/capitalistici). Ma fino a che non rompono tali rapporti, sono le forze produttive che ne vengono distrutte o deviate. soffocate.

Questa realtà e soprattutto questa necessità di rottura/rivoluzione vale anche e a maggior ragione per le donne/ragazze immigrate uccise all’interno delle loro famiglie, e che si devono scontrare con una triplice oppressione: patriarcal/feudale di origine, di genere: uomo/donna, di classe: del paese imperialista.

Importante è il legame tra tutto questo e la politica, l’humus generale legittimato.

…Con Berlusconi, la prostituzione a fini di carriera-spettacolo politico-elettorali viene praticata e legittimata; la pornografia dello spettacolo, una sorta di rinnovato e moderno ius primae noctis per il piacere dell’imperatore, vogliono dire cultura e pratica dello stupro, della pedofilia che vengono rese “normali”… La concezione di Berlusconi e della sua corte, anche femminile, sulle donne, la considerazione del loro ruolo nella società, sono di fatto una cartina di tornasole, la punta di iceberg dell’ideologia e del grado di inciviltà di una casta che, non potendo più nascondere e mentire, ormai rivendica pubblicamente come legittima espressione di un sentire di massa quel modo di vivere e di concezione, dichiarando apertamente che la concezione del loro sistema è quella che noi chiamiamo sinteticamente moderno medioevo, quella per cui “dio, patria, famiglia” vale per gli altri, deve essere imposta anche con la legge agli altri, ma non vale per sé…

La violenza sulle donne non fa che proseguire la discriminazione, l’ingiustizia, il doppio sfruttamento e oppressione di cui siamo vittime nella società capitalista.

Il padronato, il governo agiscono per ricacciare a casa le donne. Tante nel nostro paese in questi mesi sono state colpite sul piano dell’occupazione, lavoratrici licenziate, operaie messe in cassa integrazione, precarie sempre più precarizzate, disoccupate in lotta per il lavoro caricate dalla polizia e multate, donne super sfruttate fin quasi a condizioni di moderno schiavismo. Lo Stato direttamente con l’attacco alla scuola sta portando avanti il più grande licenziamento di massa in un settore a stragrande maggioranza femminile.

Nello stesso tempo, con un discorso tanto ipocrita “sulla parità” quanto di primo passo di un attacco generalizzato, viene innalzata l’età pensionabile delle lavoratrici. Tutto ciò non ha fatto altro che peggiorare le già pesanti e discriminanti condizioni di lavoro e di salario delle donne, e l’Italia si posiziona tra gli ultimi paesi per tasso di occupazione delle donne. Vengono scaricate sulle donne i tagli e i peggioramenti ai servizi sociali, la gestione della crisi nella famiglia. E sono proprio le donne e i bambini a pagare i tagli alla sanità e la logica puramente produttivista e utilitarista che vi regna, con il ritorno delle morti per parto.

Mentre riprende il bombardamento ideologico e attacco pratico da parte di governo e Vaticano contro la libertà di scelta delle donne… Questa politica fatta da Stato, padroni, Governo, Chiesa contro le donne, per le donne ha come inevitabile conseguenza l’aumento dell’oppressione, del maschilismo fascista, della violenza sessuale contro le donne.

Torniamo sulla questione della famiglia.

Noi diciamo “In morte della Famiglia” per dire in modo provocatorio che la famiglia è un anello chiave della marcia verso il moderno fascismo del governo e dello Stato. Il moderno fascismo non potrebbe realizzarsi senza fare della famiglia una sua base principale, sia in senso di subordinazione, di essere piegata, funzionale alle scelte del governo e dello Stato, sia in senso di sostenitrice attiva, combattente in termini ideologici di simbolo e propaganda di valori di quelle scelte politiche.

La famiglia, soprattutto proletaria, è il luogo centrale in cui si gestisce un�economia sociale sempre più povera, si amministrano i salari sempre più ridotti o inesistenti, si gestiscono gli aumenti del costo della vita. La famiglia proletaria garantisce nella fase di attacco, di crisi, di attutire l’impatto devastante di queste politiche…

Ma la famiglia, in particolare la famiglia medio, e a volte anche piccolo borghese, ma influenzante anche settori di famiglie proletarie, svolge nella marcia verso il moderno fascismo, anche una funzione attiva, sostenitrice di valori reazionari, come la difesa della sicurezza, i figli alla patria, il controllo sui giovani ecc. Non c’è scampo per le donne, le catene della famiglia diventano sempre più strette anche se a volte vengono indorate. Per le proletarie, per le donne delle masse popolari questa famiglia è sempre più un ritorno ad un moderno medioevo, con fenomeni di abbrutimento, di violenza, di apparente ritorno al passato, soprattutto nei rapporti uomo–donna, che trovano la loro manifestazione più eclatante appunto nei femminicidi.

La 'famiglia' per la chiesa che pesa in modo sempre più opprimente e sfacciato nella vita sociale e politica e sociale, per il governo, per lo Stato è diventata invece la “sacra famiglia”. Volutamente sempre più astratta, più neutra, non reale. Ma la famiglia è una realtà concreta… Non c'è poi la “famiglia”, ci sono “le famiglie”, le famiglie dei borghesi, dei capitalisti, dei ricchi, in cui come diceva Marx il fondamento dei rapporti tra uomo e donna, tra genitori e figli è dato solo dal capitale, dalla proprietà privata, in cui l'unico valore che si tramanda è quello della capacità di far soldi e spesso le donne sono delle ricche prostitute legalizzate o delle ligie/oscure segretarie delle oscure scalate dei mariti finanzieri, banchieri, padroni che siano. E ci sono le famiglie dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, in cui nel come tirare avanti, nel come arrangiarsi, nelle speranze deluse di una vita migliore, si consuma la vita e anche spesso i sentimenti… Ma la famiglia deve essere per forza astratta. Perchè essa e il ruolo della donna in essa devono essere il fondamento che salva l'ordine esistente - cioè che salva il loro sistema capitalista - che agisca da “ammortizzatore sociale” del peggioramento delle condizioni di vita della maggiorparte delle masse popolari, in cui le donne devono, come scrive Ratzinger, “lenire le ferite, far zittire chi vuole urlare e lottare...”, per impedire che le contraddizioni di classe, sociali escano fuori ed esplodano in ribellione, rivolta, rivoluzione.

Per le donne nessun passo in avanti è duraturo e definitivo senza rivoluzione e la rivoluzione nella rivoluzione.

Questa realtà dimostra che nella società borghese nessun passo in avanti delle donne è duraturo e definitivo che solo una lotta rivoluzionaria, in cui la ribellione e la lotta delle donne è una forza poderosa e imprescindibile; solo un nuovo potere proletario basato sui principi e la pratica per legge della piena emancipazione e liberazione delle donne, e sulla lotta ideologica e l’educazione di massa, può rendere definitive quelle conquiste. Per questo non basta instaurare un governo socialista, o pensare che la rivoluzione risolva dall’oggi al domani tutte le concezioni maschiliste. L’esperienza del movimento comunista ha dimostrato, e ha elaborato con la Rivoluzione culturale proletaria in Cina, che occorre la rivoluzione nella rivoluzione, un periodo in cui si combini la legge che impedisce che pratiche e concezioni maschiliste e imponga altre pratiche, e l’educazione, la convinzione a livello di massa. Scrive Bebel su “L’emancipazione della donna” che la forma della famiglia esistente in un’epoca determinata non può essere disgiunta dalle condizioni sociali esistenti. Marx scrive che la famiglia contiene in sé in miniatura tutti gli antagonismi che si svilupperanno più tardi largamente nella società e nel suo Stato. Engels dice che la famiglia monogamica fu la forma cellulare della società civile e in essa possiamo già studiare la natura degli antagonismi e delle contraddizioni che nella civiltà si dispiegano con pienezza.

Nell’attuale condizione sociale… la famiglia e i rapporti uomini/donne cambiano in rapporto e funzionalmente a questo moderno medioevo e nello stesso tempo ne contengono in embrione tutte le contraddizioni. In questo senso non si tratta di una famiglia “arretrata” rispetto ad una società avanzata, non si tratta di rapporti uomo/donna apparentemente inconcepibili rispetto ai progressi delle donne, come a volte viene detto; ma si tratta di una famiglia fino in fondo moderna, nel senso adeguata a quello che oggi è il sistema sociale capitalista esistente, e a cui serve.

Non è possibile lottare contro questa famiglia senza rovesciare questo sistema sociale che la produce e di cui se ne fa puntello. Questa lotta non ha niente a che fare (e anzi deve smascherare) con la politica del femminismo piccolo borghese che vuole liberarsi dalla famiglia in una logica tutta individualista, né può essere ridotta a mera lotta contro gli uomini… Questa lotta, se non può che essere fatta innanzitutto in prima persona dalle donne, che subiscono tutte le catene, non è però interesse solo delle donne, ma di tutti i proletari, perché è una lotta per una nuova umanità, nuovi rapporti sociali. Per noi comuniste “in morte della famiglia” vuol dire fare della famiglia, invece che puntello del sistema capitalista e oggi della marcia verso il moderno fascismo, leva della ribellione delle donne per rovesciare il sistema.

Noi odiamo gli “Uomini che odiano le donne”.

Noi abbiamo detto “noi odiamo gli “uomini che odiano le donne”. Queste parole le abbiamo prese dal romanzo di Stieg Larsson, che ha alcuni aspetti emblematici… La protagonista del romanzo, Lisbeth Salander, è una ribelle ad ogni tentativo di “normalizzazione”/considerata diversa per eccellenza, ha tentato di uccidere il padre quand’era ragazzina perché violentava la madre, ecc. Lisbeth è ribelle a ogni regola e questa ribellione è insopportabile per gli altri, soprattutto per gli uomini che la devono “domare”, fino a violentarla e tentare di ucciderla.

Ma chi sono questi uomini? Sono grandi manager di industria, fascisti, nazisti, che odiano le donne.

Lisbeth a un certo punto, a fronte dell’altro protagonista del libro, un giornalista che tenta anche di giustificare il violentatore/assassino, facendo un’analisi psicologica, esclama: “cazzate, questo odia le donne!”. “Cazzate!”, appunto, perchè dobbiamo respingere le interpretazioni/giustificazioni che spesso vengono fatte dopo uccisioni perchè servono solo a mettere un cappello sopra; diverso è raccogliere alcune di queste interpretazioni ma per mostrarne il loro carattere assolutamente sociale, comune a migliaia di uomini e spiegabili solo con un’analisi sociale, di classe e di genere… “Gli uomini che odiano le donne” esprime l’immagine del sistema capitalista, nella sua fase di crisi, di putrefazione imperialista, di un sistema che non ha più nulla di costruttivo, ma è solo distruzione. E proprio per questo deve essere distrutto. E LE DONNE HANNO DOPPIE RAGIONI PER FARLO!

25 novembre 2010

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

20/11/11

Siamo tutte con Marinella... la Cassazione decide che il processo agli stupratori della giovane donna di Montalto si farà


Nella settimana internazionale di lotta contro la violenza sulle donne, arriva, finalmente, la decisione della corte di cassazione per cui il processo ai violentatori di Marinella, che a quindici anni il 31 marzo 2007 fu stuprata a Montalto di Castro da un branco di giovani, si farà.

Non possiamo che essere contente con questa sentenza e ancora al fianco di Marinella e di ogni donna stuprata e uccisa- ieri ben due in Emilia Romagna

Rigiriamo alcuni materiali sull'importante manifestazione del 29 novembre 2009, in sostegno e solidarietà con la lotta/denuncia di Marinella che, anche con un risalto mediatico nazionale si trovò contro quasi l'intera popolazione di Montalto.

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comunicato in preparazione dell'iniziativa a Montalto di Castro
PERCHE' MONTALTO E' IMPORTANTE

"Si è divertita pure lei"...
..."E' colpa sua"

Così, in una trasmissione di Canale 5, gli abitanti di Montalto di Castro si sono espressi sulla ragazza quindicenne che il 31 marzo 2007 è stata violentata da otto giovani di Montalto dopo una festa di compleanno
Un paese schierato, tranne alcune coraggiose donne, dalla parte dei violentatori e contro la giovane accusata di essersela cercata, e in questo un ruolo attivo ha avuto il sindaco del paese, zio di uno degli stupratori, che, all'indomani dello stupro, mise a disposizione dei "bravi ragazzi" quarantamila euro per la loro difesa col risultato che il giudice decise, nonostante l'ammissione delle violenze, di sospendere il processo ed affidare i violentatori ai servizi sociali.

Una vicenda che fa tornare a 30 anni fa le donne, in cui le concezioni sessiste con la colpevolizzazione delle donne espressa pubblicamente sono inequivocabili, in cui si intrecciano maschilismo, humus reazionario, uso "privato" delle istituzioni e dei ruoli istituzionali a difesa della propria "famiglia" e dei suoi rampolli, quella famiglia in cui sempre più aumentano le violenze sulle donne fino all'uccisione.
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Non abbiamo affatto condiviso le motivazioni di alcune compagne e collettivi circa "l'opportunità" di non fare per ora una mobilitazione a Montalto.
Noi non siamo per il "rispetto della gente" a prescindere dalle idee che stanno dietro; a prescindere dal fatto che anche il non accordo sulla manifestazione che sia per la tranquillità della ragazza, dei genitori, che sia per "le donne locali", è succube, lo si voglia o no, dell'humus reazionario del paese.
Noi non possiamo essere delle "sondagiste", limitarci a registrare le idee. Non possiamo lasciare sole le pochissime ma coraggiose abitanti, donne di Montalto che si sono espresse "fuori dal coro".
Noi siamo per la "CONVIVENZA INCIVILE", perché senza lotta, senza contrastare sul campo pratiche e idee fasciste, maschiliste, a maggior ragione quando queste si diffondono a livello di massa, lasceremmo il campo alle vuote parole, mentre il moderno medioevo va avanti senza ostacoli.

Quanto succede a Montalto è un attacco a tutte le donne, a tutte noi; in questo senso non è solo una questione della donne di Montalto, neanche della famiglia. Né tantomeno possiamo delegare e riconoscerci nell'iniziativa istituzionale del Sindaco di Tarquinia che "vuole aprire un centro di ascolto a Tarquinia e in quell'occasione organizzare una manifestazione rispetto alla violenza di genere e ai suoi contenuti".

Le idee reazionarie, o frutto di oppressione si contrastano non seminando solo buone idee ma con i fatti ricchi di idee; perché - e forse è questo che ancora non si comprende - siamo di fronte a un potere moderno fascista berlusconiano, e non solo, che fa del sessismo, clericofascismo, razzismo la "normalità", che legalizza una violenza sistemica, in prassi come in ideologia.

Rompere il muro a Montanto di Castro è quindi un pezzo di questa lotta.

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Comunicato post manifestazione a Montalto di castro il 29/11/2009

SIAMO TUTTE CON MARINELLA
Nella settimana simbolo della lotta contro la violenza sulle donne una significativa, determinata e combattiva manifestazione di femministe e lesbiche si è tenuta a Montalto di Castro.

Provenienti da varie città d’Italia abbiamo denunciato con forza l’humus maschilista e reazionario di colpevolizzazione nei confronti delle donne che subiscono violenza, la legittimazione istituzionale dello stupro che arriva a sottrarre soldi pubblici per difendere gli stupratori, come è accaduto nella vicenda di Marinella, una giovane donna violentata 2 anni fa in quel luogo, da un branco di ragazzi minorenni, l’uso “privato” delle istituzioni e dei ruoli istituzionali a difesa della propria “famiglia” e dei suoi rampolli – il sindaco del paese, Caria, zio di uno degli stupratori, mise a disposizione dei “bravi ragazzi” 40.000 euro per la loro difesa col risultato vergognoso che il giudice decise, nonostante l’ammissione delle violenze, di sospendere il processo e affidare i violentatori ai servizi sociali e l’alimentarsi di un clima di ostilità da parte del paese nei confronti della ragazza violentata e di sostegno agli stupratori.

Con tanti cartelli di denuncia, striscioni e slogans abbiamo attraversato le strade di un paese quasi deserto, in cui
palpabile era l’avversione per questa manifestazione.
“Per ogni donna stuprata e offesa siamo tutte parte lesa”, “siamo tutte con Marinella”, “stupratori uscite fuori adesso, ve lo facciamo noi un bel processo”, “sono bravi ragazzi e di famiglia buona, chi stupra le donne non si perdona” “guai a chi ci tocca, ci difenderemo con la lotta”.
Questi ed altri slogans scanditi ripetutamente da tutte, la lettura di una lettera in solidarietà a Marinella, hanno costretto gli abitanti del paese a guardare da dietro le finestre e se da un lato qualcuno ha lanciato degli insulti, dall’altro alcune donne hanno applaudito.


Giunte davanti al Comune, disposte in cerchio con tutti gli striscioni e i pannelli, abbiamo chiesto a gran voce le dimissioni del sindaco ed è stata letta una lettera di protesta e denuncia all’A.N.C.I.

Il corteo è stato seguito per tutto il suo percorso dai giornalisti, a cui sono state rilasciate interviste.

29.11.2009
movimento femminista proletario rivoluzionario

giù le mani da Mimma e dalla lotta delle lavoratrici/tori al Policlinico di Palermo

Forte solidarietà a Mimma, lottare sempre lottare fino alla fine senza paura ,con rabbia e con ogni mezzo.
lavoratrice ditte di pulizia di Taranto

***

Chi lotta per e con i lavoratori non è mai solo. Le lavoratrici e i
lavoratori del Cobas per il sindacato di classe dell’Istituto Tumori
Milano saranno al fianco di Mimma Sciortino contro gli attacchi
repressivi. La nostra solidarietà sarà una ragione in più nelle
prossime mobilitazioni. Se toccano uno toccano tutti.
Slai COBAS per il sindacato di classe, “Fondazione INT” Milano

***


GRANDE SOLIDARIETA' A MIMMA DAI LAVORATORI IN LOTTA DEL PASCALE DI NAPOLI.
Nel nostro istituto, purtroppo, i dirigenti per smantellare i servizi hanno avuto una bella mano dai Sindacati confederali.
Nel reparto di Radioterapia, un rappresentante RSU della CGIL, per suoi intererssi personali, (avanzamento di carriera) sta aiutando il direttore a smantellare tutto il reparto.
Poco importa se questo ha significato per molte donne non ricevere più la cura, per alcuni lavoratori la mobilità interna forzata e per altri l'allungamento dei giorni lavorativi da 5 a 6 settimanali.
Questa è la CGIL con i suoi giovani rampolli all'attacco dei lavoratori.
***


Solidarietà , qusta volta hanno proprio esagerato!

Layla Bologna

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Grande solidarietà, ancora repressione....................

precarie scuola palermo

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non saranno i provvedimenti repressivi a fermare la lotta di Mimma e delle lavoratrici/ lavoratori del Policlinico organizzati con lo Slai Cobas per il sindacato di classe. Siamo unite nella lotta, doppiamente, contro tutti gli attacchi alle nostre condizioni di lavoro e di vita.


Precarie Coop Sociali

organizzate nello Slai Cobas per il sindacato di classe Palermo

***


Una lavoratrice dello Slai cobas per il sindacato di classe di Palermo, dirigente del cobas al Policlinico, è stata vigliaccamente sospesa, nel vano tentativo di fermare la lotta e lasua forte voce.

GIU' LE MANI DA MIMMA SCIORTINO!

A Mimma Sciortino


Le lavoratrici, disoccupate dello slai cobas per il sindacato di classe di Taranto mandano la loro forte solidarietà e il loro collettivo abbraccio a Mimma.

I dirigenti del Policlino, così come di altre realtà lavorative, appena si sentono "minacciati" da denunce e dalle iniziative di lotta che richiedono diritti elementari, subito cercano di rispondere con la repressione, cercando inutilmente di mettere a tacere le voci più coscienti e combattive.
Ma come a Taranto ogni tentativo di fermare la lotta e reprimere le lavoratrici,disoccupate non fa che alimentare la rabbia e la ribellione, così siamo sicure che accade a Palermo, conoscendo bene la vostra determinazione.

Lotteremo anche da qui, perchè la sospensione rientri immediatamente.
Siamo al tuo fianco, come lavoratrici, disoccupate e come donne, che siamo due volte più arrabbiate e ribelli.

Le lavoratrici e disoccupate di Taranto

Mandatele messaggi di solidarietà, entro martedì prossimo, giorno in cui a Palermo faranno un assemblea con tutti i lavoratori e potranno leggere i vostri messaggi

Margherita


***


Comunicato stampa 17/11/2011 Palermo


Il direttore generale del Policlinico si accanisce contro il COBAS per la denuncia e la lotta portata avanti dalle lavoratrici/lavoratori

E il 10 novembre scorso, spalleggiato dai vertici dell’ateneo e dai sindacati collaborazionisti, presenti anche nella commissione disciplinare, ha irrogato alla dirigente del COBAS, per non essersi piegata al suo diktat, al trasferimento punitivo, una sanzione che prevede la sospensione per un mese dal servizio senza retribuzione.

INAUDITO!

Mai, prima d’ora, al Policlinico e forse in nessun altro ospedale, era stato preso un simile grave e odioso provvedimento per non aver ottemperato ad un trasferimento.

Si vede che la continua opposizione, lotta, denuncia, e soprattutto il recente incontro col viceprefetto - al quale è stato presentato un esposto contro l’annoso disconoscimento dei diritti contrattuali e la politica devastante dell’attuale amministrazione aziendale - hanno fatto “saltare i nervi” al manager.

Ma se l’Ing. La Rocca e i “suoi sindacati” ( così li ha definiti in diverse occasioni) pensano di poter intimidire e fermare il COBAS, si sbagliano alla grande!

La repressione alimenta la ribellione!

E’ una questione di giustizia, di diritti, di libertà, di dignità!

Forse questi “egregi signori”, distanti anni luce da questi sani e inalienabili principi, pensavano che colpire e cercare di zittire una lavoratrice, una donna, fosse ancora più facile, dimenticando, però, che la forza poderosa e la furia rivoluzionaria delle donne che prendono coscienza di classe è inarrestabile.

Da troppo tempo le lavoratrici e i lavoratori subiscono lo scippo dei propri diritti, la mortificazione della dignità professionale ed umana, ed i malati sono costretti a sciropparsi una qualità dell’assistenza degna del quarto mondo.

Ribadiamo che non si può rimanere indifferenti ed immobili di fronte a tale scempio!

Essere attaccati perché si difendono concretamente e fino in fondo gli interessi dei lavoratori è un GRANDE ONORE, mentre è un GRANDE DISONORE essere additati e maledetti da quest’ultimi per averli traditi, per averne svenduto e barattato l’insieme dei diritti, così come usano fare oramai da decenni cgil cisl uil snals cisapuni cisal.

Ovviamente lo SLAI COBAS impugnerà il predetto illegittimo provvedimento davanti al giudice del lavoro. Il direttore generale dovrà rispondere di attività antisindacale, di mobbing e lesioni della salute. In tal senso si stanno anche raccogliendo le testimonianze dei lavoratori.

Ma dovrà rispondere anche dell’infima qualità dell’assistenza e dell’abbandono e sfascio del Policlinico contro il quale saranno interessate tutte le sedi competenti.

Lo SLAI COBAS provinciale sta inoltre preparando tutta una serie di iniziative pubbliche e di piazza, perché

i diritti dei lavoratori e la salute dei malati non sono un optional al servizio del profitto aziendale, ma diritti umani inviolabili sanciti dalla Costituzione!

Il coordinamento nazionale dello SLAI COBAS per il sindacato di classe, che ha immediatamente espresso la piena solidarietà alla lavoratrice in questione, annuncia che, qualora la predetta sanzione non rientrasse, sarà attivata una mobilitazione nazionale.

La repressione non ci fa paura, la nostra lotta sarà sempre più dura!

Le lavoratrici e i lavoratori SLAI COBAS per il sindacato di classe – Policlinico