30/07/19

COMUNICATO DEL SEMINARIO DONNE TENUTOSI DAL 19 AL 21 LUGLIO

COMUNICATO sul seminario del 19-20-21 luglio - Taranto.


Sono stati tre giornate intense, interessanti, che hanno posto questioni centrali per la lotta delle donne e spunti, stimoli teorici, ma anche di linea politica e di prassi conseguente, su cui tornare a riflettere e approfondire.
Vi è stata una partecipazione di realtà e compagne importanti per le lotte che fanno e dirigono; sono soprattutto lavoratrici, precarie, operaie, che nelle loro realtà sono quotidianamente impegnate nelle battaglie contro gli attacchi alle condizioni di lavoro e di vita particolarmente opprimenti verso le donne e sulle lotte generali delle donne, da Milano a Pavia da Bologna alla Toscana, da L'Aquila a Taranto, a Palermo, ecc. 
Nel pomeriggio del venerdì 19 vi è stata anche la partecipazione e intervento delle compagne di Rete Campagne in lotta, da anni impegnate nelle lotte dei migranti, braccianti del foggiano, e che ora hanno aperto il fronte della condizione e organizzazione delle lotte delle donne migranti. Si è realizzato un utile scambio di esperienze e confronto tra le realtà delle migranti/braccianti nei ghetti, vittime di tratta e le lotte delle lavoratrici immigrate nelle fabbriche del nord.
Il dibattito non è stato affatto scontato. Quando si è fatto riferimento alle esperienze ricche di lavoro, di lotte delle lavoratrici, alla battaglia come donne nei sindacati di base, è stato fatto per rielaborarle, riflettere su di esse, per analizzarle e socializzarne i lati positivi, ma anche i limiti, la necessità di far
vivere in esse sempre, anche nelle lotte quotidiane, nelle stesse vertenze sindacali, nell'organizzazione sindacale la coscienza e la ricchezza della condizione generale delle donne e della "marcia in più" da portare ovunque. Anche in questo il seminario è stato di stimolo per capire i cambiamenti da fare per rispondere meglio al necessario intreccio classe/genere.

Il seminario si è svolto in un clima sempre attivo, impegnato (anche nei momenti extra, per mangiare, al mare), contento, solidale. Ogni momento è stato utile e bello per capire ciò che unisce esperienze diverse, ma anche per comprendere realtà complesse per la necessaria lotta tra femminismo proletario rivoluzionario e femminismo piccolo borghese e le sue diverse sfumature. 
Anche se non eravamo molte, per le tematiche affrontate tre giorni sono sembrati veramente pochi. Ma abbiamo cominciato.
Abbiamo cominciato soprattutto sull'importante fronte del lavoro teorico.
Gli interventi, i documenti presentati e il dibattito teorico in questo seminario si sono concentrati da un lato sull'analisi delle tendenze presenti nel movimento femminista, prevalentemente ora rappresentato dal movimento di Nudm, per analizzarne gli aspetti positivi e necessari e criticarne gli aspetti negativi e controproducenti, vedendo anche le differenze e vedendo le classi di cui sono espressione; su questo si è avanzati sulla necessità di fare questa battaglia con un piede dentro e un piede fuori.
Dall'altro, il lavoro teorico e il dibattito ha affrontato i nodi di fondo per un movimento delle donne proletario, rivoluzionario che irriducibilmente lotti perchè tutta la vita deve cambiare.
Il lavoro teorico che abbiamo cominciato a fare è all’interno della concezione della teoria come frutto della pratica e al servizio di una nuova pratica, come “arma” di lotta su questo importante campo; la teoria volta in primis alla formazione dell'"esercito" proletario del movimento delle donne, che sono la maggioranza, perchè siano avanguardia su tutti i terreni, superando arretratezze, difensivismo, delega e lottando contro le influenze delle idee dominanti.
E' stato un seminario che ha affrontato, ha parlato della condizione e la lotta delle donne con una chiara impostazione di classe, in cui l'intreccio genere e classe non è conciliazione, ma affermazione in pratica e in teoria, che le donne non sono tutte uguali, sono borghesi, piccolo borghesi e proletarie, e questo caratterizza lo stesso tipo di femminismo; che la lotta delle donne è parte intrinseca della classe e porta nella lotta di classe la necessità di una lotta di lunga durata a 360 gradi.
Questo seminario ha aperto una prospettiva futura per estendere, elevare l’organizzazione del femminismo proletario rivoluzionario.
In termini "logistici" abbiamo fatto il possibile, in una situazione non semplice; e in una situazione in cui il tempo era poco e avevamo tanto da fare. Abbiamo anche lezioni per un prossimo seminario per farlo meglio, con più possibilità di intrecciare momenti seminariali a momenti di cameraderia, in un posto più piacevole, ecc.
Ma siamo riuscite anche a conoscere meglio la realtà proletaria e di lotta di Taranto, con tutte le sue complessità, contraddizioni e difficoltà. Abbiamo fatto il giro della grande fabbrica ex Ilva/ora ArcelorMittal e nel quartiere più inquinato, Tamburi.
Ora siamo impegnate, pur nel grande caldo estivo, a fare gli atti completi di questo seminario, per consegnare a tutte la ricchezza degli interventi, dei testi preparati, del dibattito.
Pensiamo che saranno pronti nella seconda metà di settembre.

Un forte saluto a tutte
L'assemblea del seminario
29.7.19

27/07/19

Il governo moderno fascista di Bolsonaro e gli stupri delle bambine dell' Amazzonia: colpa delle bambine perché non hanno le mutandine!


Brasile  Il pastore evangelico Damares Alves, Miinistro delle donne, della famiglia e dei diritti umani di Bolsonaro, già al centro di forti polemiche per dichiarazioni sulla funzione della donna all'interno della famiglia, stavolta è al centro della bufera per un video dove affronta il tema della violenza sessuale sulle bambine in Amazzonia.

Questa volta, secondo il ministro, le bambine sono vittime di abusi sessuali perché a volte non indossano biancheria intima: "Gli specialisti ci hanno detto che le bambine lì sono violentate perché non hanno le mutandine e il motivo per cui non le indossano è che sono povere".

La ministra che ha reso le dichiarazioni nel programma televisivo "Abrace a Tapajos", ha incredibilmente affermato di aver pianificato una serie di misure per mitigare la violenza sessuale come "stimolare l'installazione di fabbriche e aziende che vendano biancheria intima" e "diffonderne l'uso".

Immediata la risposta sdegnata del Movimento delle donne della Amazzonia che in un comunicato hanno dichiarato: "Ripudiamo pubblicamente e disapproviamo la posizione del Ministro Damares che, a causa della sua ignoranza e totale non conoscenza della realtà dei popoli amazzonici, riporta in modo indegno e irrispettoso le condizioni di vita delle donne e dei bambini amazzonici."

L'isola di Marajó, nello stato di Pará, la regione a cui si riferiva, è stata scelta dal ministro come laboratorio di prova per un progetto che dovrebbe mirare a combattere lo sfruttamento sessuale e la violenza contro ragazze, adolescenti, donne e donne anziane

Tuttavia, la "diagnosi" e la "soluzione" sono assolutamente ripudiabili.  Sia Damares che il governo dell'estrema destra di Bolsonaro usano permanentemente il moralismo reazionario come argomento per incolpare le vittime stesse per i casi brutali di maschilismo e per esprimere odio verso le donne e favorire la loro sottomissione sociale.

La ministra ha una lunga storia di attivismo contro i diritti delle donne.  Si è dichiarata militante contro il diritto all'aborto e dichiarata contro l'educazione sessuale.  Qualche anno fa arrivò a dire che l'educazione pubblica non era più adeguata e che ora la nuova scuola dovrebbe essere la Chiesa.

Tra le sue frasi "famose" quella pronunciata durante le celebrazioni per l'investitura di Bolsonaro, e che è diventato virale nelle reti.  Nel video Damares Alves disse: "Attenzione, attenzione! Da oggi c'è una nuova era in Brasile: i bambini si vestiranno di celeste e le bambine di rosa".


26/07/19

Assassini! Il parlamento nero al servizio del governo fascio populista Salvini/Di Maio mentre il mare si riempie di morti approva l'infame decreto sicurezza che fa diventare il salvataggio in mare un reato!


---------- Forwarded message ---------
Da: mfpr nazionale <mfpr.naz@gmail.com>
Date: ven 26 lug 2019, 09:11
Subject: [tavolo4flat] ASSASSINI!
To: Tavolo4 <tavolo4flat@inventati.org>


La maggior parte dei migranti naufragati proveniva dall'Eritrea e molti vengono da teatri di guerra in corso, Palestina, Sudan...
Tra i morti ci sono donne e bambini".

Assassini! Il parlamento nero al servizio del governo fasciopopulista Salvini/DiMaio mentre il mare si riempie di morti approva l'infame decreto sicurezza che fa diventare il salvataggio in mare un reato!
MFPR


Mail priva di virus. www.avast.com
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tavolo4flat mailing list
tavolo4flat@inventati.org
https://www.autistici.org/mailman/listinfo/tavolo4flat

25/07/19

Codice rosso, l'altra faccia della medaglia della politica nera di questo governo fascista, razzista e sessista

Niente fatto da questo governo fascio-razzista-sessista, con a "capo" un Ministro, Salvini che vomita squallide offese sessiste contro le donne che si ribellano e lottano, può essere utile contro la violenza sessuale, i femminicidi delle donne.

Il Codice Rosso (in calce riportiamo una breve scheda) - "per il contrasto alla violenza contro le donne", approvato mercoledì scorso in Senato - non deve far ingannare. Esso non è altra cosa della politica da moderno medioevo, alla Pillon, alla Fontana, ecc.; è l'altra faccia della stessa medaglia.

Meno diritti alle donne, cercando di strappare anche quelli conquistati da anni con le lotte (divorzio, aborto, ecc.), più famiglia (come base di conservazione, oppressione, portatrice di ideologie reazionarie), più repressione, più pene vanno di pari passo. 

Non possono essere proprio i responsabili del potenziamento dell'oppressione e peggioramento delle condizioni di vita delle donne, a difendere le donne dalle violenze sessuali. Coloro che sdoganano e danno piena legittimità ai fascisti; chi, Salvini, alimenta, con frasi sessiste su fb, la pancia razzista del suo "popolo" che incita a stuprare Carola (un ministro dei Caraibi si è dimesso per offese sessiste, qui niente di niente); coloro che spargono dai loro social, dai convegni, dalle Tv, una concezione aberrante sulle donne, sono i primi e più pericolosi violentatori. 

GLI ASSASSINI DOVREBBERO PROTEGGERCI DAGLI ASSASSINI?  
"Il moderno fascismo è l'edificazione a sistema di tutto ciò che è reazionario, maschilista... Le violenze sessuali oggi sono interne ad un clima politico, ad un humus sessista-razzista, sono quasi sempre spinte dalla reazione degli uomini alle donne che vogliono ribellarsi, rompere legami familiari oppressivi..." (Da "Uccisioni delle donne, oggi").

Noi sappiamo bene che la violenza sulle donne non fa che proseguire la discriminazione, il 
doppio sfruttamento e oppressione, l'ingiustizia che subiscono le donne nella società capitalista, e mai come in questo periodo la condizione delle donne sta facendo passi indietro su lavoro, salario, sfruttamento del lavoro domestico, di assistenza, ecc.
Ma su questo non ci sono leggi... 

E c'è un altro aspetto. 
Il Codice rosso serve anche alla campagna di autopropaganda di Salvini e della Lega; è una legge da spendere nella competizione all'interno della compagine governativa e verso l'"opposizione", nella perenne campagna elettorale in corso. Si tratta quindi, ancora una volta, di bassa strumentalizzazione di vite, del dolore delle donne. 
Nello stesso tempo, anche con il "Codice rosso" i fondi delle polizie andranno in gestione al ministro dell’Interno, mentre il governo non mette in campo un euro e non accoglie nessuna delle richieste dei centri anti-violenza. 
Fondi in più a Salvini = potere in più a Salvini.

Le obiezioni a questa legge sono venute da più parti. Alcuni hanno scritto: "Non si chiarisce il fatto che se ci sono violenze non c’è affido condiviso che tenga, altrimenti mi si spieghi qual è il senso di questa legge se poi la proposta Pillon obbliga le donne denuncianti ad avere a che fare con gli ex mariti per non incorrere in accuse e sanzioni sul mancato adempimento delle regole di affido".
"E’ pura ipocrisia dirsi dalla parte delle donne e poi dare in pasto le donne ai fan dei social in cui le donne vengono minacciate o insultate. E’ ipocrita dirsi dalla parte delle donne e poi condannare quelle che dicono di No a un ministro, al bullismo politico, al mobbing istituzionale".
"Questa legge è solo frutto di una visione paternalista che solletica l’ego dell’eroe che arriva dopo, sempre e solo dopo, che la donna è già stata vittima di violenza. E prima? Durante?".
"Manca in questa legge qualunque attenzione alla prevenzione del fenomeno". 

Le donne, il grande movimento di lotta delle donne, espressosi in particolare quest'anno, non si lascerà certo ingannare!
Dietro ogni provvedimento, dietro l'apparenza vedrà la sostanza, vedrà il mostro violento di Salvini e del suo governo che è pervicacemente contro le donne. 

UNA SCHEDA DEL "CODICE ROSSO"
Questa legge impone tempi più rapidi e pene più severe, codice rosso in Pronto soccorso e intervento del Magistrato entro tre giorni dalla denuncia, una corsia preferenziale per denunce e indagini sul colpevole, l'aumento delle pene per i colpevoli di reati sessuali, compreso lo stalking.
Maltrattamenti e minacce in famiglia: previsti 7 anni di carcere.
Botte in famiglia: la pena passa a 7 anni di carcere e aumenta se la violenza è stata fatto su un minore, una donna in gravidanza, un disabile o se l’aggressione è armata.
Stalking: pena massima 6 anni e sei mesi.
Violenza sessuale: se commessi da un convivente o coniuge la pena è l’ergastolo, se non esiste rapporto affettivo la pena prevista è di  12 anni di carcere.
Violenza sessuale di gruppo: pena prevista 14 anni
Revenge porn: è stato introdotto un nuovo articolo nel codice penale il 613 ter, inserito dopo il reato di Stalking. Per revenge porn si intende la “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”. Questo reato è punito con la reclusione da 1 a 6 anni e il pagamento di una multa che va da 5 mila a 15 mila euro. Aumenta la pena se il colpevole è coniuge o convivente della vittima o se la vittima  è una persona di inferiorità fisica o psichica o una donna in stato di gravidanza.
Sfregio al volto: anche il reato di sfregio del volto è stato introdotto nel codice penale. Chiunque provochi danni e lesioni dalle quali ne derivino deformazioni o ferite permanenti del viso, viene punito con 8-14 anni di carcere. Se lo sfregio provoca la morte della vittima è previsto l’ergastolo.
Stop alle nozze forzate e alle spose bambine: è stato inoltre introdotto l’emendamento che punisce chi, per motivazione religiosa o non, obbliga con violenza reale o psicologica di unirsi in matrimonio, anche civile, contro la propria volontà. Per questa violenza è prevista la pena da 1 a 5 anni e sale a 6 anni se la vittima è minorenne.
Il fattore tempo e l’inasprimento delle pene sono aspetti ritenuti determinanti per arginare questa piaga sociale che in Italia provoca ogni 72 ore,  la morte di una donna.
Il ddl prevede anche corsi di formazione specifici per gli agenti di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria affinché siano in grado di affrontare il problema, come il sostegno agli orfani.

Come il DDL Pillon creerà tante piccole Bibbiano


La commissione Giustizia del Senato ha rinviato la discussione a nuova data, con tutta probabilità a settembre, affidando ancora al senatore leghista il compito di riscrivere il testo unico sull'affido condiviso.

MA... ARRIVEDERCI A SETTEMBRE...

Mfpr

Quel filo nero che lega il sistema Bibbiano e il DDL Pillon

Giovanni Drogo | 22 Luglio 2019

Bibbiano è sulle bocche di tutti, tutti ne parlano ma nessuno sa esattamente di cosa sta parlando. Lo dimostra la figuraccia dell’eurodeputata leghista Isabella Tovaglieri che non è stata nemmeno in grado di dire di quale reato è accusato il sindaco Andrea Carletti (autosospesosi dal PD). Lo dimostra la strumentalizzazione del M5S con Luigi Di Maio che parla del PD come del «partito di Bibbiano» che «toglie i bimbi alle famiglie con l’elettroshock per venderseli». In attesa che la magistratura (e la “task force” voluta dal ministro Bonafede) faccia chiarezza sulla vicenda però i nostri politici potrebbero parlarci del DDL Pillon.

Sorpresa: anche il DDL Pillon “strappa” i bambini alle famiglie (per mandarli in centri di rieducazione)
Che c’entra il progetto di  riforma dell’affido condiviso con i presunti abusi commessi a Bibbiano? All’apparenza si tratta di due argomenti completamenti diversi. Da una parte ci sono quelli che l’opinione pubblica ormai chiama “orchi”, “pedofili” o anche peggio che avevano messo su un “business” per vendere i bambini togliendoli alle loro famiglie d’origine. Dall’altra una proposta di legge che mira invece a tutelare la “bigenitorialità”, vale a dire a consentire ai figli delle coppie separate di continuare ad avere rapporti con entrambi i genitori. Anzi, secondo il Senatore Pillon «dopo lo scandalo della Val d’Enza credo che la politica debba dare risposte vere e concrete», risposte che il Governo e la maggioranza daranno proprio anche con l’approvazione del DDL 735, la cui discussione è ripresa qualche giorno fa (senza che Di Maio dicesse nulla in merito).

Ma chissà come mai si parla molto dei presunti pedofili di Bibbiano e poco o nulla (lo ha fatto Presa Diretta tempo fa) delle posizioni a favore della pedofilia di Richard Gardner, lo studioso ha teorizzato la PAS (Parental Alienation Syndrome) nota anche come sindrome da alienazione parentale. Si tratta di una presunta malattia psichiatrica della quale possono soffrire i figli delle coppie separate. Malattia che però, dicono OMS e Ministero della Sanità, non esiste. Gardner è uno che nel libro True and False Accusations of Child Sex Abuse scrive che bisogna dire ai bambini che in fondo gli abusi sessuali sono una cosa normale perché in altre società è considerata la norma. Nessuno però chiede di parlare di Gardner, forse l’argomento è troppo ostico, forse è molto più eccitante parlare di processi che non sono ancora iniziati. Perché è sempre così, un conto è ascoltare la versione romanzata (magari con un podcast pieno di ingenuità) dei fatti, un altro è vedere cosa hanno stabilito i processi.
Come il DDL Pillon creerà tante piccole Bibbiano
Eppure proprio di “alienazioni” ed “estraniazioni” si parla nella proposta di legge Pillon, che evita accuratamente di menzionare in maniera esplicita la controversa (e dopo trent’anni mai dimostrata) teoria di di Gardner. È evidente in ogni caso che la PAS è alla base delle proposte di riforma dell’affido dei minori in caso di separazione. Ma all’atto pratico cosa significa? Per scoprirlo è sufficiente leggere l’articolo 18 della proposta di legge dove viene stabilito che il giudice può «disporre l’inversione della residenza abituale del figlio minore presso l’altro genitore». Questo anche quando «pur in assenza di evidenti condotte di uno dei genitori, il figlio minore manifesti comunque rifiuto, alienazione o estraniazione con riguardo a uno di essi» (art. 17).

Ora perfino Gardner sosteneva che l’alienazione parentale avesse bisogno di due elementi chiave. Il primo è la condotta  da parte del genitore “alienante” (vale a dire uno dei due ex coniugi ) che convince il figlio della “pericolosità” dell’altro spingendolo anche a denunciare presunti abusi; il secondo è la partecipazione attiva del minore all’alienazione del genitore “alienato”. Nel DDL Pillon invece se il figlio manifesta rifiuto, alienazione o estraniazione nei confronti del padre o della madre anche senza che uno dei due coniugi faccia il “lavaggio del cervello” questo è sufficiente per affidare il minore al genitore “rifiutato”. Ma cosa succederebbe se davvero uno dei due genitori ha commesso abusi o atti di violenza sul figlio e proprio in ragione di questo c’è “rifiuto” o “estraniazione”? Il bambino verrebbe tolto al  genitore con cui vuole stare e affidato proprio al genitore abusante perché si dà per scontato che ci sia una PAS. Ma va tutto bene, perché non lo propone il partito di Bibbiano.

Ma non finisce qui perché il giudice può anche disporre di togliere il minore ad entrambi gli ex coniugi per collocarlo provvisoriamente «presso apposita struttura specializzata, previa redazione da parte dei servizi sociali o degli operatori della struttura di uno specifico programma per il pieno recupero della bigenitorialità del minore». Insomma il bambino o la bambina verrebbe messo in una casa famiglia e seguito dai servizi sociali e da operatori (proprio quelle figure che nel caso di Bibbiano sono additati come i colpevoli “degli orrori” ma nel caso del DDL Pillon evidentemente no) per un’opera di rieducazione alla bigenitorialità (ovvero ad amare anche il genitore che magari ha commesso violenze e abusi).


Come questa possa avvenire non è chiaro, e se si usassero proprio gli stessi metodi adottati a Bibbiano (il famoso “elettroshock” che tale non è e che è di gran moda in certi modelli di terapia)? Siamo di fronte ad un classico esempio di doppio standard, solo che tutti parlano di Bibbiano, e pochi parlano del DDL Pillon. La ragione è semplice: a Bibbiano è già stato scoperto il complotto delle lobby LGBT contro la famiglia naturale. Il DDL 735 invece vuole proprio difendere la famiglia naturale, a quanto pare ad ogni costo.


18/07/19

Domani al seminario organizzato dal MFPR - Ma vi sono le lotte dei braccianti migranti che vengono represse - Vi è la condizione delle donne migranti che viene dimenticata da tutti

Venerdì prossimo alle 15 - nel seminario donne organizzato dal Movimento femminista proletario rivoluzionario - saranno a Taranto compagne della Rete Campagne in lotta che da anni nel foggiano con i braccianti migranti organizzano lotte contro le condizioni di lavoro di supersfruttamento e le bestiali condizioni di vita. 

Ci parleranno dell'altra realtà che viene nascosta/dimenticata, quella delle donne migranti.

FORMAZIONE RIVOLUZIONARIA DELLE DONNE - KOLLONTAJ: "Il lavoro femminile nel periodo di espansione della grande industria capitalistica


Da www.resistenze.org

1921
Conferenze all'università Sverdlov sulla liberazione della donna

Nell'ultima conferenza abbiamo affrontato il primo periodo di accumulazione del capitale. E' stata un'epoca di interminabili e sanguinose lotte tra la crescente borghesia e il mondo feudale in declino.

Abbiamo analizzato la situazione della donna in questo periodo transitorio, dall'economia naturale all'economia monetaria, dal lavoro a domicilio alla manifattura. Come ricorderete abbiamo constatato che la maggior parte delle donne, povere e lavoratrici, dopo l'introduzione del lavoro non qualificato, sono migrate verso l'industria. Tuttavia non dobbiamo perdere di vista il fatto che durante il periodo della manifattura e del lavoro a domicilio, la grande maggioranza delle donne non era particolarmente interessata a garantirsi un reddito proprio attraverso il lavoro. Queste donne non svolgevano un lavoro socialmente produttivo. Naturalmente all'epoca il lavoro domestico manteneva un valore importante e completava l'economianazionale, dato che l'industria era ancora scarsamente sviluppata. Ma di fatto il lavoro domestico non contava per l'economia nazionale. Nonostante questo compito relativamente pesante, la donna non era utile né alla società, né allo Stato. Il suo lavoro serviva solo alla sua famiglia. E il reddito nazionale non si calcolava in funzione del lavoro di ogni membro di questa, ma soltanto in funzione del risultato di questo lavoro, cioè in funzione del reddito globale della famiglia stessa, cosa che la rendeva l'unità di base dell'economia.

In campagna, era uguale; si valutava il lavoro "del padrone di casa", mentre si ometteva completamente di menzionare quello degli altri membri della famiglia. In altre parole, (la famiglia) è considerata un'unità economica indivisibile. E dal momento che il lavoro femminile non era assolutamente significativo per tutta la ricchezza nazionale, la donna rimase come in passato, una serva sottomessa e priva di diritti.

L'avvento della manifattura e del grande capitale non portò alla liberazione della donna, ma piuttosto a nuove forme di oppressione sotto l'aspetto del lavoro salariato al servizio del capitale. Ricordiamo che la manifattura è derivata dal lavoro artigianale a domicilio. Perché lo sviluppo delle forze produttive, grazie allo sfruttamento sotto forma di lavoro a domicilio, ha subito una così forte accelerazione rispetto al ritmo lento di sviluppo del periodo della produzione artigianale? La spiegazione di ciò è relativamente semplice: i lavoratori a domicilio sono stati obbligati ad aumentare la loro produttività più degli artigiani, se non altro per garantirsi il minimo vitale e questo perché dovevano cedere una parte del reddito del loro lavoro all'appaltatore. Gli artigiani consegnavano i loro prodotti direttamente ai loro clienti e quindi ricevevano l'intero plusvalore. Un intermediario, l'imprenditore-acquirente, assicurava il collegamento tra l'operaio a domicilio e la clientela. Con l'espansione del commercio il divario tra il produttore e il mercato è cresciuto, se non altro per ragioni geografiche e l'importanza dell'intermediario, del negoziante o del commerciante è cresciuta di conseguenza. Il plusvalore si divide così tra il produttore e il commerciante, ma sempre a vantaggio di quest'ultimo, poiché quest'ultimo è stato in grado di sfruttare la povertà e la posizione svantaggiata del lavoratore domestico. In questo modo il commerciante raccoglieva una grande somma di denaro e si arricchiva a vista d'occhio, mentre il popolo lavorava sempre di più e diventava sempre più povero. Ma l'aggravarsi dello sfruttamento è andato di pari passo con l'accelerazione di questo processo di impoverimento. Alla fine la totalità dei membri delle famiglie di contadini e di artigiani rovinati - uomini, donne e bambini - furono costretti a vendere la loro forza lavoro sul mercato.

Fu un'epoca d'oro per i profittatori, cioè i primi produttori e imprenditori della manifattura.

Grazie alla divisione del lavoro la manifattura ha aperto le porte ai lavoratori non qualificati e quando l'imprenditore assumeva produttori inesperti, sceglieva ovviamente la "forza lavoro" che era più economica e conveniente per sé. E quella forza lavoro erano donne e bambini. Tra il XVI e il XVIII secolo possiamo pertanto registrare, parallelamente allo sviluppo delle imprese manifatturiere, una rapida crescita del lavoro femminile. Per l'imprenditore non era tanto la qualità del singolo lavoratore ad essere redditizia (come nel caso della forma di produzione artigianale) quanto il numero dei lavoratori da lui impiegati, cioè la quantità. Egli beneficiava della somma totale delle ore di lavoro non retribuite fornite dai suoi operai e dalle sue operaie. La quantità di ore di lavoro non retribuite aumentava in proporzione al numero di lavoratori e alla durata delle giornate di lavoro, il che andava a tutto vantaggio dell'imprenditore, che si arricchiva senza vergogna.

L'epoca della prima accumulazione del capitale era definitivamente superata e l'umanità stava entrando ad un ritmo folle nel sistema di produzione del grande capitale. Il mondo cambiò aspetto. Già da tempo le città avevano preso il posto dei castelli feudali ed erano diventate i nuovi centri di artigianato e produzione. I principi e i conti cessarono di combattere tra loro per sottomettersi al potere assoluto di un re, mentre le tribù isolate si riunirono per formare nazioni. Come in passato l'agricoltura rimaneva essenziale per l'economia, ma nel corso del tempo il baricentro si spostò a favore dell'impresa industriale, che era diventata la fonte più importante di qualsiasi ricchezza. Alla fine del XIX secolo, paesi come l'Olanda, l'Inghilterra e la Francia - in seguito la Germania, l'Austria e infine la Russia - aderirono uno dopo l'altro alla grande produzione capitalistica.

Noi, figli di questo secolo del capitale, siamo così abituati a vedere la produzione costruirsi sulla grande impresa capitalistica che ci è difficile immaginare che tutti questi giganteschi laboratori, fabbriche, stabilimenti, che occupano migliaia e migliaia di operai, sono comparsi solo in epoca molto tarda. Infatti il tipo di officine e di fabbriche che conosciamo esiste solo da 150 anni e in Russia da ancora meno. Nel XVI secolo le fabbriche non erano ancora entrate in concorrenza con l'industria a domicilio e la manifattura. Anche in America, dove il capitalismo era altamente sviluppato, si dibatteva ancora a metà del XIX secolo sul fatto se gli Stati Uniti dipendessero per la loro economia dalla grande industria o dall'agricoltura.

16/07/19

Solidarietà alle compagne colpite dalla repressione patriarcale



Riceviamo e pubblichiamo, da Amazora di femministe e lesbiche:

Lo scorso 5 luglio a L'Aquila sono state condannate per diffamazione tre compagne che avevano impedito all'Avv. Valentini di entrare nella Casa Internazionale delle Donne a Roma. Valentini è l'avvocato che difese in modo particolarmente misogeno il militare Tuccia, che stuprò e quasi uccise una donna. Qui sotto il link in cui poter trovare maggiori informazioni:

 https://ciriguardatutte.noblogs.org/

Alle compagne accusate e condannate per diffamazione va tutta la nostra solidarietà e il nostro affetto. Questo attacco alla solidarietà femminista mostra quanto questa sia importante per rispondere alla guerra quotidiana fatta alle donne. Sempre al fianco delle donne che si ribellano alla violenza patriarcale.

In allegato riceviamo e inoltriamo un comunicato di Rabbia Femminista rispetto al 5 luglio

Un caro saluto a tutte.


11/07/19

Borgo Mezzanone (FG): lo "sgombero umanitario" delle cariche e dei lacrimogeni



DA RETE CAMPAGNE IN LOTTA


Borgo Mezzanone (FG): lo "sgombero umanitario" delle cariche e dei lacrimogeni

Da stamattina decine di ruspe e centinaia di uomini delle forze dell'ordine hanno invaso il ghetto che si trova dietro il CARA di Borgo Mezzanone per buttare giù abitazioni e attività commerciali.

Oggi è la quarta volta che viene attivata un'operazione di sgombero, la prima dopo l'imponente sciopero che lo scorso 6 maggio ha visto scendere nelle strade di Foggia circa 800 persone che in questo ghetto ci vivono e lavorano, e che a gran voce chiedevano di non essere sgomberati senza poter avere reali alternative. Eccezion fatta con la provocatoria proposta di andare ad ingrossare le file di altri ghetti come quello di Casa Sankara e dell'Arena, dall'altra parte della provincia, nell'agro di San Severo. Entrambi altrettanto noti per le terribili condizioni di vita e il secondo è anche sotto sgombero imminente.

Appena le forze dell'ordine hanno cominciato le demolizioni la risposta degli abitanti del ghetto non si è fatta attendere e in molti sono saliti sui tetti degli edifici e delle baracche e opponendosi alla celere che ha risposto con violente cariche e il lancio di decine di lacrimogeni. Questa resistenza ha evitato l'abbattimento dei bagni, ma purtroppo molte persone oggi hanno perso la casa e quel poco che avevano.

Nel frattempo la Cgil, auto nominatasi rappresentante degli abitanti del ghetto nelle trattative con la questura ha insistentemente intimato tutti e tutte alla calma. Capita l'impossibilità di placare la rabbia delle persone ha abbandonato la pista con lo sgombero ancora in atto. Senza dimenticare il vergognoso silenzio della reti delle associazioni della provincia di Foggia o del sindacato Usb, che nonostante i proclami e le belle parole, ancora hanno una volta hanno lasciato le persone da sole.

L'enorme resistenza di questa giornata ci dimostra ancora una volta che i più ricattabili sono anche i più forti. Senza alternative reali e condivise la resistenza continua e con l'auspicio che anche la solidarietà concreta possa crescere.

Comitato Lavoratori e Lavoratrici delle Campagne
Rete Campagne in Lotta

08/07/19

Al processo de L'Aquila la linea e la dichiarazione del Mfpr


DALLA DICHIARAZIONE AL PROCESSO DE L'AQUILA DELLA COMPAGNA DEL MFPR

La compagna del Mfpr ha rifiutato interrogatorio al processo e invece ha depositato, tramite l'Avv. Caterina Calia, una sua dichiarazione (di cui riportiamo stralci).  

Caterina Calia ha letto la lettera "incriminata" - che, ricordiamo, diceva che l'Avvocato Valentini dello stupratore/quasi assassino di 'Rosa', Tuccia, non potesse, non dovesse partecipare ad un Convegno nella Casa internazionale delle donne -  soffermandosi sui 3 punti considerati oggetto di "diffamazione", insistendo molto sull'aspetto della militarizzazione, della desertificazione del territorio in quel periodo a L'Aquila, sull'atteggiamento predatorio dei militari, sulla conduzione di un  processo per stupro che ci riporta indietro di 50 anni, quando oggi ci sono giudici (ed ha fatto riferimento esplicito al processo di Firenze contro i carabinieri stupratori) che se vogliono, possono condurre un processo per stupro senza colpevolizzare e vittimizzare una seconda volta la donna violentata. 

L'Mfpr fuori e dentro il processo, in tutte le udienze, tramite la compagna de L'Aquila processata, ha sempre detto chiaro che non abbiamo nulla da cui difenderci e non riconosciamo questo processo a donne, che hanno espresso solidarietà attiva verso 'Rosa', stuprata orribilmente e quasi uccisa dall’ex militare Francesco Tuccia.
Vogliamo piuttosto ricordare:
  • L’aumento di stupri e femminicidi, che spesso non trovano giustizia verso le donne, ma anzi, vedono loro sul banco degli imputati
  • Le atrocità commesse sul corpo di Rosa da un militare impiegato nell’operazione “L’Aquila sicura”: un crimine di violenza inaudita, che ha colpito e colpisce tutte le donne
  • Il clima di un processo per stupro, scandito da una linea difensiva tutta tesa a screditare la parte lesa e a negare la consistenza della violenza. Invece di trovare nelle aule di giustizia un clima sereno, 'Rosa' ha continuato ad essere violentata per tutto il processo. Un processo in cui la sua identità e intimità sono state violate una seconda volta, cercando di far apparire lei complice e responsabile delle violenze subite e rivelandone in pubblico la località segreta dove si era rifugiata per cercare di ricostruirsi una vita.
  • Non solo 'Rosa', ma tutte le donne solidali presenti hanno potuto sentire le accuse, le insinuazioni ed esternazioni misogine della difesa dello stupratore
Pertanto rivendichiamo la piena legittimità della mobilitazione di solidarietà di tante donne. 
Rivendichiamo la piena legittimità della richiesta alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, di non far intervenire l’avvocato di F. Tuccia. Una richiesta sostenuta e fatta da tantissime donne e che ha portato la Casa Internazionale delle Donne di Roma a revocare l’invito. 
Sono, invece, le donne che hanno reclamato un elementare diritto democratico, imprescindibile delle donne, ad essere messe sotto processo, nel tentativo di zittirle e cancellare la solidarietà e la lotta femminista. Sono, con le 3 femministe, le tante, troppe donne offese, violentate, discriminate, oppresse, ad essere trascinate sul banco degli imputati per aver denunciato ed essersi ribellate a queste violenze.
Pensiamo che ben altro dovrebbe essere giudicato e condannato: le complicità e coperture verso chi stupra e uccide le donne, quelle parole indegne, che continuano ad uccidere la stessa vita delle donne ed uccidono così anche la giustizia.

STRALCI DALLA DICHIARAZIONE DEPOSITATA DALLA COMPAGNA DEL MFPR PROCESSATA.
"Dichiaro
Che il giorno 12/11/15 alle ore 2, un giorno prima dello svolgimento del Convegno in cui si dava ormai per scontata la presenza dell’avvocato Valentini alla Casa Internazionale delle donne di Roma, sottoponevo all’attenzione delle donne iscritte nella mailing list, la lettera oggetto del presente procedimento. Quella lettera pertanto è stata scritta di getto, dettata dalla necessità e urgenza di impedire che alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, luogo simbolo del contrasto alla violenza di genere, entrasse il difensore di Francesco Tuccia, autore di uno dei più efferati stupri degli ultimi 10 anni in Italia.
Quella lettera è stata scritta come extrema ratio, come un grido di rabbia e di dolore, con la spontaneità con cui si scrive una poesia, ma anche con la consapevolezza che contro le donne si combatte una guerra, sia pur di bassa intensità, e che le trincee delle donne vanno difese, con ogni mezzo necessario.
Ed è con quello stato d’animo che ho scritto tutto ciò che di quegli anni - dal terremoto al processo Tuccia - avevo percepito e mi era rimasto dentro, come un tarlo che ti assilla fin quando non lo fai uscire, come un boccone amaro che non riesci a mandar giù.
Ed io l’ho fatto uscire e l’ho sputato quel boccone, in pace con la mia coscienza...
Ma oggi le mie percezioni, la mia coscienza e la mia rabbia vengono processate, dissezionate, decontestualizzate. Di quella poesia, del clima generale di un infernale processo per stupro, si devono riportare solo alcuni versi, sulla veridicità dei quali sono chiamata a rispondere, chiamando a raccolta i ricordi di questa brutta storia, prima che diventi una soap opera di pessima qualità.

Relativamente alle frasi di cui si contesta contenuto diffamatorio, e in particolare:
  1. Riguardo al periodo - Ora l’Avv. Valentini, che è amico di tutti, doveva correggere il tiro e conquistare quelli più potenti, quelli del braccio armato dello Stato. Così si offrì di difendere gratuitamente lo stupratore avellinese Francesco Tuccia - circa la gratuità del servizio reso a Tuccia;
Dichiaro di aver desunto tale circostanza dalle dichiarazioni dell’avv. A. Valentini nel corso dell’udienza di appello a porte aperte, il 6 dicembre 2013. Nel corso della sua arringa l’avv. A. Valentini più volte sostenne che lo stupratore Francesco Tuccia era di origini umili, che non poteva permettersi certe spese legali, e facendo appello alla Corte, chiese di tener conto di questa condizione nel valutare lo sforzo economico che quella famiglia di operai avrebbe potuto sostenere;
  1. Relativamente al periodo - Ricordo che in aula, alla seconda udienza, l’avvocato Valentini, che è amico di tutti, avvicinò il testimone che salvò Rosa da morte certa per offrirgli una “dritta” per una buona occasione di lavoro lontano da L’Aquila - circa la poca professionalità nell’avvicinare testimoni...
Quel giorno (19 novembre 2012) entrai in aula durante la pausa pranzo, nel frattempo entrò Valentini, che parlava a voce alta con un altro uomo. Non ricordo testualmente le sue parole, ma manifestava preoccupazione circa l’eventuale crisi dell’attività economica di un locale in seguito all’impatto mediatico che aveva avuto una certa vicenda e affermò di avere delle conoscenze, tra i gestori di locali a Pescara, cui poter proporre la prestazione di vigilanza del personale addetto alla sicurezza nel locale in questione. Si era nel corso del processo Tuccia e pensai si riferisse al buttafuori del Guernica.
  1. Riguardo al periodo: - Ricordo le minacce di stampo mafioso e fascista indirizzate all’avvocata di “Rosa”, Simona Giannangeli: “Ti passerà la voglia di difendere le donne […] Stai attenta e guardati sempre le spalle, da questo momento questo posto non è più sicuro per te
Preciso che i riferimenti alle minacce alla Giannangeli stavano in quella lettera come anche altri passaggi, in cui si denunciava il clima di insicurezza e di militarizzazione del territorio, che tuttavia non sono stati oggetto di censura.

Comunicato di NUDM sul processo delle donne a L'Aquila per diffamazione

Riceviamo e pubblichiamo, ma non crediamo che Telefono rosa rifiuterà l'offerta di Valentini. Già ai tempi di sommosse ci bacchettava perché eravamo troppo "sommosse" con la nostra rumorosa presenza nei presidi di solidarietà femminista.

Per il giudice dell’Aquila è diffamazione. Per noi è solidarietà femminista.
Il 5 luglio 2019 all’Aquila un giudice Giuseppe Romano Garganella ha condannato la solidarietà femminista. Ma il processo ha dimostrato che la solidarietà tra donne è arma potente contro la violenza sessista che ancora attraversa le aule dei tribunali.
Questa una breve ricostruzione dei fatti: a oltre due anni dall’inizio del processo, il Tribunale dell’Aquila ha condannato in primo grado tre attiviste accusate di diffamazione aggravata da Antonio Valentini, difensore dell’ex militare Francesco Tuccia, condannato in via definitiva per violenza sessuale su una studente universitaria di 20 anni, ridotta in fin di vita e abbandonata al gelo dopo lo stupro avvenuto nel piazzale di una discoteca di Pizzoli.
Durante il processo, le tre attiviste, sostenute da un’ampia rete femminista, da avvocate ed esperte di diritto, hanno dimostrato come il processo per lo stupro commesso da Tuccia, abbia esposto la giovane vittima a nuove umiliazioni e traumi, proprio dallo stesso Valentini. Con rabbia, pazienza e tenacia, questa rete di solidarietà ha trasformato il processo in occasione per mettere a nudo come i tribunali riproducano la violenza sessista sulle donne. Ha inoltre impedito che lo stesso avvocato Valentini potesse varcare la porta della Casa Internazionale delle donne dove era stato invitato per un convegno dall’associazione Ilaria Rambaldi Onlus. 
Durante i processi per violenza, ancora oggi in Italia le donne si trasformano in imputate e messe sotto accusa per la loro condotta sessuale, per gli abiti che indossano e per presunti comportamenti trasgressivi. Questo accade nonostante una norma introdotta nel 1996, in seguito alla pressione dei movimenti delle donne, vieti in modo esplicito di porre domande riguardanti la sfera intima.
Ma la condanna delle tre attiviste dimostra che i tribunali sono anche luogo dove si mette sotto processo la solidarietà tra donne e si scambia per diffamazione il diritto di criticare prassi e procedure che puniscono le donne.
Il 5 luglio, nonostante la pm Ilaria Prezzo avesse derubricato l’accusa di diffamazione aggravata in semplice e chiesto il minimo della pena, il giudice Romano Gargarella ha stabilito una pena di 1000 euro di multa per ognuna delle tre attiviste, oltre a 2000 come cifra provvisoria del risarcimento, la cui entità si determinerà in sede civile. L’avvocata di Antonio Valentini, Marzia Lombardo, ha dichiarato che il risarcimento sarà devoluto a Telefono Rosa. Siamo certe che questa offerta verrà rifiutata.
Questa condanna non è giustizia, ma un tentativo di restaurazione patriarcale.
Dentro e fuori i tribunali, le femministe continuano a lottare per farla finita con ogni forma di violenza contro le donne. Con la violenza di chi stupra, quella di chi trasforma le vittime in imputate e vuole punire la solidarietà. Perché questa condanna riguarda tutte.