31/12/20
La lotta paga: in Argentina vincono le donne, approvata la legalizzazione dell'aborto
28/12/20
Dalle assemblee donne/lavoratrici del 17 sett e 19 nov - 6 - Le lavoratrici delle pulizie, dei servizi in lotta contro la precarietà e la pandemia
26/12/20
Parà americano stupra ragazza vicentina. E' "extracomunitario ma di quelli intoccabili, solo un'indagine formale, neanche una sanzione per violazione delle misure anti covid
Una ragazza vicentina di 19 anni ha denunciato di essere stata vittima di una violenza sessuale avvenuta qualche settimana fa all’interno della base militare Del Din.
Nell'India in fiamme il ruolo straordinario delle donne
Naufragio di Natale: 20 vittime, 19 erano donne e 4 di loro incinte
Un femminicidio di massa dell'imperialismo europeo e italiano con la complicità del regime reazionario e asservito tunisino
L'imbarcazione stava tentando la traversata del Mediterraneo verso l'Italia, ma era sovraccarica e in cattive condizioni. Al momento si sono salvati solo in 4 Tutte donne tranne uno. Quattro di loro erano incinte. Sono 20 le vittime del naufragio di un’imbarcazione che stava tentato la traversata del Mediterraneo, dalla Tunisia all’Italia. E 19 di loro erano appunto donne. Il naufragio è avvenuto giovedì, nel giorno della vigilia di Natale. Le informazioni arrivano dai primi dati in possesso delle autorità di Sfax. Le ricerche proseguono nel tentativo di trovare altre 13 persone che risultano disperse. Sempre secondo i dati forniti dal portavoce, quattro migranti sono stati salvati: uno resta sotto supervisione medica e un altro è fuggito dall’ospedale.
L’imbarcazione, sovraccarica e in cattive condizioni, trasportava 37 persone di cui tre originarie della Tunisia e le altre dell’Africa sub-sahariana. Al momento le imbarcazioni della guardia costiera e i sub della Marina, impegnati nelle ricerche, non hanno ritrovato oggi altri corpi né sopravvissuti, anche in considerazione di forti venti e onde alte che ci sono nella zona. I 20 corpi sono stati recuperati da agenti della guardia costiera e pescatori locali, che li hanno portati a riva.
Le autorità tunisine fanno sapere che recentemente hanno intercettato diverse imbarcazioni cariche di migranti, ma rilevano che il numero di tentativi è in crescita in particolare tra la regione di Sfax e l’isola di Lampedusa. Le barche di migranti spesso partono dalle coste della Tunisia e dalla vicina Libia, con a bordo persone provenienti dal resto dell’Africa ma recentemente anche un crescente numero di tunisini in fuga.
24/12/20
Gli interventi dalle assemblea donne/lavoratrici del 17 sett e 19 nov - 5 - Le lavoratrici della sanità: "Le donne sono sempre le più provate"
20/12/20
Nelle due giornate indette dal Patto d'azione anticapitalista, portato dalle lavoratrici l'annuncio della giornata d'azione delle donne del 15 gennaio
19/12/20
"Giornata d'azione delle donne/lavoratrici" a gennaio!
Nella 2° assemblea nazionale telematica delle donne/lavoratrici del 19 novembre abbiamo detto: "passare dalla denuncia all'azione" con al centro la piattaforma delle donne/lavoratrici, e abbiamo deciso una "giornata d'azione" a gennaio.
Dopo una verifica, questa "Giornata d'azione" a livello nazionale si terrà il 15 gennaio
Una giornata all'insegna della parola d'ordine "Noi la crisi non la paghiamo le doppie catene unite spezziamo" - contro padroni e governo che scaricano doppiamente sulle donne la loro crisi economica e pandemica, all'interno di un attacco, aumento della condizione di discriminazione, di oppressione, sia pratica che ideologica, verso tutta la vita delle donne.
Una giornata per portare ovunque la piattaforma delle donne/lavoratrici decisa nelle assemblee, perchè arrivi e si discuta in tanti posti di lavoro, in tante realtà delle donne, perchè diventi arma unitaria di lotta; pensiamo a volantinaggi, assemblee sui posti di lavoro, nei quartieri, nelle scuole, ecc., presidi, iniziative verso palazzi e luoghi emblematici di questo sistema capitalista-patriarcale; e altre iniziative che ogni realtà di lavoratrici, donne proletarie, compagne, studentesse (fino al 15 riapriranno le scuole) potranno decidere e articolare secondo la situazione concreta, o le lotte già in corso.
Una giornata d'azione perchè le donne proletarie siano visibili, per essere unite dal nord al sud, per unificare le lotte che già ci sono, sostenerle perchè "se lotta una lottano tutte!", per dare forza e coraggio a tutte.
Vogliamo con questa giornata d'azione anche contribuire ad un ruolo di prima fila delle lavoratrici nello sciopero generale del 29 gennaio indetto dall'Assemblea delle lavoratrici e lavoratori combattivi.
La "giornata d'azione delle donne" non è già lo sciopero delle donne, ma serve per riprendere nelle nostre mani l'organizzazione di uno sciopero reale delle donne, preso nelle mani dalle lavoratrici, donne proletarie, ragazze ribelli.
PREPARIAMO INSIEME QUESTA GIORNATA DI AZIONE DEL 15 GENNAIO
per info, contatti: 3408429376 - cobas_slai_palermo@libero.it
Un forte saluto di lotta
Lavoratrici Slai cobas per il sindacato di classe
17/12/20
Gli interventi dalle assemblea donne/lavoratrici del 17 sett e 19 nov - 4 - Che significa per le lavoratrici lo smart working
Il lavoro “ibrido” aumenta la produttività… e lo sfruttamento soprattutto delle donne - un contributo
(di Stefano Porcari) - La strada del futuro del lavoro – o almeno di una parte di esso – con il ricorso al lavoro da remoto o smart working, ha aumentato la produttività e sarà utilizzato dalle aziende anche dopo la pandemia. Di contro – e inevitabilmente – il ricorso massiccio al lavoro da remoto genera timori tra i lavoratrici e lavoratori, preoccupati di dover essere sempre attivi e del venir meno della separazione tra tempo di lavoro e tempo libero dal lavoro. Dunque c’è l’evidente pericolo di un allungamento fattuale della giornata lavorativa.
A riferire lo stato dell’arte e le sue prospettive è un rapporto del Capgemini Research Institute dedicato a “The future of work: from remote to hybrid”.
Il 63% delle aziende afferma che la produttività dei dipendenti ha subito un incremento nel terzo trimestre del 2020. Il merito sarebbe legato alla riduzione dei tempi necessari per raggiungere il luogo di lavoro, alla flessibilità degli orari e all’adozione di strumenti di collaborazione virtuale.
Le aziende stimano un aumento complessivo della produttività del 17% nei prossimi due o tre anni. Il ricorso al lavoro da remoto ha anche ridotto i costi: negli ultimi mesi, l’88% degli imprenditori intervistati ha risparmiato sui costi degli immobili e delle utenze, il 92% prevede di realizzare un ulteriore risparmio nei prossimi due o tre anni.
Il 70% delle imprese ritiene che l’aumento della produttività legato allo smart working sia sostenibile anche una volta terminata la pandemia. Per questo motivo nei prossimi tre anni quasi tre aziende su dieci si aspettano che più del 70% dei propri dipendenti lavorino da remoto. Prima della pandemia di Covid-19 solo un’azienda su dieci affermava di voler puntare così tanto sul lavoro da remoto.
L’aumento della produttività ovviamente si rileva nei settori dove il lavoro da remoto è applicabile. In particolare le attività IT e digitali, seguite dal servizio clienti (60%) e da vendite e marketing (59%). Comparti come il manifatturiero, nei quali la presenza fisica è spesso essenziale, si fermano invece sotto il 50%.
Non altrettanto lusinghiero però è il punto di vista di lavoratrici e lavoratori, preoccupati della possibilità di svolgere l’attività lavorativa da remoto sul lungo periodo. Circa il 56% (il 60% tra i 26 e i 35 anni) teme infatti che venga loro richiesto di essere “always on”, cioè sempre disponibili, anche al di là dell’orario di lavoro fin qui stabilito.
Queste preoccupazioni, secondo il rapporto del Capgemini Research Inistitute, fanno sorgere dubbi sulla possibilità di mantenere un aumento della produttività sul lungo periodo attraverso un modello di lavoro ibrido di successo.
Il rapporto indica quindi la necessità di creare un nuovo modello ibrido, con un mix di lavoro da casa e presenza in ufficio. Non si tratta però solo di spostare un pc: con la nuova organizzazione, è necessario “riconsiderare il modello di selezione” (meno legato alla presenza fisica), “ridefinire la leadership e promuovere autonomia, empatia e trasparenza”, “rinnovare una cultura del lavoro basata sulla fiducia attraverso nuove abitudini collettive” e “installare una solida infrastruttura per accelerare la modalità di lavoro in digitale”.
A fronte a questo sostanzioso cambiamento nell’organizzazione e la struttura del lavoro, sindacati come Usb hanno messo nero su bianco le proprie valutazioni. Recentemente a questo è stato dedicato un apposito seminario.
In particolare secondo Usb sul lavoro da remoto ci sono questioni non negoziabili come la volontarietà dell’accesso al lavoro agile soddisfacendo le richieste di chi vuol usufruire di tale modalità lavorativa ed al contempo garantendo a chi vuol rientrare in presenza di farlo in sicurezza adoperando gli altri strumenti di flessibilità previsti.
Ma una volta finita o posta sotto controllo la pandemia, su quali nodi è necessario mettere dei punti fermi? Ad esempio c’è la questione dei costi e delle dotazioni: la strumentazione e i costi fissi devono essere a carico del datore di lavoro e non sopportati dal lavoratore.
Il riferimento non va soltanto ai pc ed alle utenze ma anche a quelli volti a garantire il diritto alla salute ed alla sicurezza in un ambiente, quello di casa, che va messo in sicurezza (per esempio sedie, schermi e scrivania). Ma soprattutto c’è la regolamentazione dell’orario di lavoro.
Lo smart working non può determinare un mutamento della natura della prestazione lavorativa spingendo sull’acceleratore del lavoro per obbiettivi.
La prestazione lavorativa deve essere agganciata e commisurata all’orario di lavoro anche se questo assumerà articolazioni differenti rispetto al lavoro in presenza. Quindi non si tratta solo di garantire il sacrosanto diritto alla disconnessione ma di garantire che il lavoro da remoto non determini un surrettizio aumento dell’orario di lavoro.
16/12/20
Pena ridotta in appello per il carabiniere stupratore seriale di turiste straniere
Dino Maglio, il carabiniere che stuprava le turiste straniere.
Limoncello e benzodiazepine per far perdere i sensi, poi lo stupro. Le
vittime venivano attirate sulla casa ai colli Euganei con un annuncio su
un di sito Couchsurfing, il servizio low cost di ospitalità per
turisti. Dino Maglio, ex carabiniere, è stato condannato a 9 anni di
carcere per violenza sessuale e riduzione in stato di incapacità.
Di giorno carabiniere, di sera stupratore di turiste. In quattordici hanno accusato Dino Maglio, 37enne di origini pugliesi, di averle drogate e stuprate mentre erano incoscienti. Nel 2019 l’ex carabiniere è stato condannato a 12 anni e otto mesi per quattro casi di violenza sessuale aggravata, procurato stato d’incapacità e concussione, salvo poi vedersi ridurre la pena nel 2020, in Appello, da 9 anni e otto mesi. Già condannato a una pena di sei anni e sei mesi per aver drogato e violentato una liceale australiana di 16 anni, nel 2014, Maglio è salito agli onori delle cronache solo per i casi recenti. Polacche, canadesi, portoghesi, ceche, tedesche e australiane, le prede erano turiste provenienti da tutto il mondo.
La cena con vino avvelenato al Tavor
Si faceva chiamare Leonardo e attirava le vittime in casa propria
attraverso il couchsurfing, il servizio di ospitalità low cost per
turisti. Al suo annuncio, pubblicato sulla piattaforma americana,
rispondevano ragazze di ogni nazionalità che il carabiniere ospitava in
casa propria, con diversi benefit, tra cui la cena con vino al Tavor.
Quando le ragazze erano incoscienti, approfittava di loro. Alcune
conservavano ricordi sbiaditi di molestie e baci ai quali non erano
state in grado di opporsi a causa dell’effetto dei narcotici, altre,
invece non ricordavano che brevi immagini, ma quasi tutte avevano la
certezza di aver subito una violenza.
Nel 2014 la prima denuncia
La prima denuncia arriva nel 2014, quando una studentessa australiana lo accusa di averla stuprata mentre era sua ospite nella casa di Arcella insieme alla madre e alla sorella. La vittima era stata drogata con un cocktail di limoncello e benzodiazepine. La denuncia, tuttavia, non interrompe la catena di stupri. La volta successiva, infatti, tocca a un’armena e poi a un’argentina. A marzo 2015 i poliziotti della Squadra mobile di Padova fanno irruzione nella casa-albergo e sequestrano un computer contente filmati e foto di circa un centinaio di ragazze provenienti da tutto il mondo, materiale pedopornografico e un potente sonnifero.
Un caso virale
La vicenda diventa poi un caso internazionale, quotidiani come ‘The
Guardian’ riportano la notizia del militare italiano accusato di stupro,
tanto che gli hacker di Anonymous lanciano l’allarme diffondendo
l’identikit del militare in rete. Nessuna recensione negativa, invece,
sul sito di Couchsurfing: le turiste venivano infatti minacciate di
avere guai se avessero postato commenti negativi. Il carabiniere si
vantava infatti di poter raccogliere informazioni attraverso i dati del
passaporto e del cellulare, minaccia che gli è costata l’accusa di
concussione.
Il diritto "civile" a trasmettere ai giovani l'antirazzismo e l'antifascismo è legittimo e non si tocca!
15/12/20
Siamo tutte vicine e solidali con le lavoratrici della Yoox in lotta
14/12/20
Gli interventi dalle assemblea donne/lavoratrici del 17 settembre e 19 novembre - 3 - Le lavoratrici in lotta di Palermo: "Nella lotta noi lavoratrici abbiamo una marcia in più..."
Questa pandemia ha colpito ancora di più la nostra condizione di lavoro. Siamo assistenti igienico personale agli studenti disabili nelle scuole statali, perchè ormai rappresentiamo le lavoratrici precarie di tutta la Sicilia che si stanno man mano unendo alla lotta esemplare dello Slai cobas sc e delle lavoratrici di Palermo.