31/12/15

dal 20° anniversario del Mfpr... alla marcia delle donne... per un NUOVO SCIOPERO DELLE DONNE!

DALLA FESTA-CELEBRAZIONE DEL MFPR A PALERMO IL 6 GIUGNO... PARLANO LE DONNE

                   https://www.youtube.com/watch?v=Zwv2C7iwTOg






ALLA BELLA E NUOVA MARCIA DELLE DONNE
DA MELFI A NAPOLI A ROMA






PER LA COSTRUZIONE DI UN NUOVO
 SCIOPERO DELLE DONNE 


  Che parta dalle operaie delle fabbriche e dalle lavoratrici più sfruttate, discriminate, precarizzate, oppresse, ponendo come aspetto centrale proprio la condizione delle lavoratrici, del lavoro e del non lavoro, la condizione di discriminazione, di attacco ai diritti conquistati...uno sciopero costruito dal basso, facendo insieme una piattaforma e costruendo una rete tra i vari posti di lavoro e città... uno sciopero da vedere anch'esso come una marcia con una sua prima realizzazione intorno all'8 marzo ma che vada avanti e si estenda, trasformando ogni scintilla in nuovi fuochi, che li colleghi e rafforzi la rete tra le varie realtà di lavoratrici e donne in lotta...





29/12/15

DOPO LA MARCIA DELLE DONNE DEL MFPR ALLA SATA DI MELFI - UNA STUDENTESSA CI SCRIVE... "Cosa accade davvero in fabbrica?"

Dopo il nostro intervento l'11 dicembre alla Fca Sata di Melfi – prima tappa della marcia delle lavoratrici del Movimento femminista proletario rivoluzionario – una studentessa ci ha scritto:

...Sto portando avanti delle ricerche per la mia tesi di laurea sulla Fca di Melfi, su come la riorganizzazione del processo produttivo tramite introduzione del Wcm ed Ergo Uas abbia influito sulle condizioni di lavoro. Se le aspettative di miglioramento della qualità del lavoro e dell'ergonomia delle postazioni nonché il paventato coinvolgimento dell'operaio fiero di dare un suo attivo contributo, abbiano avuto risultato, riscontro nella realtà o siano solo il risultato di un'ampia pubblicistica manageriale atta ad occultare un'intensificazione dello sfruttamento.
Vorrei capire cosa accade davvero in fabbrica, secondo la letteratura manageriale, ogni gerarchia dovrebbe essere annullata...
Ovviamente da altri riscontri si deduce l'esatto contrario. Sto cercando di capire di più.
So che l'11 vi siete incontrate a Melfi con le operaie Fca. Vorrei chiedervi se possibile quali sono le criticità più dibattute, i malumori.
Mi hanno detto operaie di Melfi che puntate molto su una protesta da far partire proprio da Melfi, come stabilimento simbolo, ma perchè più sotto i riflettori, giusto, dato che è l'unico a ciclo continuo?...”

Cerchiamo di rispondere sinteticamente, anche se c'è molto da dire.

In generale alla Fca-Sata di Melfi si costruisce una fabbrica in cui conta solo il padrone e il suo profitto, e gli operai vengono quasi obbligati a privarsi di diritti e libertà sindacali che non siano compatibili con i piani e gli interessi di Marchionne. Turnazioni, salari, condizioni di lavoro e sicurezza vengono stabiliti nell'esclusivo interesse del mercato e per estrarre il massimo profitto.
Dignità e condizioni dei lavoratori non contano nulla.
Una fabbrica in cui gli operai e le operaie si devono sentire 'fortunati e felici' di lavorare perchè i profitti del padrone vadano bene.
Una fabbrica la cui l'organizzazione del lavoro Ergo-Uas, WCM, ha lo scopo di estorcere il massimo sfruttamento e la riduzione dell'operaio a un'appendice della macchina produttiva.
Una fabbrica laboratorio delle leggi del Jobs act del governo Renzi, per trasformarla nella fabbrica modello dei licenziamenti individuali e collettivi senza articolo 18.
Una fabbrica in cui in cambio di assunzioni precarie si afferma un lavoro senza diritti, stabilità e sicurezza per tutti. Una fabbrica in cui i giovani sono assunti come carne fresca da sfruttare a minimi costi.
Una fabbrica in cui le donne operaie sperimentano l'unica “parità” che i capitalisti sono in grado di dare, quella di essere ugualmente sfruttate ma doppiamente penalizzate come operaie e come donne, nel corpo, nella dignità, nelle condizioni di lavoro e di vita.
Una fabbrica in cui gli scioperi sono “disciplinati” dall'azienda. Lo sciopero può essere indetto solo se approvato dalla maggioranza dei delegati di fabbrica. A chi non la rispetta si sospendono pro tempore i diritti sindacali.
Una fabbrica in cui di fatto è vanificata la contrattazione aziendale, perchè c'è “la possibilità automatica, laddove ce ne fosse bisogno, di aumentare o cambiare i turni settimanali senza alcuna contrattazione. Quindi l'azienda potrà manovrare meglio sulla contrattazione individuale anche del singolo dipendente. Si dice: “In fabbrica ci sarà meno gerarchia”, ma questo vuol dire solo che la gerarchia è una sola, quella di Marchionne.

Quindi, alle tue domande: “Se le aspettative di miglioramento della qualità del lavoro e dell'ergonomia delle postazioni, nonché il paventato coinvolgimento dell'operaio fiero di dare un suo attivo contributo, abbiano avuto risultato, riscontro nella realtà o siano solo il risultato di un'ampia pubblicistica manageriale atta ad occultare un'intensificazione dello sfruttamento”, la risposta è decisamente NO per la prima, e SI per la seconda: c'è una intensificazione scientifica dello sfruttamento degli operaie e delle operaie!

Il Sistema Ergo Uas e WCM (vedi approfondimento a fine articolo) è fino in fondo oggi scienza del capitale. Apparentemente presentata asettica, volta anzi a mettere in relazione il lavoro con il rispetto delle possibilità del corpo dell'operaio, quindi una disciplina che studierebbe una migliore integrazione tra lavoro umano, macchina e ambiente di lavoro, finalizzata, quindi, al maggior rendimento del lavoro stesso e al rispetto dell'operaio; in realtà essa è finalizzata unicamente ad analizzare ogni parte del corpo, quasi ogni muscolo, ogni nervo, ogni movimento delle braccia, delle gambe, del torace, ecc., sia singolarmente che nelle loro relazioni, per spremere da essi il massimo di utilizzo, di sfruttamento, per raggiungere il limite massimo, per spingerlo all'estremo...
Quindi, si potrebbe dire, il massimo sviluppo delle forze produttive corrisponde nel sistema del capitale al massimo uso dell'operaio come appendice delle macchine; si può dire che alla massima divisione del lavoro corrisponde una massima divisione dello stesso operaio.

La condizione degli operai della Sata già pesante anni fa con il sistema del TMC, sta diventando sempre più dura.
La questione pesantissima delle pause, dei turni ne è l'esempio più chiaro.
Gli operai sono soprattutto stanchi fisicamente. Alle ridotte pause (in cui non c'è tempo neanche per andare nei bagni, perchè posti anche lontano), si aggiunge l'intensità del lavoro (nel reparto verniciatura si è passati da 170 pezzi a più di 500 pezzi), la pretesa del lavoro anche nel pomeriggio della domenica, ecc. Dopo alcune ore di lavoro – dicono gli operai - ci si sente già esauriti.

Per le operaie gli effetti sono più pesanti, più complessi e più generali (vedi inchiesta a fine articolo)

A Melfi si sta sperimentando la fabbrica sempre in produzione. Gli operai sono la carne per farla andare, per quattro soldi, a ritmi impossibili, lavorando sempre, vivendo per lavorare, senza più riposi di sabato e domenica, le turnazioni sono programmate in modo tale da utilizzare consecutivamente la forza lavoro senza soluzione di continuità e gli operai avranno riposi infrasettimanali di due giorni durante l’arco della settimana, arrivando ad avere in alcuni casi un solo un giorno tra un turno e l’altro.
Nel nuovo sistema retributivo anche il salario viene sempre più calcolato sulla base dell'efficienza produttiva dello stabilimento, parametrato all'indice raggiunto del sistema Wcm.
E' una sorta di neo automatismo salariale realizzato direttamente dall'azienda, che oscilla tra un valore medio del 5% del salario base e, in caso di over performance, e un massimo del 7,2%. Sostanzialmente una sorta di “scala mobile” di efficienza e produttività e Wcm, a totale misura degli obiettivi e degli interessi dell'azienda.

La campagna, quasi ideologica, portata avanti da Marchionne tra gli operai e soprattutto tra le operaie che stanno da anni e anni, e dove “il più sano” ha quanto meno una tendinite, ecc., non sta, nella maggioranza degli operai, ottenendo i risultati di coinvolgimento voluti dall'azienda. Timore, paura, sì, c'è; a volte speranza (ma nel momento in cui lo dicono già sembra che neanche loro ci credano) che questa intensificazione del lavoro, questa fatica duri solo per un certo periodo, finchè Marchionne raggiunga i suoi obiettivi economici, e che dopo finisca; c'è a volte rassegnazione. Ma in generale si tratta di una rassegnazione rabbiosa, del tipo: "Ma è possibile che...".

Tra i giovani, dopo le prime illusioni, ora molti vorrebbero andarsene. Non ce la fanno. Si confidano di nascosto con gli operai e operaie “anziani”. Molti hanno iniziato con entusiasmo, altri con rassegnazione: ma ora anche loro fanno i conti con la fatica e non sono pochi quelli che hanno già abbandonato la fabbrica. E cominciano a voler capire come è veramente la situazione.

Potremmo dire che gli operai si vanno dividendo in tre fasce, una “destra”, minoritaria nei fatti, che segue i sindacati di Marchionne e affida al padrone, ad essi e a Renzi il futuro del proprio lavoro e della propria vita; un centro rappresentato da operai che non sono d'accordo con quello che succede, non si uniscono ai sindacalisti partecipativi (come dicono loro stessi), sentono tutto il peso dello sfruttamento e della dittatura che esiste in fabbrica ma non hanno ancora la forza di ribellarsi e soprattutto non vedono come farlo; e una sinistra che denuncia la situazione e cercano di ribellarsi – questo, come si vede, soprattutto le operaie.
Per questo, noi diciamo che le operaie possono essere il “tallone di Achille” di Marchionne.

Per questo vogliamo che parta dalle operaie della Fca Sata il nuovo sciopero delle donne. Che non è una “protesta”, ma molto di più.
Proprio dalla condizione delle operaie di Melfi – ma anche dalla condizione delle lavoratrici più sfruttate, discriminate e oppresse negli altri settori, vedi le braccianti donne sono colpite, non solo in alcuni aspetti della loro vita, ma a 360° gradi! Non ne possiamo più! E hanno non una ma mille catene da spezzare.
Quindi, uno "sciopero delle donne", costruendo dal basso una nuova piattaforma contro padroni e governo, contro i doppi attacchi che le lavoratrici sia come classe che come donne; e in cui le operaie, le lavoratrici più sfruttate e oppresse prendono in mano la loro condizione, siano le protagoniste, non solo le partecipanti della lotta sindacale. In questo modo lo sciopero delle donne diventa anche una rottura nell'andazzo del movimento sindacale, e pone anche tra gli operai la necessità di un cambiamento.
Uno sciopero delle donne visto come una marcia, che abbia una sua prima realizzazione intorno all'8 marzo, ma che vada avanti e si estenda, trasformando ogni scintilla in nuovi fuochi, uno sciopero a "macchia di leopardo", che colleghi via via i vari fuochi e rafforzi nelle iniziative la rete diretta tra le varie realtà delle lavoratrici.

Su Paola Clemente e le altre - le nuove vittime delle moderne forme di caporalato, dello sfruttamento istituzionalizzato

La vicenda di cui è stata vittima la signora Paola Clemente è paradigmatica di un nuovo e diverso atteggiarsi di intermediazione illecita nel rapporto di lavoro. È questa la conclusione cui è giunta la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali del Senato, indagando sulla morte della bracciante. Come si ricorderà, avvenuta in circostanze misteriose il 13 luglio scorso nelle campagne di Andria, mentre era impiegata nell’attività di acinellatura dell’uva. Nella relazione conclusiva firmata dalla senatrice Camilla Fabbri, presidente della commissione, si distingue tra due piani dello sfruttamento: il primo, costituito dal caporalato tradizionale in cui appare centrale la figura del mediatore di lavoro che “approfitta del bisogno del lavoratore lucrando tra domanda e offerta di lavoro bracciantile o comunque di manodopera, in un contesto di assoluta irregolarità e quindi di totale assenza di sicurezza” così si legge negli atti parlamentari che DINAMOpress ha potuto consultare: “ il secondo piano invece ha caratteristiche nuove, non meno allarmanti, si insinua tra le pieghe del contratto di somministrazione o di altri più recenti tipi contrattuali”. Si genera, certo, “dalla presenza sul territorio di personaggi che hanno facilità se non addirittura esclusività di contatti con i lavoratori in cerca di lavori occasionali, precari, stagionali”. Non solo. Secondo il rapporto, approvato qualche giorno fa, esiste ciò che viene definito un vero e proprio caporalato urbano. Nessuna regione d’Italia sembra esserne immune. Dalle province ad alta vocazione agricola, alle periferie metropolitane per i comparti di edilizia e trasporti, “tale particolare forma di reclutamento viene considerata necessaria perché in questo modo si realizza un abbattimento dei costi”. È la concorrenza al ribasso tra imprese. Che spiega, in parte, anche il rapporto esistente tra caporali e imprenditori. In tal modo, si legge ancora nella relazione: “si risolvono gran parte dei problemi d’impresa. Si reclutano i braccianti, anche in poche ore, i costi della manodopera risultano dimezzati, nessun sindacato, e soprattutto nessun costo e onere per la sicurezza”.
Nel caso della bracciante morta non è emerso “alcuna vera formazione, informazione, addestramento delle lavoratrici né una reale presenza di misure di protezione e di primo soccorso”. Anzi è apparsa piuttosto evidente “l’assenza di misure di protezione da attivare per il pericolo di vita che si profilava per il malore della lavoratrice”. Dai documenti e dalle testimonianze raccolte dalla commissione parlamentare è stato possibile ricostruire non solo la cronaca di quel che accadde quella mattina nelle campagne di Andria, ma anche disegnare il quadro delle condizioni di lavoro nelle campagne pugliesi, specialmente. Sono stati auditi tutti i “protagonisti” della vicenda: il segretario regionale della Flai Cgil, Giuseppe Deleonardis, che per primo denunciò la morte della donna. Ciro Grassi, il rappresentante legale della società Grassi Viaggi, indagato dalla Procura di Trani per omicidio colposo e omissione di soccorso, insieme a lui è stato sentito Salvatore Filippo Zurlo, l’autista del mezzo. E poi, Luigi Terrone proprietario di Ortofrutta Meridionale Srl, l’azienda presso cui Paola lavorava, anche lui coinvolto nell’inchiesta giudiziaria condotta dal pubblico ministero della Procura di Trani, Alessandro Pesce. Inoltre sono stati ascoltati dalla commissione parlamentare anche l’ex europarlamentare socialista Vincenzo Mattina (non indagato nell’inchiesta) attualmente vicepresidente dell'agenzia del lavoro Quanta Italia S.p.a, che negli anni scorsi aveva assunto Paola, o meglio, le aveva “somministrato” un contratto. Infine, alcuni dipendenti dell’agenzia interinale Infogroup, “presso cui era dipendente la signora Clemente al momento della morte”. Un intero paragrafo della relazione è dedicato al “procacciamento dei contratti di somministrazione”. Laddove si fa riferimento al fatto che “il sistema normativo attuale ha trovato un deficit di legalità nel funzionamento concreto dei contratti di somministrazione e nel procacciamento degli stessi per poter acquisire la disponibilità di lavoratori e utilizzatori nell'ambito di un territorio ad alta vocazione agricola”.

In sostanza, sembra dire la relazione: sono proprio i tipi di contratti e le previsioni normative ad aver favorito l’esistenza di forme di intermediazione illecita nei confronti dei lavoratori. Sono gli interessi delle agenzie interinali ad entrare direttamente in contatto con i nuovi caporali. Poiché hanno bisogno - le agenzie - di “soggetti noti quali fornitori di occasioni lavorative, presenti sul territorio, che siano facilmente contattabili da lavoratori e imprese, perché possano organizzare senza problemi il trasporto dei lavoratori, dato che sono conoscitori delle esigenze logistiche e produttive stagionali”. È questo il ruolo assunto dai nuovi caporali “che si annidano tra le pieghe della somministrazione”. Sono loro, i proprietari dei bus, insieme ai funzionari delle agenzie, i soggetti che decidono dei contratti di lavoro, nel mondo agricolo, ma non soltanto. Analizzando i documenti di assunzione dei braccianti nell’ambito della morte della signora Clemente si è scoperto che un solo soggetto, nell'ambito della diffusione dei numerosi contratti di somministrazione nel territorio della provincia di Bari e di quella di Taranto, ha avuto la capacità di trasferire in poco tempo oltre 6.000 lavoratori dall'agenzia Quanta all'agenzia Infogroup, “dimostrando così di essere il vero artefice dei contratti di lavoro”. Così si legge, ancora, nella relazione: “oggi il caporalato ha indossato le vesti della somministrazione. Una pratica, quella dei contratti di somministrazione, usata (o meglio) abusata, per dare un’ apparenza formale a una serie di imprescindibili contatti che possono essere curati soltanto da chi è in grado di spostare anche repentinamente vere e proprie truppe di lavoratori”. Disposti a tutto, anche a lavorare in condizioni di privazione assoluta della sicurezza sul luogo di lavoro.

È successo a Paola Clemente, di dover lavorare senza alcuna prevenzione effettiva di tipo sanitario (valutazione del rischio sull'attività svolta al sole, fattori di rischio chimico per l'esposizione a prodotti diserbanti o anticrittogamici etc), né alcuna misura di protezione (primo soccorso, intervento e collegamento con il servizio pubblico). Come è emerso dalle audizioni: “l'improvvisazione del soccorso da prestare alla dolorante lavoratrice e la chiamata tardiva dell'ambulanza” le sono stati fatali. Ecco come è morta Paola Clemente, vittima a tal punto del suo rapporto di lavoro tanto che “ sono apparse in un primo momento le resistenze e i timori della stessa famiglia della vittima a denunciarne la morte”. Indice di un clima di assoggettamento, di paura e di bisogno che travalica la legittima domanda di giustizia e di ricerca della verità, secondo quanto scrive la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali del Senato, non mancando di ricordare che sono proprio alcuni rapporti di lavoro e come essi sono concepiti, le cause principali dei decessi come quello di Paola e delle altre vittime di lavoro. Solo nel 2015 sono stati - secondo i dati diffusi dall’Inail - oltre settecento, le vittime dei rapporti di lavoro.

IL MODERNO MEDIOEVO PER LE DONNE E' DOVUNQUE

Anche noi vogliamo sapere. Non si può e non si deve morire di parto 

MFPR

Torino, mamma e figlia muoiono in sala parto. Padre assale i medici

Angela Nesta con il marito Francesco

Dramma nella notte all’ospedale Sant’Anna. La piccola è venuta alla luce già senza vita, la madre è morta per arresto cardiocircolatorio. In reparto è scoppiata una lite tra i parenti e i sanitari. La Procura ha aperto un’inchiesta: trasmessi gli atti a Guariniello

L’ospedale «Sant’Anna» di Torino (Ansa)
Una donna di 39 anni al nono mese di gravidanza è morta in ospedale, insieme alla propria bimba, durante la fase di preparazione al parto. È successo al «Sant’Anna» di Torino nella notte tra sabato 26 e domenica 27 dicembre. Intorno alle 1.30, per una complicazione, la mamma è stata trasportata d’urgenza in sala parto: la bimba è morta ancora prima di venire alla luce, mentre lei, colpita da arresto cardiocircolatorio, è morta poco dopo mentre i sanitari tentavano di rianimarla. Il padre della donna si era scagliato contro i medici, in ospedale, ed era stato bloccato dai militari. «Voglio soltanto sapere che cosa è successo a mia figlia», ha detto Pietro Nesta, padre di Angela, la donna morta durante il parto insieme alla propria figlia... La gestazione di Angela Nesta, afferma ancora Pietro, è stata «bellissima, senza alcun problema. Non potevamo aspettarci un epilogo così tragico. Siamo distrutti».

In India la repressione dello stato indiano contro i maoisti non ha limiti - Libertà per la compagna Sheela Marandi dirigente movimento democratico delle donne!

in via di traduzione 

On the continuing incarceration of Sheela Marandi

December 25, 2015
by Prashant Rahi
Observers of the tribulations being faced by Sheela Marandi, a popular leader of the revolutionary democratic women’s movement in Jharkhand, now in her late fifties, may be shocked to know that her bail petition was rejected by a Rourkela Sessions Court on the 23rd of December. At the time of her arrest in Rourkela on October 7, 2006, Sheela, one of the young leading activists of the Jharkhand statehood movement in the 70s to have opted for the revolutionary path, was in her late forties.
Her bail plea at the Rourkela Sessions had been necessitated by her re-arrest by the Rourkela Police on 4th November at the gate of Tenu Ghat jail in Bokaro district of Jharkhand, during the course of her release on bail in the last case to have been foisted upon her by the Jharkhand Police since her release on bail from Rourkela in 2007.
She had been granted bail by the Odisha High Court in her October 2006 arrest case and released from Rourkela Jail way back in July 2007. However, while being released on July 11, 2007, she was re-arrested at the Rourkela Jail gate by the Jharkhand Police, after which she had to spend 8 and a half long years in various Jharkhand prisons, battling as many as 8 cases one after another in her home state.
The last of these 8 cases, foisted in early 2013, was related to an incident in the Tenu Ghat area of Jharkhand, which she could by no chance have been involved in because the alleged incident had occurred when she was very much incarcerated at Rourkela.
The Jharkhand Government found itself at a loss to foist more fake cases against her since mid-2013 when a writ petition was filed on her behalf in the High Court at Ranchi against the series of staggered fake cases, denying her fundamental right to speedy trial, among other things. The tragic part was that following her re-arrest by the Jharkhand Police in 2007, she could not appear for her trial at Rourkela, towards which the court there took a stringent stance. The obvious reason why she could not appear for her Rourkela trial was her detention in various jails in Jharkhand. Yet in spite of the fact that it was well recorded that she had been re-arrested by the Jharkhand Police at the jail gate following her release on bail from Rourkela jail, the trial court at Rourkela had unwarrantedly cancelled her bail over these years (in 2009), mechanically also issuing a warrant for her arrest though she had not stepped out of jail ever since.
While she was still in custody at Tenu Ghat jail, a petition had been filed on her behalf earlier this year at the Rourkela Sessions Court seeking recall of her arrest warrant and of the erroneous order cancelling her bail. Even though it was quite clear that she was in no way responsible for her non-appearance for the trial at Rourkela, the Sessions court had refused to withdraw the unwarranted punishment meted out to her, treating the order recall petition not for what it was worth, but as a bail petition which it wasn’t, rejecting it summarily and cursorily suggesting that she could apply for bail once she would appear before it. Accordingly, a new bail plea was filed on Tuesday.
Since her re-arrest by the Rourkela Police from the Tenu Ghat jail gate, Sheela has remained in incarceration at the Rourkela Special Jail in the Sundergarh district bordering Jharkhand. Along with the bail plea as well as with the earlier order recall petition, all the necessary documents from various Jharkhand courts were attached as evidence of the fact that she had been in the custody of those respective courts throughout, either being acquitted or released on bail by them, and that she was herself in no way responsible for her non-appearance in the Rourkela court since being released on bail from Rourkela in 2007. Yet the court of the Additional District Judge (II) again passed an order on Wednesday October 23, rejecting her bail plea.
Sheela, therefore, is now left with no option but to appeal to the High Court of Odisha against the injustices meted out to her by the Rourkela Sessions Court first in the form of cancellation of her earlier bail for no fault of her own, and secondly in the form of denial of her natural right to avail of the bail which she had already been granted in 2007.Over the past decade, along with her advancing age, prolonged incarceration in fake cases has taken a great toll on her physical condition, as this writer himself could see during his visits to various jails since 2013.
In the first two of her Jharkhand cases, for which she was tried at Chaibasa Sessions Courts, she had been acquitted way back in 2010, while four more cases being tried at Giridih Sessions Courts and one at a Dhanbad Sessions Court had made little headway since then. In all these pending cases, she had been released on bail by 2013, only to be taken into custody in one case after the other. It was in her last case at Tenu Ghat (pertaining to the alleged incident which had taken place while she was incarcerated at Rourkela) that her release on bail could take place only after it had become amply apparent to the Jharkhand High Court that the prosecution had failed to produce any evidence in spite of 17 witnesses having deposed. It now remains to be seen how many more weeks or months the High Court of Odisha will take to find her worthy or being set free, after a second bail application that would be filed before it in January.

27/12/15

Donne egiziane contro la gravidanza forzata... La violenza sulle donne è il frutto più barbaro di questo sistema sociale che deve essere rovesciato!

In Egitto è con i loro volti e con la loro presenza coraggiosa che un gruppo di attiviste ha deciso di protestare contro la violenza sulle donne. Di fronte alla sede dell’associazione sindacale della stampa del Cairo hanno denunciato una deriva che nei paesi arabi è un dramma quotidiano... 


“In Egitto – dice un' attivista – ci sono diversi tipi di violenza, ma la più atroce è quella che costringe le donne a continuare ad avere figli fino alla nascita di un maschio. Una violenza, denominata gravidanza forzata, che conduce alla morte moltissime donne “.
In Egitto il 99% delle donne sono vittime di violenze, fisiche o verbali. Ogni anno si contano almeno 200 mila stupri.“Nei paesi arabi – dice il corrispondente di euronews, dal Cairo, Mohammed Shaikhibrahim, euronews, Il Cairo”. – il tasso di violenza contro le donne è uno dei più alti al mondo. Nonostante la drammaticità della situazione la protesta ha visto la partecipazione di un numero limitato di donne, ma da qui parte un forte messaggio verso la comunità araba che tende a nascondere il problema per il prevalere delle norme sociali esistenti.

25/12/15

I complici di ISIS - Un documento inoppugnabile, che inchioda la Turchia di Erdogan, la NATO e i governi europei, compreso il governo Renzi, sul banco degli imputati per TERRORISMO!

Nato e governi europei, con il governo Renzi hanno deciso nell'ultimo vertice di sostenere la Turchia, e quindi l'ISIS, contro Siria e Russia. E intanto a centinaia i migranti curdi siriani muoiono per sfuggire alla Turchia del fascista Erdogan, finanziato dall'europa per controllare le rotte delle migrazioni!
Non ci vengano quindi a rompere le ovaie con la sedicente "lotta al terrorismo"!
Terrorista è l'ISIS o il PKK che lo combatte?
Terrorista è il regime di Erdogan o le combattenti comuniste rivoluzionarie che si battono contro di esso e muoiono con la complicità dei nostri governi europei e della NATO?


Da Retekurdistan e UIKI onlus

 

LA COLUMBIA UNIVERSITY DELLA CITTA’ DI NEW YORK ISTITUTO PER LO STUDIO DEI DIRITTI UMANI
Documento di Ricerca: Legami ISIS-Turchia
Di David L. Phillips

Introduzione
La Turchia collabora con lo Stato Islamico (ISIS)? Le accuse vanno dalla cooperazione militare e il trasferimento di armi al supporto logistico, l’assistenza finanziaria, e la fornitura di servizi medici. Si sostiene inoltre che la Turchia abbia chiuso un occhio di fronte agli attacchi dell’ISIS contro Kobani.

Il presidente Recep Tayyip Erdogan e il Primo Ministro Ahmet Davutoglu negano fortemente alcun tipo di complicità con l’ISIS. Erdogan ha visitato il Consiglio sulle Relazioni Estere il 22 settembre 2014. Ha criticato “le campagne diffamatorie [e] i tentativi di distorcere la percezione su di noi. “Erdogan ha screditato, “Un attacco sistematico sulla reputazione internazionale della Turchia”, lamentando che “la Turchia è stata oggetto di notizie ostili e molto ingiuste da parte degli organi di informazione.” Erdogan ha suggerito: “La mia richiesta per i nostri amici negli Stati Uniti è quella di presentare la vostra valutazione sulla Turchia basando le informazioni su fonti oggettive.”
Il programma della Columbia University sulla Costruzione della Pace e dei Diritti ha assegnato ad un team di ricercatori negli Stati Uniti, in Europa e in Turchia il compito di esaminare i media turchi e internazionali, per valutare la credibilità delle accuse. La presente relazione si basa su una serie di fonti internazionali – Il New York Times, The Washington Post, The Guardian, il Daily Mail, la BBC, Sky News, così come fonti turche, la CNN turca, Hurriyet Daily News, Taraf, Cumhuriyet, e Radikal, tra gli altri.

Accuse
La Turchia Fornisce materiale militare all’ISIS


Turchia: Scontri al funerale di massa delle due attiviste MLKP, un drone della polizia abbattuto

Da Secours Rouge

Scontri sono scoppiati a Istanbul tra polizia e militanti armati, che hanno abbattuto un piccolo drone di osservazione della polizia turca, durante i funerali delle due donne.
Diverse centinaia di persone, tra cui membri dell'opposizione, erano presenti a Gazi, quartiere di Istanbul, per i funerali di  Yeliz Erbay et Sirin Öter, militanti del MLKP uccise in una sparatoria con la polizia martedì.
I manifestanti hanno reso omaggio alle due compagne, marciando con uno striscione con su scritto: "La rivoluzione delle donne, combattenti coraggiose, la vostra strada è la nostra strada." Hanno anche scandito slogan contro i leader turchi. Le due bare, avvolte da una bandiera rossa con falce e martello, sono state piantate in un cimitero vicino.

Una quindicina di persone, che indossavano cappucci rossi e fucili d'assalto AK-47, hanno poi abbattuto un piccolo drone, utilizzato dalla polizia per controllare la folla.
La polizia ha immediatamente risposto sparando gas lacrimogeni e facendo uso di cannoni ad acqua. Quattro poliziotti sono stati leggermente feriti durante lo scontro a fuoco.

India - il regime fascista indù di Modi rilancia la criminalizzazione di Arundhati Roy

India: Arundhati Roy processata per vilipendio criminale

L'Alta Corte di Bombay ha ordinato l'apertura di un procedimento penale per oltraggio, contro Arundhati Roy, per uno deii recenti articoli dedicati al professor Saibaba, attualmente detenuto per i suoi presunti legami con i guerriglieri maoisti. Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Outlook del 18 maggio. Roy, secondo il giudice, avrebbe fatto nei suoi scritti delle affermazioni oltraggiose contro i governi centrale e locali, così come contro la polizia, sfidando l'ordine prestabilito. Commentando la decisione di rifiutare la cauzione al prigioniero, Arundhati Roy, avrebbe interferito con l'amministrazione della giustizia.
Ricordiamo che l'insegnante Sai Baba è stato detenuto per diversi mesi dopo essere stato arrestato nella sua casa di New Delhi. L'uomo in una sedia a rotelle, soffre di varie malattie legate alla disabilità, che non sono supportate medicalmente dalle autorità carcerarie.

24/12/15

Istanbul: Scontri con la polizia ai funerali delle compagne comuniste assassinate dal fascista Erdogan


(da contropiano)
Polizia e militanti d'estrema sinistra si sono scontrati ieri ad Istanbul, a margine dei funerali di due giovani militanti comuniste assassinate nella notte tra lunedì e martedì nel corso di un blitz dei reparti antierrorismo in un appartamento della metropoli sul Bosforo.
Diverse centinaia di manifestanti e conoscenti, tra le quali alcuni deputati dell'opposizione, hanno preso parte nel quartiere di Gazi ai funerali di Yeliz Erbay e Sirin Oter, due militanti trentenni del Partito Comunista Marxista Leninista (costretto alla clandestinità) uccise nel corso di quello che la polizia ha definito uno “scontro a fuoco” nella zona di Karadeniz.
Ma in un comunicato il Consiglio socialista delle donne (SKM) ha accusato le forze speciali di aver giustiziato le due militanti nonostante fossero già inermi e ferite. “Il potere sanguinario giustizia le donne per indurle alla sottomissione.Me le donne socialiste hanno scelto la resistenza non la sottomissione.” afferma il comunicato che poi continua: “Il Regime fascista del palazzo non riceve abbastanza sangue. Stanno massacrando decine di persone per spezzare la volontà di autogoverno”.
Ieri i manifestanti aderenti a varie organizzazioni della sinistra rivoluzionaria turca hanno sfilato dietro uno striscione sul quale era scritto: "La rivoluzione delle donne, guerriere coraggiose: la vostra strada è la nostra strada". Durante il corteo molti gli slogan contro il regime islamista di Erdogan e la repressione.
I feretri delle due ragazze avvolti in una bandiera rossa con falce e martello, sono stati inumati in un cimitero non lontano.
Una quindicina di militanti armati di fucili AK-47, hanno in seguito abbattuto un piccolo drone d'osservazione usato dalla polizia per sorvegliare la folla. Gli agenti hanno immediatamente replicato lanciando granate lacrimogene e usando cannoni ad acqua contro i manifestanti alcuni dei quali hanno replicato sparando e ferendo quattro poliziotti.

Siamo tutt* con Angela!

Sabato 19 dicembre si è organizzato insieme ad Angela, licenziata del direttore del carcere delle Vallette Minervini perchè troppo vicina ai No Tav e quindi un “problema di sicurezza”, un volantinaggio presso il negozio Marte di Torino, un negozio temporaneo che offre i prodotti realizzati dai detenuti delle carceri piemontesi e finanziato dalla Compagnia San Paolo.
Nel comunicato stampa in cui la Compagnia di San Paolo presenta il progetto, dimentica di annoverare tra gli eleganti prodotti di qualità della Casa Circondariale Lorusso-Cutugno i provvedimenti anticostituzionali e discriminatori che il direttore Minervini non è nuovo a portare avanti.
Uno dei più recenti è stato infatti il licenziamento di Angela, che ha perso la sua unica fonte di reddito a causa della vicinanza col Movimento No Tav.
Il volantinaggio davanti al punto vendita “Marte”, organizzato con la speranza di ricordare ai sensibili
avventori che quelle vetrine, assolutamente poco aderenti alla realtà che si respira e si vive in sezione, servono più al buon nome di Minervini che a costruire benessere per i detenuti che per quelle cooperative lavorano.
Angela lavorava come educatrice a partita Iva all’interno del blocco E del carcere di Torino, in convenzione con l’associazione Morgana e in una struttura comunitaria dedicata a persone con dipendenza da sostanza coogestita col Sert di Corso Lombardia.
Dopo aver perso il lavoro a fine settembre per i vaghi “motivi di sicurezza” già citati, ha avuto accesso solo a fine novembre (e dopo due lettere di sollecito del legale) agli atti con cui il direttore ha deciso di allontanarla.
Gli atti recitano: “Quest’ultimo (provvedimento) è stato adottato in quanto la Giordano ha pubblicamente sostenuto le condotte violente perpetrate da soggetti ristretti in carcere” e a sostegno di tale perentoria e altisonante affermazione compaiono le foto degli arrestati di inizio settembre per un’azioni di lotta in Valle.
La prova schiacciante però, volta a giustificare in modo inconfutabile il fatto di aver tolto il lavoro ad una madre, è riassunta nella segnalazione che due zelanti agenti al cancello di ingresso del carcere hanno steso il giorno 11 settembre quando Angela, all’uscita da lavoro, si era fermata a salutare alcune delle persone che attendevano l’uscita dei ragazzi arrestati: “..e, con fare amichevole e confidenziale li abbracciava baciandoli sulla guancia, oltre a intrattenersi con loro per alcuni minuti”.
E’ proprio questo “gravissimo” episodio alla base della proposta che il comandante di reparto porta al direttore scrivendo: “Si propone la revoca dell’autorizzazione non potendo un operatore condividre idee e valori antisociali e contrari all’ordine e alla sicuirezza”.
Poco importa che il direttore del carcere si sia “dimenticato” di inviare nei tempi previsti dalla legge la proposta di revoca al magistrato di sorveglianza, come altrettanto poco importa capire la situazione: il presidente del Tribunale di sorveglianza a fine novembre appoggia la revoca.
Mentre Lor Signori erano impegnati a scrivere e sottoscrivere decisioni ingiuste e discriminatorie, si è chiesto l’intervento anche di Mellano, garante regionale dei diritti dei detenuti, nonchè una risposta tramite un’interpellanza parlamentare: per ora nessuno dei due tentativi ha avuto alcun seguito.
Angela nel dossier distribuito durante la manifestazione dell’8 dicembre (che riunisce tutti i documenti ufficiali che hanno accompagnato questa vicenda) conclude sottolinenando che la forte solidarietà che l’ha circondata ha rinforzato l’intenzione di non voler accettare un’ingiustizia tanto evidente presa all’interno di quel fortino apparentemente inespugnabile.
Per questo motivo oggi il suo legale Roberto La Macchia ha presentato istanza di ricorso al Tar.
Continueremo a sostenere Angela e la sua lotta, per porre fine a questa criminalizzazione del movimento e di tutti i sui attivisti.

Solidarietà No Tav ad Angela!

22/12/15

UN NUOVO GIORNALE DELLE COMPAGNE AUSTRIACHE - Nel 1° numero parlano del MFPR

Le compagne austriache per il 25 novembre hanno fatto un giornale, al cui interno vi è un articolo sul Mfpr e lo sciopero delle donne.

Sotto la traduzione sommaria dell'articolo
"L'organizzazione delle donne rivoluzionarie MFPR celebra quest'anno il suo 20° anniversario. E' una delle più grosse e attive organizzazioni di donne proletarie in Europa con un ruolo di primo piano in alcune battaglie del movimento delle donne proletarie in Italia: due anni fa, il 25 novembre 2013, in Italia 20.000 Donne hanno protestato con uno sciopero contro il femminicidio e stupri e l'intera condizione di sfruttamento e oppressione delle donne. Lo sciopero ha avuto diffusione e un grande sostegno, ed è stato principalmente fatto da lavoratrici della scuola, sanità, delle pulizie, del pubblico impiego e delle fabbriche metallurgiche, del commercio, che hanno lasciato il lavoro per un giorno.
Attualmente lottano anche per la liberazione delle prigioniere politiche turche di Atik e YENI Kadın e delle combattenti imprigionate delle BR.

Sulla necessità di una organizzazione proletaria femminista indipendente le compagne italiane scrivono: "Senza l'arma del MFPR , senza questa forma organizzata, soprattutto in un paese imperialista come il nostro, senza che le donne non si uniscano per rafforzarsi nella lotta, senza scatenare la forza delle donne e sviluppare la direzione delle donne nella guerra rivoluzionaria, qualsiasi idea di sviluppo del movimento delle donne rivoluzionario, rimarrà una pura illusione... Questi principi devono essere messi in pratica".

Col saluto di "Bella ciao", cantato all'ex OPG di Napoli, rimandiamo al foglio MFPR del nuovo anno per i resoconti delle altre tappe della marcia delle donne




DAL COMMENTO DELLE COMPAGNE DI "JE SO' PAZZ" 

Sabato a ‪#‎Napoli‬ abbiamo avuto una visita a sorpresa che ci ha fatto troppo contenti! è infatti passata all' Ex OPG Occupato - Je so' pazzo una delegazione di lavoratrici di tutto il Sud Italia, da Palermo all'Aquila passando per Taranto e Melfi... insegnanti, operaie, badanti, commesse, che stanno girando fabbriche e posti di lavoro per incontrare altre donne come loro e organizzare azioni comuni.
ci hanno raccontato come le donne che lavorano vengano pagate di meno, vengano maggiormente ricattate e discriminate, come siano poche rappresentate nei sindacati, come subiscano spesso anche il pregiudizio dei loro compagni maschi se osano impegnarsi in politica o prendere parola... e come su di loro pesi anche il lavoro domestico, la famiglia, la pressione sociale.
erano cose che sapevamo, e che tutte le ricerche e le statistiche confermano, ma sentirlo dalla viva voce di chi lotta ogni giorno, sentire anche il senso di gioia e di riscatto che la lotta ti può dare, è tutta un'altra cosa!
viva le donne che osano, viva gli uomini che combattono il machismo e si liberano dei loro stereotipi e pregiudizi, viva gli sfruttati che ogni giorno fanno andare avanti questo paese!

20/12/15

DALLA MARCIA DEL MFPR - L'INCONTRO CON PINA E OPERAI DELLA SATA (dal racconto della delegazione)

Finito l'intervento alla Sata siamo rimaste a parlare a lungo con Pina e i compagni operai, Mimmo e Antonio.
Il nostro intervento per loro è stato importante, non si aspettavano questo tipo di presenza, sia in termini numerici, sia soprattutto per il fatto che la delegazione raccoglieva lavoratrici venute da varie città, dal sud al nord.

Nell'incontro, da parte nostra abbiamo presentato la nostra delegazione e ribadito il significato della nostra iniziativa alla Sata e il valore dello sciopero delle donne.
 


Pina e Mimmo ci hanno raccontato a che punto è la battaglia sulla tuta. E' continuata la raccolta di firme in altre fabbriche Fiat, ma in generale sotto egida Fiom che dopo avere boicottato l'iniziativa alla Sata, visto il suo successo, ora cerca di appropriarsene.
Non vi è stato finora nessun riscontro dell'azienda all'invio delle firme, nè alla lettera ufficiale che la responsabile delle pari opportunità del governo aveva inviato all'azienda con l'invito a cambiare le tute. Unica novità, si dice che a gennaio l'azienda vorrebbe dare altre tute, ma grigie - cosa che non risolverebbe affatto il problema sollevato dalle operaie.
Antonio ha sottolineato quanto sia importante il significato della questione tute per la dignità delle operaie. Ha raccontato che le operaie per sopperire alla questione delle tute bianche nei giorni dl ciclo sono andate in fabbrica con i jeans, solo che così era come se dicessero a tutti: oggi io ho le mestruazioni... Ha parlato dell'imbarazzo, dell'umiliazione delle operaie per le tute che si macchiano.
Quindi - ha detto - la battaglia sulle tute è un messaggio chiaro, ideologico. Su questo si è scontrata l'inadeguatezza della Fiom. "Se tu sindacato non riesci a cogliere questa cosa che è semplice, vuol dire che sei fuori, sei staccato dai lavoratori. Tutti abbiamo capito qual'è il problema, non l'hanno capito sindacati e politici".
Pina ha detto come la questione tuta le abbia fatto riscoprire che "sono una donna. Prima ho fatto il sindacato come un uomo. Ora invece ho scoperto che l'unica qui "con le palle" sono io, operaia e donna. Questa vertenza sulle tute è stata riconosciuta dai lavoratori come delle donne non del sindacato".

Mimmo, quindi, ha ripreso la denuncia della Fiom: prima non ha fatto nulla, poi quando ha visto che noi siamo riusciti, che le operaie hanno firmano con l'indicativo, mostrando che avevano coraggio e volevano metterci la faccia, se ne sono appropriati.
Lia Fiom di Landini dice: "Podemos", noi diciamo "Facemos" - "tu puoi, noi facciamo!".

"Alla Sata - abbiamo detto noi - sulla questione tute non bisogna mollare; certamente essa va inquadrata all'interno di tutti gli aspetti del sistema Marchionne - tra le stesse operaie alcune dicevano: va bene le tute... ma ci sono le pause... - però, quando iniziamo le battaglie dobbiamo portarle avanti e strappare dei risultati, lasciarle a metà azzererebbe tutto quello che si fatto finora. Dobbiamo strappare un risultato perchè questo incoraggia nell'affrontare le altre battaglie.
Noi, per la nostra presenza in varie realtà, continueremo a dare valore nazionale a questa come alle altre battaglie delle operaie. Dobbiamo battere il tentativo di espropriazione che sta facendo la Fiom. I caratteri emersi embrionalmente: protagonismo delle operaie, iniziativa indipendente anzi in contrasto con i sindacati, devono essere mantenuti e rafforzati. Oltre la Fiom, perchè non è uno scontro all'interno della Fiom. La Fiom ha fatto sia nel 2008 che oggi alla Sata un'inchiesta sulla condizione delle operaie, queste inchieste sono anche utili, ma poi la Fiom le mette nel cassetto.

Ora - hanno informato Pina e Mimmo - vi è un'altra tappa all'interno della Sata, riuscire a far votare alle elezione degli RLS, che si dovrebbero tenere tra gennaio e febbraio, e in cui saranno presenti solo uomini, una donna - in una fabbrica in cui il 20% sono donne ed esiste solo una donna delegata (Pina)!"
Su quest'ultimo aspetto noi abbiamo detto che questa battaglia va bene inserita nella battaglia più generale che potremo chiamarla: "DONNE DAPPERTUTTO"; nello stesso tempo però non dobbiamo farci troppe illusioni dato che, a differenza di ciò che si pensa, secondo cui nelle elezioni a voto segreto gli operai e le operaie potrebbero votare liberamente e che le donne dovrebbero votare una donna, proprio nelle elezioni valgono altre logiche: conoscenze, pressioni, né è vero che le donne votano donne.
Su questo concordava anche Pina che rimarcava come tra le donne ci siano anche competizioni, scattano gelosie, per cui non si può dare niente per scontato.
Quindi questa battaglia va bene se inserita nella indicazione "donne dappertutto", ed è in continuità con la battaglia sulle tute, con il protagonismo delle operaie che non delegano, e quindi non va ridotta a questione di componente, all'interno della Fiom.

Le operaie, ha detto Antonio, devono alzare la testa, e lo possono fare perchè negli scioperi sono sempre in prima fila, le prime a scioperare.
Partendo da questo essere in prima fila delle operaie e tornando sullo 'sciopero delle donne', noi abbiamo detto che lo sciopero delle donne parte da questa partecipazione ma in un certo senso ne rovescia la logica: non solo partecipazione e prima fila negli scioperi che decidono i sindacati e gli operai uomini, ma le donne lavoratrici si riappropriano del loro ruolo e sono loro a decidere e organizzare lo sciopero, con un messaggio/sfida che dice agli operai, al movimento sindacale: ora voi ci dovete stare a sentire: questo è lo sciopero delle donne!

Per questo ora occorre vogliamo costruire un rapporto diretto con le operaie di altre fabbriche, di posti di lavoro che sono in lotta, per organizzare dal basso una rete tra le realtà delle lavoratrici.
Noi questo lo stiamo facendo e questa marcia è una prima iniziativa ma continuerà in altre fabbriche e posti di lavoro, per esempio a Bologna (dove lavoratrici sono in lotta sia contro licenziamenti che contro molestie dei padroni), tra le braccianti, le precarie, le immigrate, le disoccupate.
Tutto questo è lo sciopero delle donne. Le operaie, le lavoratrici più sfruttate e oppresse che prendono in mano la loro condizione. In questo modo lo sciopero delle donne diventa una rottura nell'andazzo del movimento sindacale, e pone anche tra gli operai la necessità di un cambiamento.
Il secondo sciopero delle donne va visto anch'esso come una marcia, che abbia una sua prima realizzazione intorno all'8 marzo, ma che vada avanti e si estenda, trasformando ogni scintilla in nuovi fuochi, uno sciopero a "macchia di leopardo", che colleghi via via i vari fuochi e rafforzi nelle iniziative la rete diretta tra le varie realtà delle lavoratrici.

Pina e Mimmo su questo hanno detto che la situazione soggettiva delle operaie alla Sata non è positiva, anche chi ha firmato non è disposta a fare iniziative, sono scottate dai sindacati in generale. Quindi, non bisogna illudersi. D'altra parte, hanno aggiunto, non dobbiamo rischiare: le firme che è stata una iniziativa riuscita, se invece lo sciopero non riesce, si svaluta quello che è stato fatto. Ora non c'e una situazione positiva per gli scioperi. Se nel prossimo anno c'è un barlume, possiamo puntarci.
Noi abbiamo risposto che il lavoro per lo sciopero delle donne deve servire a dare fiducia. Le iniziativa di avanguardia anche se piccole rappresentano e danno voce all'insopportabilità e alla rabbia delle lavoratrici.
Noi non ci illudiamo, ma facciamo il nostro, collegandoci alle situazioni concrete. Proprio la Sata insegna che è possibile passare da una situazione tranquilla ad uno scoppio della protesta, il grande esempio dello sciopero dei 21 giorni (legato anche a questa memoria operaia abbiamo dato il libro sulla Fiat, che hanno preso con interesse).
Pina e Mimmo hanno detto di aspettare gennaio-febbraio per verificare la reazione dell'azienda sulla questione tuta e il problema delle RLS. Quindi ci siamo lasciate con calore e con l'impegno a rivederci a gennaio.

19/12/15

INDIA: DONNE TRA LE FILE MAOISTE "SONO NATA NEL PARTITO"

(da un articolo della stampa)




"Kursenga Motibai alias Radhakka, la prima donna in Andhra Pradesh/Telangana ad entrare nelle file dei Naxaliti del Partito Comunista dell'India (Maoista), è stata rilasciata su cauzione il 12 dicembre 2015. Una donna della tribù Gond del distretto di Adilabad, Stato del Telangana; è stata in clandestinità per 28 anni, e rivestiva la carica di Segretario del Comitato di Divisione del Bastar al momento del suo arresto nel distretto di Khammam. Radhakka ha detto: "Sono nata nel partito". I suoi genitori si sono conosciuti in clandestinità e si sono sposati. Lei nacque qualche anno più tardi. Ha studiato in scuole gestite dal Dipartimento Welfare del governo e andava a visitare i suoi genitori durante le vacanze. Alla fine, anche lei, entrò in clandestinità. Gli sforzi coscienti dell'organizzazione maoista in Dandakaranya per porre fine a varie forme di patriarcato ha anche aiutato le donne o ad entrare in clandestinità o nelle organizzazioni di massa....

Citiamo un documento interno del Partito Comunista dell'India (Maoista):

Il nostro lavoro sul fronte delle donne è ancora lungi dall'essere soddisfacente. Il reclutamento in molti Stati è povero, la selezione-progressione-promozione dei quadri donne non è ancora portata avanti secondo un piano sistematico ed i nostri sforzi sono inadeguati dato l'immenso potenziale e la necessità di costruire il movimento delle donne, il reclutamento dei quadri delle donne e la promozione della leadership delle donne. La tendenza del patriarcato agisce come un forte deterrente per i nostri sforzi in questo senso.

Nella loro precedente esistenza come Partito Comunista dell'India - Marxista-Leninista (Guerra Popolare), o PW in breve, i maoisti avevano individuato le varie iniziative che avrebbero intrapreso lungo la via per la costruzione del movimento delle donne e renderle partecipi alla Rivoluzione di Nuova Democratica (NDR). Ciò comprende:



  • La parità di diritti per le donne provenienti dal lavoro agricolo e con un retroterra da contadini poveri nella distribuzione della terra.
  • La parità di diritti delle donne nel diritto ereditario e nella proprietà ottenuta con il proprio lavoro, per le donne di famiglie benestanti.
  • Pari retribuzione per eguale lavoro.
  • Sradicamento dello sfruttamento fisico delle donne e sradicamento completo della prostituzione.
  • Sradicamento delle atrocità sulle donne e punizione severa per i delinquenti.
  • Porre fine al sistema della dote.
  • Porre fine ai matrimoni sfarzosi e incoraggiare matrimoni semplici, tra le caste.
  • Riserva per le donne del cinquanta per cento dei posti di lavoro nei settori del governo.
  • Lotta per l'istruzione obbligatoria e gratuita per le ragazze e per istituzioni di co-educazione.
  • Lotta contro la discriminazione/deformazione nei confronti delle ragazze nel sistema educativo.
  • Lotta contro i test per l’identificazione del genere e il feticidio femminile.
  • Lotta contro la discriminazione tra ragazzi e ragazze.
  • Lotta contro le pratiche religiose che sono umilianti per le donne.
  • Lotta contro la 'legge personale'.
  • Lotta contro la rappresentazione denigratoria delle donne in tutte le forme, compreso nei media.


Allo stesso modo, i maoisti hanno anche individuato i vari compiti a lungo termine che il movimento delle donne deve intraprendere dopo l’annuncio della Rivoluzione di Nuova Democrazia. Ciò include:

Piena partecipazione delle donne alla produzione sociale; cioè trasformazione dei rapporti tra uomini e donne nella produzione.

Ruolo collettivo nelle attività domestiche.

Uomini e donne coinvolti congiuntamente nelle attività domestiche.

Partecipazione delle donne alla politica ed esercizio congiunto dell’autorità politica.

Ricchezza/proprietà personale da convertire in ricchezza/proprietà collettiva e lotta per la fine del patriarcato.

Abolizione dell’industria privata, familiare e instaurazione della produzione e della proprietà della comunità.

Stabilire rapporti fraterni e sostegno con i movimenti delle donne in tutto il mondo.



Mentre la stragrande maggioranza del circa 40 per cento di donne tra i ranghi maoisti appartengono all’India rurale e tribale, e sono "combattenti", alcune sono ideologhe e leader altamente istruite. Anuradha Ghandy, docente universitaria di Sociologia, illustra al meglio questa categoria. Al momento della sua morte a causa della malaria cerebrale, era dirigente del movimento delle donne per tutta l’India, e unico membro femminile del Comitato Centrale. Era anche la moglie di Kobad Ghandy, capo dell’Ufficio Centrale per la Propaganda e membro del Comitato Centrale, che è stato arrestato a Delhi nel settembre 2009.

Non c'è un motivo particolare per cui le donne entrano nelle file dei maoisti. Alcune sono entrate in clandestinità a causa della disperazione. Lo sfruttamento per mano dei potenti del paese è uno dei motivi. Nel gennaio 2004, questo ricercatore ha incontrato una ragazza tribale nel distretto di Karimnagar che si è unita ai maoisti dopo aver ricevuto una lavata di capo dai suoi genitori. Era stata vista che piangeva nei campi da una squadra di maoisti che passava, che nel consolarla le chiesero di unirsi a loro. In un altro caso, nel villaggio di Pata Rudraram dello stesso distretto, un’altra giovane ragazza, di 14 anni, Narsingojula Padma, scappò di casa nel maggio 2004 per unirsi ai maoisti, nel tentativo di sfuggire al matrimonio che volevano imporle contro la sua volontà..."