30/10/08
Da Perugia: "noi la crisi non la paghiamo!"
29/10/08
27/10/08
Dal m.f.p.r. sulla manifestazione del 22 novembre a Roma
All'assemblea nazionale del 18 non abbiamo partecipato perché impegnate nelle manifestazioni locali nelle città in cui siamo presenti in occasione dello sciopero del 17 Ottobre, vogliamo comunque dare un contributo al dibattito in vista della manifestazione del 22 novembre e sulla base della discussione in corso.
Importante è che l'analisi e la denuncia della violenza non è rimasta circoscritta e limitata ma ha toccato i diversi aspetti, dalla violenza sessuale, alle uccisioni delle donne, dalla violenza di Stato attraverso leggi sempre più repressive, da Stato di polizia, di Stato sempre più razzista, alla denuncia delle guerre imperialiste e della militarizzazione con le conseguenti forme di violenza fascista/maschilista che si abbattono contro le donne, così come la violenza del governo e dei padroni che non è solo legata alle specifiche condizioni di lavoro ma anche all'oppressione sessuale in una marcia che vuole attaccare sempre più rapidamente le donne nelle loro condizioni generali di vita e nella loro autodeterminazione, così come abbiamo anche dibattuto nell'incontro nazionale del Tavolo/Lavoro del 27 settembre scorso, da cui tra le diverse proposte è uscito e poi si è fatto il volantino del 17 con l'appello e l'invito per la manifestazione del 22, che, come abbiamo letto anche in rete, è stato ben accolto dalle tante lavoratrici e precarie in protesta.
Ciò è un segnale importante che ci deve continuare a spingere a guardare e a rivolgerci, così come è emerso anche nell'assemblea, alle tantissime donne ma anche ragazze che in questi giorni stanno scendendo in piazza.
Tuttavia i report che sono apparsi in rete dopo l'assemblea, sia rispetto ai punti per la piattaforma che rispetto alla proposta dello striscione di apertura, non sono sembrati dare una immediata e chiara traduzione del dibattito effettivo, ma anche della ricchezza di analisi, lotta e proposte a partire dalla manifestazione del 24 novembre dello scorso anno.
La determinata e lucida denuncia politica dell'uso strumentale della violenza sulle donne per far passare il pacchetto sicurezza, le politiche securitarie e razziste e il tentativo di occultare come la famiglia sia il luogo in cui maggiormente le donne subiscono violenza, frutto anche di sempre più oppressione sessuale per le donne sui luoghi di lavoro, per la precarietà, i bassi salari, licenziamenti;
l'interconnessione dello scaricare sempre più sulle donne il lavoro di cura - dalla culla alla tomba- come ben emerge, ad esempio, dal dl Gelmini- che vede tutti gli aspetti- dall'attacco frontale all'occupazione principalmente femminile, alla prospettiva di una socializzazione del lavoro di cura, ripropone, attraverso la restaurazione della maestra unica, la figura materna, il rapporto esclusivo e "privilegiato" madre-figlio, e, con esso, il ruolo subalterno delle donne, in primis in famiglia, ma nell'intera società e la violenza sulle donne. Ripropone il vecchio e impossibile, da superare in questa società, ruolo del lavoro delle donne come "integrazione" al reddito principale per il sostegno della famiglia e, quindi, non fondamentale: le donne sono pertanto "licenziabili" più facilmente e trova un rafforzamento ideologico e sociale la centralità della famiglia.
Il dl Carfagna mostra poi in pieno l'altra faccia della medaglia con la criminalizzazione delle prostitute di "strada", il falso moralismo che vuole la prostituzione per "bene" nei sexy center di lusso, il moderno medioevo del ritorno alle case chiuse che significa "clandestinizzare" maggiormente le prostitute, tra cui le tante donne immigrate.
In questo senso i contenuti della piattaforma/manifesto appaiono come messi in un elenco senza articolazione tra di loro, mentre è importante indicare e fare emergere cosa unisce tutte questi punti, tutte queste forme di violenza, il rapido avanzare di tutte le forze a livello economico, politico, culturale, sociale verso un sistema di moderno fascismo e moderno medioevo.
L'elenco va tenuto unito alla denuncia generale di questo sistema sociale, è proprio dalla denuncia di tutti i vari aspetti della violenza contro le donne che emerge infatti la violenza "sistemica"di questa società capitalista e imperialista che fa della subalternità delle donne un proprio puntello e che per questo non può essere riformata ma solo rovesciata.
Sembra poi sparita dall'agenda del sommovimento femminista l'offensiva contro il diritto d'aborto, culminato con il blitz poliziesco all'ospedale di Napoli, l'evidente assunzione in prima persona dell' attacco all'autodeterminazione delle donne direttamente con la repressione, per non parlare del ruolo attivo della Chiesa di Ratzinger nel portare avanti la controffensiva ideologica, politica tesa a riportare le donne verso un moderno medioevo.
Per quanto detto sopra anche la parola d'ordine dello striscione non rispecchia, secondo noi, l'articolazione dei diversi aspetti della violenza riducendo alla sola violenza maschile, mentre si dovrebbe riuscire a mettere in evidenza il ruolo che governo, padroni stato chiesa hanno, così come nella seconda parte "insieme libere ed indecorose" non emerge l'aspetto fondamentale della lotta "che ci fa libere".
Movimento femminista proletario rivoluzionario
26/10/08
Solidarietà alle operaie della Ergom in lotta
stralci dell'articolo di La Repubblica 24 ottobre 2008
Scopo della Cassa nazionale sarà quello di sostenere i lavoratori impegnati in iniziative di lotte gravose e prolungate nel tempo.
La Cassa verrà finanziata con sottoscrizione di lavoratori e cittadini appartenenti e non alla categoria.
Tutti i fondi della Cassa verranno versati nel conto corrente (codice IBAN IT50 T076 0101 8000 0001 3773 387), presso Banco Pasta delle Poste Italiane spa. I fondi saranno totalmente separati da quelli dell’organizzazione e non utilizzabili da essa per la sua attività ordinaria.
A tutti i sottoscrittori per la Cassa di Resistenza che ne faranno richiesta verrà fornita una documentazione sull’utilizzo.
Il Comitato Direttivo affida la gestione concreta dell’avvio della Cassa e delle sue prime iniziative ad un Comitato provvisorio di gestione formato da:
- la Segreteria Filcams Cgil del Trentino;
- la Rsa Filcams Cgil della Lidl di Trento;
- il Segretario generale Filcams Cgil del Trentino.
- La sottoscrizione da parte dei lavoratori iscritti e non alla Filcams Cgil dipendenti da aziende del settore tramite appositi bollini di sottoscrizione o nel conto corrente presso Banco Posta (codice IBAN IT50 T076 0101 8000 0001 3773 387) delle Poste Italiane con la causale “Cassa resistenza LIDL Trento”. La campagna delle adesioni e degli impegni avrà un primo momento di verifica alla fine del mese di dicembre 2008.
- La richiesta di sottoscrizione esterna alla categoria, con la consegna di un riscontro cartaceo a tutti coloro che sottoscriveranno almeno 10 Euro.
Il blog della Filcams Cgil del Trentino aprirà un apposito spazio per la CASSA (www.filcams.wordpress.com)
La CASSA contribuirà a sostenere eventuali forme di lotta prolungate nel tempo decise nell’ambito della vertenza Lidl.
Approvato con 1 astensione
Trento 31 ottobre 2008
FILCAMS CGIL DEL TRENTINO
38100 TRENTO – Via Muredei, 8 – Tel. 0461/303961-39-38 Fax. 0461/935176 http://www.filcams.cgil.it;
E-Mail: roland.caramelle@cgil.tn.it;blog:http/filcams.wordpress.com
CGIL
FEDERAZIONE ITALIANA LAVORATORI COMMERCIO TURISMO SERVIZI DEL TRENTINO
Lidl denuncia la Cgil «Danni da sciopero»
di Antonio Sciotto
Non c'è solo il «metodo Sacconi» per contrastare gli scioperi: in attesa della nuova legge preannunciata dal ministro del Lavoro - che restringerà molto le possibilità di protesta - la multinazionale tedesca Lidl applica metodi fatti in casa. La soluzione è quella di denunciare il sindacato che ha organizzato lo stop, insieme ai delegati più in vista: a Trento il colosso dei supermercati low cost ha presentato un esposto contro un sindacalista della Filcams Cgil, Roland Caramelle, e due delegate della stessa sigla. Il motivo dell'azione è legato a uno sciopero svolto nella filiale trentina il 20 settembre scorso, e pare che l'azienda chieda un risarcimento di 74 mila euro. Il condizionale è d'obbligo perché la denuncia non è ancora stata notificata agli interessati, ma la notizia è arrivata dritta dritta dall'azienda qualche giorno fa: il capo area Lidl del Trentino si è infatti recato nella sede del negozio «ribelle», dove ha incontrato le due delegate, il funzionario sindacale e il segretario provinciale della Filcams, comunicando l'avvenuta denuncia.La somma richiesta, anch'essa riferita dal dirigente Lidl, dovrebbe venire dall'addizione del mancato incasso più una sorta di «danno di immagine» che gli scioperanti avrebbero arrecato al marchio, a causa della diffusione dei volantini ai clienti e della copertura che i media locali hanno dato alla protesta: «L'obiettivo di fatturato giornaliero per la filiale di Trento è di 47 mila euro - spiega Caramelle - Ma il giorno dello sciopero l'incasso è stato di soli 1800 euro. I clienti hanno offerto una solidarietà che in tanti anni che faccio sindacato non avevo mai visto: hanno detto che avevamo ragione a protestare, e che anzi avremmo dovuto farlo prima. E parecchi di loro hanno deciso di recarsi a fare le compere altrove, almeno per quella giornata». In negozio sono rimasti solo alcuni capi e una commessa in periodo di prova.
Anche alla Lidl di Trento, come nel resto d'Europa, la gran parte dei dipendenti è formata da donne: part time, spesso mamme, con stipendi intorno ai 700 euro mensili. Fasce di lavoratori molto deboli dunque, e ogni sciopero riuscito, perciò, è da salutare come un successo. «Ci siamo fermati per la dignità - spiega il sindacalista Cgil - Può sembrare un concetto astratto, se non si conoscono le condizioni quotidiane di lavoro. Ci sono controlli continui nelle borse delle lavoratrici all'uscita del supermercato: temono furti. Poi fanno i cosiddetti 'test carrello': ispettori con carrelli stracolmi, per verificare che venga battuto ogni prodotto. O mettono soldi in più nelle casse, per testare l'affidabilità e le tentazioni al furto». Ma non basta: «Nella filiale - continua la Cgil - c'è un solo bagno per clienti e dipendenti, e le commesse sono costrette a pulirlo. E c'è il grande problema dei turni cambiati all'ultimo momento: per le mamme è impossibile».25/10/08
La scelta della Lidl multinazionale tedesca di denunciare due delegate sindacali e Roland Caramelle sindacalista della Filcams Cgil del Trentino è un grave atto intimidatorio nei confronti delle lavoratrici che hanno osato contestare i metodi di controllo del personale instaurati dalla gerarchia nel negozio di Trento. Con questa denuncia la Direzione generale della LIDL vuole sancire che i diritti costituzionali non hanno diritto di cittadinanza all’interno dei suoi negozi.
Sancire il pieno e totale dominio aziendale non solo sul versante della gestione degli orari e delle condizioni normative ma, attraverso le continue vessazioni, controlli, test di onestà ecc, vuole incidere sulla personalità della lavoratrice cancellando ogni speranza di opposizione o di contrasto sindacale o personale alle direttive aziendali.
Non è un caso se la denuncia riguarda solo due delle tre delegate e il sindacalista della Filcams. L’obiettivo è quello usare il ricatto della richiesta di risarcimento danni (chiesti circa 75.000,00 euro) e della divisione per creare una situazione di paura applicando il vecchio moto di Cesare “dividi ed impera”.
Ma queste lavoratrici non si sono lasciate intimidire e stanno continuando una lotta impari ma di grande dignità e spessore morale e sociale.
Anche oggi il punto vendita di Trento ha visto una grande mobilitazione delle lavoratrici con la partecipazione del Centro Sociale Bruno, alcuni esponenti di Rifondazione Comunista, del Partito dei Lavoratori Comunisti, sindacalisti di varie categorie della Cgil e vari cittadini e associazioni solidali con questa lotta.
Una grande risposta solidale anche dei clienti, in maggioranza immigrati, i quali si sono astenuti nella spesa al fine di dimostrare concretamente il loro apporto alle lavoratrici.
La Filcams Cgil del Trentino continuerà a battersi accanto alle lavoratrici al fine di ottenere che anche in Lidl il lavoro sia dignitoso e privo di attività lesive ed irrispettose per chi lì lavora quotidianamente.
la Filcams Cgil del Trentino
Trento, 25 ottobre 2008
22/10/08
TARANTO, 22 OTTOBRE 2008
Faremmo una colletta, 1 euro da ciascuno e glieli daremmo perchè se ne vada
La fabbrica con più morti sul lavoro d'Italia
La città con più infortuni e malattie professionali d'Italia
La città con più tumori d'Italia, con bambini nati già condannati, malati di leucemia
con donne che non possono dare il loro latte ai bambini, perchè contiene diossina,
con mogli, madri, figli che "muoiono" insieme ai loro cari, uccisi per il profitto di padron Riva....??
Il padrone con più profitti d'Italia
Il padrone più condannato in Italia per omicidi bianchi, parchi minerali, truffa ed estorsione, mobbing/palazzina Laf
Il padrone più impunito in Italia nonostante processi e condanne
ORA SI OFFENDE
perchè su un muro ha trovato una scritta che dice una semplice verità: "RIVA ASSASSINO"
Ebbene è una intimidazione per dirci: smettetela, state zitti, chi ci tocca viene colpito e deve pagare.
Non ci lasciamo certo intimidire e accettiamo la sfida!
Adesso diciamo chiaro, vogliamo un Tribunale che sancisca la colpevolezza di Riva per omicidio colposo plurimo, per omicidio volontario, per crimini contro contro la vita dei suoi lavoratori, per crimini contro la salute pubblica e per crimini contro la città.
MA RIVA E' ANCHE IL PADRONE DI UNA FABBRICA IN CUI, ANCHE SE LE DONNE SONO POCHE, LE LAVORATRICI HANNO SUBITO MOLESTIE SESSUALI/VIOLENZE da alcuni dei più alti capi dell'Ilva; una fabbrica in cui per queste molestie sessuali, Riva anni fa ha proposto di mettere tutte le impiegate in una struttura separata dagli uomini - una apartheid femminile - e solo la pronta risposta di lotta delle lavoratrici slai cobas per il sindacato di classe e del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario lo impedì e fece licenziare e condannare il capo violentatore.
Riva è anche quello che dopo l'omicidio di un operaio, non manda neanche un telegramma alle mogli, genitori, ma se, invece, come è successo l'anno scorso, una moglie decide di lottare, di costituirsi parte civile nel processo, manda i suoi capi a cercare di comprare per poche migliaia di euro il suo silenzio.
PER QUESTO, L'ATTACCO CHE ORA RIVA VUOLE FARE, DEVE TROVARE ANCHE LA NOSTRA RISPOSTA DI DONNE, LAVORATRICI.
Lavoratrici slai cobas per il sindacato di classe
Movimento femminista Proletario Rivoluzionario
347-5301704
TA. 22.10.08
Questo non era evidentemente andato giù all'azienda. Tra l'altro Margherita era una delle lavoratrice che, insieme a 79 lavoratori, nel '98 era stata messa in un reparto confino (la famigerata Palazzina Laf), perchè non volevano assoggettarsi ai diktat di padron Riva; ma i lavoratori anche allora si erano ribellati e avevano fatto condannare Riva dopo un lungo, duro e memorabile processo.
In tutte queste vicende era anche venuto chiaro il ruolo squallido, complice, di copertura della politica dell'Ilva, dei capi violentatori del sindacato confederale e in particolare proprio della Uilm.
Margherita era rientrata a testa alta in fabbrica al suo posto di lavoro.
L'azienda a questo punto ha cercato di portare avanti un piano per incastrare Margherita e farla di nuovo fuori. Il dirigente del personale dell'Ilva, Biagiotti e un sindacalista della Uilm, Oliva, hanno indotto con promesse un giovane operaio parente del sindacalista a firmare una dichiarazione contro Margherita sostenendo che lei gli avrebbe chiesto 1000 euro per modificare il suo contratto da tempo determinato a T.I.
Ma la determinazione di Margherita, che nel processo si è costituita parte civile, sta facendo crollare anche questa manovra, lo stesso operaio ora ammette che ha ricevuto pressioni per firmare quella dichiarazione e di averlo fatto per le promesse dategli di un posto di lavoro sicuro. Ora, appuntamento alla nuova udienza del 28 ottobre.
Una donna di un quartiere di Taranto, ammalatasi di leucemia nel 2006, ha querelato Riva, perchè l'Ilva con la sua micidiale produzione di diossina, pm 10 e pcb è la causa della sua malattia.
Per la prima volta, una donna sta sfidando sia l'Ilva dimostrando il legame diretto tra cancro e leucemie e il mortale inquinamento ambientale della fabbrica , sia la magistratura che in un primo momento aveva chiesto l'archiviazione del procedimento penale
Sono tante le donne di Taranto che pur non lavorando in Ilva si sono ammalate, sono morte nel silenzio per effetto delle micidiali sostanze emesse nell'aria in ogni momento della giornata dalla fabbrica, per il pulviscolo di minerale, carbone che copre i quartieri vicino all'Ilva, che copre i corpi, che entra nei polmoni, per aver lavato in passato le tute di amianto dei loro mariti, ecc.
L'Ilva di padron Riva, che aumenta i suoi profitti ogni anno, ma che dichiara di non poter spendere un centesimo neanche per infossare le montagnette di carbone, ha il primato nazionale di morti e di tumori, soprattutto dei bambini.
Queste donne che non esistono neanche nei dati dei morti provocati dall'Ilva, oggi trovano finalmente chi le dà voce, e nei giorni scorsi ha ottenuto una prima vittoria, il processo a padron Riva si fa!
E poi ci sono Franca, Vita, Patrizia, le grandi donne che hanno trasformato il loro dolore per la morte per infortunio del loro marito (Antonino Mingolla, Silvio Murri), del loro figlio (Paolo Franco) in rabbia, forza, combattività.
Non hanno accettato che ancora una volta omicidi per il profitto seguissero la routine burocratica di processi silenti che facilmente vanno in prescrizione o che al massimo finiscono con la condanna di qualche capetto.
Hanno respinto con sdegno anche offerte di denaro fatte dall'azienda per metterle a tacere.
Hanno cambiato la loro vita – e non è stato facile - per mantenere “vivi” sempre i loro mariti, i loro figli, e si sono trasformate, sono diventate forti, coraggiose, per amore e per ribellione, per volontà di giustizia, sono uscite dalle case e ora parlano nelle assemblee, viaggiano, mettono sotto pressione i giudici, ecc.
Insieme allo slai cobas e ad altri familiari hanno formato l'Associazione “12 Giugno” (anniversario della morte di due giovani operai, Paolo e Pasquale, in Ilva). In questa Associazione, nei processi che si stanno tenendo anche in questi giorni, portano una diversità: nessun personalismo, nessun atteggiamento questuante verso le istituzioni (anch'esse complici di quanto succede in Ilva); ma la forza, la possibilità, la rappresentanza di fatto di tutte le altre donne, mogli, madri, sorelle, figlie di operai morti; ma la dignità e la sfida verso padron Riva e le istituzioni.
Queste donne non vogliono neanche essere delle figure cristallizzate di mogli, madri di cui ogni tanto i giornali, le televisioni si ricordano e danno la parola, ma essere donne vive - Franca una volta ha detto: basta a parlare di come è morto mio marito, voglio parlare di cosa dobbiamo fare ora!. LORO, SONO DONNE BELLE!
Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario – TA. 11.5.08
E' ora che tutti si assumino in fabbrica e nella città le loro responsabilità
Basta Morti
Basta Riva
Riva vuole 100. 000 euro da Calderazzi Margherita coordinatrice delle lavoratrici dello Slai Cobas per il Sindacato di Classe di Taranto, nota attivista del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario.
Faremmo una colletta 1 euro ciascuno e glieli daremmo perchè se ne vada
la fabbrica con più morti sul lavoro d'Italia
la città con più infortuni e malattie professionali d'Italia
la città con più tumori d'Italia
il padrone con più profitti d'Italia
il padrone più condannato in Italia
omicidi bianchi
parchi minerali
nuova siet
palazzina laf
il padrone più impunito in Italia
nonostante processi e condanne
ora si offende
perchè su un muro un ragazzino scrive riva assassino e si individua in Calderazzi Margherita coordinatrice dello slai cobas la mandante,
perché, come dice il vigilante, la conoscono benissimo per le migliaia di manifestazioni all'ilva,
perché, come dice il giudice notissima attivista ?
ebbene è una intimidazione per dirci: smettetela, state zitti, chi ci tocca muore
non ci lasciamo certo intimidire e accettiamo la sfida
adesso diciamo chiaro e tondo: vogliamo un tribunale che sancisca la colpevolezza di Riva per omicidio colposo plurimo, per omicidio volontario, per crimini contro la vita dei suoi lavoratori, per crimini contro la salute pubblica e per crimini contro la città
Slai Cobas per il Sindacato di Classe
Margherita Calderazzi
347-5301704
19/10/08
Cronaca Regionale
Violazioni delle norme di sicurezza in aziende del Palermitano. Denunciate due persone
ieri, 18 ottobre 2008
Numerose violazioni delle norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro sono state riscontrate dai carabinieri e dal personale dell'Ispettorato del lavoro di Palermo. I militari hanno passato al setaccio diverse aziende manifatturiere di Montemaggiore Belsito, nel palermitano, e denunciato due persone. In un caso i carabinieri hanno accertato, oltre alla violazione delle norme sulla sicurezza e la mancata redazione dei documenti ad essa relativi, anche che a 7 delle 9 lavoratrici assunte dallo scorso febbraio non era stato corrisposto ne' lo stipendio, ne' erano stati versati i contributi previdenzalii ed assistenziali obbligatori per legge. Inoltre il compenso concordato era di 3 euro l'ora, molto al di sotto dei normali contratti di lavoro.
I militari hanno proceduto cosi' al sequestro della documentazione probatoria, emettendo anche un provvedimento di sospensione dell'attivita' per l'amministratore unico, C.M., cinquantottenne di Montemaggiore Belsito, che e' stato denunciato.
All'imprenditore e' stata anche comminata una maxi sanzione, prevista dalle vigenti norme per il contrasto del lavoro nero, di 234.900 euro. La denuncia e' scattata anche per G.L., pensionato 70enne e amministratore unico di un'altra azienda in cui i carabinieri hanno riscontrato violazioni alle norme in materia di sicurezza sui posti di lavoro.
Fonte: ansa
www.siciliainformazioni.com
18/10/08
Oltre 500 i partecipanti al corteo di oggi a Palermo indetto dallo Slai Cobas per il Sindacato di Classe che ha aderito allo sciopero generale nazionale dei Sindacati di base, sostenuto le manifestazioni di Roma e di Milano
Presenti le lavoratrici e i lavoratori dello Slai Cobas, le lavoatrici e lavoratori assistenti tecnici statali della scuola, le lavoratrici e i lavoratori del Comune, lavoratrici e lavoratori precari ATA della scuola, delle poste ed exPIP.
Inoltre il "Forum dei Precari" di Palermo, il coordinamento precari scuola "Informalmente", numerosi altri e soprattutto altre insegnanti di ruolo e non, in delegazione alcuni precari universitari che hanno portato al corteo la voce dell'assemblea che in contemporanea si svolgeva all'Università, un gruppo di pensionati, i rappresentanti del sindacato Alba e tanti studenti e studentesse medi del liceo aristico Almeyda, del liceo scientifico Cannizzaro, del liceo classico Garibaldi e Meli, Ninni Cassarà ed altre scuole che hanno sfilato insieme ai giovani e studenti del collettivo Red Block, la cui presenza e fresca ribellione ha contribuito a vivacizzare moltissimo il corteo.
Tanti gli striscioni e i cartelli
DISOCCUPAZIONE PRECARIETA' MORTI SUL LAVORO MISERIA CAROVITA
CON QUESTO GOVERNO FACCIAMOLA FINITA
CONTRO IL DECRETO MASSACRA/SCUOLA DELLA GELMINI
IL SAPERE NON E' UNA MERCANZIA
TREMONTI/GELMINI VI SPAZZEREMO VIA - STUDENTI ANTIGELMINI
NO AL MAESTRO UNICO
COMPLIMENTI GELMINI HAI AVUTO IL GIUSTO INCARICO
MINISTRO DELLA DISTRUZIONE PUBBLICA
CON TREMONTI E GELMINI
LA SCUOLA SEMPRE PIU PRIVATA ....DI TUTTO
SIAMO TUTTI IMMIGRATI
NO ALLE CLASSI/GHETTO DEL GOVERNO
NO AI SINDACATI DI STATO
VOGLIAMO UN SINDACATO DI CLASSE NELLE MANI DEI LAVORATORI e altri ancora
tanti i i cartelli, gli slogan e tanti gli interventi al microfono aperto di lavoratrici e lavoratori, precarie e anche mamme con i bambini, contro le politiche del governo e dei padroni che hanno allargato l'ambito della denuncia, dall'attacco ai salari e il carovita ai licenziamenti e alla disoccupazione, dall'attacco al contratto nazionale ai diritti degli operai e dei lavoratori non ultimo il diritto di sciopero, dal massacro di classe della scuola pubblica al servizio delle imprese ai tagli ai servizi sociali, alle case che mancano, dalla forte denuncia del razzismo istituzionale che sta dilagando (vedi l'emendamento della Lega sulle classi/ghetto a scuola in cui confinare i bambini immigrati) al pacchetto sicurezza da moderno fascismo e stato di polizia del governo.
Il corteo ha anche sostato per alcuni minuti davanti la sede del quotidiano La Repubblica denunciando l'azione dei mass media che sempre più spesso, al servizio del governo, o adottano la congiura del silenzio o contribuiscono a criminalizzare le lotte sociali.
Tre altri aspetti sono poi emersi in modo forte nel corso del corteo:
I MORTI SUL LAVORO, la guerra quotidiana dei padroni contro gli operai in fabbrica e i tanti lavoratori contro cui forte si deve scatenare la lotta, in una giornata, quella odierna, in cui mentre il corteo sfilava è arrivata la notizia di un altro operaio, che lavorava in una fabbrica di cioccolato di Ragusa, che è morto colpito da una pala. Forti la denuncia della Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro che ha lanciato l'appello per lo sciopero del 6 dicembre a Torino in occasione dell'anniversario della strage della Thissenkrupp e l'intervento dell'operaio della Fincantieri licenziato perchè scomodo per i padroni perchè denunciava le mancate condizioni di sicurezza in fabbrica.
IL DOPPIO ATTACCO ALLE CONDIZIONI DI LAVORO E DI VITA DELLE DONNE LAVORATRICI E PRECARIE, tantissime nel corteo che hanno denunciato, forti e combattive, le politiche del governo che taglia migliaia di posti di lavoro occupati in maggioranza dalle donne, vedi la scuola, che allarga la precarietà che in questo senso si può ben dire che E' DONNA, che attacca diritti come il part-time o addirittura mette in discussione i permessi per maternità (vedi le ultime affermazioni del ministro Brunetta), che vuole ricacciare a casa le donne in un moderno medioevo.
E' stato distribuito il volantino del Tavolo4 nazionale "Lavoro/precarietà/reddito" della rete nazionale femminista e lesbica SOMMOSSE che si è riunito a Roma il 27 settembre e che in contemporanea oggi è stato diffuso in tante città.
Nell'esprimere la solidarietà alle diverse lotte attualmente in corso in città è stata ribadita la necessita della solidarietà di classe e soprattutto quella DI UN SINDACATO NELLE MANI DEI LAVORATORI che faccia realmente gli interesse di tutta la classe contro l'esistenza nefasta dei sindacati confedrali, veri e propri sinadacati di stato
Il tentativo della Digos di impedire il blocco di un crocevia principale del centro storico ("perchè si infastidiscono gli automobilisti") con minaccia di multa è stato impedito e denunciato con forza da tutti i manifestanti che hanno invece sostato di più in barba alle prescrizioni del questore.
Il corteo si è concluso alla prefettura dove una delegazione di 12 lavoratrici e lavoratori e studenti hanno portato la voce della protesta al prefetto, rappresentato da un funzionario dell'ufficio di gabinetto, che ha preso l'impegno di far conoscere al governo nazionale le ragioni e le richieste degli scioperanti. Si è inoltre impegnato a portare al prefetto la richiesta di apertura di un tavolo tecnico urgente con tutte le parti interessate.
Alla fine del corteo un gruppo di giovani si è recato all' Università in solidarietà e per seguire l'assemblea in corso.
Slai Cobas per il sindacato di classe - Palermo
cobas_slai_palermo@libero.it
17/10/08
Volantino per lo sciopero generale nazionale del 17 ottobre 2008
La precarietà è DONNA, è diventata il modello di riferimento, è in atto infatti un processo di “parità inversa, per il quale sono gli uomini ad acquisire le condizioni di precarietà delle donne.
Sono donne quelle costrette a firmare oltre al contratto d’assunzione, la lettera di dimissioni in bianco, che questo Governo si è affrettato rendere nuovamente lecita.
Il numero delle donne che perde il lavoro entro il primo anno di età del bambino (periodo in cui è vietato licenziarle) è in continuo aumento con punte in Emilia Romagna e Veneto (Dati ISTAT).
Sono donne quelle a cui si chiedono ulteriori 2 anni di lavoro in più per il raggiungimento della pensione. In pensione a 62 anni con un anno in più a partire dal 2009. Dini, nel 1995 aveva provveduto a portarla dai 55 ai 60 anni.
Sono soprattutto donne quelle a cui è ancora oggi è vietato cumulare la pensione di reversibilità con il reddito da lavoro.
Le immigrate sono il simbolo della precarietà, con il permesso di soggiorno legato al lavoro, con il lavoro legato all’esistenza in vita dell’anziano che accudiscono, quando lavorano come badanti nell’isolamento delle case, con i lavori sempre sottopagati.
Sono le retribuzioni delle donne ad essere, in media, inferiore del 20% di quelle degli uomini a parità di mansioni. Differenza retributiva che aumenta visto che spesso, siamo assunte anche con due livelli inferiori. La povertà oggi in Italia è soprattutto donna: di chi è in pensione, in maggioranza donne sole, e delle famiglie monogenitoriali condotte da una donna..
La Riforma del modello Contrattuale, firmata da CISL e UIL e tra poco anche dalla CGIL, ci renderà ancora più povere poiché lega gli aumenti retributivi alla produttività sul lavoro. Siamo noi donne quelle part-time o, comunque con i tempi contingentati dall’altro lavoro, quello che ancora oggi non ha valore espresso in Euro, che non rientra nel calcolo della produttività delle imprese, il lavoro di cura dei figli, dei padri, dei mariti, dei lavoratori di oggi, ieri e domani. Quel lavoro che aumenta di più ogni anno, in concomitanza con la finanziaria di turno e i tagli allo Stato Sociale.
Il “Ministro” Brunetta, visto che spesso lavoriamo nella Pubblica Amministrazione, ci ha tacciato di fannullone, dimenticandosi che noi abbiamo anche altre “assenze” per la maternità, la cura dei figli, dei parenti (Legge 104). Ci ha tagliato lo stipendio in caso di malattia e ci obbliga ad una reperibilità durante la malattia (8.00 – 20.00) che dimentica le donne che vivono sole con i loro figli. Il Ministro Brunetta ha tentato anche di ridurci i permessi della Legge 104.
I servizi sociali sono affidati dallo Stato in gran parte in appalto alle Cooperative Sociali, dove lavorano in maggioranza donne. Risparmia lo Stato e le stesse “false” Coop.Sociali che fanno profitti su salari più bassi adottando il salario medio convenzionale, e perché non si applica l’art.18 L.300 Statuto dei Lavoratori.
La ministra Gelmini col taglio alla scuola pubblica per favorire quella privata, taglia posti di lavoro soprattutto femminile, elimina il tempo pieno e ricaccia a casa le donne per badare i figli dopo la scuola, figli che la Ministra rende sempre più ignoranti e destinati alla sottooccupazione.
Come se non bastasse, anche il nostro corpo è precario! Dall’esporci come carne da macello in quasi tutti i programmi televisivi, al decreto della Ministra Carfagna che criminalizza le prostitute e non gli sfruttatori del loro lavoro, a volerci contenitori attaccando continuamente la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza (L. 194/78) ed imponendoci se, quando e con chi accedere alle Tecniche di Riproduzione Assistita.
Occorre che noi donne riprendiamo la parola e ci organizziamo per i nostri diritti. Dentro le esperienze di autorganizzazione, dentro le organizzazioni del sindacalismo di base.
Oggi ci sono molti esempi di queste lotte dal nord al sud, a loro va la nostra solidarietà!
PER LO SCIOPERO GENERALE NAZIONALE DEI SINDACATI DI BASE per dire
NO AD UNA VITA PRECARIA NO ALLA PRECARIETA’ DEI NOSTRI CORPI
SI ALLA LOTTA CONTRO QUESTO ATTACCO GENERALIZZATO
PERCHE’ PER LE DONNE TUTTA LA VITA DEVE CAMBIARE!!!
INVITIAMO TUTTE AD UNA GRANDE PARTECIPAZIONE ALLA MANIFESTAZIONE DEL 22 NOVEMBRE 2008 A ROMA
Tavolo4 di discussione su "Lavoro/precarietà/reddito" della rete nazionale femminista e lesbica
mfpr@fastwebnet.it - lavoratriciaciinfo@tiscali.it - nifrabbo@tin.it
15/10/08
Due volantini dell'assemblea romana per lo sciopero del 17 ottobre
LA PRECARIETA’ = SOSTANTIVO DI GENERE FEMMINILE
Sono le retribuzioni delle donne ad essere, in media inferiori del 20% di quelle degli uomini a parità di mansioni e il numero delle donne che perde il lavoro entro il primo anno di età del bambino (periodo in cui è vietato licenziarle) è in continuo aumento e le famiglie monogenitoriali, le più povere, sono spesso condotte da una donna.
E sono donne quelle a cui si chiedono ulteriori 2 anni di lavoro per il raggiungimento della pensione: in pensione a 62 anni, con un anno in più a partire dal 2009.
La ministra Gelmini col taglio alla scuola pubblica a favore di quella privata che saremmo costrette a pagare per poter lavorare le consuete otto ore, taglia soprattutto i nostri posti di lavoro e renderà ignoranti i nostri figli così da privarci anche della speranza, almeno per loro, di una vita migliore.
La ministra Carfagna col Decreto che criminalizza le prostitute e non gli sfruttatori se la prende con l’anello più esposto del mercato del sesso –ancora una volta le donne- ci mostra il futuro.
VOGLIONO TENERCI CHIUSE IN CASA A LAVORARE GRATIS
Come già accade alle donne prive di reddito, immigrate, badanti legate alla cura dell’anziano di turno, schiavizzate e sottopagate.
Flat.noblogs.org
ANCORA UNA VOLTA SONO LE DONNE A PAGARE IL PREZZO PIÙ ALTO.
Nella già totale assenza di servizi pubblici per l’infanzia e di insufficienza clamorosa di asili nido, la riduzione dell’orario nella scuola elementare da 40 a 24 ore settimanali penalizza le donne, attaccandole su tutti i fronti:
- COME INSEGNANTI, COLLABORATRICI, OPERATRICI che rischiano di essere tagliate fuori da un mercato del lavoro che già in Italia conta una percentuale bassissima di donne e che le vede sottopagate, impiegate in lavoro precari, sfruttate, vittime di discriminazione.
Il governo propone la “novità” della maestra unica che, oltre a determinare un aggravio per le lavoratrici della scuola ed uno scadimento qualitativo del servizio, significa “PENSIERO UNICO”, ovvero la perdita della pluralità di visioni e di esperienze che per noi significa crescita.
DICIAMO NO A UN DECRETO CHE IMPOVERISCE LA SCUOLA
DICIAMO NO A QUESTA FORMA DI VIOLENZA DELLE ISTITUZIONI SULLA VITA DELLE DONNE
ASSEMBLEA ROMANA DI FEMMINISTE E LESBICHE
flat.noblogs.org
09/10/08
Sabato 27 settembre si è tenuta a Roma, presso l’occupazione di donne “Lucha y Siesta” gestita dalle compagne di Action A, la riunione nazionale sul tavolo “Lavoro/precarietà/reddito/sicurezza”.
All’incontro, promosso dalle compagne del Movimento femminista proletario rivoluzionario provenienti da Taranto, Palermo, Ravenna, Milano, Perugia hanno partecipato, oltre alle compagne ospitanti di Action A, le compagne rappresentanti il Tavolo 4 Romano e l’Assemblea Romana, le compagne del collettivo romano Amatrix, una compagna del collettivo romano Ribellule, alcune lavoratrici di Aci Informatica, una giovane precaria del collettivo precari Atesia, una compagna del Collettivo Porta Nuova/Sinistra Critica di Milano, una compagna delegata sindacale della CUB di Bologna e alcune compagne del collettivo La Sora Rossa di Napoli.Le compagne bolognesi dei collettivi Emergenza Femminista e Amazora che avevano annunciato la loro partecipazione non sono potute intervenire perché impedite fino all’ultimo momento mentre le compagne del coordinamento di Trieste hanno contributo alla riunione inviando dei materiali tra cui un dossier/inchiesta sulle lavoratrici metalmeccaniche.Avevamo chiesto alle lavoratrici dell’Alitalia di intervenire per portare alla riunione l’ottica delle donne nella lotta specifica che stanno portando avanti ma non sono state presenti.
Una bella mattinata soleggiata ci ha permesso di fare tutta la prima parte della riunione e la pausa pranzo in un ampio spazio all’aperto in mezzo al verde che circonda lo stabile occupato mentre nella seconda parte conclusiva ci siamo spostate in una saletta al chiuso.
In apertura vi è stato il saluto di una donna immigrata a nome di tutte le donne occupanti di Lucha che ha informato brevemente sull’occupazione dello stabile risalente all’8 Marzo scorso e sul lavoro svolto dal gruppo politico delle donne di Action A legato alla lotta per i diritti delle donne dalla casa, al lavoro, contro la violenza.
Abbiamo quindi iniziato la discussione dalla necessità di riprendere gli elementi più significativi della analisi/riflessione/valutazione del Tavolo 4 di Febbraio a Roma alla luce anche del lavoro concretamente fatto da allora ad oggi nelle diverse realtà e dall’esigenza di colmare il vuoto di questi mesi, visto che anche all’assemblea nazionale di Bologna il tavolo/Lavoro non è stato previsto in modo specifico. Ciò ha significato una sottovalutazione della questione dell’importanza della condizione delle donne nell’ambito lavorativo, del discutere di temi che toccano la condizione della maggioranza delle donne, tra cui le più sfruttate e oppresse, non solo dal punto di vista puramente economico ma anche sul piano dell’attacco complessivo all’intera condizione di vita delle donne.
Da parte di diverse realtà presenti ci sono state testimonianze dirette su lavori di inchiesta svolti in questi mesi tra le lavoratrici e sulle lotte autorganizzate fatte o che si stanno portando avanti sul territorio da cui sono scaturiti elementi di analisi della condizione di lavoro e di vita delle donne:l’esperienza ad esempio nel posto di lavoro legata alla diffusione di un questionario che ha fatto emergere per esempio la non consapevolezza delle lavoratrici dei propri diritti legati alle diverse tipologie dei contratti – da qui la necessità di organizzare gruppi di lavoro che studieranno i contratti per fare poi un lavoro di informazione tra le lavoratrici attraverso l’uso di dossier e volantini esplicativi;un iniziale lavoro di analisi e inchiesta sulla questione del lavoro in nero che sfrutta in maggioranza le donne immigrate;la condizione delle lavoratrici precarie delle cooperative sociali (terzo settore), tra cui molte immigrate, per le quali le condizioni lavorative sono pessime con turni massacranti, inquadramenti a livelli bassi, salari da fame e alla precarietà si legano anche forme di discriminazione, un lavoro che essendo per lo più assistenziale/educativo deve essere per questa società tipicamente femminile – un settore che usa il maggior numero di donne e che rientra pienamente nella questione del servizio di cura;la lotta delle precarie della scuola, tantissime in questo settore, contro cui la politica del governo sta scagliando un ulteriore doppio attacco sia sul piano generale (massicci tagli dei posti di lavoro) sia sul piano più specifico legato alle condizioni di vita delle donne (stretta sull’uso del part-time – iniziale messa in discussione dei permessi per maternità), un salto di qualità anche nel pubblico impiego con cui dalle politiche di conciliazione lavoro/famiglia/casa si vuole passare direttamente ad attaccare le possibilità delle donne di lavorare per ricacciarle a casa, in famiglia;lotte molto forti che si sono trasformate in una vera e proprie rivolte, come la lotta delle lavoratrici delle ditte di pulizia di Taranto, che ha costretto il governo, le istituzioni locali, i sindacati confederali a cambiare i propri piani, una lotta in cui le donne hanno avuto molto peso, sono state le più irriducibili portando nella loro lotta tutta la loro condizione di vita, la famiglia, i figli;la lotta delle donne immigrate per la casa che si lega alla questione del lavoro, le donne che arrivano agli sportelli sono tante e vogliono autodeterminarsi, occorre parlare anche di questo, le immigrate si organizzano per rivendicare i loro diritti – proposta di un’inchiesta a livello cittadino sulla questione abitativa delle donne;la difficoltà di portare la voce femminile a livello sindacale, anche nei sindacati di base si fa una bella fatica a fare il lavoro delle e per le donne.
E’ stato ripreso anche il dibattito sul “reddito di esistenza”. In particolare le compagne di Amatrix e del Tavolo 4 romano hanno sottolineato alcuni punti: le donne sono maggiormente impegnate nel lavoro di cura, il lavoro di cura non ha conosciuto uguale maschilizzazione rispetto alla femminilizzazione della povertà, l’arco dell’intera giornata condiziona la vite delle donne;limitarsi al solo lavoro salariato è riduttivo perché collegato solo al piano dell’aspetto economico, occorre fare entrare nel campo lavoro ciò che non viene considerato lavoro, lavoro di cura/lavoro sessuale;il reddito di esistenza, non agganciato solo al lavoro, ad un impianto tutto lavorista, va visto come uno strumento che può aiutare per l’autodeterminazione;griglia di auto inchiesta a risposte multiple come forma di auto narrazione e in cui si cerca di affrontare tutti gli aspetti che investono la condizione della donna.
L’intrecciarsi di questo tema con gli interventi di testimonianza diretta delle lotte e delle esperienze di autorganizzazione ha dato vita ad un dibattito vivo da cui si sono delineati due tipi di approcci, uno che parte dalle vertenze e dalle lotte concrete e reali nei posti di lavoro, un altro che parte dalla rivendicazione femminista del reddito di esistenza come possibile soluzione dei problemi legati alla condizione generale di esistenza delle donne. Più che una contrapposizione in questo si è concordato sulla necessità di partire da questi due tipi di approcci per arrivare ad un’unità, occorre continuare a discutere per sviluppare il ragionamento e trovare una sintesi.
Alcuni punti emersi nel dibattito:
Partire dalle esperienze concrete, di lotta, delle donne concrete e reali non è cosa da poco, non si tratta solo di un racconto più o meno emozionante, un’elaborazione più avanzata del ragionamento nasce anche dal “grigio lavoro quotidiano”. Le esperienze di lotta autorganizzata delle donne hanno dimostrato che le lavoratrici partendo da una lotta per il lavoro, nel corso di essa non hanno lottato solo per il lavoro ma hanno portato in quella lotta tutto il peso e la ribellione della loro generale condizione di vita (la famiglia, i figli…) e viceversa hanno portato nella famiglia la lotta.
Il reddito garantito è uno degli elementi che può dare argine ai lavori malpagati, ultraprecari fino al lavoro in nero e domestico.
Manca una riflessione condivisa sulla questione della prostituzione che rientra nel tema del lavoro delle donne e che va inclusa nella discussione.
Necessità di chiarezza nei termini: reddito/salario garantito – prostituzione/sexworker.
Ripartire dalle nostre donne e dai nostri luoghi con un lavoro di analisi e inchiesta, non si tratta tanto di fare dei questionari e calarli sulle donne, le protagoniste devono essere le donne, l’inchiesta deve ritornare alle donne affinché se ne approprino facendone uno strumento di lotta.
Mettere in campo nuove forme autorganizzate di vertenze che riguardino le prostitute, le casalinghe, l’ambito del lavoro nero. Partire dalle proprie vertenze per andare ad una visione complessiva.
Considerare le auto narrazioni come una sorta di linee-guida. Non si possono chiudere gli occhi sulle leggi che colpiscono le donne, né sulle lotte che potrebbero diventare grosse, per esempio quella delle lavoratrici della scuola.
Superficialità nell’affrontare il problema del lavoro legato alle immigrate, non è un problema di come intercettarle, agli sportelli, di Action ad esempio, ne arrivano in tante, evitare le chiusure interne e non avere paura del nuovo.
Necessità di ascoltarci di più e di imparare dalle lotte delle donne. Quando si dice reddito occorre chiedersi ma le donne cosa vogliono, cosa dicono? necessità di ragionare, anche in termini nazionali, dalle esperienze.
Gli elementi di analisi del Tavolo 4 di Febbraio (la denuncia e l’analisi della precarietà che investe la condizione generale delle donne sia materiale che fisica, che psicologica e per questo diventa anche una “violenza” contro le donne, il concetto di femminilizzazione della povertà, l’intreccio tra genere e identità di classe) pongono oggi l’emergenza di un femminismo di classe, proletario e per le lavoratrici una necessità di femminismo.Le femministe devono assumere quella che è la realtà delle tante donne lavoratrici che vivono male su tutti gli aspetti, non solo materiali, delle proletarie nel senso della stragrande maggioranza delle donne, lavoratrici e operaie, le lavoratrici di contro devono essere femministe, devono assumere un punto di vista delle donne su tutte le questioni.
No all’economicismo, cioè quando la lotta si riduce solo ad un aspetto di obiettivo rivendicativo/antidiscriminatorio, nel lavoro occorre affermare l’aspetto femminista (per esempio la questione sicurezza sul lavoro non come un “in più” delle donne); “tutta la vita deve cambiare” significa portare un elemento di rivoluzione e non di pura e semplice rivendicazione.
No ad una visone calata dall’alto della questione del reddito, autoreferenziale, ma fare esperienza concreta per passare dall’enunciare una categoria a farla vivere all’esterno, tra le donne
Sulla questione del reddito, ma non solo, la discussione deve continuare usando anche la mailing list, la rete, calandosi nelle esperienze reali di chi l’ha già fatto.
Sulla base di tutti questi elementi di discussione e ragionamento siamo giunte infine a queste conclusioni e proposte:
- le inchieste e l’autonarrazione vanno portate avanti e generalizzate
- trasformare le lotte particolari in lotte generali: mettere in rete le esperienze non solo in termini di racconto ma anche di analisi, individuando e centrando alcune questioni simbolo su cui avviare momenti di lotta nazionale
- Continuare la discussione sui temi emersi (reddito di esistenza, lotte autorganizzate delle donne) nel blog http://dossiertavolo4flat.blogspot.com, usare la mailing list sommosse per i comunicati, le informazioni sulle iniziative
- Darci un altro appuntamento di incontro nazionale (orientativamente il primo sabato della seconda metà del mese di gennaio a Napoli)
- Portare un punto di vista femminista nelle lotte concrete, per esempio un volantino/comunicato in vista dello sciopero nazionale dei sindacati di base del 17 Ottobre.
Questa è una prima sintesi della riunione nazionale, a breve sarà disponibile la verbalizzazione con tutti gli interventi che può stimolare ulteriormente la continuazione del dibattito in rete.
saluti di lotta
05/10/2008