28/02/09

BOLOGNA: ASSEMBLEA CITTADINA DI DONNE

CONTRO OGNI DISCRIMINAZIONE SESSISTA E PATRIARCALE!
L’attacco a noi donne è pesante. È urgente che anche a Bologna, così come avviene in altre città, creiamo uno spazio fisico e momenti di discussione sulle nostre condizioni di lavoro per dare risposte concrete con iniziative, proteste, azioni di solidarietà. Oggi più che mai non ci possiamo tirare indietro.
Dall’iniziativa del 7 marzo, come gruppo di donne vi proponiamo l’avvio di un ambito di discussione e organizzazione di iniziative di donne su LAVORO/PRECARIETA’/REDDITO che chiameremo “Tavolo 4 di Bologna”. Ci daremo appuntamento presso la sede del Circolo Iqbal Masih di Via della Barca 24/3. Bologna. tel/fax 0516146887 – per info cell 338 2648211

SABATO 7 MARZO ORE 15.00, Presso la SALA CONSILIARE DEL QUARTIERE PORTO (si entra da Via dello Scalo 21 o da Via Berti 2 / 6, la sala consiliare è adiacente alla sede del quartiere Porto e da sul giardino Francesco Lo Russo)

ASSEMBLEA CITTADINA DI DONNE
SULLE CONDIZIONI DI LAVORO DELLE DONNE
Intervengono
Insegnante Scuola Primaria (sindacato Cobas Scuola)
Cassaintegrata Alitalia Roma (sindacato CUB)
Operatrice Cooperative sociali (coll. Emergenza Femminista)
Precaria Nidi Comunali di Bologna (sindacato RdB – CUB)
Interventi liberi di tutte coloro che vogliono parlare

Aderiscono i collettivi: Gruppo Amazora e Le Irregolari Iqbal Masih

Appoggiamo le lotte delle 112 precarie dei nidi comunali di Bologna che dopo anni di lavoro (fino a 10 o 17 anni) il Sindaco Cofferati e l’Assessora Milli Virgilio non intendono assumere per risparmiare sui costi e affidare i servizi alle Cooperative sociali.

Appoggiamo le mamme dei nidi che hanno apprezzato l’alto livello qualitativo delle operatrici del servizio pubblico dei nidi e che non hanno intenzione di rinunciarvi.

Nei prossimi giorni volantineremo davanti agli esercizi commerciali che ormai sono aperti tutti i giorni della settimana, compresa la domenica, compresa la giornata dell’8 marzo, per rivendicare il riposo settimanale della domenica e dei festivi.

Dopo il dibattito, invitiamo tutte a partecipare alla manifestazione notturna Organizzata dall’Assemblea cittadina di donne e lesbiche contro la violenza maschile, sabato 7 Marzo, concentramento alle ore 20.00 in Piazza dell’Unità.

Il Tavolo 4 della rete Sommosse lancia lo «Sciopero delle Donne»

La violenza maschile è la prima causa di morte e di invalidità permanente delle donne in Italia come nel resto del mondo. La violenza fa parte della nostra vita quotidiana: essa consiste nella negazione della nostra libertà, nella violazione dei nostri corpi, nella costrizione al silenzio.

Oltre un anno fa siamo scese in piazza a Roma in 150.000 donne e lesbiche per dire “No alla violenza maschile” e ai tentativi di strumentalizzare la violenza sulle donne da parte di governi e partiti per legittimare politiche autoritarie e oppressive. Da allora gli attacchi istituzionali all’autodeterminazione delle donne si sono moltiplicati mettendo in luce la deriva autoritaria razzista e sessista in atto in Italia.

La violenza maschile ha molte facce e una di queste è quella economica e istituzionale. Per far fronte alla crisi economica il governo smantella i servizi sociali per finanziare le banche, le missioni militari all’estero, la militarizzazione delle nostre città.

Con la legge 133 tagliano i fondi alla scuola e all’università pubblica per consegnare l’istruzione nelle mani dei privati determinando la fine del diritto ad una istruzione gratuita e libera per tutte/i. Con il decreto Gelmini, migliaia di insegnanti, maestre precarie, perdono il posto di lavoro, e viene meno un sistema educativo - il tempo pieno - che sostiene le donne, consentendo loro una maggiore libertà di movimento e autonomia.

Le donne in Italia hanno i salari più bassi, le retribuzioni dono in media inferiori del 20% di quelle degli uomini a parità di mansioni. La povertà oggi in Italia è soprattutto donna: di chi è in pensione, in maggioranza donne sole, e delle famiglie monogenitoriali condotte da una donna..
Sono le donne quelle con i tempi contingentati dall’altro lavoro, quello che ancora oggi non ha valore espresso in Euro, che non rientra nel calcolo della produttività delle imprese, il lavoro di cura dei figli, dei padri, dei mariti, dei lavoratori di oggi, ieri e domani. Quel lavoro che aumenta di più ogni anno, in concomitanza con la finanziaria di turno e i tagli allo Stato Sociale.

VERGOGNA! Il Governo ha cancellato la legge contro le dimissioni in bianco e vuole alzare l’età pensionabile da 60 a 65 anni delle donne del pubblico impiego (e poi lo farà per il privato), toglie invece di dare diritti alle donne.

Le immigrate sono il simbolo della precarietà, con il permesso di soggiorno legato al lavoro, con il lavoro legato all’esistenza in vita dell’anziano che accudiscono, quando lavorano come badanti nell’isolamento delle case, con i lavori sempre sottopagati.

L’obiettivo delle riforme del lavoro, della sanità, della scuola e dell’università è di renderci sempre più precarie : mogli e madri “rispettabili” rinchiuse nelle case, economicamente dipendenti da un uomo, che lavorano gratuitamente per badare ad anziani e bambini.

Il 24 gennaio scorso si è tenuta a Roma la terza assemblea nazionale del Tavolo 4 «Lavoro/precarietà/reddito»della rete femminista e lesbica delle Sommosse, lì si è deciso di lanciare l’idea di uno sciopero al femminile, costruito in modo autonomo dalle donne lavoratrici, operaie, precarie, disoccupate, giovani, migranti. Una rottura inattesa contro i padroni, il governo, il Vaticano, ma anche nei confronti dei sindacati istituzionali e del privilegio maschile sul lavoro. Oggi le donne sono le prime a pagare la crisi.

NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO!

Non abbiamo nessuna intenzione di farci ricacciare a casa, in una posizione di subalternità e di dipendenza economica.
Per questo proponiamo di preparare insieme, dal basso, uno «Sciopero delle Donne», con presidi, manifestazioni, volantinaggi, assemblee, raccolte di firme, per dimostrare che non ci piegheremo alle politiche maschiliste che vogliono sottrarci quel poco di libertà che ci siamo conquistate.

27/02/09

MANNAIA GELMINI: TAGLI SU TAGLI E ANCORA TAGLI

MANNAIA GELMINI: TAGLI SU TAGLI E ANCORA TAGLI

“Meno materiale didattico, laboratori, biblioteche e soprattutto personale…"

L'ultimo progetto del ministro Maria Stella Gelmini di privare le scuole dei fondi per il funzionamento didattico e amministrativo dà il colpo mortale agli istituti che dovranno fronteggiare vere e proprie emergenze…

E così, taglio dopo taglio, già siamo a meno 200 milioni sottratti in un solo anno dal governo Berlusconi alla (sempre più) povera scuola italiana… Ma il problema non è solo l'azzeramento dei fondi. La forbice di Gelmini si abbatte con la stessa forza distruttrice anche contro i lavoratori, meglio se precari…” (da Il Manifesto 13/02/2009)

Con la cosiddetta “riforma della scuola” a nome del ministro Gelmini IL GOVERNO HA TAGLIATO 8 MILIARDI DI FONDI PER LA SCUOLA PUBBLICA a scapito di lavoratori e studenti

In tre anni infatti con l’attuazione del “Piano di razionalizzazione per la scuola” salteranno ben 87 mila posti di docente e 43mila di personale Ata, una vera e propria mannaia del governo Berlusconi soprattutto contro migliaia di precarie e precari che da anni lavorano, altro che stabilizzazione!!!
Stando ad una prima stima già nel 2009/10 27.000 docenti e 9.000 ATA andrebbero ad ingrossare le file dei disoccupati. Il grosso dei tagli determinerà inoltre un gran numero di personale di ruolo in esubero, soprattutto in regioni come la Sicilia in cui i tagli sono stati negli anni sempre più pesanti.
A tutto ciò si aggiungerà la difficile situazione delle scuole per il mancato trasferimento dei finanziamenti per le attività ordinarie, per le supplenze, per le attività di recupero dei debiti degli studenti, per la sicurezza messa tra l’altro a serio rischio a causa del sovraffollamento delle classi.

DOBBIAMO IMPEDIRE TUTTO QUESTO!!!
La mobilitazione di lavoratrici, lavoratori e di tantissimi studenti che ha animato tanti mesi da settembre a dicembre con scioperi, manifestazioni e centinaia di iniziative di protesta in tutto il nostro paese ha costituito una prima forte opposizione alla nuova manovra massacra/scuola dell governo Berlusconi.
Ma la nostra battaglia non può dirsi affatto conclusa: dinanzi ai regolamenti attuativi che rendono effettivi i tagli e lo scempio del disegno di legge Aprea, in cantiere, che vuole trasformare le scuole statali in fondazioni private, in scuole/aziende al servizio delle imprese non possiamo accettare di rimanere immobili, “uomini e donne morte che camminano ” come ci vorrebbe il governo e quei sindacati che hanno firmato accordi vergognosi, vedi la riforma del modello contrattuale e che sono d’accordo con il decreto che attacca il diritto di sciopero, mentre non hanno alzato un dito o detto una parola sui pesanti tagli e cioè sul licenziamento di migliaia di lavoratori e soprattutto di lavoratrici se consideriamo che la maggioranza della popolazione lavorativa della scuola è costituita da donne!

FACCIAMO SENTIRE FORTE LA NOSTRA PROTESTA
Mercoledì 04 Marzo ore 15,00 presidio all’Ufficio Scolastico Provinciale di Palermo Via Praga, 29

Cobas lavoratrici e lavoratori precari della scuola
cobas_slai_palermo@libero.it

NO ALLA SCUOLA/AZIENDA AL SERVIZIO DEI PADRONI

I 22 articoli del disegno di legge Aprea, fermo in VII Commissione alla Camera, si articolano soprattutto su 2 temi: l'autogoverno della scuola e la condizione dei lavoratori della scuola.
Le scuole vengono trasformate in fondazioni, istituti di diritto privato. Infatti lo Stato garantisce loro una cifra fissa e identica per tutte, ma le aziende o gli enti, associazioni o utenti potranno contribuire con finanziamenti. Tale condizione - tra tutti i possibili scetticismi rispetto alle concrete velleità di entrare come finanziatori di un'istituzione scolastica - configura la possibilità non solo di privatizzare qualunque scuola, ma di creare immense disparità tra istituti, a seconda del livello ordinamentale, dell'utenza, della collocazione nel territorio.
Al consiglio di istituto - attraverso una rivisitazione dei decreti delegati - verrà sostituito un consiglio di amministrazione (nel quale non sono più compresi gli Ata), di cui farebbero parte rappresentanti degli enti locali e del mondo del lavoro e delle professioni. Non è un caso che questo percorso (di cui non è difficile individuare, oltre che le criticità rilevate, i danni in termini di ingerenza sulla libertà di insegnamento) rappresenta una mano tesa verso Confindustria, che a più riprese ha avallato e richiesto una simile trasformazione.
La carriera dei docenti - la cui formazione iniziale è concepita sul modello 3+2, con un corso universitario caratterizzato per il 75% da crediti di tipo contenutistico-disciplinare e solo per il 25% di tipo relazionale, didattico, pedagogico, cui seguirà un anno di tirocinio validato dal giudizio del dirigente, dopo il quale il candidato potrà iscriversi ad un albo rigorosamente regionale - sarà articolata in 3 livelli: iniziale, ordinario ed esperto. Gli aumenti stipendiali saranno vincolati all'anzianità e all'appartenenza al singolo livello, determinato da concorsi banditi dai singoli istituti.
Si propone così, oltre che un aggravio di lavoro difficilmente gestibile dalle segreterie, un sistema di reclutamento improntato a "cordate" interne più i meno di potere, meccanismo non dissimile da quello che il centro destra ha sbandierato di voler debellare all'università.
Infine, spariranno le Rappresentanze sindacali unitarie e per i docenti verrà istituita una specifica area contrattuale… (dal Manifesto del 13 febbraio 2009)

Dalle lavoratrici delle ditte di pulizia di Taranto

VERSO LO SCIOPERO DELLE DONNE
INIZIATIVA A TARANTO DELLE LAVORATRICI DELLE PULIZIE

6 MARZO ORE 10 PRESIDIO IN PIAZZA CASTELLO

Nessuno può permettersi di "celebrarci" ipocritamente l'8 marzo e affossarci
gli altri 364 giorni!
Nel presidio mostreremo e racconteremo come ci costringono a vivere.


Negli uffici comunali stiamo ogni mese col il timore di essere licenziate.
Non è solo il lavoro E' LA NOSTRA VITA CHE VIENE RESA PRECARIA! Ci costringono a difendere anche la miseria di un salario di 500 euro al mese.
Ma noi non vogliamo difenderci, passeremo a una lotta dura.
Nelle scuole statali il governo ha ridotto i fondi da 370 milioni a 110
milioni di euro l'anno. Questo vuol dire in tutt'Italia 16 mila lavoratori e altrettante famiglie a spasso - di cui la stragrande maggioranza sono donne, con figli a carico, spesso sole.
A Taranto abbiamo già subito un pesante taglio dei fondi che ha portato alla
brutta situazione di precarietà, cassintegrazione che viviamo. Se passassero questi ulteriori tagli, per le donne, molte non giovanissime, soprattutto in questo tempo di crisi vuol dire non avere alcuna possibilità di trovare un altro lavoro. Questi tagli sono il frutto dei tagli alle scuole del decreto Gelmini.
Per le donne tutto questo significa poi, doppia fregatura: niente lavoro
fuori, ma più impegno in casa, per occuparsi dei figli che la scuola mette fuori.
Negli asili comunali, le lavoratrici con contratti ultraprecari, vengono
trasferite dalla ditta per coprire rilevanti carenze in alcune scuole o sono chiamate a fare sempre più spesso sostituzioni, a volte comunicate nella stessa giornata; situazione che, tenendo conto che le lavoratrici donne hanno sulle loro spalle sempre il problema di organizzarsi il tempo lavoro e tempo vita, di sistemare figli anche piccoli, significa una rincorsa, stress permanente. Quindi soprattutto come lavoratrici, come donne, dobbiamo respingere questi attacchi.

COSTRUENDO UNO "SCIOPERO DELLE DONNE"

Lavoratrici delle ditte di pulizia Taranto

CANTAVA AL LAVORO: LICENZIATA OPERAIA GHANESE

«Vietato cantare in officina»:
licenziata operaia ghanese

dall'eco di Bergamo, 25.02.09

Sarà risarcita con 6 mensilità una ex lavoratrice di una azienda di Gorlago, licenziata perché sorpresa a cantare durante il turno di lavoro. E' stato infatti firmato questa mattina, mercoledì 25 febbraio, l’accordo - tra azienda e sindacato - che prevede il risarcimento (il massimo previsto in base alla legge 108 per le aziende con meno di 15 dipendenti) dell'operaia, M.A.M., ghanese di 47 anni e da quasi 20 residente in Italia. La donna era da 17 anni alle dipendenze di una azienda metalmeccanica, specializzata nella produzione e distribuzione di manufatti in ferro battuto, ottone e rame. Alla donna lo scorso 18 novembre era stata data una comunicazione che recita testualmente: “essendole stato innumerevoli volte vietato di cantare durante l’attività lavorativa, in quanto questo provoca fastidio e disagi ai titolari e ai lavoratori, in seguito alla mancata presentazione di idonee giustificazioni, siamo costretti a licenziarla per giustificato motivo soggettivo”.

“Sono preoccupata per i miei tre figli che ancora studiano - ha detto la donna -, da quando mio marito è tornato in Ghana, 5 anni fa, sono l’unica che lavora in famiglia. Adesso, una volta finiti i soldi del risarcimento e terminata la disoccupazione, come potrò occuparmi di loro?”. Alla donna non spetta infatti per legge il reintegro in azienda e pertanto rimarrà senza lavoro.

ESPRIMIAMO LA NOSTRA SOLIDARIETA' ALL'OPERAIA LICENZIATA.

25/02/09

APPELLO ALLE SEX WORKERS

TESTO INVIATO AL COMITATO PROSTITUTE DI PORDENONE

Per uno sciopero delle donne

Cara Pia e tutte, vi inviamo l'appello/proposta che è uscita nell'assemblea nazionale del Tavolo 4 "Lavoro/precarietà/reddito" della Rete sommosse, del 24 gennaio e che stiamo facendo circolare.
Il clima fascista/razzista che sta andando avanti a tappe forzate, anche sui corpi di noi donne, ha già visto colpite pesantemente le donne prostitute e in particolare le immigrate; anche in Puglia, dove io vivo, negli ultimi mesi ben 2 prostitute immigrate sono morte/uccise per il clima di caccia alle streghe che governo e polizia stanno creando. Vogliamo quindi rivolgere questa proposta di "sciopero delle donne" anche a voi. Anzi, vi chiediamo qualcosa in più. Proprio perchè non vogliamo parlare al posto di altre donne, vorremmo che voi faceste un appello a tutte le prostitute, appello che noi faremmo girare, inseriremmo nella piattaforma, e anche, come iniziativa, nell'elenco che via via, come potrete vedere, stiamo costruendo per arrivare dovunque con questo messaggio e per poi costruirlo insieme dovunque è possibile e necessario lo "sciopero delle donne". Fateci sapere Un forte saluto e abbraccio a tutte per il Tavolo 4.

Margherita MFPR Taranto

Qui sotto pubblichiamo l'appello e un primo elenco delle realtà in movimento per la costruzione dello sciopero delle donne!

Il 24 gennaio a Roma compagne femministe, lavoratrici, precarie, immigrate, disoccupate, universitarie, del TAVOLO "LAVORO/PRECARIETA'/REDDITO" della Rete sommosse, hanno lanciato una campagna per costruire LO "SCIOPERO DELLE DONNE"!

Uno sciopero al femminile, costruito autonomamente dalle lavoratrici, da tutte le donne.
Uno sciopero su una piattaforma, parole d'ordine che esprimano l'insieme della condizione di doppio sfruttamento e oppressione della maggioranza delle donne.
Uno sciopero per imporre sui posti di lavoro, nelle piazze, il punto di vista delle donne, la doppia determinazione delle donne.
Una novità, una rottura inaspettata da parte di padroni, governo, vaticano.

Le ragioni di questo sciopero sono negli attacchi che ogni giorno vengono portati avanti alle nostre condizioni di lavoro e di vita, dalla proposta di innalzamento dell'età pensionabile, alla legge Gelmini che colpisce doppiamente lavoratrici della scuola, madri e studentesse; dalle illegali dimissioni in bianco per "liberarsi" di donne in maternità; all'accordo pilota dell'Alitalia che si pone come pericoloso modello di nuovi attacchi a diritti fondamentali, nuove discriminazioni che colpiscono e vogliono far tornare indietro soprattutto le donne; dai licenziamenti in aumento delle operaie dalle grandi fabbriche alle piccole, tra le lavoratrici precarie nei call center alla pesante condizione delle tante donne immigrate che sono il simbolo della precarietà e dello sfruttamento fin a forme di schiavismo, ecc. Le donne sono le prime a pagare la crisi! Ma per noi donne tutto questo si traduce immediatamente in peggioramento delle nostre condizioni di vita: i tagli dei servizi sociali vengono scaricati su di noi, aumenta il lavoro di cura, ci vogliono rinchiudere di più in casa al servizio della famiglia e ci tolgono quel minimo di indipendenza che costituisce il lavoro esterno.
Ma anche sui posti di lavoro questi attacchi si traducono anche in un clima più oppressivo, ricattatorio, che spesso per noi donne ha il drammatico volto del mobbing, delle molestie sessuali, fino a violenze sessuali da parte di padroni, capi, ecc. In questo senso l'attacco alla nostra vita è doppio, non solo economico ma anche ideologico, e mira a riaffermare costantemente la posizione di "debolezza" e subalternità delle donne in questa società capitalista, la condizione di oppressione in una famiglia che il sistema vuole sempre più non solo come "ammortizzatore sociale" ma anche come strumento di controllo della nostra vita e, per questo, principale luogo di violenza e di uccisioni di donne. Anche la proposta del Vaticano riguardo lo "stipendio mensile alle donne casalinghe", è volta proprio a farci tornare indietro, tra le pareti domestiche.
Pure i recenti stupri vengono usati, oltre che per i provvedimenti razzisti e fascisti, per distrarre l'opinione pubblica dalla crisi, mentre sono questi attacchi ai diritti, alle nostre condizioni di lavoro, alla nostra vita che alimentano quel clima culturale e ideologico di sopraffazione, di disprezzo per la vita delle donne, di sub cultura maschilista che costituisce il miglior humus per le violenze sessuali.
E' ora quindi che noi donne prendiamo il posto in "PRIMA FILA" nella lotta, una nuova lotta che intrecci la questione di classe alla questione di genere, che sia inconciliabile e radicale.
Nelle iniziative che faremo nelle varie città per l'8 marzo, porteremo questo appello per lo "sciopero delle donne", per cominciare a costruirlo e realizzarlo al più presto.
Per le adesioni allo sciopero delle donne scrivere a scioperodelledonne

L'assemblea del Tavolo 4 "Lavoro/precarietà/reddito" della Rete sommosse - tavolo4

Verso lo sciopero delle donne da Nord a Sud: ora scioperiamo noi!

Primo elenco delle realtà di donne, lavoratrici in cui tra il 6, 7 e 8 marzo ci saranno iniziative varie, con al centro la preparazione dello "sciopero delle donne". Vi saranno presidi, sit in, manifestazioni, volantinaggi, assemblee, raccolta firme, iniziative di protesta, iniziative verso i mass media, ecc.
Via via che arrivano le notizie preciseremo le iniziative e completeremo questo primo elenco.
PALERMO - lavoratrici precarie scuola, disoccupate donne, giovani immigrate, donne in lotta per la casa, universitarie
RAVENNA - operaie dell'Amadori, operaie della fabbrica Sicis, lavoratrici precarie cooperative sociali, lavoratrici supermercato Lidl
MILANO - lavoratrici precarie e non della scuola, lavoratrici della sanità Istituto Tumori, operaie della fabbrica Bindi, lavoratrici supermercati GS ed Esselunga, donne immigrate
TARANTO - lavoratrici delle Ditte di pulizia (scuole, appalti comunali, Amiu), lavoratrici call center Teleperformance, donne/familiari operai morti sul lavoro Ilva, operaie fabbriche tessili Martina Franca, lavoratrici supermercato Auchan, Universitarie, studentesse
MELFI - operaie della Fiat Sata
TORINO - lavoratrici immigrate donne/familiari operai morti Thyssen
ROMA - donne occupanti case, donne immigrate, lavoratrici Alitalia, artiste precarie
TRIESTE - lavoratrici supermercato Lidl, lavoratrici vari settori Cgil/Fiom
BRESCIA - operaie varie fabbriche metalmeccaniche
PERUGIA - precarie e studentesse dell'Università, lavoratrici precarie in lotta per il reddito, donne immigrate
MANTOVA - lavoratrici della Gabbiano, operaie della ex Primamoda di Casalromano, lavoratrici della MS
BOLOGNA - lavoratrici Pubblico Impiego, lavoratrici asili nido, lavoratrici supermercati
NAPOLI - studentesse e lavoratrici precarie università L'Orientale, disoccupate e lavoratrici precarie

LA CASA DELLE DONNE IN VENDITA

Il tavolo4 e le compagne di Perugia esprimono piena solidarietà alle donne della casa occupata Lucha y Siesta.
Come al solito i padroni e lo Stato al loro servizio, si "ricordano" degli spazi abbandonati al degrado solo quando vengono sottratti a questo dalle lotte autorganizzate e quando c'è da metterli a profitto nel senso puro del termine.
Altro che pacchetto sicurezza...La nostra sicurezza sono case come questa in tutte le città!

Lanciamo un'appello alle sommosse romane a partecipare all'assemblea pubblica convocata da Action-a per il 6 marzo. IL SILENZIO E' COMPLICE!

Segue comunicato ACTion A

Come se non bastasse!

Non era sufficiente il taglio del Governo di 20 milioni di euro destinati ai centri antiviolenza,

non era sufficiente approvare una legge antistupro che come al solito condanna gli immigrati e non approfondisce le cause che portano alla violenza, autorizzando di fatto e di legge le ronde,

non era sufficiente che il Comune di Roma ancora non riconosca il diritto ad un alloggio alle donne che hanno subito violenza,

non era sufficiente che gli stupri siano all’ordine del giorno e che l’80% delle violenze accade in famiglia,

come se non bastasse, questa mattina abbiamo saputo l’ennesima brutta notizia, l’Atac, di cui il maggior azionista è il Comune, sta concludendo la vendita del deposito di via Lucio Sestio, 10.

Questo deposito abbandonato da 10 anni e occupato esattamente l’8 marzo scorso dalle donne, come risposta al disagio diffuso, è ora una casa che accoglie tutte coloro che fuggite da situazioni di violenza, a causa delle condizioni precarie di vita e dell’insostenibilità degli affitti, non riuscivano a sviluppare un percorso di autonomia e autodeterminazione.

Di nuovo la legge delle speculazioni e degli affari facili vince su tutto.

Al contrario di quanto prevede l’Atac e il Sindaco Alemanno, noi riteniamo che l'esperienza della casa delle donne nel X Municipio va tutelata e replicata in tutta la città e continueremo ad accogliere donne in difficoltà che le istituzioni ignorano.

Egregio sindaco e c.d.a. dell'Atac in questo modo vi assumete la responsabilità di chiudere una esperienza che raccoglie il bisogno delle donne molto più di quanto lo facciano le ronde e la politica del controllo che genera paura.

Ben consapevoli che l’unica sicurezza sono le donne che si auto organizzano.

ACTion A
info: simona 320 2739152- alessandra 3475213418- simona 3492310920

STORIA DI PATIENCE

VENERDI' 27 FEBBRAIO alle ORE 14.00

CONFERENZA STAMPA A MIRA, IN VIA GRAMSCI IN CENTRO CITTA' A POCHI METRI DA VIA NAZIONALE, PRESSO IL CALL CENTER,AVENTE PER OGGETTO LA STORIA DI PATIENCE, GIOVANE RAGAZZA NIGERIANA DETURPATA A VITA NEL MARZO 2008 A MALCONTENTA DA UN UOMO CHE PER QUESTO FATTO NONOSTANTE SIA SOTTO PROCESSO HA PASSATO SOLO ALCUNI GIORNI IN DETENZIONE, E SOPRATTUTTO DEL MANCATO RINNOVO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO DA PARTE DELLA QUESTURA. COME SINDACATO ABBIAMO DATO SOLO APPOGGIO ORGANIZZATIVO A QUESTA INIZIATIVA CHE E' SVOLTA NEL SOLO INTERESSE DI PATIENCE.(LA CONFERENZA STAMPA SI TERRA ANCHE IN PRECEDENZA ALLE ORE 12 sempre VENERDI' presso la sede AEA a MARGHERA all'ex asilo sacro cuore di fronte Municipio al n.14)

STORIA DI PATIENCE


Patience nasce in Nigeria 33 anni fa.

A 25 anni, subisce il solito inganno delle organizzazioni mafiose nigeriane dedite alla schiavizzazione delle donne, e giunge in Italia dopo essere transitata per un altro paese europeo, in aereo. I suoi accompagnatori, giunta a Milano, le portano via e le distruggono il passaporto, le spiegano chi è la s
ua "Madame", e le intimano la "restituzione" di 30.000 euro per riavere dei documenti regolari. Fanno capire di non temere la polizia italiana, e di potersi vendicare sui suoi familiari in Nigeria.
Passa a Napoli, dove la "Madame" la obbliga alla prostituzione ed a versar
le i soldi, dopo un anno, nel 2003, fugge verso Venezia. Viene riagganciata e costretta ancora a pagare e prostituirsi. Successivamente, la polizia italiana la ferma e la porta al CPT di Ponte Galeria a Roma, vi rimane 2 mesi, quindi viene espulsa verso la Nigeria.
Eviden
temente la polizia italiana non si preoccupa invece di reprimere le organizzazioni mafiose dedite allo sfruttamento della prostituzione e schiavizzazione delle persone.
Torna nel 2005 dalla Nigeria, e viene riagganciata dalla
solita "Madame" ancora prima di partire, quindi viene portata da questa schiavizzatrice e dal suo fidanzato, a Bergamo, da dove scappa un'altra volta, dopo 4 giorni. A quel punto Patience è "libera", libera .... ma senza lavoro, libera, ... di prostituirsi.
Conosce un italiano, Morsego Ennio, nato nel 1937. Questo le è "amico" e cliente insieme. In pratica lei è la sua prostituta fissa.
Nel 2008, Patience deve aiutare dei familiari, per delle cure mediche, infatti in Nigeria, si paga tutto, anche le cure
mediche, una gigantesca macchina mafiosa schiavizza quasi 100 milioni di persone, alcuni milioni di borghesi vivono nel lusso più sfrenato, organizzazioni politiche e sindacali si occupano solo delle cose "settoriali", nessuno mette seriamente in discussione le classi al potere, asservite e burattine delle compagnie petrolifere multinazionali.
Chiede 300 euro al Morsego. Questi si rifiuta, allora lei rompe il "rapporto" di amicizia, dicendogli che non si prostituirà per
lui più.
Costui cerca allora di pacificare la situazione, ma la cosa non si ricompone. Allora, pochi giorni do
po, si reca a Malcontenta, a sud della seconda zona industriale di Marghera, dove vi sono zone di prostituzione; parcheggia la macchina, si avvicina a dove si trovano alcune ragazze nigeriane, la individua, tira fuori una bottiglia con dell'acido, e la sfregia, per sempre, con ferite di ustioni multiple, al volto, alle mani.
All'ospedale, dove giunge in ospedale dopo
mezz'ora, la medicano MA NON la ricoverano.
Tornerà, con
gravi conseguenze "disestetiche", e con enormi dolori alla testa, sente dolore col caldo, sente dolore col freddo, tornerà all'ospedale di Mestre altre due volte, MA IN NESSUN CASO sarà inviata al reparto grandi ustionati dell'Ospedale di Padova.
Si decide a denunciare il fatto (avvenuto il 22.2.2008) SOLO DOPO due mesi di continuative persecuzioni e pedinamenti del Morsego, persino di fronte a due assistenti dei Serviz
i Sociali, una italiana e una nigeriana. La polizia, al pronto soccorso non è convocata, misteriosamente, dalla dottoressa al momento responsabile dell'unità di emergenza, e comunque non viene la Vittima, affiancata da alcuna poliziotta o psicologa che le possa chiedere con calma cosa è successo. La deposizione arriva il 11 aprile, l'arresto del Morsego, dopo 3 mesi. Dopo ripetute richieste di intervento alla magistratura, sia della polizia che dei carabinieri. L'arresto dura pochi giorni, subito va a casa ai domiciliari.
Misteriosamente, Patience non viene convocata all'udienza preliminare, e il signor Morsego può ottenere una sentenza a lui favorevole con patteggiamento e assistenza di un "principe del foro" a Venezia, avv.Pietramala. È il 22 ottobre 2008.

Adesso, dopo il 21 gennaio, scadenza di 6 mesi di permesso di soggiorno per motivi di giustizia, essendo concluso l'iter giudiziario, l'Italia NON rinnova il permesso, se pure Patience ha chiesto i danni in sede civile.

Per questo, il
27 febbraio 2009 è iniziata la nostra battaglia per permettere a Patience di vivere e lavorare in Italia. L'udienza è fissata, a livello civile, per il 14 o 15 maggio, dr.ssa Guerra. Abbiamo portato ai media la storia di Patience e la relativa documentazione in nostro possesso. Vari immigrati-e, e compagni-e italiani-e, iscritti e non al nostro Sindacato, in data di oggi hanno partecipato a Mira ad una conferenza stampa e dibattito su questo caso gravissimo ed incivile.

Le foto pubblicate sono conseguenza del gesto del Morsego e del mancato ricovero nel reparto grandi ustionati.

Slai cobas per il sindacato di classe - province di Venezia, Padova e Treviso

23/02/09

6 MARZO A ROMA


Passaggi d’uscita

Giorni terribili per le donne di questo paese e di questa città.
Terribili atti di violenza, altrettanto terribili reazioni del mondo della politica e della società.
È necessario, quasi d’obbligo, tracciare la fase che stiamo vivendo, perché è una fase di attacco alle donne, alla loro cittadinanza piena.
Si impone una riflessione diversa, approfondita, lontano dalle urla della stampa, dai “branchi” giustizieri e xenofobi, dalle parole tuonanti dei politici di turno.
Una riflessione franca, sincera e tagliente.

Giorni terribili
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La cronaca ci restituisce numerosi episodi di donne vittime di feroce violenza in diversi contesti: da una festa a Capodanno a un autobus a Primavalle, a un luogo appartato a Guidonia, alla violenza in strada al parco della Caffarella.
È bastato che in uno di questi casi gli assalitori fossero rumeni per dare la stura ai più terribili istinti razzisti ed emergenzialisti, l’insicurezza delle donne è dovuta ai troppi clandestini, ai Rom; si scatena una caccia all’uomo nei confronti della popolazione migrante, fino a tentare di bruciarli vivi.
La soluzione prospettata è l’espulsione di massa, con la “cattiveria” degli immigrati clandestini, una sorta di punizione collettiva di uomini e donne a cui la nostra società nega i più elementari diritti di cittadinanza, come le cure sanitarie.

Eppure siamo convinte che nonostante tutto nella coscienza delle donne si insinuano domande, dubbi e le discussioni si fanno sempre più fitte.

Sappiamo infatti che, benché non se ne parli quasi mai, la maggior parte della violenza sulle donne avviene tra le mura di casa, da uomini affermati, insospettabili e ben visti da tutti, con un’ampia trasversalità sociale.

Sappiamo che le giovani donne, come gli uomini, accedono al lavoro attraverso varie forme di precarietà, dai contratti atipici a quelli a termine, ma la donna rimane più a lungo in situazioni di incertezza, il differenziale salariale tra giovani laureate e laureati si registra già dopo il primo anno di lavoro.
Sappiamo che la maternità, per tutte le lavoratrici precarie, non ha più tutele, anzi spesso ti aspetta lì una lettera di dimissioni che ti hanno preventivamente costretto a firmare in bianco.

Sappiamo cosa subiscono le donne migranti, vittime silenziose, perché ricattabili, costrette al silenzio dalla clandestinità o dal fatto che il loro permesso di soggiorno è legato a quel lavoro dove trovano violenza. Donne che rispondono ad una buona fetta del fabbisogno del lavoro di cura, delle mense, delle imprese di pulizie, abbandonano qualificazione e istruzione per entrare nelle nostre case. In altri termini, se non abbiamo conquistato la ripartizione del lavoro di cura tra donna e uomo, l’abbiamo sicuramente ripartito con altre donne.

Sappiamo come sia ancora difficile e quanti ostacoli debba superare una donna che vuole fare politica, vuole svolgere un ruolo primario nella gestione delle aziende o si vuole affermare nel mondo della comunicazione senza fare la velina.

Sappiamo anche come le forme di tutela sociale delle donne siano sempre più ristrette: i Consultori, spesso privati di fondi e personale, sono ridotti ad ambulatori per le vaccinazioni ed hanno completamente perso la loro funzione sociale, tra cui il ruolo educativo e preventivo nei confronti delle giovani generazioni. I continui tagli alle spese sociali impediscono inoltre alle donne con figli di accedere al mondo del lavoro, basta pensare alla cronica carenza di posti negli asili nido pubblici. Le strutture di sostegno per le vittime di violenza sono poche e devono lottare continuamente contro l’indifferenza delle istituzioni che continuano a centellinare le risorse e rimangono attive solo grazie alla passione delle donne che vi lavorano; non esistono possibilità di accesso per le donne vittime di violenza all’edilizia residenziale pubblica.

È un problema culturale
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Siamo profondamente convinte che non lo si può ridurre ad un problema di sicurezza da risolvere con un maggior controllo, con l’esercito e con le pistole ai vigili urbani.
Forse non si risolve neanche con l’inserimento delle “quote rosa” in qualche parlamento.

Quindi, lasciato da parte il "luogo comune" che sono "gli altri" a commettere tali orrori, occorre guardare in faccia la realtà. Secondo l’ISTAt, il 69% degli stupri sono opera di partner, mariti o fidanzati, questo dato è significativo perchè in parte "scagiona" gli stranieri ed immigrati dalla maggior parte di questi reati, ma soprattutto perchè fa emergere inconfutabilmente l’aspetto culturale di tale fenomeno.

Ne esce fuori un panorama culturale, ampiamente sostenuto e promosso dalla televisione e dalla pubblicità, nella quale la donna, lungi dall'essere sempre rispettata, diventa troppo spesso l'oggetto sessuale per mariti e partner violenti.

L’unica sicurezza possibile sono le donne del mondo che si autorganizzano
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Una presa di parola e di azione collettiva che rimette in moto, dà forza e valore alle intelligenze femminili, attraverso una profonda ridiscussione delle radici culturali del nostro mondo.

Sulla scena pubblica spopola la parola famiglia, concepita solo come un’entità morale, indipendente dalle persone che la compongono, dall’autodeterminazione che è fondamento della libertà femminile, una famiglia imprigionata fra desideri e progetti di vita, negati dalla precarietà, ai quali lo Stato sociale arretrato e inadeguato com’è, non sa dare risposte se non allacciando le politiche pubbliche alla morale. Nessuno, pensiamo – ma sicuramente non le donne che investono sulle relazioni affettive, di coppia e di genitorialità - è astrattamente contro l’idea di famiglia, ma ci piace concepirla nella sua molteplicità di forme, nelle sue varie modalità, nelle dinamiche di relazione e di investimento che vi sono al suo interno.

Proviamo a ragionare fra di noi se la parola parità mantiene il senso che le abbiamo dato quando abbiamo iniziato questo percorso, oppure se in qualche modo se ne è perso il senso: il tema della parità non può funzionare se non rendiamo evidente il fatto che non tutto può essere tradotto e reso uguale.

Partendo da queste brevi ed assolutamente incomplete riflessioni, vi invitiamo a discutere, tra diverse, intorno a un tavolo sui processi che possiamo avviare per modificare profondamente il mondo che ci circonda, forti delle esperienze e delle battaglie che tante prima di noi hanno portato avanti, affinché si apra una fase nuova, un nuovo femminismo capace di investire come un’onda che travolge la nostra società contemporanea.

Lo vogliamo fare a partire da una piccola esperienza che abbiamo portato avanti nell’ultimo anno, da quando l’8 marzo 2008, abbiamo recuperato e dato nuova vita e colore all’ennesimo palazzo vuoto e fatiscente e ne abbiamo fatto una casa. Solo per le donne. Per tutte quelle donne che non hanno una casa in cui vivere, ma che da una casa sono dovute scappare o sono state cacciate, che sono state oggetto di violenza e sopraffazione, per colore che hanno deciso di di vivere da “sole”.
Uno spazio abitativo e sociale di donne e per le donne, il primo nella storia di questa città che mette insieme la tematica dell’emergenza abitativa con l’istanza di autodeterminazione sociale e civile delle donne.
Una casa delle donne territoriale, calata nel contesto delle periferie urbanizzate della nostra città, uno spazio dove accogliere donne in difficoltà, ma soprattutto un punto di riferimento sociale, motore di organizzazione di un nuovo protagonismo delle donne, un presidio territoriale aperto e includente.
Da questa piccola esperienza, vorremmo lanciare a tutte una proposta, che sicuramente non è risolutiva delle complesse questioni che prima abbiamo accennato, ma che può costituire un primo passo concreto al fine di ridisegnare le politiche delle pari opportunità e della lotta alla violenza a partire dai governi di prossimità, per attuare un sistema di contatto capillare con il territorio dove le donne vivono: costruiamo una casa delle donne in ogni municipio della città!

Per avviare questa discussione
Vi invitiamo ad intervenire

VENERDÌ 6 MARZO ORE 17.30
SALA ROSSA IV PIANO
MUNICIPIO ROMA X
PIAZZA DI CINECITTÀ 11

Action A

Care amiche italiane ascoltateci siamo le donne di un popolo afflitto dalla guerra

“Care amiche italiane ascoltateci siamo le donne di un popolo afflitto dalla guerra!!”

E’ questo l’appello di Risha, una giovane studentessa della comunità Tamil che vive a Palermo, che abbiano conosciuto ad uno dei presidi, a cui abbiamo partecipato in solidarietà, che da alcuni giorni la comunità Tamil appunto sta facendo in contemporanea a tante manifestazioni in tante altre città nel mondo.

Risha ha 18 anni e da quando ne aveva due vive a Palermo con la madre e le sorelle “Sono Tamil, dice sorridendo, ma mi sento anche palermitana, praticamente sono cresciuta in questa città”.

Il sorriso non c’è più quando comincia a raccontarci del suo popolo e della sua terra di origine lontana dove è andata alcuni anni fa ma in cui non ha trovato più il padre ucciso in guerra.

Da più di 28 anni infatti nello Sri Lanka è in atto una guerra civile tra l’esercito governativo cingalese e la minoranza etnica Tamil che lotta per l’indipendenza del territorio del nord est dell’isola. Fino ad oggi sono in cinquanta mila i soldati governativi che circondano i territori Tamil, tenendo sotto pressione circa quattro milioni di civili nel solo territorio di Vanni, “un vero e proprio massacro, ci dice Risha, di cui nessuno però parla o solo per criminalizzare un popolo che come i palestinesi ha diritto alla sua terra”.
Ogni giorno sono in centinaia i civili vittime della guerra ed altrettanti i feriti che muoiono senza ricevere le accurate visite mediche, poiché i convogli umanitari sono sempre dirottati verso i campi militari delle Forze Armate Governative dello Sri Lanka.

Risha si arrabbia, i suoi grandi occhi neri si accendono quando pensa alle tante donne e bambini uccisi, feriti, violentati, torturati senza pietà nei villaggi.
Ci mostra un grande pannello circondato da tanti lumini accesi, vi sono raffigurati i volti di 69 donne, molte giovanissime come lei, violentate e uccise insieme in un villaggio durante una retata dell’esercito governativo.

“Le donne vengono fermate nei check-point, portate all’interno dei campi con la scusa di perquisizioni e poi atrocemente violentate e abbandonate prive di sensi dinanzi le loro abitazioni. Molte subiscono gravi danni psicologici e tante altre si suicidano per la vergogna.
Lo stupro è usato come arma di stato ma si arriva a pratiche davvero disumane che si ripetono di villaggio in villaggio, per colpire e umiliare ancora di più nel profondo, alla donna, dopo che è stata stuprata,viene infilato nella vagina il pene tagliato al marito o al fratello o al padre ucciso, ma di tutto ciò che ne sa l’opinione pubblica? I giornalisti, anche quelli cingalesi che cercano di far conoscere la verità sui massacri dell’esercito governativo vengono uccisi, denunciamo il governo cingalese perché colpevole del genocidio del popolo tamil che lotta per la sua autodeterminazione ma denunciamo anche quei governi come gli Usa che definiscono la lotta giusta del nostro popolo lotta terrorista così come tutti quei governi che tacciono su tutto questo”

Mentre ci mostra altre foto con tante donne e bambini feriti, pannelli con tanti nomi dei martiri caduti in guerra o colpiti dai bombardamenti, anche tra questi tante donne, Risha continua a parlare
“Sono giovane ma forte, me lo insegna la lotta del mio popolo, e oggi vi chiedo insieme alle altre donne della comunità di sostenerci, noi ci sentiamo anche parte del vostro popolo anche se in questi tempi per noi immigrati non è tanto facile vivere in questo paese. Il vostro governo ci sta rendendo la vita difficile, avere il permesso di soggiorno è sempre più difficile, dobbiamo perfino pagare la tassa, ci vengono negati diritti di base e questo inasprisce anche i sentimenti della popolazione italiana…”

Una voce dal microfono chiama Risha che deve andare a prepararsi con gli altri giovani per l’inizio del rito di commemorazione dei martiri: ci abbracciamo e salutandoci sorridendo ci dice “fate conoscere la nostra storia, non siamo lontane da voi, dobbiamo lottare”

mfpr palermo

21/02/09

Licenziamento politico di un'operaia alla Fiat

Alfa Romeo di Arese:

SCIOPERO contro la FIAT per il licenziamento per rappresaglia di una operaia
dello Slai Cobas

Questa mattina i 600 lavoratori di Fiat Automobiles e di Fiat Powertrain di Arese hanno scioperato dalle ore 9 alle ore 11 contro il licenziamento per rappresaglia della compagna Carmela dello Slai Cobas, licenziamento fatto dalla Fiat come ritorsione a una sentenza della magistratura.
La vigliaccata della Fiat è stata motivata per il fatto che il tribunale di Milano ha reintegrato al lavoro un operaio della Fiom licenziato e messo in mobilità dalla Fiat il 1° marzo 2008. Reintegrato lui, la Fiat ne ha licenziato su due piedi un altro. Su quei licenziamenti sono attese a breve altre sentenze della magistratura per lavoratori e delegati dello Slai Cobas.

Questo ignobile licenziamento è illegittimo innanzitutto per il suo carattere antisindacale e di rappresaglia (licenziamenti di questo tipo furono fatti all'Alfa Romeo 20/25 anni fa, e poi cessarono perché contrastati anche dalla magistratura); e poi è del tutto immotivato anche per il fatto che dal 1° marzo 2008 ad oggi l'organico ad Arese è già diminuito di oltre 50 i lavoratori, trasferiti dalla Fiat a Balocco, a Torino, ecc..

Durante lo sciopero i lavoratori hanno presidiato la portineria centrale
dell'Alfa Romeo e hanno fatto un'assemblea sulla strada antistante la fabbrica.

All'assemblea lo Slai Cobas ha denunciato la politica della Fiat e delle istituzioni:

la Fiat in questi anni, con il concorso dei soldi pubblici, ha licenziato
20.000 operai dell'Alfa Romeo e oggi, con altri soldi pubblici, è sempre padrona dell'area dopo aver fatto finta di andarsene da Arese, e continua a speculare sull'area -in vista di Expo 2015- col concorso di comuni, provincia e regione;

la Fiat vuole sbarazzarsi degli ultimi 600 lavoratori, unitamente ai 300 del call center e ai 200 delle aziende collegate, e contemporaneamente ha l'OK delle istituzioni per speculare sui 2milioni e 350mila mq dell'area dell'Alfa con mega alberghi, village, fermata della MM1, villette e ipermercati, area gestita da Luigi Arnaudo, dirigente Fiat/IFIL fino a ieri;

la Fiat licenzia ad Arese così come licenzia e fa attività antisindacali negli altri stabilimenti Fiat per costringere il governo a dargli qualche miliardo di euro a fondo perduto.

I lavoratori in sciopero hanno deciso:

di chiedere alla Fiat di ritirare immediatamente il licenziamento della compagna Carmela e il reintegro di tutti i lavoratori licenziati il 1° marzo 2008;

di rivendicare per Arese produzioni Alfa Romeo che garantiscano il futuro a tutti i lavoratori;

di chiedere alle istituzioni di smetterla di speculare sull'area di Arese e di chiudere i rubinetti alla Fiat, specie nel caso continui a fregarsene dell'occupazione e dei lavoratori.

Nei prossimi giorni, anche in presenza della solita Cig mensile, continueranno le iniziative di lotta.

Arese, 29-1-2009

Slai Cobas

L' anno scorso la Fiat di Pomigliano ha licenziato 8 operai quasi tutti sindacalisti Cobas. Alcuni dopo una lunga vertenza legale, sono stati riassunti ma il più "facinoroso", Mimmo Mignano, non è stato più riassunto.
Le altre sigle sindacali Cgil, fiom, non hanno mosso un dito per aiutarli anzi, pare che abbiano spinto perché la fabbrica continuasse ad andare avanti, come se nulla accadesse.
Oggi,la Fiat di Pomigliano, mette in cassa integrazione tutti gli operai.
Dopo questi "Magnifici" esempi del servilismo, di questi sindacati confederali, c'è chi ancora crede che bisogna aiutarli a sopravvivere agli attacchi del governo.
Personalmente credo, che quando fanno la parte dei rivoluzionari, stanno solo cercando di attirare altre vittime da tenere sotto stretto controllo.
Perchè di fatto non spostano assolutamente un ca...

Nanà

Appello alle delegate di Bologna, per un 8 marzo di lotta e non di maggiori profitti

A Bologna tutte le catene commerciali, compresa Coop, hanno deciso l'apertura domenicale nella giornata dell'otto marzo, per celebrare la Giornata Internazionale della Donna. Non male vero, visto che la stragrande maggioranza delle maestranze è donna.
Mi permetto di lanciare un appello a tutte le delegate sindacali della zona per chiedere suggerimenti, spot efficaci per produrre un volantino da distribuire ai clienti, all'entrata dei supermercati. Superfluo chiedere di non frequentare i negozi la domenica dato che le aperture passano attraverso lo sfruttamento della manodopera femminile. Grazie

Fiorenza Addivinola, rsu "Centrale Adriatica" Soc. Coop. Anzola Emilia


Non c'è limite! Ora l'8 marzo diventa la giornata di più lavoro per le donne!
Perchè non facciamo appello alle delegate, alle lavoratrici a realizzare lo "sciopero delle donne" nella giornata del 8 marzo, come opportuna risposta a questa incredibile provocazione dei padroni che usano anche la nostra giornata di lotta per guadagnare di più?
Fateci sapere, lo sosterremmo anche in altre città con un volantinaggio nei giorni 6 o 7 (speriamo non l'8!)

MFPR

2 LETTERE, VERSO LO SCIOPERO DELLE DONNE

VERSO LO SCIOPERO DELLE DONNE

UNA PROPOSTA A TUTTE.

Mettiamo fine al dibattito acceso in questi giorni.
Le realtà, compagne intervenute hanno detto le loro posizioni (anche se con toni a volte esagerati) e questo era necessario per chiarezza, soprattutto sui metodi del lavorare insieme.
Non nascondiamo che ci sono accenti differenti anche nei contenuti e sulla natura dello "sciopero delle donne", lanciato nell'assemblea del Tavolo 4 del 24 a Roma.
Ma lavorare verso lo sciopero è una necessità, è un bisogno, non "nostro", interno, ma di tante donne, lavoratrici, precarie, disoccupate, immigrate, studentesse, E' TROPPO IMPORTANTE.

PROPONIAMO, QUINDI, A TUTTE LE COMPAGNE, A TUTTE LE REALTA' - LEGATE O NO AL TAVOLO 4 - DI PASSARE AL FARE, A COSTRUIRLO EFFETTIVAMENTE QUESTO SCIOPERO, CON UNA CAMPAGNA ARTICOLATA, PER FAR ARRIVARE LA PROPOSTA DELLO SCIOPERO DELLE DONNE, A TANTE, SIA LI' DOVE SIAMO, SIA DOVE NON STIAMO.
PROPONIAMO SUL FARE, SULLA CAMPAGNA, IN PARTE GIA' IN CORSO (che sta arrivendo sia a lavoratrici, precarie, collettivi autorganizzati che a lavoratrici, delegate dei sindacati di base, della fiom, cgil) DI REALIZZARE IL COORDINAMENTO E L'UNITA' NECESSARIA.

Ognuna, ogni realtà dicesse che sta facendo, che prevede di fare fino a l'8 marzo e oltre l'8 marzo - visto che è chiaro che intorno all'8 marzo non siamo ancora in grado di organizzare lo sciopero, ma iniziative sì, anche emblematiche, simboliche in cui si cominci a porre e costruire concretamente con le donne, le lavoratrici la possibilità di un effettivo sciopero.

Lo "sciopero delle donne" ha come centro le lavoratrici, ma si estende, come messaggio forte di lotta di tutte le donne, fuori dai posti di lavoro, alle disoccupate, alle immigrate, alle casalinghe, nei quartieri, nelle università, pone il legame lavoro, precarietà attuale e futura, reddito, legame tra attacchi alle condizioni di lavoro e condizioni di vita.

Lo "sciopero delle donne" non ha, come aspetto principale l'obiettivo di aprire tavoli di trattativa come in un normale sciopero sindacale, questo già in parte avviene e va incrementato. Ma ha, per ora, la necessità di affermare il punto di vista delle donne che pone il legame classe/genere su tutti gli aspetti e il protagonismo indipendente delle donne per spezzare le doppie catene. Lo sciopero delle donne creerà anche lotte/rivendicazioni specifiche, su condizioni di lavoro, reddito, ecc.? Questo non possiamo ed è inutile programmarlo prima, perchè ora ciò che è importante e può dare forza alle donne stesse, è che si realizzi per la prima volta dopo decenni uno sciopero deciso, gestito, realizzato dalle donne.

Tornando a noi. PERCORSI DIFFERENTI, ARTICOLATI VERSO LO SCIOPERO NON DEVONO ESSERE MESSI IN ALTERNATIVA, O ANDARE "PARALLELI", MA INVECE SIANO COORDINATI, INTRECCIATI. E questo passa prima di tutto dal far conoscere, far circolare le cose che si stanno facendo.

PER CONCLUDERE, CHIEDIAMO A TUTTE, SOPRATTUTTO A QUELLE CHE SONO INTERVENUTE IN QUESTI GIORNI, MA ANCHE ALLE ALTRE DEL TAVOLO 4, DI ESPRIMERSI PASSANDO AL "FARE", SUPERANDO OGNI PARALISI.
Questa dello "sciopero delle donne", è una importante e nuova battaglia che possiamo e dobbiamo vincere tutte.

MFPR Taranto - 20.2.09

Condivido l'importanza di allentare le tensioni del dibattito ultimo, senza ipocrisia riconosciamo le differenti scelte politiche e le pratiche conseguenti. Credo però che sia necessario un forte senso di responsabilità di fronte al duro attacco in corso e a quello che verrà (sono certa che la nostra immaginazione non superi affatto la realtà...anzi). Il percorso sarà difficile e lungo e avremo modo e tempo per le nostre discussioni. La proposta non è certamente quella di appiattirsi su posizioni uniche e sterili ma quella di fondare un confronto sulla concretezza delle azioni e dei percorsi di lotta.
Solo questi ci daranno la possibilità di restare ancorate ai nostri bisogni di lavoratrici, di donne e su quelli di tutte coloro che intercetteremo nel nostro percorso.
Ieri a bologna abbiamo avuto una riunione di donne che si propongono di essere riferimento locale del dbattito avviato al tavolo4 nazionale:
- si pensa di organizzare due giornate per il 7 el'8 marzo con la presenza/testimonianza di lavoratrici in lotta
- lanciare proposte di sostegno a contesti di lavoro in situazione di crisi e con prevalente di presenza femminile, si pensava ad esempio alle lavoratrici degli asili nido con le quali già lavorano le compagne del sindacto di base; situazione che ci permetterebbe di mettere in relazione le rivendicazioni anche delle madri e delle politiche contro la privatizzazione dei servizi;
- cogliamo con entusiasmo l'appello della lavoratrice di coopAdriatica, era già nelle nostre intenzioni fare volantinaggio davanti le coop e conosciamo abbastanza le condizioni contrattuali e di lavoro al loro interno. L'occasione di farlo nel giorno di domenica 8 marzo per denunciare l'ennesima occasione di sfruttamento con la beffa aggiunta, ci sembra importante;
-volantinaggi su vari luoghi di lavoro per lancire le due giornate e LO SCIOPERO DELLE DONNE

Delia