Riportiamo ampi stralci della vivida testimonianza di Anna Fenoglio vedova Gaia, in cui si vede bene la miseria portata dalla guerra nelle case operaie, il lavoro femminile e minorile che sostituisce gli uomini richiamati al fronte, rappresentando, spesso, l’unico salario “ufficiale” della famiglia perché, poi, c’era il lavoro a nero, a domicilio, la rinuncia ad una istruzione, a vivere la stagione della fanciullezza, per capire anche cosa ha rappresentato il fascismo, in particolare per le donne PROPRIO PERCHE’ NON POSSIAMO PERMETTERE CHE IL CONTRIBUTO DELLE DONNE VENGA RIDOTTO A UN RIGO :”Io provengo da una famiglia di operai, sono torinese. Quando è venuta la guerra del ’15-18 è stato richiamato mio papà e i miei fratelli a soldato; ne avevo tre, uno più piccolo, ma due erano al fronte e io ero l’unica che poteva dare un aiuto alla famiglia, avevo undici anni: Allora mia mamma mi ha messo a lavorare in una filatura da Tollegno al Regio Parco.
Avevo fatto la sesta e ho dovuto smettere la scuola per poter andare a lavorare.
In filatura sono entrata bambina con undici anni, ma ho fatto l’apprendista e poi mi hanno messo nei telai…..Era un lavoro pesante, per il movimento che dovevamo far fare ai telai e perché poi c’era la polvere…Andavo da sola……Per forza bisognava andare da soli a lavorare, perché…la mamma non poteva accompagnarmi
Per mangiare, dato che c’era la tessera perché c’era la guerra, allora si andava con quel pezzo di pane che ci restava dalla tessera a testa, perché mancava il burro, mancava l’olio, mancava tutto…
Lì ho cominciato a capire che cosa era lo sfruttamento….In quell’epoca lì si prendeva poco stipendio….
Io ho lavorato alla manifattura di Tollegno fino a dopo l’occupazione delle fabbriche; a quindici anni mi hanno messo nella Commissione interna…E’ capitato che mio padre e i miei fratelli che erano più vecchi di me erano iscritti al partito socialista….
Poi mi è morto un fratello sul fronte e allora mio padre lo hanno mandato a casa con l’esonero; portava la fascia…Poi nel ’17 viene la rivolta contro la guerra.
Allora c’era il sindacato del partito socialista e eravamo tutti organizzati e dichiarano uno sciopero generale….Davanti alla fabbrica c’era una cooperativa e alla mattina alle sei arrivava il camion con il pane nelle ceste. Una mattina non ci hanno più potuto fermare, tutti sono saliti su quel camion a prendere il pane…
E poi tutti in corteo si doveva andare alla Camera del lavoro. Perché lì a Regio Parco c’era la fabbrica delle tabacchine, poi c’era un’altra filatura che si chiamava Gianotti e poi c’era la filatura Tollegno..c’era diverse fabbriche. Ci siamo uniti tutti insieme per andare alla Camera del lavoro in corteo. Quando siamo stati in corso Palermo, alla barriera di Milano, dove c’è la chiesa della Pace, noi si gridava tutti in coro:-Abbasso la guerra, non vogliamo più la guerra, dateci pane, abbiamo fame! -..tutte quelle cose lì.
Allora il parroco dal campanile si mette a gridare: - Viva la guerra!
Allora non si è più visto niente; sono andati sotto nelle cantine del parroco e lì hanno trovato tutto il ben di Dio…si è preso tutta quella roba e si è portato tutto in mezzo alla strada. Le donne..sono venute lì con dei sacchetti; una ha preso la farina, l’altra ha preso il pane….
Però mentre si faceva quel lavoro lì è arrivata la cavalleria e le guardie regie e si sono messe a sparare e ci sono stati dei morti.
E allora si sono fatte le barricate per le strade…..Solo che dopo abbiamo dovuto arrenderci perché se no ci ammazzavano tutti…..Il giorno dopo le barricate non sono più state fatte..Poi abbiamo ripreso a lavorare.
Quando è finita la guerra del ’18 siamo andati avanti a lavorare, ma certo c’era miseria; arrivavano a casa i soldati, chi ferito, chi..Mi è arrivato solo un fratello….Mio padre gli ha girato un pò il cervello tra quella disgrazia e tra tutte le punture che gli avevano fatto da soldato…
Dopo è venuta un’ altra..si doveva organizzare l’occupazione delle fabbriche. Io ero sempre nella filatura a Tollegno, perché ero ancora da sposare. Ero del comitato di coordinamento delle commissioni interne alla Camera del lavoro; ci siamo organizzati bene e abbiamo tenuto le fabbriche occupate per più di quindici giorni. Avevamo le guardie rosse sul muretto..sul tetto … lì a Regio Parco..non c’erano case, c’era tutti prati, campi dove seminavano il grano. Io con diverse donne dovevo passare tutto in mezzo a quei campi lì. Si andava alla Grandi motori, alla Fiat, a prendere le armi e le munizioni per portarle alle guardie rosse nella nostra fabbrica…perché se non si rifornivano di roba potevano anche darci l’assalto. Perché dal ’20 cominciava già ad esserci qualche squadraccia fascista; non erano tanto in vista, però cominciavano già ad esserci….Ci eravamo fatte delle borse lunghe..e ce le legavamo sotto alle vesti..e si metteva le munizioni dentro.. si passava dove c’era le guardie regie..
Però dopo quindici giorni il sindacato socialista ha tradito un po’ e allora abbiamo dovuto lasciare le fabbriche. Prima ci hanno scaldati…E così abbiamo dovuto lasciare le fabbriche e sono entrati i padroni.
Dopo due giorni il padrone licenzia tutta la commissione interna e io sono stata licenziata.
Combinazione mi sono sposata nel ’20, una settimana dopo l’occupazione delle fabbriche. Mi sono sposata e sono rimasta senza lavoro. Mio marito, che era anche lui della Commissione interna delle Ferriere Fiat della barriera di Milano…è stato licenziato anche lui. Così abbiamo subito nove anni di disoccupazione tra me e mio marito…Ci siamo sposati lo stesso…tanto bambini non ce n’era.
..andavo a prendere delle calze per rimagliarle, rifinirle..Facevo lavoro a domicilio, però ci davano poco e non si poteva andare avanti.
Nel ’22 viene su il fascismo e io e mio marito abbiamo dovuto subire le conseguenze…Noi dalla scissione di Livorno nel 1921 dal partito socialista siamo passati al partito comunista. E quelli della squadraccia fascista della barriera di Milano lo sapevano….Fin che mio marito un giorno lo hanno aspettato e gli hanno dato una manganellata in testa e gliel’hanno spaccata la testa…..E prendono mio padre che veniva una sera a casa da lavorare e gli hanno dato due litri di olio e lo hanno buttato dentro una buca di calce…Mio padre gli è venuto male al cuore…
Io ero alla Casa del popolo alla barriera di Milano..ero del direttivo giovani e mio marito anche, e c’era anche Montagnana; veniva Negarville, veniva Longo Giuseppe, erano tutti dirigenti giovanili. E allora, ricordo, che una sera eravamo in riunione, arriva una squadraccia di fascisti e hanno dato fuoco.
Noi eravamo dentro e non si poteva più uscire, perché se si usciva c’erano lorro fuori che ci ammazzavano..poi non si poteva uscire perché sotto bruciava già. E allora siamo saliti all’ultimo piano nelle soffitte e siamo passati sul tetto dell’altra casa e siamo scappati.
Mi ricordo le “stragi di dicembre”…..Gennaro Gramsci..Arturo Gozzi..li hanno bastonati fuori, mentre andavano via…..Il corpo di Pietro Ferrero è stato rinvenuto tutto pieno di contusioni e con il cranio sfracellato..Alla mattina abbiamo saputo tutto questo; allora abbiamo perfino fatto una fermata, solo di cinque minuti, perché non si poteva fare di più e cci andava di mezzo altri compagni…Il coro lo hanno messo in Corso Vittorio Emanuele a poche centinaia di etri dalla Camera del lavoro. Lo avevano preso, legato ad un camion e fatto girare in mezzo alla notte…Quasi tutte le vittime della strage di dicembre sono state sequestrate nelle loro case…
E poi è venuto che io nel ’32 ho fatto domanda e sono entrata alla Fiat…Sono entrata a lavorare in fonderia e poi ogni tanto mi mandavano a chiamare in ufficio e mi dicevano: Ma questa tessera quando la fa?...Ero alla Lingotto..Poi quando hanno fatto la Fiat Mirafiori nuova l’hanno portata a Mirafiori..Quando l’hanno inaugurata tutti i capisquadra, i capireparto erano in divisa nera, divisa da fascisti, anche tra le donne c’era una gran parte che aveva la divisa da donna fascista. Invece noi eravamo un bel gruppo di donne che non avevamo nessuna divisa perché eravamo già tutti uniti, tutti d’accordo. Mussolini è arrivato a inaugurare la Fiat Mirafiori e gli hanno fatto un incudine..col martello..Arriva Mussolini…gli hanno fatto il saluto e noi niente…I suoi si mettono a cantare Giovinezza e noi…”Vento portami via con te”….Mussolini inizia il suo discorso e dice:…..Ricordate operai il discorso fatto nel 1935..?- e il nostro gruppo tutti insieme:-NOOOOO!
Allora lui arrabbiato non è più andato avanti…
Dal ’42 al ’43 eravamo già in collegamento col partito, perché si cominciava ad organizzarsi nelle fabbriche; prima non si poteva….nelle fabbriche non si poteva perché era troppa la reazione fascista. Avevamo i capiofficina e i capireparti che erano fascisti. Non si poteva muovere e fare propaganda. Però dal ’42…si iscriveva già i compagni al partito ..però si iscrivevano non con nome e cognome, ma con numeri. E allora lì abbiamo cominciato un’altra bella battaglia perché si doveva nascondere sempre tutto..E allora..abbiamo formato una cellula. Si cominciava ad organizzarci sfruttando il malumore che c’era per i cottimi individuali, per i tempi che erano bassi, per tutto. E allora lì noi avevamo formato un comitato di agitazione.
E ci trovavamo, quando avevamo qualche cosa da discutere dentro alla fabbrica, sotto nel rifugio; c’era sempre un compagno o una compagna che guardava che non venisse nessuno.
Già, in tutte le officine c’era il suo comitato di agitazione e avevamo il collegamento…
Nel ’42, siccome avevamo lo stipendio piccolo…abbiamo organizzato, noi donne specialmente, una manifestazione di tutte le officine.
Tutte donne e siamo andate davanti alla palazzina a reclamare che ci aumentassero lo stipendio e l’anticipo alla settimana, così non si poteva più andare avanti, e abbiamo gridato. I compagni, un pochi, sono venuti anche loro, dopo di noi.
I capiofficina dicevano: - ma siete matti? Andate là e c’è i fascisti..vi prendono la fotografia e poi dopo vi mandano via, restate senza lavoro – e tutte quelle paure.
E noi invece niente, noi siamo andate e abbiamo reclamato.
E là c’era Genero e Valletta e allora sono venuti e hanno detto: - Ma sì, state brave, vediamo di aggiustarvi, vediamo – e ad ogni modo ci hanno aumentato qualche cosa.
Però hanno già prenotati quelli che hanno parlato e io ero sempre in prima fila…
E poi si preparava lo sciopero del ’43: contro la guerra, per i prezzi, per i cottimi individuali, contro le dodici ore, perché mancava tutto, perché eravamo stufi e ne avevamo a basta.
Prima dello sciopero il capofficina mi manda a chiamare in ufficio e mi dice:-Ma come si spiega Fenoglio, che la sua produzione non va più avanti?
Io gli ho detto:- Ma cosa vuole, per chi lavoriamo? Lei deve capire non abbiamo più l’interesse a lavorare tanto ci viene i tedeschi e ci portano via tutto.