30/04/22

Il rapporto di ActionAid non può che confermare la condizione di super sfruttamento, quasi schiavitù, delle donne nella campagne del sud, soprattutto delle immigrate

METTERE FINE A QUESTA BARBARIE SENZA FINE!
ORGENIZZIAMOCI PER RIBELLARCI!

Il rapporto è realizzato intervistando e incontrando 119 donne rumene e bulgare al lavoro in Puglia, Basilicata e Calabria.
Catalina, una delle tante rumene al lavoro nelle campagne della Basilicata racconta: «Guadagno trentotto euro al giorno. Chi riesce lavora senza interruzioni, dal lunedì alla domenica. Gli uomini ricevono due euro in più all’ora perché hanno compiti più pesanti. Stamattina mi sono alzata presto, cominciamo alle sei: prepariamo il terreno per piantare le fragole, lo concimiamo. Devo stare sempre piegata e adesso che sono incinta è faticoso. Mi sento sfiancata, però sono obbligata ad andarci, ho bisogno di soldi». Ma non soltanto le braccianti.
... le molestie sessuali, i ricatti, le paghe da fame, le liste nere dei caporali sono un fenomeno radicato anche nell’Arco Ionico, l’area che comprende le provincie di Matera, Taranto e Cosenza. Qui sono le donne a essere richieste per garantire maggiore cura per le stagioni di raccolta e lavorazione della frutta più delicata.
«Sono le donne – sostiene Action Aid - soprattutto le straniere originarie della Romania e Bulgaria, a vedere violati i propri diritti più elementari. Le operaie agricole regolari sono 22.702, 16.801 italiane e 5.901 straniere, di cui il 76 per cento è costituito da comunitarie, soprattutto rumene e bulgare. Un altro elemento che peggiora la vita di queste lavoratrici è la disparità salariale con gli uomini. Nelle campagne le donne arrivano a guadagnare anche solo 25/28 euro al giorno mentre gli uomini ne ricevono 40. Non solo, ma i datori di lavoro scorretti dichiarano in busta paga un numero inferiore di giornate rispetto a quelle lavorate e ciò impedisce alle donne di accedere alle indennità di infortunio, malattia, disoccupazione agricola e anche a quella di maternità».
L’altro aspetto, non secondario, è legato alle molestie. «Nel barese, da anni va avanti un metodo collaudato. La mattina, quando nelle piazze arrivano i furgoni per portare le operaie agricole nei campi, la “prescelta” viene fatta salire davanti, nello spazio accanto al guidatore. Sul cruscotto vengono messi un cornetto e un caffè caldo, comprati al bar. Mangiare la colazione significa accettare l’avances sessuale e, quindi, ottenere l’ingaggio. Rifiutando, invece, il giorno dopo si viene lasciate a casa», spiega Annarita Del Vecchio, psicologa e collaboratrice di ActionAid in Puglia. «Le donne in agricoltura subiscono violenza e molestie sui luoghi di lavoro, sui mezzi di trasporto che le conducono sui campi, nelle serre, nei magazzini o nelle fabbriche di confezionamento, negli alloggi messi a disposizione dai datori di lavoro».
«I caporali si telefonano l’uno con l’altro per segnalare le piantagrane. C’è uno scambio di manodopera e quindi di informazioni. Il sistema è sofisticato: ad esempio, quando finisce la stagione dei mandaranci e inizia la semina delle fragole, i caporali organizzano i trasporti fino alla Basilicata. Vengono preferite le donne perché sono più prostrate e obbligate a sopportare con rassegnazione», spiega Maurizio Alfano, ricercatore ed esperto Immigrazione anche per la Regione Calabria. 
Un altro problema riguarda la maternità e la gestione dei figli, soprattutto se sono piccoli. «Le operaie agricole non possono più essere escluse o lasciate ai margini degli interventi delle istituzioni, ad oggi attuati senza una chiara prospettiva di genere. Continuare a farlo significa non mettere fine deliberatamente alle violazioni dei diritti e alle violenze che subiscono», spiega Grazia Moschetti, responsabile dei progetti ActionAid nell’Arco Ionico. Ad Adelfia, in provincia di Bari, come esito del Patto di collaborazione.

Bologna - Oggi presentazione mostra e dossier sulle prigioniere politiche in India presso Armonie

Ringraziamo le compagne di Armonie

La mostra si tiene in contemporanea alla presentazione dellibro di Rossella Simoni

​EVENTI DI APRILE

Mostra fotografica LIBERTA’ PER LE PRIGIONIERE POLITICHE IN INDIA
Campagna internazionale di solidarietà e per la liberazione delle prigioniere politiche in India
Inaugurazione il 30 aprile alle ore 16
Mostra visibile dal 2 al 5 maggio (dalle 16 alle 19) presso T.A.M. lo spazio espositivo di Armonie

Biblioteca Sandra Schiassi 

​Sabato 30 aprile 2022 ore 17,00
Donne oltre le armi di Rosella Simoni
Introduce Sandra Capri. Presente l’autrice


La mostra e il Dossier sono interni alla campagna internazionale di solidarietà e per la liberazione delle prigioniere politiche in India
Inaugurazione il  30 aprile alle ore 16
Mostra visibile dal 2 al 5 maggio (dalle 16 alle 19) presso TAM, lo spazio espositivo di Armonie

In India molte donne che si impegnano politicamente  sono incarcerate e atrocemente torturate
La mostra illustra le loro condizioni ed è organizzata in solidarietà per la  loro liberazione
Il 30.4 sarà presente una compagna - del MFPR e del Comitato di sostegno alla guerra popolare in India - per illustrare  la campagna di sostegno avviata in Italia e presentare un dossier sul protagonismo rivoluzionario delle donne indiane che combattono contro il regime di Modi.
Facciamo  appello giornaliste, alle intellettuali, democratiche,  per dare evidenza alla condizione delle donne e diffondere  questa campagna e  superare la censura dei mezzi di informazione.

29/04/22

1° Maggio femminista proletario rivoluzionario!

Questo sistema di doppio sfruttamento, doppia oppressione, violenza sessuale, guerra imperialista deve essere distrutto!

La forza delle donne e’ poderosa nella resistenza e nelle rivoluzioni!

25/04/22

Dal lavoro di documentazione, ricerca sulle donne nella Resistenza antifascista Una mattina mi son svegliata e ho trovato l’invasor..

Donne nella Resistenza: Emilia Romagna


i bollettini della GNR continuavano a sottolineare ˂l’opera disfattista-pacifista della donna˃(..).

Già al principio del ’44, il carattere di questo risveglio è inequivocabile, per es. nello sciopero di notevole consistenza che porta le operaie della Mangelli (Forlì) a protestare per le nuove elezioni indette dai fascisti,………..; episodi analoghi hanno luogo a Bologna, tuttavia ancora slegati fra loro, nonostante la buona volontà degli organizzatori. Ma già nel marzo la situazione muta, si arricchisce di motivi, e gonfia il fiume della protesta. Fin dai prime del mese, soprattutto nel bolognese, ma un po’ ovunque, specie nel reggiano (..) le proteste delle donne, mondine soprattutto (che manifestano davanti ai municipi, che vi irrompono dentro e si fanno ascoltare dalle autorità locali) diventano l’occasione per precisare la loro crescente consapevolezza della fine imminente del fascismo; esse interessano certo il problema fondamentale dei razionamenti (richieste di aumenti della razione di pane, di latte, di riso) e quello delle condizioni di lavoro (che sarà il punto accentuato nel periodo successivo); ma già, insieme, l’ostilità alla precettazione in Germania carica di memorie risorgimentali la sensibilità antinazista.

Un primo risultato viene ottenuto a metà mese: le autorità fasciste sono costrette a precisare che le mondariso saranno esentate dalla precettazione (di riso c’era bisogno urgente). Il metodo fascista, tipico, di frazionare la protesta popolare ponendo le varie categorie in lotta fra loro, è quello che ispira questa risposta alle prime manifestazioni di massa. Da parte antifascista,……. la consapevolezza della situazione era chiara, e ispirava per questo una risposta chiara: di fronte alla decisione degli organi fascisti di esentare dalla precettazione le lavoratrici madri, gli organi della resistenza, nelle fabbriche bolognesi, che avevano avanzato in primo luogo quella richiesta, rispondono che nessuna donna deve essere ˂precettata˃ per lavorare in Germania. La richiesta di fondo emerge ormai con chiarezza; nessun lavoratore, né uomo né donna, deve essere deportato in Germania. […] .

I giorni che precedono e seguono l’8 marzo 1944, il primo otto marzo di ripresa democratica in Italia, fino alla fine del mese successivo, vedono un susseguirsi di manifestazioni che investono la Romagna e l’Emilia meridionale, soprattutto nelle campagne. Alla fine d’aprile un corteo di 60 donne provenienti da Bubano e da Mordano verso Imola, e che chiedono ad alta voce ˂Fuori i tedeschi!˃ dà origine a una manifestazione che il giorno dopo, il 29, porta qualche centinaio di donne davanti al municipio, per protestare contro il proseguimento della guerra e le razioni di fame. La GNR (la polizia fascista) chiamata dalle autorità del luogo, spara sulle dimostranti e ne uccide due: una, Rosa Zanotti, madre di 7 figli (di cui uno era operaio alla Cogne, e tre in guerra) muore sul colpo; l’altra Maria Venturini, morirà il giorno dopo. In questa zona, dove fin dal gennaio le mondine avevano avanzato le loro rivendicazioni, la risposta dei fascisti era stata chiara.


Dalla piazza, la protesta raggiungeva la fabbrica, la Cogne, all’interno della quale gli operai avanzavano una serie di obiettivi di lotta, durante uno sciopero di protesta, per l’eccidio del giorno prima. Non a caso i bollettini della GNR continuavano a sottolineare ˂l’opera disfattista-pacifista della donna˃(..). Sono infatti le manifestazioni per la pace che nel 1944 saldano insieme vecchio e nuovo antifascismo e dissolvono i miti dell’ideologia fascista, fondata sull’esaltazione della guerra e della violenza. Sono proprio le donne di Medicina, che bruciano in piazza le cartoline-precetto dei richiamati per la Germania, il 29 marzo ’44, a preoccupare i fascisti. Anche la manifestazione di Parma per la salvezza dei 35 partigiani della Griffith indicati dai fascisti come ˂disertori˃, è una manifestazione di protesta contro la guerra. (…) Amedea Gandolfi e Gianna Pecorari trovarono anche il modo di far arrivare i soccorsi ai prigionieri, che durante il processo le donne seguirono il dibattito, organizzando insieme la protesta popolare, ecc., per capire il clima di un’azione che provocò, sotto l’occupazione tedesca, (fatto quasi incredibile), l’assoluzione dei partigiani.

Nel maggio le richieste fasciste nei confronti delle mondine, si fecero pressanti. La Gazzetta dell’Emilia notava che occorrevano almeno 10.000 donne per la monda e, in più, un migliaio di uomini (il ˂sussidio˃ promesso era di L.15 al giorno per le donne e di L. 20 per gli uomini): furono soltanto 300 le mondine che partirono in giugno per il vercellese, secondo lo stesso giornale. Scongiurato il pericolo della deportazione in Germania, le mondariso si ponevano l’obiettivo di contrastare anche il lavoro in regioni lontane, in condizioni disagiate, un lavoro che, oltretutto, contribuiva a tenere in piedi il nazifascismo. […]

In provincia di Ferrara, le braccianti riescono a ottenere un aumento di 800 lire per la torcitura della canapa, e intanto (˂confrontandoci con gli agrari˃, nota Silvana Lodi) organizzano il movimento femminile antifascista, proprio sulla base della rivendicazione salariale. […]



Fonti fasciste e naziste confermano la consistenza di questi moti per i generi alimentari, che dal gennaio (protesta delle donne di Argelato e degli operai di Bologna per l’aumento delle razioni) arrivano a coprire tutta la primavera (3 donne ferite dalla GNR durante una manifestazione sempre ad Argelato, in aprile; sciopero al Canapificio tra aprile e maggio; protesta di 300 donne a Castellargile, in aprile che si prolunga fino alla manifestazione delle operaie e delle mondine a Baricella e a Buzzano, davanti al municipio) e sfocia nello sciopero delle mondine, uno di quei momenti alti della resistenza popolare che giustificano il giudizio di L. Arbizzani sulle mondariso come elemento trainante, decisivo, dei movimenti di massa di quel periodo”.

L’ eccezionale diffusione della stampa sia il giornale La mondariso sia manifestini oltre che assolvere al compito di strumento organizzativo, porta anche alla legalizzazione della stampa stessa, in quanto esprimeva esattamente le rivendicazioni delle mondariso che portano il “loro” giornale direttamente al tavolo delle trattative. In questa fase le mondariso rifiutano di farsi rappresentare dai sindacati fascisti.

Vanno, qui, ricordati alcuni eventi di grande rilevanza. Intanto, nel periodo degli scioperi delle mondariso in montagna, presso la Futa, i lavoratori ingaggiati dalla Todt entrano in sciopero e si crea un fronte comune antinazista con i partigiani e la popolazione; gli scioperi delle mondariso si collegano con le agitazioni dei lavoratori della città e della campagna, in particolare con la lotta dei contadini contro la consegna del grano ai tedeschi, come parte della lotta contro la guerra voluta dai fascisti.


24/04/22

Tre combattenti delle Ypj uccise dai droni turchi. Ancora attachi in Rojava e a Shengal


Da osservatorio repressione

L’autocrate turco Erdogan sta intensificando gli attacchi contro le esperienze di autogoverno e confederalismo democratico in nord-Iraq e Siria del nord-est. Da lunedì 18 aprile è iniziata una nuova operazione militare, supportata anche dai Peshmerga curdo-iracheni del cacicco locale, Barzani (KRG, conservatore) e da pezzi dell’esercito governativo iracheno (clicca qui per la prima corrispondenza di Radio Onda d’Urto).

Bersaglio di raid aerei e tentativi – finora fallimentari – di incursione via terra sono in particolare le postazioni del Pkk sui monti dell’ settentrionale e il distretto di , il territorio dell’autonomia democratica ezida, ma anche la regione di Hasake in  con colpi di cannone che hanno raggiunto anche il centro di Kobane. Qui le Women’s Defense Units (YPJ) hanno annunciato la morte di tre compagne – Dilar, Ronahî and Kobanê – uccise da un drone turco

Sale nel frattempo pure il bilancio di militari turchi uccisi: secondo il Pkk sono almeno cento, di cui sei alti ufficiali. Secondo Ankara, invece, sarebbero due in tutto.

Da Shengal, dove alla resistenza delle Ybs (le forze di autodifesa ezide) si unisce la mobilitazione della società civile, sentiamo la corrispondenza di Nayera, compagna che si è recata nel nord-Iraq per condurre una ricerca sulla comunità ezida e sul suo autogoverno. Ascolta o scarica

da Radio Onda d’Urto

23/04/22

PADOVA - NEGATO IL CORTEO DI OGGI IN DIFESA DEL DIRITTO ALL’ABORTO!


Non Una di Meno - Padova
14 h · 
NEGATO IL CORTEO DI DOMANI IN DIFESA DEL DIRITTO ALL’ABORTO!


La Questura di Padova ha negato la possibilità di fare un corteo, prescrivendoci di restare staticamente in piazza Garibaldi, nello stesso momento in cui il Comitato No194 ha agibilità davanti al Santo.

Sono però due manifestazioni che non possono stare sullo stesso piano, perché quella del Comitato NO194 è pensata per cancellare diritti conquistati in decenni di lotte femministe, è fatta per infilarsi nelle corsie ospedaliere o nei consultori per terrorizzare, accusare di assassinio, condannare le donne* che abortiscono.
La nostra è invece espressione di chi si attiva tutti i giorni per ampliare i diritti e in difesa delle persone stigmatizzate, discriminate e rimpallate da un ospedale all'altro per colpa delle altissime percentuali di medici obiettori.

É quindi responsabilità di tutt3 scendere per le strade, parlare con la cittadinanza e attraversare le vie del centro, per dire che non si tratta di opposti estremismi in una retorica di "democratica espressione della libertà di manifestazione", perché non c'è e non ci sarà mai nulla di democratico nei messaggi che il comitato NO194 porta in piazza.
Per dire che vogliamo gli obiettori fuori dagli ospedali, vogliamo un’educazione sessuale transfemminista nelle scuole, vogliamo anticoncezionali gratuiti e accessibili, vogliamo che la Chiesa e i suoi dogmi non abbiano voce in capitolo sulle nostre scelte.
Gli antiabortisti devono stare fuori dalle nostre città e attraverseremo le strade per gridare che vogliamo “molto più della legge 194” e riaffermare il nostro diritto ad autodeterminare i nostri corpi e le nostre scelte!

194 volte libere di scegliere!

Ci vediamo sabato 23 aprile alle ore 14 in piazza Garibaldi

Porta il tuo cartello e una gruccia, da strumento usato per l'aborto clandestino diventa rivendicazione della nostra autodeterminazione!

25 aprile – Sciopero in India contro la morte in carcere della compagna Naranda, leader della Organizzazione Rivoluzionaria delle Donne


Richiedi, leggi, diffondi il Dossier sulla condizione delle prigioniere politiche in India: mfpr.naz@gmail.com

Nei prossimi giorni presentazione della mostra e dossier - a Bologna (30 aprile) a Milano (3 maggio)





Sciopero organizzato dal PCI(Maoista) nella regione del Dandakaranya

Following the death of senior CPI (Maoist) leader Nirmala alias Narmada Didi in a Maharashtra prison, the party has called for a bandh in Dandakaranya region (south Chhattisgarh state) to close and shut down all activities on April 25.

As per the information received, the 62-year-old Nirmala, who served as an active member of the Maoist party’s Dandakaranya Special Zonal Committee for 42 years, died while battling for her life on April 9 in a prison in Maharashtra state. Her demise has created a void in the leadership of the Maoist party.

The CPI (Maoist) holds the government responsible for the death of Maoist leader Nirmala.

The Maoist party has alleged that she died because she had not been provided proper treatment and medicines in jail.

CPI (Maoist) spokesperson Comrade Mangali said in a press note that Nirmala had fallen ill in 2018 and was arrested by police while she was getting treatment in a hospital in Hyderabad in 2019.

The Maoist spokesperson alleged that she had been implicated in more than 100 false cases and that the government had put a bounty of Rs 25 lakh on her head.

NO alla repressione delle giuste lotte delle lavoratrici - Massima solidarietà alle operaie della Italpizza

GIU' LE MANI DAL DIRITTO DI SCIOPERO!
Stato e padroni vogliono una condanna pesante di 500 mila euro per i picchetti
Continua l’attacco repressivo alle lotte dei lavoratori e dei sindacati di base che li organizzano. La magistratura è il braccio armato del padrone che a Modena vuole condanne pesanti per 67 operai e sindacalisti del Si Cobas (più altri 53 per gli scioperi e i picchetti svolti dal dicembre 2018 al luglio 2019).
Vogliono solo sindacati concilianti col padrone, come sono i confederali, con lotte senza picchetti e collaborativi. La lotta fuori e contro padroni e confederali fa paura. Il governo di turno gli aveva già mandato polizia e scaricato sui lavoratori e sindacalisti manganelli, lacrimogeni e denunce. E’ la guerra di padroni/governo/sindacati complici contro gli operai. Questa rappresaglia non deve passare! Massima solidarietà al Si Cobas e ai lavoratori/lavoratrici.
I lavoratori/lavoratrici sono accusati di manifestazione non autorizzata, resistenza, lesioni, invasioni di edificio, minacce, violenza privata. L’udienza è stata fissata per il prossimo 3 ottobre

il comunicato del Si Cobas Modena
SI APRE IL MAXI-PROCESSO ITALPIZZA: A MODENA FARE SINDACATO È REATO
Si è aperto stamattina (ieri, ndr) il maxi-processo Italpizza, colosso modenese di pizze surgelate, in costante crescita di fatturato da anni, grazie al regime di sfruttamento imposto ai lavoratori e alle buone amicizie politiche.
Ma alla sbarra non sono convocati i dirigenti d’azienda che applicano contratti illeciti, che giocano con matrioske di appalti, che percepiscono indebitamente milioni di euro di cassa integrazione pur non essendo affatto in crisi. No, per la procura di Modena gli accusati sono i lavoratori e le lavoratrici che hanno osato rivendicare i diritti minimi previsti dai contratti e dalle leggi. Gli imputati in questa prima tranche sono infatti 67 lavoratori e sindacalisti (altri 53 nella seconda tranche) per gli scioperi e i picchetti svolti dal dicembre 2018 al luglio 2019, tutti accusati dei reati del famigerato “codice Rocco”, cioè il codice di polizia creato dal fascismo per sopprimere opposizione e sindacati.
Nel mondo al rovescio della procura modenese è Italpizza ad essere parte lesa, ed è quindi autorizzata a chiedere almeno 500.000 euro di danni direttamente al sindacato S.I. Cobas, mentre per gli operai restano salari da fame, ricatti sui permessi di soggiorno e anni di udienze.
Rivendichiamo integralmente tutte le azioni sindacali per il diritto ad un lavoro dignitoso, per il diritto alla libertà sindacale, di opinione e di espressione, per la piena applicazione della Costituzione repubblicana. Processi e denunce non ci fermeranno.
Modena, 21 aprile 2022

20/04/22

Uscita la 2° edizione del dossier sulle prigioniere politiche indiane

La 2° edizione, arrivata a 44 pagine, quasi il doppio della prima, è più completa e più ricca di materiale fotografico. Inoltre è aggiornata e corredata di fonti.
Viene spiegato anche il senso della mostra.

Richiedetelo a mfpr.naz@gmail.com. Il prezzo/contributo politico è di 5 euro

17/04/22

Le operaie della Beretta Slai cobas sc: sciopero, denuncia, viene alla luce il sistema degli appalti nelle fabbriche

Le operaie della Beretta durante lo sciopero delle donne dell'8 marzo

BASTA CON L’INTERMEDIAZIONE DI MANODOPERA IN FABBRICA. BASTA APPALTI. SERVE UNA CAMPAGNA NAZIONALE UNITARIA

Le testimonianze di trenta lavoratrici alzano il velo sul sistema degli appalti e sulle condizioni della fabbrica.

Nel decreto firmato dal gip Tommaso Perna, su richiesta del pm Paolo Storari, si legge che dalle indagini è emerso un “sistema fraudolento finalizzato alla somministrazione di manodopera a basso costo” per la Fratelli Beretta “in regime di concorrenza sleale e in evasione d’imposta”.
Le indagini faranno il loro corso.
Ma la concorrenza sleale a basso conto è pagata direttamente dalle operaie, con un salario indecente che non arrivava ai mille euro per un lavoro imposto a ritmi molto veloci, in condizioni dure e quindi fortemente usurante per tutte.
È il frutto della precarietà del sistema degli appalti, con i continui e immotivati cambi di società, usato e vissuto come concorrenza tra operaie e paura per il posto di lavoro, che per le donne è sussistenza ma anche emancipazione.
Tutti i media sono stati costretti ad occuparsene, nei giornali web tv vediamo dietro un marchio familiare che si comincia a parlare delle condizioni di lavoro e della paga delle operaie.
Non può che essere positivo scavare la fatica e lo sfruttamento che c’è dietro i prodotti che riempiono il carrello della spesa di tutti i giorni.
Per noi è una battaglia centrale e storica quella contro gli appalti in fabbrica. Stiamo continuando il lavoro iniziato dalla nostra presenza in fabbrica con i parziali risultati del contratto aziendale dell’agosto 2021, con l’aumento di 150 euro nette e la garanzia del posto di lavoro per i cambi appalto e le internalizzazioni.
Le preziose testimonianze dei trenta lavoratrici sulle cooperative che ‘si alternavano nel tempo, come serbatoi di lavoratori per la Fratelli Beretta’, sono un dito puntato contro l’intero sistema degli appalti, cresciuto all’ombra di accordi sindacali compiacenti.
Ma noi vediamo che non solo nell’appalto, ma tutte le operaie della fabbrica, dipenditi dirette o somministrate, hanno bisogno di tutela, per le condizioni di lavoro e i rischi per la salute esistenti. E questo appello a non tacere più, vogliamo che venga raccolto nelle Camere Bianche come tra le nuove precarie dell’agenzia.
Perché le operaie per vincere hanno bisogno di forza e unità, di organizzazione per legare tutte le operaie della fabbrica alla stessa lotta.

SLAI COBAS per il sindacato di classe
alcuni degli articoli sull’inchiesta

Mostra fotografica da Armonie Bologna: LIBERTA’ PER LE PRIGIONIERE POLITICHE IN INDIA

Campagna internazionale di solidarietà e per la liberazione delle prigioniere politiche in India
Inaugurazione il  30 aprile alle ore 16
Mostra visibile dal 2 al 5 maggio (dalle 16 alle 19) presso TAM, lo spazio espositivo di Armonie

In India molte donne che si impegnano politicamente  sono incarcerate e atrocemente torturate
La mostra illustra le loro condizioni ed è organizzata in solidarietà per la  loro liberazione

Il 30.4 sarà presente una compagna - del MFPR e del Comitato di sostegno alla guerra popolare in India - per illustrare  la campagna di sostegno avviata in Italia e presentare un dossier sul protagonismo rivoluzionario delle donne indiane che combattono contro il regime di Modi.

Facciamo  appello giornaliste, alle intellettuali, democratiche,  per dare evidenza alla condizione delle donne e diffondere  questa campagna e  superare la censura dei mezzi di informazione.

India, il leader del partito di Modi minaccia di stuprare le donne musulmane.

Nel dicembre 2021 la sfacciata richiesta da parte di membri di un gruppo Hindutva di acquistare armi per sterminare musulmani indiani è stata accolta da un crudo silenzio da parte della leadership politica al potere dell'India. Con lo stesso silenzio/complicità vengono ora accolte le minacce sessuali rivolte alle donne musulmane, sia online che fisicamente sul campo. Il comportamento palesemente abusivo è guidato impunemente da estremisti di destra e membri socio-culturalmente influenti della comunità di maggioranza, a ideologia Hindutva.

Il 2 aprile 2022, Bajrang Muni Das, leader "Mahant" (capo religioso) e "Hindutva" di Khairabad, Uttar Pradesh, ha apertamente minacciato le donne musulmane di aggressione sessuale mentre si rivolgeva ai suoi sostenitori, in processione fuori da una moschea a Sitapur. E’ qui che Das ha parlato a un microfono collegato all'altoparlante e ha detto: "Se prendi in giro una ragazza [indù] single, rapirò le tue figlie e nuore da casa tua e le violenterò in pubblico". La vile minaccia di stupro è stata filmata in video ed è diventata virale online poco dopo. La polizia era presente, ma non ha fatto niente per evitare che il raduno indutva si fermasse davanti la moschea e che Das proferisse quelle parole oltraggiose verso le donne musulmane.

Non è la prima volta che quest'ultime vengono prese di mira. È stato Citizens for Peace and Justice (CJP) che, nel maggio 2021, si è rivolto a Twitter per contenuti sessualmente violenti contro le donne musulmane, che non solo promuovevano materiale pornografico, ma glorificavano anche la violenza sessuale contro le donne musulmane.

Il fatto che i social media possano essere tossici per tutte le donne, indipendentemente da religione, regione, affiliazione politica e persino nazionalità, è indiscutibile. Ma in India, le donne musulmane in particolare sono oggetto di una campagna orchestrata dalla destra, abusate sia per il loro genere che per la loro religione. Ciò è aggravato dalla tacita complicità del governo che nutre un'ideologia piena di odio e detiene un'influenza e un potere incontrastati.

Nel luglio 2021, quasi 80 donne musulmane sono state bullizzate e messe "in vendita" sull'app S**li Deals e nel gennaio 2022 oltre 100 donne musulmane sono state prese di mira utilizzando l'app B**li Bai. Sia B**li che S**li usano parole sessualmente dispregiative per degradare, umiliare e molestare le donne musulmane condividendo le loro immagini e le loro informazioni personali.

Noor Mahvish, una di queste giovani donne ha detto: "L'app Sulli Deal ospitata su GitHub ha elencato (come per mettere all'asta) i profili delle donne musulmane con le loro foto , come se fossero oggetti. Anche la mia foto e le informazioni su di me sono state rese pubbliche. Insieme a me, c'erano altre 80 donne musulmane che sono state elencate su quell'app. Le donne che sono state prese di mira sono molto esplicite sui social media, rappresentano con orgoglio la loro comunità e stanno combattendo coraggiosamente contro questo regime fascista".

La natura sistemica di questo abuso islamofobo, razzista, di casta e misogino online indica che è prodotto e diffuso da gruppi organizzati, protetti e sostenuti dal BJP, il partito di Modi.

L’incitamento alla violenza sessuale contro le donne musulmane trova la sua storia negli episodi di violenza comunitaria e nei pogrom genocidi che per decenni hanno danneggiato il tessuto sociale indiano. Sia nella carneficina genocida del Gujarat del 2002 che nel pogrom di Muzaffarnagar del 2013, lo stupro e la violenza di genere sono stati usati come armi di violenza contro le donne musulmane per colpire una minoranza religiosa

Proprio prima che scoppiasse la carneficina anti-musulmana in Gujarat, venivano distribuiti centinaia di opuscoli con ogni tipo di messaggio che diffondeva odio contro i musulmani. Uno di questi opuscoli, intitolato Jihad, incitava alla violenza sessuale contro le donne musulmane. Nei mesi successivi da 300 a 500 donne musulmane furono violentate, uccise e umiliate in massa in piena vista del pubblico.

Questa propaganda di incitamento all'odio è ben documentata sin dall'inizio degli anni '90. Essa ha raggiunto due obiettivi: creare una banda di uomini che vedono le donne di una particolare comunità come bersagli di violenza sessuale di massa e in ogni caso di violenza di massa, le donne vengono attaccate per insultare e attaccare l'onore di una comunità.


In “Fascismo, fondamentalismo e patriarcato”, Anuradha Gandhy scriveva:

Stanno usando le donne per perseguire i loro fini politici, sia quando le mobilitano sia quando attaccano sessualmente le donne delle minoranze. È importante ricordare che queste forze Hindutva, siano esse del Sangh Parivar – la RSS, il Bajrang Dal, il BJP – o siano all'interno di altre formazioni politiche come il Congresso, condividono lo stesso atteggiamento reazionario nei confronti delle donne.

Anche nella maggior parte dei casi individuali, lo stupro è un'affermazione che la donna è un oggetto di piacere e un'affermazione del potere dell'uomo su di lei. Ma quando gli stupri hanno luogo nel contesto politico come in Gujarat, come parte di attacchi collettivi l'atto è un'aggressione organizzata, diventa un rituale spettacolare, un rituale di vittoria - la contaminazione del simbolo autonomo dell'onore della comunità nemica. Questo è stato affermato in precedenza, ma deve essere sottolineato. Soprattutto quando vediamo che i volgari volantini di propaganda emessi dal Sangh Parivar erano esplicitamente sessuali. Non c'è niente di sessuale negli stupri di gruppo, o negli stupri di singole donne durante le rivolte e simili attacchi, sia da parte delle forze comunali sia da parte della polizia e di altre forze. Questi stupri sono atti politici, volti ad umiliare il “ nemico” — disonorare la donna è disonorare la comunità, una sfida e un insulto agli uomini della comunità che non hanno potuto fare nulla per “ proteggere l'onore delle donne, cioè della comunità ”. In tutto questo gioco di potere la donna, i suoi diritti di essere umano, non contano affatto. Il Gujarat ha dimostrato ancora una volta che le forze fasciste indù non si fermeranno davanti a nulla per ottenere il loro dominio totale sulle minoranze religiose, in particolare sui musulmani.


15/04/22

Giù le mani dalle femministe turche, contro "We Will Stop Femicide Platform"! Erdogan fascista "femminicida"!


Da il Manifesto
«Femministe criminali»: le donne turche trascinate in tribunale
TURCHIA. La procura di Istanbul chiede la messa al bando della storica piattaforma We Will Stop Femicide per «atti contro la morale». Domani (oggi) manifestazione di protesta. Intanto nel paese gli uomini uccidono una donna al giorno e l'Akp di Erdogan progetta riduzioni di pena

Chiara Cruciati
Solo a marzo in Turchia uomini hanno ucciso 25 donne. Più della metà tra le mura domestiche. Nel 2021 ne hanno ammazzate 339, praticamente una al giorno.
A tenere il conto, da 12 anni, dei femminicidi commessi in Turchia, a denunciare sparizioni forzate, a guidare le donne nei procedimenti penali e a occuparsi delle vittime di abusi e violenze è We Will Stop Femicide Platform.
ASSOCIAZIONE BATTAGLIERA, in prima linea contro le (volute) disfunzioni dello Stato turco in materia, anima delle proteste di piazza e della battaglia seguita all’uscita, nel luglio 2021, di Ankara dalla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne, ora quella piattaforma rischia di chiudere. Per decisione di un giudice.
La procura di Istanbul, ieri, ha formalmente accusato il movimento femminista di «agire contro la legge e la moralità», trascinandolo in tribunale.
Quell’accusa è il cappello, l’ombrello a una serie di sotto-accuse che vanno da «disintegrazione della struttura familiare ignorando il concetto di famiglia» a «compromissione della famiglia mascherandola per difesa dei diritti delle donne» fino a «forte sospetto di crimine» (sic – dopotutto per la Convenzione di Istanbul il governo turco parlò di «normalizzazione dell’omosessualità»).
NESSUNA PROVA APPARENTE ma tutte buone ragioni, agli occhi della procura, per metterlo al bando. Una guerra alle donne sotto altra forma, a cui la piattaforma ha reagito immediatamente con un comunicato: «Sappiamo che non cammineremo mai da sole di fronte a simili attacchi alla nostra lotta giusta. Facciamo appello a tutte le donne, le persone Lgbtqi+ e ai cittadini che sostengono la battaglia delle donne perché si uniscano a noi contro questa denuncia».
«Abbiamo cominciato il nostro viaggio 12 anni fa – continua la nota – Abbiamo svelato la verità dietro femminicidi sospetti. Abbiamo ottenuto leggi sulle donne. Con i dati pubblicati ogni mese, abbiamo mostrato che combattiamo per la vita. Questa denuncia non è un attacco solo alla nostra lotta, è un attacco all’intero sistema democratico». Sui social la risposta è arrivata, in tanti – tra loro politici e intellettuali – hanno preso parola a difesa di We Will Stop Femicide.
E domani (oggi) a Istanbul si scenderà in piazza a Kadikoy, una protesta che – visti i precedenti – si immagina già tesa: da anni le manifestazioni femministe sono occasione di sfoggio della violenza della polizia, con barricate, manganelli e cannoni ad acqua.
A DARNE RIPROVA è stata ieri la notizia che 40 donne, detenute l’8 marzo proprio a Kadikoy dove stavano per imbarcarsi in direzione di Taksim e la marcia femminista, sono state incriminate per «partecipazione a manifestazione illegale disarmata» e per «mancata dispersione nonostante gli avvisi».
Secondo quanto riportato da Women’s Defence Network, nell’incriminazione si scrive che la marcia (40 donne che stavano raggiungendo un battello) avrebbe bloccato veicoli e pedoni.
Nel mirino anche i contenuti dei loro cartelli: «Creiamo un mondo femminista», «Resisti con la rivolta femminista», «Non stare in silenzio, le lesbiche esistono». Agenti antisommossa, ha aggiunto l’associazione, «hanno circondato le donne e non le hanno nemmeno fatte salire a bordo».

È in tale contesto di repressione che cade il tentativo di silenziare la piattaforma femminista. Che intanto continua a pubblicare i numeri che imbarazzano il governo: nel 2021 sono state uccise in Turchia almeno 339 donne, 96 sono state stuprate (dati relativi alle sole denunce sporte), 772 costrette a prostituirsi. In 20 casi di femminicidio, l’uomo era sottoposto a ordini restrittivi.
A MARZO IL PARTITO del presidente Erdogan, Akp, ha inviato al parlamento un disegno di legge contro la violenza sulle donne, aspramente criticato dai movimenti femministi.
Tra le proposte, una riduzione della sentenza per l’uomo che mostra rimorso e un incremento nel caso sia il coniuge, senza prevedere lo stesso nel caso di fidanzati o ex.
Nessuna solida riforma né riferimenti all’eguaglianza di genere, aveva commentato Fidan Ataselim di We Will Stop Femicide: «Di recente, una donna è stata accoltellata a morte per non aver accettato una proposta di matrimonio. La Corte suprema ha ridotto la sentenza di primo grado dicendo che se avesse accettato sarebbe ancora viva. I giudici stanno già riducendo le sentenze, è inaccettabile».

14/04/22

Violenze sessuali sui bus Taranto - Il 5 maggio sarà sentita la ragazza in Tribunale - Presidio

Per la mattinata del 5 maggio davanti al Tribunale organizzeremo un presidio - Facciamo appello a tutte ad esserci per dire alla ragazza: "non sei sola!"

Sarà sentita in aula la disabile vittima degli abusi contestati agli autisti Amat. L’interrogatorio è stato fissato dal giudice dell’udienza preliminare Rita Romano per il 5 maggio prossimo. Il pm ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di violenza sessuale commessa in danno di una persona con disabilità psichica, una 20enne tarantina per tutti gli 8 autisti.

Secondo la ricostruzione dei militari, che hanno acquisito le dichiarazioni della parte offesa e hanno svolto le indagini, gli indagati, approfittando dell’incapacità della ragazza l’avrebbero costretta a subire rapporti sessuali. Quanto riferito dalla vittima avrebbe trovato riscontro in numerosi messaggi, e a quanto pare anche in qualche immagine, scambiati dai soggetti coinvolti con i rispettivi telefonini. L’inchiesta è esplosa a luglio dello scorso anno. L’Amat ha disposto l’immediata sospensione degli indagati in via cautelativa.

Gli abusi sessuali sarebbero stati perpetrati a bordo dei bus, nelle ore serali nel piazzale vicino al porto mercantile. A fine corsa e in ore della sera in cui la zona è semibuia e poco frequentata, gli autisti, è la pesante accusa, parcheggiavano i mezzi e chiudevano le porte, per poi approfittare della ragazza. A quel punto lei, terrorizzata, avrebbe riferito agli investigatori, non sarebbe riuscita nemmeno a urlare. E comunque ogni reazione o grida di aiuto sarebbero state inutili perché da lì nessuno avrebbe potuto sentirla.

Gli squallidi episodi si sarebbero ripetuti in quanto lei, nel corso della giornata, era solita prendere spesso i mezzi pubblici dove incontrava gli autisti, con alcuni dei quali aveva un rapporto di conoscenza.

Il gup Romano si pronuncerà sulla richiesta di rinvio a giudizio del pm Castiglia. Di fondamentale importanza per gli sviluppi processuali della vicenda potrebbero essere le dichiarazioni che renderà in aula la ragazza il 5 maggio prossimo.

Movimento femminista proletario rivoluzionario  Taranto

13/04/22

Alla Pellegrini (appalto Acciaierie d'Italia) Taranto la Cisl/Rsu firmano un accordo che discrimina i lavoratori, tra cui tante donne - Va stracciato!

L'accordo sottoscritto a fine marzo - di cui riproponiamo questo stralcio dal comunicato della Cisl/Fisascat -

prevede che solo per una parte minoritaria dei lavoratori part time viene confermato il rapporto di lavoro a tempo indeterminato e le 24 ore settimanali; per tutti gli altri NO.

Si tratta di una vera e propria discriminazione e divisione tra i lavoratori e lavoratrici, fondata su un "criterio di premialità", cioè di piena disponibilità verso l'azienda.

Già il fatto di legare un diritto al lavoro e all'aumento dell'orario ad un "premio" è osceno. Ma quale "premio"? Gli operai e le operaie in questi quasi 3 anni di pandemia si sono fatti il "mazzo", hanno dovuto lavorare anche a rischio di prendersi il covid, e invece che ottenere diritti gli viene concesso un premio dal padrone? 

Di fatto, poi, questo "premio" viene legato ad una sorta di fedeltà all'azienda, alla subordinazione ai criteri di "prottività, efficienza e obiettivi". La Pellegrini, grazie a questo lavoro ha incassato profitti, ai lavoratori si concede un premio...

Ma non a tutti! Chi è stato in malattia, chi ha dovuto per motivi familiari assentarsi viene "punito". Colpendo soprattutto le donne. Per le lavoratrici solo la "maternità obbligatoria o facoltativa" non viene definita "assenza", ma tutto il resto sì: problemi di salute che le lavoratrici hanno per dover fare il doppio lavoro, in fabbrica e in casa, problemi familiari, con i figli, problemi di assistenza anziani (che vengono scaricati sempre sulle donne)... Tutto questo non solo sono "fatti tuoi", ma con questo accordo rischi anche di perdere il lavoro!

Occorre opporsi a questo accordo! Fare assemblee e chiederne l'immediato ritiro. Per tutti e tutte vi deve essere conferma del rapporto di lavoro e dell'incremento di orario! 

PS. Dal Comunicato della Cisl sembra poi che per chi nel periodo Covid (tra l'altro niente affatto finito) era stato aumentato l'orario di lavoro a 30 ore, non c'è alcuna stabilizzazione di tale aumento, si rimanda aduna ipotetica disponibilità futura di un monte ore, ma intanto si vedranno tagliare l'orario?

Mentre, a quanto pare (ma approfondiremo) alcuni "preposti" l'aumento di orario l'hanno avuto, ma, guarda caso, tra questi vi sono anche due delegati...

Lavoratrici Slai cobas per il sindacato di Classe - Pellegrini spa