11/08/10

Facciamo della lotta delle operaie dell'OMSA, una lotta di tutte.

"Ci sono quelle che non si arrendono e vorrebbero piantare le tende sotto casa di Nerino Grassi, il padrone dell'Omsa-Golden Lady che quatto quatto ha deciso la delocalizzazione della storica azienda di Faenza lasciando a spasso 350 operaie”.
Giovedì 5 agosto "una cinquantina di lavoratrici Omsa ha partecipato ad un presidio organizzato dalla Federazione della Sinistra a Faenza. L'obiettivo è di rompere il silenzio sulla vicenda e dare un messaggio: non tutto è perduto.
Attualmente sono tutte in cigs per 24 mesi, con la prospettiva, molto incerta, per una parte di loro di una riconversione occupazionale se il sito trova un'altra azienda disposta ad acquistare, insieme ad un’altra prospettiva, questa più certa, che se entro marzo 2011 non verranno ricollocate 104 di loro anche 1a Cigs finirà.
Queste operaie hanno presidiato la fabbrica per impedire che padron Grassi portasse via i macchinari. Hanno lanciato "una campagna di boicottaggio delle calze Omsa - che includono i marchi SiSi e Philippe Matignon... Non si arrendono. E denunciano il sostanziale silenzio delle forze politiche, degli Enti locali e persino di parti del sindacato che, mesi orsono, firmarono comunque un accordo con Grassi che sostanzialmente apriva le porte allo smantellamento della fabbrica... ".
Ora "le lavoratrici dell'Omsa hanno deciso che continueranno a denunciare la vicenda con mobilitazioni a partire da settembre". (da Liberazione di venerdì 6 agosto).

Noi del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario, nelle città, nei posti di lavoro, tra le lavoratrici, disoccupate, precarie dove siamo presenti e lavoriamo faremo iniziative di informazione, sostegno in coincidenza con le mobilitazioni che faranno le operaie dell'Omsa da settembre.

Ma lanciamo una campagna generale di solidarietà con la lotta di queste operaie. Questa lotta è importante e emblematica.
Un padrone prima sfrutta le operaie, sfrutta anche il corpo delle donne (pezzi del corpo, le gambe) per fare pubblicità al suo prodotto, all'insegna dello slogan: Omsa, che gambe! E ora caccia via queste operaie e va in Serbia per trovare altre donne, altre lavoratrici da sfruttare di più e pagare di meno.
Per Padron Nerini le donne sono merce da sfruttare in fabbrica e da usare per vendere meglio sui mercati. Del corpo delle donne il capitale non "butta niente" quando serve per fare profitti.
Per questo, la vicenda delle operaie dell'Omsa se è contro un gravissimo taglio di posti di lavoro, come purtroppo ce ne sono tanti in questo periodo sia di donne che di uomini, è significativa per la doppia denuncia che ne viene fuori.
Per questo è necessario qualcosa in più della solidarietà. Occorre fare di questa lotta una lotta di tutte le lavoratrici, di tutte le donne.

MFPR - 7.8.10

06/08/10

Dal seminario dell'mfpr del 31 luglio e il 1 agosto a Taranto


Un seminario intenso e vivace quello che si è svolto tra sabato 31 luglio e domenica 1 agosto. Organizzato dalle compagne del Movimento femminista proletario rivoluzionario in un bel luogo di campagna a pochi Km dal mare in provincia di Taranto, si sono ritrovate insieme donne, lavoratrici, precarie, disoccupate provenienti da diverse città, che hanno avuto la gioia di rincontrarsi visto che alcune si erano già conosciute alla due giorni del 13/14 marzo “Bagagli per un viaggio delle donne in lotta” a Taranto o di conoscersi visto che altre partecipavano per la prima volta.

Proprio perché a Marzo parlammo di “viaggio delle donne in lotta” questo seminario è voluto essere un’altra tappa di un percorso di lotta che va avanti e in questo senso per mantenere un filo di continuità la prima giornata di esso è stata caratterizzata dalla ripresa dei temi trattati nella precedente due giorni di marzo. Per questo si è utilizzato un dossier, a cura dalle compagne Mfpr, contenente appunto la verbalizzazione della due giorni di Marzo, di cui, attraverso la lettura di diversi passaggi, si sono ripresi e discussi gli interventi più significativi.

Siamo partite ripercorrendo le diverse lotte che nell’ambito lavorativo/sociale hanno caratterizzato lo scenario di questi mesi, dalle disoccupate e lavoratrici delle pulizie di Taranto, alle precarie delle cooperative sociali di Palermo, dalle lavoratrici della scuola di Milano alle operaie della Omsa di Faenza e della Triumph di Bergamo…alla lotta delle donne aquilane, lotte in cui agli attacchi concreti alla condizione economica/lavorativa si unisce un attacco più generale che investe tutta la vita delle donne.
Su questo tutte le donne presenti sono intervenute riportando la loro esperienza.

Alla luce di ciò anche in questo seminario si è posta la necessità di dovere dare una risposta forte e concreta agli attacchi che padroni, governo e istituzioni sferrano contro le donne quotidianamente: per questo si è ripresa la questione dello SCIOPERO DELLE DONNE da lanciare come nuova sfida a livello generale, uno sciopero abbiamo letto e ribadito che non è affatto “una parola d’ordine sindacale ma uno sciopero che partendo dalle condizioni concrete delle donne, delle lavoratrici, delle precarie, delle disoccupate, delle casalinghe, delle proletarie, vuole allargarsi all’insieme di tutti gli attacchi economici, sessuali, ideologici contro le donne ” (dal dossier “Bagagli per un viaggio delle donne in lotta”), e in questo senso si è detto che le donne devono lottare anche contro i lavoratori per fare entrare con forza la questione di genere nella questione di classe. Lo sciopero delle donne come elemento di rottura.

Dal lancio di una parola d’ordine si deve passare alla costruzione concreta dello sciopero delle donne e su questo al seminario si è deciso che è importante lavorare con più impegno perché si formi una rete tra lavoratrici, precarie, disoccupate, donne contattando, seguendo, dando voce sia direttamente che indirettamente alle varie realtà in lotta che investono il nostro paese dal nord al sud generalizzando le diverse esperienze. A tal fine inoltre si è deciso di preparare sin dal mese di settembre un’inchiesta da portare nelle fabbriche, nelle scuole, nei diversi posti di lavoro fino ai quartieri che guardando ai vari aspetti di attacco che subiscono le donne possa essere un utile strumento per avanzare nell’analisi della condizione delle donne in un paese capitalista e imperialista come il nostro e per elaborare una piattaforma di lotta per lanciare lo sciopero delle donne su tutte le questioni.

Una parte della prima giornata del seminario è stata poi dedicata all’analisi della condizione delle donne migranti nel nostro paese e in particolare su questo ci si è concentrate su un’importante battaglia che è diventata il simbolo della lotta delle donne migranti: la lotta di Joy e la campagna di mobilitazione di donne femministe, comitati antirazzisti che in questi mesi vi è stata in diverse città, sfociata nel presidio al tribunale di Milano l’8 giugno scorso a sostegno di questa donna migrante che insieme ad altre compagne si è ribellata alla pesante condizione di oppressione subita all’interno dei CIE che per le donne vuole dire anche molestie e violenza sessuale.
E’ stato analizzato e ribadito che per noi in questa lotta non si è trattato solo di solidarietà e denuncia generica, ma di un concreto passo in avanti, un altro tassello che si aggiunge all’insieme della lotta generale e complessiva contro uno Stato, un governo da stato di polizia sempre più pressante contro tutti, lavoratori, operai, giovani, masse popolari, ma che contro le donne usa anche la violenza sessuale e in più razzista se si tratta di donne immigrate.
Quindi non una battaglia meramente “garantista” o “giustizialista” quando si è detto “libertà per Joy, condanna per l’ispettore Addesso” ma lotta contro uno Stato razzista e sessista a cui si deve far pagare il maggior costo possibile e che va attaccato pertanto in ogni suo aspetto, in ogni terreno non lasciando libero alcun spazio.
Ciò è necessario alla lotta rivoluzionaria per rovesciare questo stato borghese moderno fascista.

Questa prima giornata si è conclusa con la visione di alcuni video in particolare uno sulle recenti lotta delle donne aquilane che insieme a tanti aquilani sono scesi in corteo a Roma contro il governo che ad oggi non ha risolto la drammatica situazione di tante famiglie e abitanti colpiti dal terremoto e rimasti senza casa, un altro sull’iniziativa di lotta al tribunale di Milano a sostegno di Joy, e infine abbiamo rivisto il video fatto dalle compagne Mfpr che ripercorre il percorso della lotta femminista, proletaria, rivoluzionaria delle donne sia nel nostro paese che anche a livello internazionale arricchito delle recenti e nuove esperienze di lotta delle donne che si sono aggiunte negli ultimi mesi.

Il secondo giorno del seminario è stato invece caratterizzato da due parti.

Nella prima parte, abbastanza ampia, abbiamo cercato di mettere a fuoco, di ragionare sulla sempre più grave questione della VIOLENZA SULLE DONNE, in particolare l’aspetto della UCCISIONI delle donne all’interno della famiglia che in questi giorni ha avuto una crescita davvero drammatica: la famiglia assassina, quella che da un lato serve al sistema sociale come ammortizzatore sociale e dall’altro diviene strumento di controllo della vita delle donne, quella in cui le donne diventano parte della proprietà familiare da cui non ci si può staccare. Su questo aspetto abbiamo letto passi di un documento di analisi prodotto dalle compagne Mfpr “In morte della famiglia”.

“ E’ come se fosse tornato in voga il delitto di onore” si è detto, abbiamo quindi ragionato sul perché vi è un vero e proprio divario circa la quantità delle uccisioni che avvengono al Nord rispetto al Sud. Condizioni economiche e sociali diverse ma non solo anche concezioni che sono frutto e in sintonia con ideologie moderno clericofasciste, razziste, piene di valori reazionari sempre più presenti e agenti in particolare in alcune realtà del Nord, vedi il leghismo, che inevitabilmente spargono a livello popolare un humus maschilista e sessista contro le donne.
Ma oggi nel nostro paese siamo davanti ad un vero e proprio salto di qualità contro le donne: Berlusconi ne rappresenta il primo artefice, “l’utilizzatore” che usa/abusa del potere politico per usare/abusare del corpo delle donne in cambio della loro carriera nello spettacolo e in politica, colui che rivendica come “normale” tutto ciò, che legittima la violenza sulle donne, Berlusconi il primo “degli uomini che odia le donne” rappresentando il marciume della borghesia e il legame tra maschilismo e moderno fascismo in un processo che vuole portare le donne verso un moderno medioevo.

Su questo aspetto si è deciso di preparare un nuovo dossier che contenga da un lato le esperienze di lotta più significative in tal senso e dall’altro alcuni testi di denuncia e di analisi; ma non basta solo dire, occorre anche fare, scendere di nuovo in piazza a far sentire la nostra voce, denuncia, lotta, per questo si è detto che è importante riprendere il cammino di lotta e in tal senso per esempio è stata proposto di costruire una nuova iniziativa in occasione della prossima udienza a Perugia del processo contro il femminicidio di Barbara Cicioni.

La seconda parte della giornata ha invece avuto un risvolto più teorico: è stata, infatti, dedicata alla ripresa delle basi storico materialistiche della condizione delle donne che sono alla base della formulazione “movimento femminista proletario rivoluzionario” come nuova prassi e nuovo pensiero, per impugnare i punti di fondo teorici dell’intreccio genere/classe e della centralità della questione delle donne nella lotta rivoluzionaria, guardando anche alle esperienze di altre donne che nel mondo sono parte determinante della guerre di popolo in corso da anni come le donne peruviane, nepalesi, indiane, anche in prospettiva dell’appuntamento internazionale della conferenza delle donne in Venezuela.

Su questo abbiamo poi deciso di proseguire a livello locale con gruppi di studio, discussione, prendendo a base Engels in particolare con "L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato" e utilizzando due opuscoli prodotti dalle compagne Mfpr, uno relativo al seminario fatto dalle stesse nel 1995 ad Agrigento "Spunti per un femminismo proletario rivoluzionario", l'altro su "Ratzinger: il ritorno dell'infamia originaria - come la chiesa assorbe il "pensiero della differenza sessuale" e lo pone al servizio del moderno medioevo del capitale.

I momenti di pausa tra una discussione e l'altra hanno contribuito ad accrescere il clima di vivacità e solidarietà tra tutte le donne presenti.

Con un bel giro turistico a Taranto infine abbiamo concluso il seminario, contente di questa nuova due giorni trascorsa insieme, un giro in cui le compagne mfpr, le donne disoccupate e le lavoratrici di Taranto ci hanno fatto vedere i luoghi delle rivolte e lotte in cui sono state protagoniste in prima linea.

Il viaggio delle donne in lotta continua...

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Sul seminario sarà preparato un quaderno contenente la discussione, gli interventi, il dibattito, e sarà messo a disposizione di tutte.

Il dossier “Bagagli per un viaggio delle donne in lotta” sulla due giorni del13/14 marzo e il video a cura del mfpr, e tutti gli altri materiali sopra indicati sono disponibili e se volete potete richiederli.

Forti saluti di lotta a tutte

le compagne del movimento femminista proletario rivoluzionario

mfpr@libero.it
06/08/2010
Scaricate il dossier e salvatene copia. Allegato al dossier vi è il dvd sul "il viaggio del femminismo proletario rivoluzionario". Richiedetelo a mfpr@libero.it, vi sarà spedito per posta con un piccolo contributo per le spese postali. Appena possibile ne pubblicheremo un trailer.

04/08/10

Gulabi gang


Dal blog di proletaricomunisti traduzione in spagnolo

El movimiento femenino indio La Banda Rosada intenta proteger a las mujeres que sufren violencia de género y luchar contra la crueldad de los maridos y la corrupción de los funcionarios.


Las mujeres del movimiento están vestidas con saris rosados que simbolizan su lucha contra la injusticia social. En el estado norteño de Uttar Pradesh la cantidad de sus partidarios supera las 100.000 personas. Unirse a esta lucha es a menudo la única opción para las mujeres en la India, donde la violencia familiar es una cosa habitual.

“Durante el último mes mi cuñado me apaleaba. Golpeó a mi hijo tan fuerte que empezó a sangrar. Acudí a la policía pero no me ayudaron”, se queja Siya Rani, una mujer que se convirtió en víctima de este tipo de violencia.

La Banda Rosada ayuda a estas mujeres indefensas que reciben amenazas y golpes en sus propias casas. La historia del movimiento empezó cuando su líder, Sampat Pal, de 48 años, no pudo aguantar la humillación que sufrían las mujeres a su alrededor y decidió actuar.

“Mi vecina era una joven que se casó a muy temprana edad. Su marido la golpeaba muy frecuentemente y reñimos”, cuenta Pal. “Cuando me amenazó, volví con cinco mujeres y le pegamos. Así empezó el movimiento. Siempre que una mujer recibe golpes o acosos, vienen a verme”, continúa.

El movimiento protege no sólo a las mujeres, aunque ellas son la mayor parte de las que acuden en busca de ayuda. Los hombres se dirigen a la Banda Rosada cada vez con más frecuencia. Así fue cuando los granjeros de la zona exigían subvenciones por las cosechas malogradas y pidieron a la Banda que participara en las protestas.

“La Banda Rosada se encarga de cualquier causa en la que alguien afronta injusticia, no importa si son ricos o pobres”, dice Ashok Srivastava, partidario del movimiento. “Puede requerir dinero y tiempo, pero estas mujeres luchan contra la injusticia y defienden a los inocentes”, continúa.

Pero la policía no ve con buenos ojos la actividad creciente de La Banda Rosada. Sampat Pal ya ha recibido denuncias y espera que le acusen formalmente de alborotos y ataques contra los funcionarios estatales. “La policía nos dice: 'No tomen el poder en sus manos'. Y les contesto: 'No tenemos otra opción. Si no tenemos confianza en la policía, necesitamos protegernos”, lamenta Pal.

En la India, donde las mujeres están entre los grupos sociales más oprimidos, los movimientos como La Banda Rosada ganan cada vez más popularidad. Y así será hasta que la administración corrupta no cumpla con sus compromisos.


La Banda in Rosa è un movimento femminile indiano dedito alla protezione delle donne che subiscono violenza di genere e alla lotta contro la crudeltà dei mariti e la corruzione dei funzionari.

Le donne del movimento indossano sari rosa che simboleggiano la lotta contro l'ingiustizia sociale. Nello stato a nord di Uttar Pradesh il numero delle seguaci supera le 100.000 persone. Unirsi a questa lotta spesso è l'unica alternativa per le donne in India, dove la violenza domestica è la normalità.

"Nel corso dell'ultimo mese mio cognato mi ha picchiato. Ha colpito mio figlio così forte che ha iniziato a sanguinare. Ho chiamato la polizia, che però non mi ha aiutato", racconta Siya Rani, una donna vittima di questo tipo di violenza.

La Banda in Rosa aiuta queste donne indifese che subiscono minacce e botte al'interno della propria casa. La storia del movimento inizò quando la sua leader, Sampat Pal, 48 anni, non potendo sopportare l'umiliazione subita dalle donne che la circondavano decise di agire.

"La mia vicina di casa era una ragazza che si era sposata in giovane età. Suo marito la picchiava spesso e litigammo", racconta Pal. "Quando mi minacciò, ritornai con cinque donne e lo picchiammo. Così nacque il movimento. Ogni volta che una donna riceve botte e molestie, mi fa visita", prosegue.

Il movimento non protegge soltanto le donne, anche se sono in maggioranza donne a rivolgersi ad esso in cerca d'aiuto. Gli uomini si rivolgono alla Banda in Rosa sempre con mggiore frequenza. Fu così quando i contadini della zona esigevano sovvenzioni per il raccolto perduto e chiesero alla Gang di partecipare alla protesta.

"La Banda in Rosa si incarica di qualsiasi caso in cui qualcuno subisce un'ingiustizia, non impora se sono ricchi o poveri", dice Ashok Srivastava, sostenitore del movimento. "Può richiedere denaro o tempo, però queste donne lottano contro l'ingiustizia e difendono gli innocenti", continua.

Tuttavia la polizia non vede di buon occhio la crescente attività della Banda in Rosa. Sampat Pal ha ricevuto delle denunce e aspetta che l'accusino formalmente di sommossa e attacchi contro i funzionari statali. "La polizia ci dice: 'Non prendete il potere nelle vostre mani'. E le rispondiamo: 'Non abbiamo alternativa. Se non abbiamo fiducia nella polizia, abbiamo bisogno di protezione", si rammarica Pal.

In India, laddove le donne stanno entro le classi sociali maggiormente oppresse, i movimenti come la Banda in Rosa acquisiscono sempre maggior popolarità. E sarà così fino a che la amministrazione corrotta non scenderà a compromessi.

03/08/10

Zola, vietato parlare con le lucciole. Multa salata a chi sgarra

da il resto del carlino

Giro di vite nella cittadina: un'ordinanza del Comune vieta anche solo parlare a prostitute o di accompagnarle in macchina. "Il decoro e la decenza fanno salvaguardati", dice il sindaco.

Bologna, 3 agosto 2010 - Vietato parlare con le ‘lucciole’, fermarsi nei paraggi, appartarsi con loro o anche solo dargli un passaggio. Lo prevede la nuova ordinanza emanata dal Comune di Zola Predosa, in provincia di Bologna, già in passato in prima linea contro la lotta alla prostituzione.

Nei giorni scorsi, il sindaco Stefano Fiorini ha firmato una nuova ordinanza, ancora più rigorosa della precedente (entrata in vigore alla fine di settembre 2009): questa volta, si fa “divieto a chiunque di contrattare o concordare prestazioni sessuali a pagamento oppure di intrattenersi con soggetti che esercitano attività di meretricio sulla pubblica via delle aree residenziali e sedi di attività produttive del Comune di Zola Predosa”.

Segue un elenco di 32 vie cittadine in cui vige l’ordinanza, che si articola in una lunga serie di divieti, da quello di fermarsi con l’auto a quello di “prendere contatti verbali” con le lucciole. Fiorini motiva la stretta, definita “indispensabile” nell’ordinanza, con motivi di sicurezza urbana, stradale e anche di incolumità pubblica.

Non solo “l’attività di meretricio spesso si intreccia con diverse attività criminose connesse”, ma i “comportamenti imprudenti e imprevedibili di coloro che sono alla ricerca di prestazioni sessuali a pagamento” possono essere “pericolo per la circolazione e causa di incidenti stradali”, in particolare su via Rigosa e via Roma.

Il “decoro e la decenza urbana” vanno salvaguardati da “atteggiamenti e abbigliamento dei soggetti interessati all’attivita’ di meretricio”, che “offendono la pubblica sensibilita’”. La prostituzione limita infine “il libero utilizzo degli spazi pubblici” e mette a rischio “igiene e sanita’ pubblica”: lo provano i “rifiuti e residui organici” presenti nelle zone interessate dal fenomeno.

Se da un lato l’ordinanza vieta di “contrattare prestazioni sessuali”, dall’altro lato non autorizza “comportamenti che per l’atteggiamento o l’abbigliamento manifestino inequivocabilmente l’intenzione di adescare o esercitare l’attivita’ di meretricio di offendere la pubblica decenza”. Insomma, se i clienti non potranno più parlare alle prostitute, queste ultime a loro volta (oltre a non poter piu’ indossare abiti succinti) non potranno “ostacolare il transito dei veicoli”, ne’ “prendere contatti verbali con i conducenti”.


Ma c’è di più: non potranno “salire a bordo dei veicoli” che si fermano nei paraggi, né “scendere dai veicoli” con cui sono giunte nel luogo di stazionamento. Fanno eccezione, a questo proposito, i “mezzi di trasporto pubblico di cui abbiano correttamente fruito”.


Ai ‘clienti’, invece, è vietato “effettuare manovre di fermata in prossimità di persone che esercitano attività di meretricio”, parlare con loro, farle salire a bordo e accompagnarle nei “luoghi abituali di stazionamento”. Inoltre, si legge ancora nell’ordinanza, “è vietato intrattenersi e appartarsi su qualsiasi parte del territorio del Comune di Zola Predosa”. Chi viene sorpreso a trasgredire l’ordinanza (data 30 luglio e immediatamente esecutiva), va incontro a una “sanzione amministrativa pecuniaria per la quale è consentito il pagamento in misura ridotta di 300 euro”. Questo non esime chi viene trovato in flagranza dalle sanzioni penali e amministrative previste dalla legge.


In una nota, l’amministrazione si esprime così sulla novita’: “Ancora una volta il Comune, dopo una attenta lettura della situazione del territorio, interpreta positivamente quanto espresso dalla cittadinanza e si attiva, con i mezzi che la legge consente, per dare risposte univoche, ferme e decise”.

La questura di Reggio Emilia mette in pericolo la salute pubblica.

COMUNICATO STAMPA

La questura di Reggio Emilia mette in pericolo la salute pubblica.
Con il pretesto di arginare il fenomeno della prostituzione gli agenti di polizia stanno elevando contravvenzioni e Fogli di Via obbligatoria a persone che secondo loro sarebbero dedite alla prostituzione perchè detengono in borsetta dei preservativi.
Lo scrivono sui verbali come se il preservativo fosse la prova di un reato!
Assumere come prova di prostituzione il possesso di preservativi è un fatto gravissimo poichè potrebbe indurre le persone ad assumere comportamenti a rischio di pratiche sessuali non protette.

La PROSTITUZIONE NON è UN CRIMINE E POSSEDERE DEI PRESRVATIVI è SEGNO DI UNA BUONA EDUCAZIONE IGENICA E SANITARIA.

Tenere atteggiamenti che finiscono con lo scoraggiare l'uso del preservativo nei rapporti sessuali promiscui denota una profonda e pericolosa ignoranza sulla questione della salute pubblica.
Le forze dell'ordine farebbero bene a fare la lotta agli sfruttatori piuttosto che alle donne, e quando si parla di sicurezza pensare anche alla sicurezza delle cittadine che esercitano il lavoro sessuale che troppo spesso sono abbandonate alla violenza e abusate.

02/08/10

Sicurezza...per chi?

Da noinonsiamocomplici

Una cinquantina di compagne e compagni ha partecipato oggi al presidio indetto da Mai più schiave! in piazza Roosevelt a Bologna, sotto la questura e la prefettura, per Faith e Ngom, contro i Cie e le deportazioni.

Il presidio era stato preannunciato nei giorni scorsi da un'azione-blitz di informazione. Le compagne avevano pensato di intervenire al cinema all'aperto in piazza Maggiore, ma a causa del maltempo la proiezione di Central do Brasil era stata spostata al cinema Lumiere. Lì il pubblico ha accolto con un caloroso applauso il gruppo che donne che, aprendo due striscioni in sala e distribuendo volantini, ha spiegato le ragioni del presidio organizzato per oggi.
Il volantinaggio informativo è, poi, proseguito questa mattina lungo il percorso del corteo per il trentennale della strage alla stazione di Bologna e anche in questa occasione chi riceveva il volantino commentava con rabbia l'atrocità della deportazione di Faith.

Durante il presidio, mentre nelle via adiacenti veniva distribuito questo volantino, sono stati fatti diversi interventi su Ngom, Faith, sulla condizioni di vita nei Cie – in particolare per le donne ma non solo – e sull'atrocità delle deportazioni e i costi in vite umane, sulle ragioni delle rivolte che si susseguono nei lager per migranti, ma anche sulle continue vessazioni e violenze che vivono le donne immigrate – in particolare quelle senza permesso di soggiorno – nei luoghi di lavoro, sulla schiavitù delle donne che lavorano negli alberghi della riviera romagnola, sulle violenze contro le immigrate da parte di uomini in divisa, sulle ritorsioni nei confronti di chi rende pubbliche queste verità.

Le compagne hanno più volte ribadito l'importanza delle mobilitazioni dal basso a sostegno delle lotte di donne e uomini rinchiusi nei lager della democrazia e per impedire l'apertura di nuovi Cie.

E' stato anche letto un documento di adesione delle compagne di Roma, che trovate qui.

Anche questa volta hanno brillato per assenza le associazioni che all'indomani della deportazione di Faith hanno fatto circolare in rete appelli alle istituzioni perché prendessero posizione contro questa violenza– cosa che, ovviamente, non è avvenuta.

Il 12 agosto la situazione di Ngom dovrebbe in qualche modo definirsi e si capirà se intendano tenerla nel Cie, rilasciarla o rimpatriarla. Intanto si attendono aggiornamenti sulla situazione di Faith in Nigeria.

Ascolta la storia di Ngom raccolta da Macerie.