Siamo contente che in questi giorni in alcune città il movimento femminista nudm è tornato nelle strade.
Ma in questi mesi di lockdown le lavoratrici, le proletarie non hanno
mai abbandonato le strade, nè hanno accettato di far sentire con ancora
più rabbia e forza la loro voce di lotta, dalle tante che sono scese
comunque in sciopero e in piazza il 9 marzo, alle lavoratrici precarie
delle cooperative sociali di Palermo, alle lavoratrici delle pulizie,
delle mense, degli asili di Taranto, come di Roma, alle voci di protesta
difficili delle lavoratrici della sanità iper sfruttate e anche uccise,
dalle lavoratrici delle Poste, alle operaie immigrate della Montello,
alle lavoratrici, la maggior parte precarie della scuola, ecc.
Il coronavirus ha messo ancora di più in luce questo orrore di sistema
capitalista, il doppio sfruttamento e oppressione delle donne, un
sistema che ti chiude in casa col tuo assassino..., che vuole usare la
pandemia non per dare vere risposte ai tragici problemi della sanità,
della condizione degli anziani, ma per accentuare il ruolo delle donne
di assistenza, di conciliazione tra stato/interessi del
capitale/famiglia.
Noi non vogliamo tornare alla "normalità"! Neanche alla normalità di una
lotta che non ponga in maniera forte e chiaro cosa vogliamo e dobbiamo:
SCATENARE LA FURIA DELLE DONNE COME FORZA PODEROSA DELLA RIVOLUZIONE!
MFPR
26 GIUGNO-NUDM: TORNIAMO NELLE STRADE! CI TOLGONO IL TEMPO, RIPRENDIAMOCI TUTTO!
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Fin dall’inizio dell’emergenza da Covid-19 abbiamo sottolineato come
questa crisi non fosse uguale per tutt* e così purtroppo è stato. La
pandemia ha esasperato le disuguaglianze, lo sfruttamento e le violenze
determinate dal sistema capitalista, patriarcale e razzista nel quale
viviamo e che, quotidianamente, colpiscono le nostre vite.
La violenza domestica è aumentata moltissimo durante il lockdown, mentre
i centri antiviolenza hanno cercato di continuare a garantire supporto
alle donne che vi si rivolgono, nonostante le difficoltà imposte dal
distanziamento sociale e dalla mancanza strutturale di finanziamenti.
Tantissime persone si sono ritrovate senza lavoro e senza reddito, tra
cassa integrazione in ritardo di mesi, bonus di 600 euro assolutamente
insufficienti, nessun tipo di sussidio per tutti i lavori in nero e non
riconosciuti. Nei settori considerati come “essenziali”, dalla sanità ai
servizi sociali, dalla sanificazione alla grande distribuzione, dalla
logistica alle troppe fabbriche rimaste aperte, tantissime donne si sono
trovate spesso senza dispositivi di protezione individuale, mettendo a
rischio la propria salute e quella delle persone a loro vicine in cambio
dei soliti salari bassissimi, accompagnate dalla retorica che le voleva
“eroine” o “angeli” e pronte a sacrificarsi per il paese con il
sorriso.
Razzismo e sessismo istituzionali si rendono evidenti nell’ultimo
provvedimento del governo: una sanatoria che esaspera le condizioni di
ricattabilità in cui versano le donne e le soggettività migranti, la cui
unica possibilità di regolarizzarsi è vincolata all’arbitrio di chi da
anni le sfrutta nei campi o in casa con contratti precari o in nero.
L’epidemia, il sovraccarico del sistema sanitario, la chiusura delle
scuole a tempo indeterminato, l’estensione indefinita dei tempi di
lavoro causata dal ricorso allo smart working hanno moltiplicato
esponenzialmente il carico di lavoro produttivo e riproduttivo che pesa
sulle nostre spalle. Come si può lavorare da casa mentre ci si prende
cura di una persona malata o anziana e bisogna seguire figlie e figli
nella didattica a distanza? Come si può tornare a lavoro con turni
spalmati su orari impossibili, mentre ancora non si sa se e come
riapriranno le scuole a settembre? Queste domande non hanno trovato
risposte, ad eccezione del tanto richiamato bonus baby sitter, che
argina solo temporaneamente il problema e produce ulteriore lavoro
precario e sottopagato per altre donne.
Non possiamo più parlare di emergenza: le conseguenze di questa pandemia
saranno pesanti e stabili e stiamo già sperimentando nelle nostre vite
le conseguenze di questa crisi.
Nonostante il distanziamento sociale, sappiamo che non siamo sole, ma
parte di una lotta che in tutto il mondo si oppone alla violenza
maschile e di genere, al razzismo e allo sfruttamento in casa e sul
lavoro. L’epidemia del Coronavirus non ci ha costrette al silenzio. Le
donne e le soggettività dissidenti, le persone migranti e razzializzate
hanno continuato e continuano a scioperare e a ribellarsi alla violenza
con cui ci vorrebbero zittire, rimettere al nostro posto, ancorare ai
ruoli che ci sono imposti e che noi invece rifiutiamo.
Ora è tempo di riprenderci le strade, la visibilità, la parola che hanno
provato a toglierci. È tempo di urlare tutta la nostra rabbia per
annunciare che non accettiamo che la ricostruzione e la convivenza con
il Covid-19 avvengano al prezzo del nostro sfruttamento,
dell’intensificazione della divisione sessuale del lavoro e del
razzismo.Con attenzione e cura per la salute di tutte e tutti, il 26
giugno torniamo in piazza in tantissime città.
Di fronte alle conseguenze di questa crisi e alla nuova insopportabile normalità che annuncia, non rimarremo in silenzio!
¡Juntas somos más fuertes!