Pubblichiamo gli ultimi capitoli del libro della Maciocchi che parlano del cambiamento/rivoluzionarizzazione della condizione delle donne, sia oggettiva che soggettiva, durante la Rivoluzione culturale proletaria in Cina.
La Maciocchi gira, parla, fa inchiesta e quindi porta fatti, racconti delle donne, che dimostrano come la condizione delle donne in quel periodo si sia capovolta, ma soprattutto, come dice una ragazza parlando con la scrittrice che "Quando le donne sono mobilitate, si possono fare cose enormi".
La Grande rivoluzione culturale proletaria è stata un vero assalto al cielo, la prima realizzata grande esperienza di "rivoluzione nella rivoluzione". Come diceva Mao Tsetung "una nuova rivoluzione culturale avrà come protagoniste le donne nella famiglia e nella società...".
Essa, pertanto, non può essere guardata come se riguardasse solo la Cina, ma riguarda ogni paese, sia oppresso sia imperialista.
E' stata la rivoluzione più moderna che si sia realizzata (tanto da aver anticipato risoluzioni di problemi, nuovi anche per le cittadelle imperialiste - come l'uso degli anticoncezionali, per altro, a differenza dei nostri paesi, sicuri per la salute della donne).
La RCP dimostra che tutto è possibile, ma che non viene "regalato" neanche da uno Stato socialista; e che, quindi, le donne, proletarie, popolari, le ragazze possono e devono ovunque "scatenare la loro ribellione come forza poderosa della rivoluzione".
Le donne del quartiere operaio non attaccano piú i bottoni
Il quartiere operaio di Peng Pu, nato nel '58, ha 130 edifici, e vi abitano 15 mila persone, suddivìse in 3500 famiglie di operai di una fabbrica metallurgica e di una di generatori elettrici. Delle 3500, 2650 sono famig1ie dove lavorano padre e madre. Il resto delle donne, già casalinghe, sono appunto quelle che la rivoluzione culturale ha immesso in compiti nuovi per organizzare la vita del quartiere, e parteciparne alle attività produttive...
La descrizione del quartiere ci è fatta da una ragazza simpatica che ride spesso, e di cui sappiamo che ha avuto l'onore di essere delegata al IX congresso del PCC. "Le casalinghe del quartiere hanno oggi una coscienza piú elevata" ella dice. “Prima a quelle donne interessava soltanto occuparsi dei bambini, avere forni a gas, bei panieri di bambú, e pantaloni di lana. Ora alle casalinghe interessano i grandi affari dello stato. Duecentottanta casalinghe sono organizzate nel lavoro dell'asilo, dove si trovano 500 bambini. Anche se nelle fabbriche vi sono asili, le operaie, quando non allattano piú i figli, preferiscono tenerli nell'asilo del quartiere...
Abbiamo formato diversi gruppi di produzione delle casalinghe... Vi sono donne che stanno costruendo un fabbricato di 440 metri quadri, per il quale esse stesse hanno prodotto i mattoni, fabbricando una fornace con poca spesa, oppure se li sono procurati andandoli a raccog1iere un po' dovunque".
Andiamo a vedere le fabbriche delle donne... Girando nel quartiere, ci si rende conto di come la
rete dei servizi sociali sia estesa. Vi sono lavanderie pubbliche, negozi di sartoria e di tintoria, dove vengono stirati e rammendati i vestiti, e dove vi vengono attaccati i bottoni. Per un vestito, lavato e stirato, le donne pagano 5 centesimi di yuan. Un pasto al ristorante costa 40 centesimi di yuan, e alla mensa 20 centesimi di yuan. All'asilo, con 20 centesimi di 3man i bambini mangiano quattro pasti. “Mangiare e vestirsi costa pochissimo", spiega la compagna. “Io spendo per cinque persone, a casa mia, 60 yuan al mese. Il salario di mio marito è di 114 yuan. Il riso costa 16 yuan e 50 centesimi ogni 50 chilogrammi. Ne consumiamo per 22 yuan al mese. E si può avere carne e pesce tutti i giorni, perché la carne costa 1,80 centesimi al chilogrammo nella qualità migliore, e il pesce O,60 centesimi al chilogrammo"...
...Nel quartiere, c'è una compagna di 75 anni, mamma Hu, la cui vita è stata un tragico esempio della oppressione, e che tutte le settimane parla ai giovani tre o quattro volte. I fabbricati e tutto il resto sono proprietà collettiva; siamo noi del quartiere che decidiamo la costruzione di nuove case. E' lo Stato che sostiene le spese delle costruzioni. I costruttori e gli architetti siamo noi stessi, nel quadro delle nostre imprese collettive".
Questo quartiere segna davvero la "morte della casalinga". Non ve ne è piú una che stia a casa a sfaccendare. Vi si tocca con mano come le donne acquistino la loro piena emancipazione entrando nell'attività produttiva, e uscendo quindi da quella prima forrna di divisione del lavoro che - come diceva Marx - è la famiglia.
Nel nuovo reparto, dove si fabbricheranno piccole macchine utensili, in collegamento con una grande fabbrica, le casalinghe hanno eretto il capannone in muratura con mattoni fabbricati o raccolti da loro. Cinquantasette massaie sono andate a imparare nella fabbrica i metodi di produzione... Un "gruppo di produzione" ha creato una piccola industria per la fabbricazione delle scarpe... l'importante è che escano dalle pareti domestiche, dove prima stavano chiuse a guardare i bambini...
“Quando le donne sono mobilitate, si possono fare cose enormi", dice la nostra intelligente organizzatrice del quartiere... «Mao dice che le donne sono come gli uomini e possono fare lo stesso lavoro".
Andiamo a far visita alla vecchia mamma Hu, in uno degli appartamenti del quartiere. La casa è in perfetto ordine, un ordine addirittura minuzioso... un uomo tiene in braccio un bambino, mentre con il mestolo gira dentro una pentola. E' il marito della figlia della donna. La moglie – casalinga non piú casalinga - è al lavoro. Il marito aiuta a cucinare e si occupa del bimbo piccolo, secondo le direttive del presidente Mao.
A Shanghai, vi sono 120 settori di nuove abitazioni operaie, come questi quartieri vengono chiamati, dove "la rivoluzionarizzazione delle casalinghe" è in pieno corso...
L'amore in Cina
“Esiste l'amore in Cina?" vi domandano, ossessivamente, al ritorno da un viaggio in Cina. «Beh, se fanno tanti bambini, non è che li trovino sotto il cavolo," rispondete voi... Quando si applicano alla Cina taluni nostri diffusi moduli di rapporto fra uomo e donna, non si arriva ad intendersi.
Una volta un italiano, faccio un esempio, si interessò molto alla sua giovane interprete cinese, e quando, pur senza aver avuto da lei il minimo segno di simpatia, le espresse i suoi sentimenti, in tutte lettere, la ragazza ebbe una sola reazione: quella della piú assoluta stupefazione. “Ma che cosa c'entra?" chiese, “non riesco proprio a capire. Io sono un quadro rivoluzionario dello stato cinese."
La donna-oggetto non esiste. Per la donna cinese, chiusa per millenni dentro la morsa di forme, di schemi, di riti, di una crudele convenzione, l'amore con l'uomo nasce dalla sua libera scelta. Marx, dopo aver detto che “... il matrimonio è certamente una forma di proprietà privata..." scriveva (Manoscritti economico-filosofici del 1844: Proprietà privata e comunismo): Nel rapporto verso la-donna, preda sottomessa della libidine della comunità, è espressa la smisurata degradazione in cui l'uomo si trova ad esistere di fronte a se stesso; ché il segreto di tale rapporto si esprime non ambiguamente, ma risolutamente, manifestatamente, scopertamente, nel rapporto dell'uomo [singolo] alla donna [singola] e nel modo in cui è compreso l'immediato, naturale, rapporto generico [cioè pertinente al genere umano]... In questo rapporto appare, dunque, sensibilmente, e ridotto a un fatto intuitivo, che, nell'uomo, l'essenza umana è divenuta natura, e che la natura è divenuta l'umana essenza dell'uomo. Da questo rapporto si può dunque giudicare ogni grado di civiltà dell'uomo.
Dal carattere di questo rapporto consegue quanto l'uomo è divenuto e si è colto come... uomo". L'amore, sia per l'uomo che per la donna, in Cina è fatto di timidezza quasi morbosa, di rossori, di candori infantili, anche se le giovani donne sono spesso vestite da soldatesse, come gli uomini. Nei parchi, ho visto molte coppie, che al massimo si tenevano per mano: tra loro, spesso, c'era una borsetta di plastica, colma di libri... La discrezione dei cinesi nei loro sentimenti interiori è grandissima, ed ecco perché tante volte ci si interroga su quello che provano. Sciorinare questi sentimenti in pubblico, significa sciuparli. Ecco tutto.
In Occidente, si afferma spesso che le cinesi hanno perduto la loro femminilità, perché non corrispondono alla nostra “foemina" eurocentrica...
La bellezza della donna cinese, bella o brutta secondo il nostro unicum che si esprime con la Bardot o la Monroe, è data dal suo stile, quindi la donna cinese è quasi sempre bella, perché in lei lo stile è nel modo di disporsi, nella sua ispirazione, nella sua tensione interiore, questo suo essere umana e dolente, che la fa bella, e qualche volta bellissima... Per giudicare una donna cinese, piú che i nostri parametri abituali, occorre dunque un intuito interiore. Spesso, a quel punto, le si troverà incantevoli, in questo loro perenne moto interiore, quasi una fiamma, di aderire al nuovo, e di scavarvi all'interno un loro cammino, quindi, un loro modello di bellezza.
Le donne e gli uomini in Cina, si sposano attorno ai 25 anni; nel quadro della pianificazione delle nascite, oltre il controllo vero e proprio, c'è il noto suggerimento del "matrimonio tardivo. L'amore, dunque, non è coartato. Quel che si cerca di impedire è che le famiglie prolifichino senza interruzione, soprattutto nelle campagne. Man mano che i sistemi di controllo delle nascite penetreranno nelle campagne il “matrimonio tardivo" non avrà piú ragione di esistere.
Nelle città, le pratiche anticoncezionali sono piú o meno note a tutti Ì giovani. D'altra parte, non si può pensare che gli immensi raduni di guardie rosse a Pechino siano stati, tra ragazzi e ragazze, soltanto scambi di slogan politici.
Dopo le "guardie rosse," le donne
Credo che per Mao la questione femminile si vada ponendo sempre piú all'ordine del giorno nelle sue riflessioni. Egli ha preso a studiare - a quanto pare – le spinte dei movimenti femminili di emancipazione negli Stati Uniti e nelle altre società occidentali... In che consiste questa rivolta femminile che serpeggia nel mondo? Per quanto riguarda la Cina, Mao avverte che le donne cambiano, si evolvono, contano, anche se non abbastanza. Di recente egli ha fatto notare a piú riprese che, adesso, la Cina è un altro universo, e che le donne che sembravano nate per un solo compito - i figli - ora fanno “cose strane”, “mestieri impensabili" - le paracadutiste, i piloti di aerei da caccia, fabbricano congegni elettronici, si addestrano nell'esercito e vi occupano posti dirigenti,
sono capitani di lungo corso... La vecchia autorità maritale, soprattutto nel mondo contadino, vacilla sempre di piú... "I tempi sono cambiati", ha detto Mao alle donne, «l'uomo e la donna sono uguali, quel che l'uomo può compiere anche la donna può farlo"... “...le donne erano le piú sfruttate tra gli sfruttati (nel famoso testo Rapporto dell'inchiesta sul movimento contadino nello Hunan, 1927, Mao descrisse la situazione della donna cinese come una situazione oggettivamente rivoluzionaria, e pronunciò la piú netta condanna del potere maritale e dell'uomo - in genere - sulle donne).
Nella Cina tradizionale occorreva infrangere una terribile discriminazione che risaliva a duemilacinquecento anni prima, a Confucio medesimo, che diceva: “Non vi sono che
due categorie di esseri inferiori: la gentucola (Xiaoren) e le donne". Sulla donna esisteva sempre la tutela dell'uomo, padre marito figlio o qualsiasi altro uomo fosse investito del potere presso questa sorta di minorata a vita che era la donna. E il potere dell'uomo poteva anche essere di vita o di morte. La mutilazione dei piedi ebbe origine nel desiderio di rassomigliare ad una concubina imperiale famosa, e quindi di "piacere" al proprio uomo. Il procedimento di mutilazione dei piedi attraverso le bende si sparse rapidamente perché accentuava lo stato di soggezione della donna, che diventava incapace di muoversi da sola. Perché le donne accettassero la sofferenza di questa mutilazione, se ne fece un marchio distintivo di nobiltà femminea. Infatti, le serve, di cui i signori avevano bisogno, e le contadine al lavoro nei campi, non avevano i piedi bendati, ma esse non potevano aspirare ad un matrimonio conveniente. E cosí accadeva che le donne stesse aspirassero al supplizio del bendaggio dei piedi, e che le madri restassero sorde ai pianti delle loro figlie martirizzate.
La filosofia confuciana non riconosceva la pluralità delle mogli come il Corano. Ma in realtà la monogamia era il segno della povertà, e l'uomo che aveva mezzi, a fianco della moglie legittima, prendeva una o piú concubine. Ma quando il capriccio del signore si spegneva, la concubina diventava una serva. Nella tradizione cinese, le donne erano dunque esseri cosí disprezzabili, cosí condannate all'infelicità che le madri miserissime di Shanghai, spesso, allorché nasceva una femmina l'affogavano come un gatto...
Le donne sono in Cina alla conquista della metà del cielo. La loro situazione è capovolta, oggi. E tuttavia nelle donne esistono ancora tracce di superstizione, e di esagerata considerazione per l'uomo, visto come essere privilegiato, e quindi di timidezza nell'affrontare compiti di direzione
politica. “Nelle campagne" ha detto Mao “le donne vogliono tuttora avere solo figli maschi. Se il primo e il secondo figlio sono femmine, la donna ne metterà al mondo un altro. E se anche il terzo è femmina, la madre ci riprova. Cosí si fa presto ad avere nove figli... «Questa mentalità”, ha concluso Mao, “dev'essere cambiata, ma ci vuole tempo."
L'angustia che le donne assumano una parità piena, che non sia solo giuridica - ma che nasca dalla rivoluzione nella sovrastruttura della donna, e dell'uomo - è talmente forte in Mao, e cosí fermo appare in lui l'interesse a scatenare il torrente delle energie femminili, che ci si può domandare: dopo aver portato i giovani a farsi iniziatori della rivoluzione culturale nella scuola, una nuova rivoluzione culturale non avrà come protagoniste le donne nella famiglia e nella società?...