Il 28 è stata una manifestazione partita male e caratterizzata poi inevitabilmente dalla linea della tiepidissima denuncia e della "convivenza civile". A parte poche parti del corteo in cui vi era la denuncia della polizia che stupra nei CIE, con presenza anche di donne immigrate con Action A, la denuncia di Montalto di Castro e in particolare dello "stupro a spese dello Stato" portata in particolare dalle compagne bolognesi e dall'ass. Erinna, la denuncia dei recenti provvedimenti antiaborto e antimmigrate della Carfagna, la presenza di uno spezzone di "donne da sud" (non solo per la provenienza, ma perchè "da Sud" vuole dare il senso della profondità dell'oppressione della donna), la denuncia dell'utilizzatore finale Berlusconi della violenza sistemica legalizzata portata dalle compagne del MFPR, e poco altro, il resto - e ciò che ha dato il segno "ufficiale" della manifestazione - era deprimentemente riformista, democratico nel senso perbenista della parola, caratterizzato dalla parola d'ordine "Basta".
Una parola d'ordine generica che non indica un percorso di lotta, ma di fatto una richiesta (a chi?), che parla di violenza senza tempo né spazio, che non denuncia la violenza sessuale nella fase specifica in cui il sessismo è legato strettamente al fascismo istituzionale e non e al razzismo; non una parola contro Berlusconi e l'uso/abuso del potere politico contro le donne (a parte rarissime eccezioni). L'unico striscione contro il governo era quello che diceva chiaro: "noi odiamo gli uomini che odiano le donne - 1°della lista: Berlusconi". Anche la composizione del corteo è stata una specchio dell'impostazione imposta da alcune realtà e compagne, in particolare romane, alla manifestazione: mentre nel 2007 le parlamentari sia di destra che di "sinistra" erano tenute fuori e furono attaccate/cacciate, il 28, invece, giravano nel corteo e parlamentari del PD rilasciavano anche interviste (valorizzate pure nei blog/siti); mentre nel 2007 giustamente gli uomini erano fuori perchè il corteo doveva affermare l'autonomia autorganizzata della forza e unità delle donne, il 28 erano accolti nel corteo gli uomini organizzati nel "maschile/ plurale" e la loro presenza da parte di alcune è stata considerata addirittura "la novità importante della Giornata sulla violenza contro le donne" (L. Melandri).
La realtà è che nonostante la denominazione del sito "torniamo in piazza", la manifestazione ha mostrato quello che era evidente già da prima: una manifestazione organizzata "sulle donne" e non "con le donne" che da mesi GIA' scendono in piazza e fanno anche lotte dure: lavoratrici che stanno perdendo il lavoro, disoccupate, precarie della scuola, dei call, center, studentesse, ecc.; che parla della lotta contro la violenza sessuale ma si guarda bene di andare a Montalto di Castro per lottarvi concretamente. Queste donne sono state usate solo nei discorsi, nelle e mail, quando si è solo voluto contrapporre le "donne reali", i "problemi concreti che vivono ogni giorno", alla lotta contro il primo e ultimo utilizzatore/responsabile di questa condizione delle donne: Berlusconi, le sue ministre, e la inesistente "opposizione". Per non fare in realtà la lotta qui ed ora, che non si esaurisce in una manifestazione all'anno. Parlare "sulle donne" ma non dare voce, non essere espressione della maggioranza delle donne, delle loro lotte ha reso via via arida, inutile, piccolo borghese nel senso più negativo del termine, la lista "sommosse".
In questo senso, la bella iniziativa del 29 a Montalto non solo è stata una cosa necessaria e sacrosanta, ma è stata l'altra lotta, quella giusta rispetto all'impostazione del 28. Il 28 e il 29 non sono, quindi, "due iniziative", ma sono due linee, due modi di concepire la lotta contro la violenza sessuale, due pratiche diverse - tant'è che anche chi poteva non è venuta a Montalto (soprattutto le romane che non avevano neanche la giustificazione delle difficoltà pratiche) e altre addirittura l'hanno apertamente boicottata. Questo non lo dobbiamo nascondere ma farne terreno di chiarezza e di decisioni conseguenti.
La manifestazione a Montalto è stata costruita da pochissime, le compagne di Bologna che ci hanno messo un grande impegno anche pratico, le compagne del Mfpr che l'hanno sostenuta, la compagna Luigia che ha dato la spinta definitiva, le compagne dell'ass. Erinna che dopo prime difficoltà sono state determinate, forti, accoglienti, e poi a Montalto altre realtà da Milano a Pisa, anche qualcuna da Roma, ecc.; ma è stata costruita con un confronto franco e aperto che aveva l'unico scopo di fare la cosa giusta e necessaria per Marinella e per tutte le donne - tutt'altra cosa dei dibattiti tutti interni apparsi su "sommosse" che non interessano nessuna. L'iniziativa a Montalto è stata di rottura qui ed ora, sì anche di "guerra civile" (nel senso di necessaria lotta anche tra la popolazione e le stesse donne).
L'iniziativa a Montalto è stata di chiarezza/schieramento tra la gente: vi erano donne che dicevano "fate schifo", ma altre che applaudivano. Ma questo è inevitabile e necessario. Il "moderno fascismo" non è solo repressione e violenza, ma anche costruzione di ideologia reazionaria, razzista, costruzione di opinioni di massa, ecc. Contro tutto questo non bastano gli appelli, ma occorrono i fatti, una lotta aperta, coraggiosa, in prima persona, per schierare, per permettere anche alle poche di non sentirsi sole.
Chi non è venuta volutamente a Montalto (e non per ragioni pratiche) ha invece lasciato sole le Marinelle, le donne, le compagne che non ci stanno; in nome di un ipocrito rispetto delle opinioni, non si ostacola che il cancro dell'ideologia fascista, sessista, razzista possa via via invadere come una macchia nera senza trovare barriere.
Ora non si può, ripetiamo, far finta di niente e tornare ai dibattiti in lista, o fare una due/tre giorni per il "piacere" di parlarsi addosso. Lasciamo a chi si sveglia una volta all'anno, farlo. Noi vogliamo, invece, dare continuità al modo come si è costruita la manifestazione a Montalto, vogliamo unire la lotta contro la violenza sessuale di Stato alla lotta delle immigrate, delle lavoratrici, precarie, disoccupate, delle ragazze nelle scuole e nelle università, alla lotta delle donne contro i "terremoti" nei territori. Vogliamo costruire un momento di assemblea nazionale, in cui protagoniste siano le donne, le ragazze, compagne, collettivi che lavorano e lottano ogni giorno.
Per questo: rilanciamo la proposta di preparare un incontro/assemblea nazionale - il luogo proposto e che vorremmo confermare è L'Aquila, il periodo potrebbe essere febbraio. Prepariamola attraverso un uso più vasto della lista Tavolo 4, che sempre di più deve essere il quadro di tutte le lotte, i dibattiti reali che possano interessare la maggioranza delle donne che lottano sui posti di lavoro, nelle scuole, nei territori, per essere al servizio della costruzione di una rete tra le donne, di coordinamento effettivo, di sostegno reciproco delle lotte, di costruzione di iniziative comuni, e in questo modo avanzare nella battaglia femminista, di classe, di lotta a ogni moderno fascismo, razzismo ma anche ad ogni riformismo. La lista Tavolo 4 non è ancora così. Pochissime scrivono, non tutte le lotte sono rappresentate, vi è ancora un vizio di parlare a ruota libera, certo utile, ma oggi abbiamo bisogno di fare di questa lista sempre più uno strumento per il coordinamento e la lotta.
Chiediamo alle compagne di dirci cosa ne pensano, e di cominciare a lavorare insieme in maniera coordinata.
Un forte saluto a tutte
Le compagne del MFPR
6.12.09