24/02/14

Taranto: incontro donne/consigliera parità

A Taranto un gruppo di donne disoccupate e lavoratrici precarie dello Slai cobas per il sindacato di classe si è incontrato con la consigliera di parità della Provincia, per chiedere un suo impegno concreto, fatti e non parole nella battaglia che queste donne a Taranto stanno portando avanti, e che ha visto come momento importante/storico la realizzazione il 25 novembre anche nella nostra città dello "sciopero delle donne".
Nell'incontro da parte delle disoccupate, lavoratrici è stato sottolineato che la lotta contro femminicidi e stupri deve essere unita alla lotta contro le condizioni pesanti di vita, le oppressioni quotidiane che sono spesso alla base delle violenze sessuali. A Taranto alcuni problemi: lavoro, reddito, casa, servizi sanitari rappresentano un macigno sulla condizione di noi donne.
Senza lavoro, senza reddito, senza casa le donne sono di fatto dipendenti dagli uomini, e non solo economicamente, non possono fare scelte, non possono rompere rapporti violenti, non possono liberarsi di situazioni familiari oppressive; nello stesso tempo, quelle che hanno la "fortuna" di lavorare vengono umiliate e offese con lavori, anche negli appalti pubblici, a pochissime ore e a pochissimo salario che ugualmente non permettono indipendenza/scelte di vita; a tutto questo si aggiunge il costo dei servizi sanitari che diventano particolarmente gravosi in una città inquinata a rischio salute, e la grave situazione che esiste nell'ospedale con il grande numero di medici obiettori di coscienza, che impedisce alle donne il diritto d'aborto e quindi anche su questo una libera scelta.
In questo senso le disoccupate, lavoratrici hanno indicato alcuni obiettivi:
1) all'interno della rivendicazione del lavoro per le donne, dei corsi di formazione solo per le donne su raccolta differenziata/bonifiche, retribuiti (come forma di salario sociale) e finalizzati al lavoro;
2) l'aumento delle ore di lavoro (che non sia inferiore a 24 ore settimanali), e quindi del salario in tutti gli appalti pubblici, in cui la stragrande maggioranza sono donne;
3) priorità nel diritto alla casa per le donne violentate, maltrattate, o capifamiglia;4) servizi sanitari gratuiti e pretendere una struttura sanitaria e presenza di numero di medici adeguata alle richieste di interruzione gravidanza a Taranto.

La consigliera Gambillara, pur sottolineando come i suoi "poteri" siano limitati, ha informato che sulla questione della formazione aveva a suo tempo sollecitato perchè una quota fosse riservata alle donne; così come il suo ufficio aveva fatto degli interventi rispetto a casi individuali di discriminazioni contrattuali e normative verso lavoratrici; mentre sul problema casa, di donne che vogliono allontanarsi dalla loro casa, ha detto che si stava percorrendo la strada dei centri di accoglienza, case-rifugio, percorsi di aiuto.

Questi interventi - ha, però, affermato la delegazione delle disoccupate e lavoratrici - non possono rispondere alla gravità della condizione generale delle donne, alcuni di questi si limitano all'assistenza di casi individuali, eludono il problema che le donne chiedono prima di tutto diritti, come per esempio sulla casa, dove le soluzioni di "case rifugio" sono spesso peggiori del male.
In questo senso la delegazione di disoccupate e lavoratrici ha sollecitato la consigliera ad andare oltre il solo aspetto di assistenza, o l'affrontare solo casi individuali di discriminazioni, di violazioni a norme e contratti che colpiscono le lavoratrici; ma guardare alla situazione collettiva delle donne. A partire da una realtà sia pure iniziale: le donne disoccupate, le lavoratrici precarie già lottano. E ora pretendono che le Istituzioni non si limitino solo alle parole in giornate come il 25 novembre o l'8 marzo, ma facciano azioni concrete.

Proprio per questo, in conclusione, le disoccupate e lavoratrici hanno chiesto alla Consigliera Gambillara di farsi promotrice per organizzare un Convegno pubblico, a cui far partecipare tutti i rappresentanti istituzionali, per chiamarli questa volta a "metterci la faccia" su impegni concreti.
Questa proposta è stata accolta dalla consigliera e ci si è trovate d'accordo nel cercare di realizzarla intorno all'8 marzo.

DISOCCUPATE-LAVORATRICI PRECARIE - Slai cobas per il sindacato di classe

Comunicato stampa IVG a Jesi

Riceviamo da compagne e compagni di Jesi e pubblichiamo


Comunicato stampa

Pari opportunità. Renzi ha fatto un governo dicendo di rispettare questo principio, ed ha nominato otto ministri uomini e altrettante donne. Probabilmente così non è in merito al servizio di IVG che non prevede "pari opportunità", almeno sul piano dell'offerta, fra obiettori e non obiettori presenti in un dato territorio. I ritardi, la disorganizzazione, le scuse di vario genere non rendono merito né degli alti stipendi di chi, manager, deve provvedere alla governance della sanità territoriale, né di chi deve vedere tutelato un diritto universale, quello ad essere individuo e non semplice contenitore per fare figli che, in caso contrario, deve aspettare, angosciarsi, girarsi mezza provincia (se non mezza regione) per poter scegliere liberamente di essere o meno madre. Pari opportunità si diceva, specie nei confronti di quelle donne più fragili: minori, povere, ignoranti (nel senso della bassa istruzione) straniere. Un sistema universalista come quello italiano, continua insomma a fare di tutto per perpetuare disuguaglianze nella salute, nei diritti, nell'offerta e nell'accesso ai servizi. Chissà se Jesi, al pari dello sport, sarà d'esempio anche nell'antiabortismo che sta dilagando in Italia e in Europa. In questo caso però c'è ben poco da vantarsi, ma solo da mobilitarsi tutte e tutti per impedire che un diritto di libertà venga cancellato, portando le donne italiane indietro di anni. Mobilitarsi tutti e tutte, dal basso, in attesa che le tre parlamentari elette in Vallesina, in quanto donne che fanno politica, facciano sentire la loro voce a difesa di un diritto vergognosamente attaccato.

23 febbraio 2014

FAI - Federazione Anarchica Italiana

gruppo "Michele Bakunin" - Jesi

gruppo "Francisco Ferrer" - Chiaravalle

Milano 28 febbraio: presentazione dossier sciopero delle donne


21/02/14

Contro la globalizzazione della repressione e i governi assassini: solidarietà alle Pussy Riot!

Sochi 2014: Pussy Riot frustate da guardie cosacche in un ristorante

Aggressione alle Pussy Riot a Sochi. Una dozzina di membri della milizia cosacca, utilizzata dalle autorità locali per sorvegliare le strade, ha attaccato a colpi di frusta sei componenti della punk band, cinque donne e un uomo, mentre il gruppo teneva una performance in un ristorante alla periferia della città sede dei Giochi. La band si era presentata nel locale indossando maschere da sci e abiti coloratissimi, ma ad accoglierla ha trovato i cosacchi, che le hanno impedito di suonare spaccando le chitarre. Il tafferuglio è durato meno di cinque minuti, durante i quali la leader Nadezhda Tolokonnikova è stata frustata mentre era a terra e l'unico componente maschile del collettivo è stato sbattuto a terra e si è ritrovato col volto insanguinato. La polizia sta interrogando testimoni, nessuno è stato arrestato. 


Ieri, Tolokonnikova e Maria Alekhina erano state fermate sempre a Sochi, ma non arrestate, con l'accusa di furto in un albergo. La punk band auspicava il boicottaggio delle Olimpiadi sostenendo anche che l'arrivo a Sochi sarebbe stato, da parte dei leader mondiali, una tacita approvazione delle politiche del presidente russo Putin. Le milizie cosacche sono utilizzate dall'anno scorso come forza di polizia ausiliare con compiti di pattugliamento delle strade nella provincia di Krasnodar, che comprende anche il territorio di Sochi. La storia dei cosacchi in Russia risale fino al 15esimo secolo: hanno servito nella cavalleria zarista come guardie di frontiera e poi sono spariti di fatto sotto il comunismo, ma sono tornati ora soprattutto nelle regioni meridionali della Federazione.
(19 febbraio 2014)

Donne in lotta: tutta la vita deve cambiare

da Taranto contro


MALEDETTI!! Una donna massacrata e quasi uccisa dal suo ex compagno.

Questa mattina in via Diego Peluso un uomo, per gelosia, ha prima massacrato di botte, poi inferto coltellate alla fine dato fuoco ad una donna, sua ex compagna. Poi si è consegnato ai carabinieri chiamati dalla gente e a fronte della grida della donna, originaria della biellorussia.
"Meritava di morire", ha detto l'uomo. La colpa della donna - ancora una volta come purtroppo tante altre volte accade anche a Taranto - era di non volerlo più, di voler rompere il loro legame.

Ma vogliamo mandare un forte messaggio agli uomini che odiano le donne:
A Taranto le donne si vanno organizzando, si uniscono, alzano la testa, fanno lo sciopero delle donne - come il 25 novembre -; non vogliono più accettare di essere oppresse e subire violenze. E lottano perchè tutta la vita deve cambiare!
Il 28 febbraio, in occasione del processo di Carmela contro i suoi stupratori saremo di nuovo in piazza; lo stesso faremo l'8 marzo.
La nostra ribellione vi farà paura!

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario - Taranto

Blocchi a Taranto di disoccupate e lavoratori

E' stata una mattinata calda. Circa 50 tra disoccupate, disoccupati e lavoratori della Pasquinelli dello slai cobas per il sindacato di classe, a fronte del silenzio da parte sia del Comune che della prefettura alla richiesta di incontri sull'emergenza lavoro, reddito, e soprattutto a fronte della mancata convocazione del Tavolo congiunto per cui vi era stato un preciso impegno del Comune, dopo aver atteso più di un'ora, si sono riversati sulla strada/ringhiera di C.so Emanuele, facendo per circa un'ora e mezza vari momenti di blocco della strada, insieme a volantinaggi agli automobilisti, comizi volanti per spiegare le ragioni della protesta e far appello alla solidarietà. Nuovi disoccupati dei Tamburi e donne disoccupate si sono unite e organizzate.

Le donne in prima fila denunciavano come a Taranto per avere lavoro devi elemosinare da questo o quel politico, dare soldi o peggio, per le donne, ricevere anche proposte oscene sessuali.

In varie occasioni digos e polizia hanno cercato di spintonare i disoccupati e lavoratori, per impedire la protesta, creando momenti di forte tensione; ma il risultato era sempre di rendere più determinati chi stava lottando: "a Taranto alcuni inquisiti nell'inchiesta Ilva stanno ancora nelle poltrone istituzionali, a cominciare dal sindaco, e invece si vuole reprimere chi lotta per i diritti".

Mentre in generale, pur nel disagio, la gente e gli automobilisti erano solidali con la lotta, ad un certo punto una macchina ha forzato volutamente il blocco quasi mettendo sotto, e ferendo una disoccupata - Concetta Musio - e 2 disoccupati, che sono dovuti andare al pronto soccorso, dove hanno avuto prognosi fino a 15gg.

Ma questa protesta è servita. E' arrivato il Presidente del Consiglio comunale il quale ha fissato un incontro immediato. Quindi alle 12 tutti i disoccupati sono saliti al Comune di ple Bestat, dove era presente l'Ass. al lavoro Scasciamacchia.Qui, dopo un tentativo di chiudere l'incontro con un comunicato generico, e dopo che i disoccupati hanno detto chiaro che sarebbero rimasti dentro il Comune finchè non fosse stata fissata la data di convocazione del Tavolo congiunto, Bitetti e il presidente della commissione attività produttive hanno fissato il Tavolo per mercoledì 26 febbraio alle 10 presso palazzo Latagliata. A questo Tavolo lo slai cobas ha ricordato che vogliamo siano presenti anche Amiu, Confindustria, Provincia. 

Un bell'episodio. Durante i blocchi è arrivata una telefonata da parte di operai dell'Ilva, a cui era arrivato l'eco della protesta, che hanno voluto esprimere la loro solidarietà a chi lotta per il lavoro.

Slai cobas per il sindacato di classe

TA. 20.2.14

19/02/14

Note sul decreto femminicidio dalle compagne No tav

IL “DECRETO FEMMINICIDIO”: NOTE SU UNA CONFUSIONE FUNZIONALE

Violenza sulle donne, violenza sulla terrra: questo il titolo di un incontro che, come compagne femministe, abbiamo avuto con le donne della Valle nel novembre 2012. In quell’occasione, richiamandomi all’ecofemminista Vandana Shiva, avevo messo in luce come nel modello capitalistico- patriarcale di malsviluppo [in inglese maldevelopment: male, maschile + development, sviluppo] sfruttamento e violenza contro le donne e la terra vadano di pari passo. Il malsviluppo, infatti, si basa sul controllo, l’asservimento, lo sfruttamento – e, a volte, anche l’annichilimento – della potenzialità generativa e rigenerativa tanto delle donne quanto della terra. Pur non avendo, qui, il tempo di soffermarmi sulle importanti suggestioni che V. Shiva ci offre, ho richiamato questo legame non per evocare nostalgicamente un’era matriarcale che, forse, non è mai neppure esistita come tale, ma per mostrare a cosa sia funzionale l’apparente confusione di contenuti che caratterizza il cosiddetto “decreto femminicidio” approvato lo scorso ottobre. Sotto il nome di Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province è stata approvata una serie di norme che riguarda tanto la “tutela” delle donne, quanto gli “interventi a favore della montagna” (art. 11bis), fra i quali sono nominati degli “interventi per la valorizzazione e la salvaguardia dell’ambiente”. Ad un primo sguardo si potrebbe pensare che il legislatore abbia letto Vandana Shiva. Ma, in realtà, si tratta di norme con le quali lo Stato, da una parte, torna ad assumere su di sé il ruolo patriarcal-paternalistico di tutore dell’integrità e della sicurezza delle donne e, dall’altra, si arroga il monopolio della salvaguardia ambientale – oltre che della “valorizzazione” della montagna, espressione che contiene non poche ambiguità, visti gli effetti

devastanti in Valsusa e altrove! – rafforzando, al contempo, la militarizzazione dei territori – in nome della “vigilanza di siti e obiettivi sensibili” – e la repressione. In questo modo si delegittimano i percorsi popolari di autodeterminazione e costruzione di comunità “altre” – come quella che da alcuni lustri si va sperimentando in Valsusa, proprio a partire dalla difesa della salute e del territorio – e si criminalizzano le esperienze di resistenza popolare. La logica che sta dietro questo decreto è, ancora una volta, quella dell’emergenza e dell’allarme sociale. Le Norme in materia di sicurezza per lo sviluppo, di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e per il contrasto di fenomeni di particolare allarme sociale, sancite nel Capo II del decreto, non sono che il rafforzamento dell’autoritarismo dello Stato e del suo monopolio della violenza. Disciplinando le forme di resistenza e di reazione contro la violenza sulle donne e sulla terra, si pretende, da una parte, che il dissenso sia espresso con modalità che non disturbino in alcun modo i progetti di devastazione territoriale, e, dall’altra,

che le donne rinuncino ai percorsi di autodeterminazione, delegando ai “servitori dello Stato” la propria sicurezza. Tutto ciò nonostante tanto in Val di Susa quanto nelle zone terremotate, nelle strade, nelle caserme e nei Cie, non di rado uomini in divisa abbiano usato il proprio potere per abusare sessualmente delle donne stesse – italiane o immigrate che fossero. Ma ciò che di più paradossale traspare dal “decreto femminicidio” è una velata equiparazione della lotta No Tav alla violenza di genere – d’altra parte lo stesso procuratore Caselli tra il 2012 e il 2013 si era richiamato allo “stupro” e agli “stupratori” parlando della lotta in Valle. Ne è dimostrazione la dichiarata “necessità di introdurre disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica a tutela di attività di particolare rilievo strategico, nonché per garantire soggetti deboli” che si traduce, in sostanza, in un mero rafforzamento delle politiche securitarie giustificato, per altro, con la vittimizzazione di soggetti considerati “deboli” anziché indeboliti. Politiche che da una parte affrontano solo formalmente il problema della dominante cultura femminicida, e dall’altra militarizzano siti in cui si pratica l’ecocidio in nome del profitto. Ed ecco che dietro il dichiarato “interesse strategico”, emerge il vero interesse, meramente economico, esplicitato anche nella formula della “sicurezza integrata per lo sviluppo”. Tutto questo spiega perché questo decreto abbia bellamente ignorato le indicazioni in materia di prevenzione della violenza di genere provenienti da Convenzioni internazionali, quali quella di Istanbul. Fare della repressione la prima forma di protezione e prevenzione, mira solo a consolidare la morsa delle repressione ed accrescere i poteri di polizia. Un’ultima osservazione, che vuole essere più che altro una sollecitazione. Nel 2007 le mobilitazioni femministe avevano impedito il gioco sporco cui mirava il “pacchetto sicurezza”: veicolare, in nome della difesa delle donne, una serie di provvedimenti marcatamente razzisti. Nel 2013, invece, da parte femminista è stata assai blanda la risposta all’uso della violenza contro le donne come cavallo di Troia delle politiche securitarie e repressive. Si è così lasciata passare una confusione funzionale il cui risultato è che, oltre alla norma anti-No Tav contenuta nel “decreto femminicidio”, una manifestante che “bacia” provocatoriamente il casco di un poliziotto (poco importa, qui, commentare la miseria simbolica di quel gesto…) viene indagata per violenza sessuale e i/le partecipanti agli assedi simbolici dell’albergo che ospita i militari in Val di Susa sono accusati di stalking. Questo mondo alla rovescia è funzionale al rafforzamento dello Stato di polizia e ne è, al contempo un sintomo evidente. Occorre, quanto prima e con determinazione, smantellarne i dispositivi. N. P., febbraio 2014

Non potete fermare il vento, gli fate solo perdere tempo! Consiglia libera, liberi tutti!

NAPOLI: Un appello di donne chiede la libertà per Consiglia

L'urgenza di ribadire ancora e ancora che l'inchiesta farsa contro il movimento dei disoccupati organizzati è cosa che riguarda chiunque abbia negli occhi e nel cuore dignità e libertà. L'esperienza napoletana è unica in Italia, da 40 anni i disoccupati organizzati rappresentano la rottura indomabile e irriducibile degli schemi clientelari che tanto pesantemente hanno inciso nelle dinamiche sociali del sud;da loro nasce lo slogan "solo la lotta paga", da loro provengono generazioni di donne e uomini sempre al fianco degli antifascisti, degli immigrati, degli studenti, dei lavoratori; sempre interni e attivi nei movimenti, con noi nelle occupazioni di case, con noi nelle mobilitazioni contro le guerre umanitarie, con noi a Napoli e Genova 2001.

I disoccupati organizzati siamo tutti noi e noi siamo loro, un corpo unico, quello che non si arrende, che ancora alza lo sguardo a sfidare il cielo.
Donne e uomini ma, lasciatecelo dire, soprattutto donne. Donne dalla dignità immensa delle quali siamo orgogliose di essere compagne e sorelle. E tra tutte Consiglia. E' difficile trovare le parole giuste ma, senza alcuna retorica, ci alziamo in piedi. Consiglia e' onestà, coraggio, generosità, testa alta. Consiglia, per noi tutte modello di donna e compagna, e' il sorriso che accoglie le più giovani, e' l'abbraccio sempre disponibile, lo sguardo aperto e leale. Consiglia e' instancabile ed indomabile, da sempre in prima linea, da sempre per le strade, ha dedicato un'intera vita alle lotte, senza fermarsi mai. Oggi Consiglia e' agli arresti domiciliari, le è vietato qualsiasi contatto con l'esterno, l'unica occasione in cui le è concesso uscire di casa e' per andare a fare la dialisi, ma scortata. Ma Consiglia non ha paura perché non è sola, non lo sarà mai, noi tutte siamo strette intorno a lei, la accompagneremo in questa ennesima battaglia, fianco a fianco, passo dopo passo. Consiglia e' bellissima, nessuna quanto lei. E voi miserabili che credete di poterla piegare o umiliare sappiate che ride di voi.

Le compagne

Mariella, Roberta M., Sissi, Laura, Angela, Martina, Greta, Michela, Milena, Giulia, Roberta N., Federica, Simona, Beatrice, Jessica, Alessandra, Valeria, Miriam D. , Miriam R. , Marina, Bruna, Nicole, Nadia, Claudia, Lucia, Flavia, Alba, Serena, Giusy, Sarah, Sara, Lucia, Paola.

 ***

TUTTA LA NOSTRA SOLIDARIETA' E UN GRANDE ABBRACCIO A CONSIGLIA da parte delle compagne, Disoccupate Organizzate di Taranto. La repressione non ci fa paura, anche qui a Taranto in cui durante le lotte abbiamo subito cariche della polizia e ora decine di denunce e processi.
E anche a Taranto sono sempre le donne in prima fila a sfidare con la loro forza, ironia, rabbia ma anche allegria, questi "morti in piedi".
Reprimere Consiglia è reprimere tutte noi! LIBERTA' PER CONSIGLIA E PER TUTTE LE COMPAGNE E I COMPAGNI ARRESTATI.

GIOVEDI' IN OCCASIONE DELLA MANIFESTAZIONE A TARANTO DEI DISOCCUPATI ORGANIZZATI LEGGEREMO A TUTTE LE DONNE QUESTO VOSTRO APPELLO.

Forza Consiglia e tutte le compagne! Non siete sole!


Le Disoccupate Organizzate Slai cobas per il sindacato di classe - Taranto
***

LIBERTA' PER CONSIGLIA E PER TUTTE LE COMPAGNE E I COMPAGNI ARRESTATI.

movimento femminista proletario rivoluzionario

***

"le lotte non si processano, non ci metteremo mai il cappio al collo"
con questo messaggio, l'ultimo messaggio mandato da Consiglia che ci è dato sapere,
voglio salutare Consiglia e tutte le donne proletarie combattive, le donne comuniste rivoluzionarie, le donne che si battono senza mezzi termini, ma con ogni mezzo, per una giustizia proletaria e femminista

Consiglia! nessun aguzzino metterà il cappio al collo alle lotte di massa, perché queste sono imprescindibili dalla vita. E finché avremo/daremo vita, nessuno potrà metterci cappi al collo!

Libertà per Consiglia
Libertà per tutte e tutti i proletari@

Luigia per il mfpr(AQ) e per gli sfollati autorganizzati (AQ)



***

forza, instancabile ed indomabile Consiglia .... siamo tutti e soprattutto TUTTE con te ..... 
Giorgia, precarie coop sociali Palermo

***

LA REPRESSIONE NON CI FA PAURA, LA NOSTRA LOTTA SARA' SEMPRE PIU' DURA E DIVENTERA' VIA VIA UN GROSSO INCENDIO... PER SPAZZARE DALLA FACCIA DELLA TERRA STATO, GOVERNI, PADRONI, POLITICANTI DI OGNI RISMA, AFFARISTI E TRAFFICHINI, OPPRESSORI, SINDACALISTI CORROTTI E VENDUTI, MASCHILISTI E OSCURANTISTI! 

Le lavoratrici e le ex puliziere del Policlincio di Palermo, da tempo in lotta per i diritti e il lavoro, ma anche contro il femminicidio, la violenza sessuale e di ogni genere sulle donne, esprimono la propria grande solidarietà a Consiglia e a tutte le donne e compagne represse e arrestate per avere portato avanti, con coraggio, determinazione e dignità, la lotta per i propri sacrosanti diritti e la giustizia sociale.

Il 25 novembre scorso, con lo storico SCIOPERO DELLE DONNE, le lavoratrici/precarie/disoccupate ,aderenti allo SLAI Cobas per il sindacato di classe e al MFPR, hanno tracciato un sentiero luminoso... perchè le tante 
scintille accese dalle donne in lotta possano incendiare la prateria....!

Lavoratrici ed ex puliziere SLAI Cobas per il sindacato di classe-Policlinico

17/02/14

BALLARE SI' MA NON BASTA, SERVE LA LOTTA DELLE DONNE...

dal mfpr palermo:

Anche noi del MFPR eravamo a one billion rising Palermo, davanti il palazzo di giustizia, con striscioni/pannello e volantini,  a denunciare che ballare non basta, occorrre la lotta diretta e sistematica della maggioranza delle donne perchè tutta la vita deve cambiare, perchè questa società capitalista fa della doppia oppressione delle donne uno dei suoi cardini...  
I nostri striscioni erano abbastanza espliciti su quello che vogliamo:  
"Contro violenza e femminicidi la lotta rivoluzionaria delle donne per rovesciare questa società che li produce", "Indietro non torniamo il diritto d'aborto non si tocca contro moderno medioevo, chiesa, stato, capitale",  "Ballare? SI, ma dobbiamo lottare contro gli uomini, i governi gli stati che odiano le donne". "Dallo sciopero delle donne all'8 marzo rosso e di lotta"...

Proprio sugli argomenti dei nostri striscioni siamo state intervistate e molto fotografate,  proprio perchè la nostra presenza era una voce fuori dal coro in questo caso fuori dal  ballo.
Abbiamo detto  che queste manistestazioni servono a ben poco,  non possiamo pensare di combattere e tanto meno cambiare la condizione delle donne con dieci minuti di danza. Sì vero che questa manifestazione si svolge in 90 città di tutto il mondo, sì vero che molte donne scendono  in piazza, ma tutto questo è fatto  più per apparire che per lottare contro il sistema che produce questo marciume.
Di qui, la necessità della centralità della lotta delle donne in difesa del diritto d’aborto e dell’autodeterminazione, che deve essere portata avanti con forza e determinazione, in continuità con lo sciopero delle donne del 25 novembre scorso contemporaneamente alla lotta contro il femminicidio e gli attacchi, pratici ed ideologici all’insieme delle condizioni delle donne.

Il fatto che quest'anno sia fatto davanti il tribunale è perchè si vuole portare anche la denuncia della giustizia in generale e nello specifico verso le donne che non c'è. La giustizia di questo stato borghese non potrà dare mai reali soluzioni e vera giustizia alle donne, vedi i tanti casi di violenza o femminicidi di cui gli autori uomini sono in diversi casi condannati con pene irrisorie o non condannatti affatto.

Ci vuole la rivoluzione e una nuova società per avere una vera giustizia popolare!

Ma nello stesso tempo nel percorso di lotta che facciamo adesso e ora in questo sistema, in questo stato borghese, denunciamo che gli stupratori e assassini di donne devono essere condannati con pene severissime

per due motivi:

  • perchè ogni condanna benchè non sufficiente è sempre un colpo al sistema
  • perchè usiamo quello che la magistratura borghese non fa per rivoltarglielo contro e mostrare l'ipocrisia che in diversi casi la magistratura di questo stato borghese mette in atto nei confronti delle donne (con aspetti maschilisti e sessiti).

Mfpr - Palermo


13/02/14

Sessismo e razzismo all' Ospedale di Seriate

Il manager dell'ospedale: "Qui tutto ok, non abbiamo infermiere marocchine..."
Gaffe del manager dell'Azienda ospedaliera di Seriate (Bergamo), un ex europarlamentare di An, davanti a Maroni e ai politici locali: "Non ci sono neanche romene, che comunque sono meglio dei romeni...". Poi invita una dirigente sul palco: "Una volta era una bella gnocca" E' polemica nel Bergamasco per le dichiarazioni del direttore generale dell'ospedale Bolognini di Seriate, Amedeo Amadeo, ex europarlamentare di An, all'inaugurazione di un nuovo padiglione. "Il successo dell'ospedale di Seriate? - ha detto fra l'imbarazzo generale - Sono gli infermieri, ma solo quelli italiani: qui non ci sono marocchine o romene". "Nel 2013 il nostro ospedale ha fatturato 1,5 milioni di euro in più rispetto al 2014 - ha proseguito il dg - Lo dobbiamo al miglioramento della struttura, ma soprattutto a chi ci lavora. I medici, certo, ma più ancora i mille infermieri, molti dei quali formati nella nostra scuola professionale. Qui non ci sono marocchine o romene, che comunque sono meglio dei romeni". Invitando poi una dirigente sul palco, Amadeo ha aggiunto: "Venga, dottoressa, che è ancora una donna interessante: una volta era una bella gnocca". Presa la parola, il governatore lombardo Roberto Maroni ha commentato: "Quando avrà finito con la sanità, avrà un posto sicuro da intrattenitore e io suonerò con lei". Con il passare delle ore sono arrivate diverse reazioni. "Sono toni, diciamo così, poco eleganti nei confronti della presenza di stranieri come lavoratori nella sanità - ha detto Orazio Amboni, della segreteria provinciale Cgil di Bergamo - Peccato, perché nell'Azienda ospedaliera di Seriate non sono mancate e non mancano lodevoli e serie iniziative di attenzione e accoglienza verso i migranti. Forse sarà stato il desiderio di compiacere la dirigenza leghista locale e regionale, presente in massa, a suggerire ad Amadeo il ricorso a un linguaggio di questo genere". "Evidentemente la travolgente emozione per la presenza del presidentissimo Maroni deve aver giocato un brutto scherzo ad Amadeo - ha rincarato il deputato pd bergamasco Antonio Misiani - Peccato: con le sue battute sulle infermiere straniere pensava di far ridere, ma si è solo reso ridicolo". (07 febbraio 2014) © Riproduzione riservata

09/02/14

E' USCITO IL DOSSIER "LA SCINTILLA DELLO SCIOPERO DELLE DONNE"!

E’ uscito l’importante Dossier di 64 pagine: “25 novembre – LA SCINTILLA DELLO SCIOPERO DELLE DONNE” a cura delle compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario.
E’ un dossier molto ricco, anche con foto, che dà un ampio quadro, completo e vivo dello “sciopero delle donne” tenutosi per la prima volta in Italia, dal nord, al centro al sud.

Il prezzo del dossier è di 4,00 euro, più le spese di spedizione.
  • Si può richiedere a: mfprpa@libero.it, oppure compilando questo modulo
    Per maggiori informazioni e/o organizzare una presentazione:

    • scrivi a mfprpa@libero.it, tel. 3408429376
    • contattaci su facebook qui 
    • leggi la presentazione qui sotto 
    • guarda l’anteprima qui



    Il Dossier riporta tutti gli avvenimenti, materiali, testi approfonditi, articoli, dibattiti, dati sullo sciopero, e altro, coprendo tutto il periodo dal 18 ottobre al dopo 25 novembre.


    E’ organizzato fondamentalmente in quattro sezioni:


    -Una prima sezione su tutta la grande, articolata campagna che ha preparato lo sciopero delle donne – con decine e decine di iniziative, interventi, un lavoro di rete nazionale, di dibattiti; una campagna che via via che si sviluppava sgomberava anche dubbi e perplessità;

    - una seconda ampia sezione di dibattito, polemica teorica, lotta di posizioni – che è stata necessaria per la stessa riuscita dello “sciopero delle donne” – sia verso posizioni politiche e pratiche che contrastavano attivamente lo “sciopero delle donne”, sia verso altre che ne sottovalutavano e oscuravano l’importanza attuale e strategica per il movimento delle donne, nella battaglia di classe/di genere, rivoluzionaria;

    - una terza sezione sulla entusiasmante realizzazione dello “sciopero delle donne”, con al centro le operaie, lavoratrici che dal nord al sud, in ogni città hanno preso loro in mano lo sciopero, e le tante manifestazioni che hanno accompagnato la giornata del 25 novembre, con la presenza viva delle studentesse in tante città;   alcuni dati eccezionali sull’adesione allo sciopero; l’esplosione anche internazionale della novità di rottura dello sciopero delle donne; ecc.   

    - infine, una quarta sezione che potremmo chiamare: della scintilla che deve rimanere accesa, estendersi e accendere un grande fuoco.


    Sarà organizzata anche una campagna di presentazione del dossier di cui informeremo a breve, chi fosse interessata già da ora ad organizzare una presentazione nella propria città, realtà di lotta, collettivo… può scrivere a mfprpa@libero.it

    Non si ferma la campagna ideologica e pratica contro il diritto d'aborto. Dopo la Spagna, la Svizzera

    Non si ferma la campagna ideologica e pratica contro il diritto d'aborto. Dopo la  Spagna, la Svizzera
    CI TOLGONO DIRITTI E DIGNITA' MA NOI VOGLIAMO LA NOSTRA LIBERTA'!
    Non è solo la Spagna di Mariano Rajoy a voler compiere passi indietro nella legge sull’aborto. Anche la Svizzera corre il rischio di seguire il medesimo percorso.
    Domenica 9 febbraio i cittadini della Confederazione sono infatti chiamati ad esprimersi su una proposta di legge popolare che si propone di escludere l’interruzione volontaria di gravidanza e l’embrioriduzione dall’elenco delle prestazioni coperte dall’assicurazione sanitaria obbligatoria. Se passasse il referendum, le donne, salvo casi rarissimi, dovrebbero provvedere di tasca propria per coprire le spese di un aborto, rendendolo di fatto impossibile per le pazienti meno facoltose.
    I PROMOTORI
    Secondo Peter Föhn, co-presidente del comitato “Aborto questione privata” che ha proposto il referendum e appartenente al partito conservatore di ultradestra popolare svizzero (Svp), “molte cittadine e cittadini non sanno che con i loro premi della cassa malati sono chiamati a finanziare gli aborti. Ma l’aborto non è una malattia”, e per questa ragione sarebbe necessario chiedere lo stralcio del finanziamento dell’aborto dal catalogo delle prestazioni dell’assicurazione malattie obbligatoria. “Nessuno deve essere obbligato a cofinanziare gli aborti degli altri – spiega Föhn – La possibilità di abortire non viene messa in discussione con questa iniziativa”. L’approvazione dell’iniziativa popolare (secondo i suoi sostenitori porterebbe a una riduzione dei costi dei premi assicurativi e, in ultima istanza, rafforzerebbe i diritti dei genitori: “Le ragazze under 16 non potrebbero più essere spinte a un aborto all’insaputa dei genitori”.
    IL GOVERNO
    Contrari all’iniziativa tutti i livelli istituzionali che hanno raccomandato ai cittadini di respingerla. In un messaggio pubblico la consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf del Partito borghese democratico (Pbd) ha aspramente criticato la proposta, spiegando che “si tratta di un’iniziativa pericolosa” perché “con il pretesto degli sgravi finanziari si vorrebbe fare marcia indietro rimettendo in discussione un’importante conquista sociale” e, ancora: “Una donna che riflette su un’interruzione di gravidanza si trova di fronte a una decisione estremamente grave che non deve essere resa ancora più difficile da considerazioni di carattere economico. Il sistema attuale funziona bene e consente un’assistenza ottimale delle gestanti”.
    L’ABORTO IN SVIZZERA
    In Svizzera l’aborto è legale solo dal 2002, quando con un referendum che raccolse i voti favorevoli del 72% dei votanti, venne modificato il codice penale, introducendo la possibilità dell’interruzione di gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione. La Svizzera, ancora oggi, resta uno dei paesi con il più basso tasso di aborti (6,8 per mille nel 2011, contro una media mondiale stimata al 28 per mille secondo i dati di Amnesty international). Un dato che secondo gli analisti si deve anche al facile reperimento della pillola del giorno dopo che (sempre dal 2002) è acquistabile senza ricetta medica (non esistono dati ufficiali sulla vendite di questo prodotto, le stime di mercato parlano di 100mila confezioni l’anno).
    LE DONNE A FAVORE
    La maggior parte delle donne che hanno sostenuto pubblicamente l’iniziativa “Aborto, questione privata” sono esponenti di partiti conservatori che si ispirano a valori “cristiani”, come il Partito popolare svizzero (Svp), omologo dell’italiano Unione democratica di centro (Udc), il Partito popolare democratico o il Partito evangelico svizzero (Pev). Le loro dichiarazioni campeggiano su siti e materiale di propaganda accanto a foto sorridenti e immagini di neonati: è il caso della consigliera nazionale Sylvia Flückiger (Udc) che ha dichiarato: “Non voglio essere obbligata a contribuire al finanziamento di una cosa che non è conciliabile con la mia coscienza”; o dell’altra consigliera nazionale del Pev Marianne Streiff­Feller che sostiene come “l’uccisione di vite umane” non rientri nelle prestazioni di un’assicurazione di base obbligatoria; o, ancora, di Elvira Bader, ex consigliera nazionale del Ppd, che sostiene come “il compito dell’assicurazione sulla malattia dovrebbe essere quello di guarire e salvare vite, non di sopprimerle”. L’elenco delle sostenitrici comprende anche Yvette Estermann, che oltre a essere una consigliera nazionale in quota Udc è anche medico: “Come donna voglio risparmiare a tutte le donne il percorso doloroso di un aborto. Come avversaria dell’aborto voglio che le persone che condividono la mia opinione non siano più costrette ad assumerne anche i costi economici”.
    SONDAGGI E CONTRARI
    Il fronte dei contrari è ampio. Gli ultimi sondaggi parlano di una vittoria dei ‘no’ con il 58 per cento delle preferenze, contro il 36 per cento dei ‘sì’ e il 6 per cento di indecisi. Un esito che scongiurerebbe l’introduzione nell’ordinamento elvetico di una norma lesiva dei diritti e delle conquiste sociali delle donne svizzere. Contro l’iniziativa si è espressa anche Amnesty international che parla di “minaccia ai diritti fondamentali”. Secondo l’organizzazione l’iniziativa svizzera mette in pericolo il diritto di tutte le donne di beneficiare del miglior stato di salute possibile e il diritto di non essere vittime di discriminazione. “Il diritto di tutte le persone di beneficiare del miglior stato di salute possibile, come è definito dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), si applica anche alla sessualità, alla gravidanza e alla maternità – ha spiegato Stella Jegher, coordinatrice della sezione svizzera di Amnesty su diritti delle donne e questioni di genere – Ogni Stato ha il dovere di garantirlo. Nessuno può essere oggetto di discriminazione nella sua applicazione. L’iniziativa compromette proprio questo diritto”.

    Da che parte c'è violenza - respingiamo strumentalismi

    Nell'attacco al M5S, noi siamo contro la Boldrini, il PD, il governo e Napolitano.
    La vera violenza, il vero attacco alla democrazia, pur quella parlamentare borghese, fatto con una politica, concezione e metodi fascisti, sono quelli portati avanti dalla presidente della Camera col sostegno del PD/Letta/Napolitano, che ha utilizzato strumenti illegali per bloccare un legittimo dibattito parlamentare - anche l'ostruzionismo è previsto ed è legittimo per impedire leggi antipopolari.  Appellare tutto questo come "terrorismo-dittatura" è voler coscientemente capovolgere la situazione per continuare a imporre (in questo ormai l'uso abnorme dei decreti legge e della fiducia) la loro dittatura al servizio di leggi a favore dei padroni, delle banche, dei grandi e protetti evasori e dei grandi criminali.
    La reazione dei deputati del M5S in questa occasione a una dittatura del presidente della Camera, che ha imposto per la prima volta e, ripetiamo, in maniera illegale lo strumento della "ghigliottina" per impedire gli interventi in parlamento, attuando un pericoloso precedente, è stata necessaria e sacrosanta, perchè contro leggi-truffa e l'affossamento di ogni forma democratica non ci si può limitare solo alle parole ma occorre, in alcuni snodi particolari, materialmente e in ogni modo impedire la violenza istituzionale.
    Le donne hanno sperimentato recentemente sulla nostra pelle queste politiche e metodi truffa, fatti anche facendosi beffe delle loro stessi regolamenti parlamentari, quando il governo ha imposto la fiducia sulla legge sul femminicidio facendo passare all'ombra di questa, nuove pesanti misure repressive contro i movimenti di lotta, in primis No Tav; ugualmente oggi dietro lo sbandieramento dell'Imu in realtà si è voluto far passare il regalo di 7,5 miliardi alle banche e assicurazioni private.
    Sappiamo bene come chi usa metodi antidemocratici chiami "democrazia" ciò che è fascismo e chiami il fascismo "democrazia". Ma i proletari e le masse popolari non possono lasciarsi ingannare.
    Ugualmente dobbiamo denunciare PRIMA DI TUTTO lo squallido gioco che PD, Boldrini, con l'aiuto di certa stampa e televisione, stanno portando avanti sulla questione delle offese sessiste.
    Chi ha cominciato a fare violenza non solo a parole ma con i fatti contro le donne del M5S è stato il questore Dambruoso del PD, a cui è seguito il silenzio della Bondrini.
    Respingiamo, poi, la strumentalizzazione fatta in alcune dichiarazioni della stessa Boldrini su stupri, violenza sessuali sulle donne come alimentate dalle offese sessiste apparse nel blog del M5S, per coprire le vere responsabilità di questo sistema, dei suoi governi, della sua polizia, dei suoi politici, negli attacchi alle donne, nella repressione poliziesca contro le lotte delle donne con uso di offese, molestie sessuali, fino a stupri, nell'averci dato governanti che si pregiavano di essere "utilizzatori" delle donne, e nell'alimentare quotidianamente con le loro parole e azioni un humus sessista, maschilista. Questa è la vera violenza quotidiana, sistemica.
    Così come respingiamo e onestamente ci fa senso la concezione del "rispetto verso le donne" espressa da alcune deputate del PD, che rivendicano le loro "scalate al potere" come dimostrazione della battaglia delle donne, e alzano la voce "indignate" solo perchè, secondo loro, le offese sessiste metterebbero questo "potere" in discussione, mentre queste stesse donne di "potere" continuando a fregarsene della condizione della maggioranza delle donne.

    Gli attacchi sessisti osceni del "popolo grillino" - che restano quindi una contraddizione secondaria - sono interni e frutto di una concezione, di una politica quella di Grillo e della logica del M5S che noi l'abbiamo chiamata fin dal primo momento populista reazionaria, che parla alla "pancia" degli italiani e quindi ne sollecita i più bassi istinti, il linguaggio stupido, crudo, il turpiloquio; noi fin dall'apparire il fenomeno Grillo e del M5S abbiamo detto che Grillo era lo sdoganamento delle posizioni fasciste, reazionarie, che accarezzava il razzismo antimmigrati come il sessismo antifemminista. Quello che è successo sia in parlamento da parte di un deputato del M5S sia soprattutto nel blog è frutto di questo humus nero che fa di Grillo e del grillismo una componente delle tre destre oggi in Italia (Berlusconi, Grillo, Renzi) - in questo è una contraddizione loro, interna al loro politica, ideologia, metodi moderno fascisti, non è una contraddizione esterna - e chi ora si indigna mentre è stata zitta verso offese, attacchi alla dignità delle donne a parole e nei fatti, legittimando in parlamento in tutti questi anni, con silenzi o alzate di spalle, l'uso berlusconiano delle donne e le loro scalate alla tv, a posti di potere istituzionali, fa come quel detto: "il bue che dice cornuto all'asino"...
    Questo humus populista reazionario del grillismo non poteva non suscitare lo squallore degli insulti sessisti nel blog di Grillo; questo è stato alimentato dallo stesso strumento del blog, fb, ecc. che fa diventare "fenomeno", dà voce a delle pulci, a dei miserabili quanto idioti maschilisti, che altrimenti non avrebbero voce; uno strumento che fa diventare immediatamente tendenza espressioni da "cesso di bar", che tali dovrebbero restare e invece trovano indegna pubblicità.
    Chiaramente questi commenti sessisti nel blog, l'idiotismo maschilista di fatto pubblicizzato da Grillo e soci mettono ancora una volta in luce quanto vasto e nero sia l'humus maschilista - quello che noi chiamiamo "uomini che odiano le donne" - quanto sia trasversale in termini di settori sociali e di idee politiche. Ma questo è un problema di lotta nostra!

    Non ci vuole la Boldrini o le donne del PD che si tengono ben stretta la loro poltrona in parlamento a ricordarcelo; nè possiamo accettare che strillano da una parte e si tappano dall'altra le orecchie sugli insulti razzisti e sessisti di uso comune nella fogna che è diventato il parlamento.
    Nessuno può imbrogliare da che parte sta il vero attacco alla democrazia, e l'attacco sistemico, violento alle donne, alla loro dignità e condizione.

    MC del MFPR Taranto

    YO DECIDO Milano 01 02 2014 - alcuni video sulla mobilitazione

    IL DIRITTO D’ABORTO NON SI TOCCA!

    Contro Moderno Medioevo, Chiesa, Stato, Capitale

    Giù le mani dal corpo delle donne!





    Il governo di centrodestra di Spagna, Mariano Rajoy, segretario del partido Popular, il 20 dicembre 2013, su proposta del ministro di giustizia Gallardòn, ha approvato un disegno di legge che limita fortemente il diritto delle donne di abortire entro 14 settimane.

    Con questo disegno di legge si cancella la legge del 2010 sulla interruzione volontaria di gravidanza che aveva depenalizzato l’aborto. La proposta Gallardòn prevede un forte peso del ruolo di medici, giudici, genitori e servizi sociali, facendo tornare le donne spagnole in una condizione di eterna subordinazione. Nello specifico, l’aborto è consentito solo nel caso di violenza sessuale (fino alla 12ma settimana) e di grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, con rischio permanente o duraturo nel tempo, certificato da due medici (fino alla 22ma settimana). I casi di anomalia del feto incompatibile con la vita o di malformazioni del feto rientrano nella fattispecie della salute psichica della donna e debbono essere certificati; nel caso di rischio per la salute psichica la donna dovrà produrre ben quattro certificati: due di due medici psichiatri, uno d’informazione clinica sui rischi relativi all’aborto e uno dei servizi sociali, soprattutto in merito alle alternative all’aborto: qui siamo al sadismo puro!

    Per le giovani tra i 16 e 18 anni si dovrà avere la ratifica dei genitori.

    L’obiezione di coscienza è estesa fin dalla fase informativa e non, come attualmente, al personale che interviene direttamente nell’intervento abortivo.




    La gravità dell’attacco al diritto d’aborto, sferrato in maniera frontale, in Spagna non è isolato, via via questa politica si estenderà negli altri paesi in Europa, per questo è anche nostro interesse essere oggi al fianco delle donne spagnole in lotta.



    Lo vediamo anche in Italia, dove la messa in discussione del diritto d’aborto, pur se oggi non avviene in maniera frontale, è di fatto in atto, a macchia di leopardo, su singoli aspetti, con attacchi ideologici e pratici: il seppellimento dei feti (ultimo in ordine di tempo il Comune di Girenze di Renzi) la crescente obiezione di coscienza che rende ormai impossibile in diverse regioni il ricorso all’IVG, la difficoltà di poter ricorrere alla pillola del giorno dopo e alla RU486, il riconoscimento giuridico dell’embrione nella L.40; si costringono, nei fatti, le donne al pendolarismo per poter interrompere una gravidanza indesiderata e\o ritorno al “prezzemolo e cucchiaio”, come avverrà inevitabilmente in Spagna. Non è sicuramente un caso che recentemente Bergoglio che ha definito orrore l’aborto, indicando nei fatti la prossima agenda politica ai governi, in primis all'Italia.



           
           
           
           
           






    La messa in discussione del diritto d’aborto è per questo sistema capitalista un attacco a ciò che esso simbolicamente rappresenta: la libertà di scelta delle donne in ogni ambito della propria vita, doppiamente per le giovani, le proletarie, le immigrate che subiranno una discriminazione di classe; la messa in discussione dei “diritti superiori della nazione”, la ribellione ad una ideologia di subordinazione, “conservazione”, necessaria per la borghesia soprattutto in una fase di crisi.



    Per questo per noi donne è centrale la lotta per la difesa del diritto d'aborto. Oggi la portiamo avanti in continuità con lo sciopero delle donne del 25 novembre contro violenze e femminicidi che rappresentano il frutto più marcio di questa società, ma che mette in discussione le tante forme di violenza e oppressione sessuale, attacco ai diritti che subiamo quotidianamente, di cui questo dell'aborto è centrale.

    Dopo lo sciopero delle donne abbiamo detto “indietro non torniamo”. Lo affermiamo con forza oggi anche nella lotta contro l’insieme degli attacchi pratici ed ideologici al diritto d’aborto.


    Movimento femminista proletario rivoluzionario Milano

    07/02/14

    le donne in rosso di amburgo a sostegno dei prigionieri politici indiani e della guerra popolare in occasione della giornata internazionale del 25 gennaio!

    Discorso del Rotes Frauenkomitee Hamburg (Comitato delle Donne Rosso Amburgo)

    Care compagne e compagni, care amiche e amici,
    Noi del Rotes Frauenkomitee Hamburg vogliamo parlare qui del ruolo particolare delle donne impegnate nella guerra popolare in India. La donna in India è, come in tutto il mondo, doppiamente oppressa e sfruttata. Il patriarcato in India assume le più diverse forme ed si impone fortemente. Le condizioni delle donne indiane sono complicate dalla società semi-feudale e società semi-coloniale che si esprime nel capitalismo burocratico.
    Abbiamo sentito la notizia che una donna di 20 anni è stata violentata da 12 uomini. Il capo villaggio aveva organizzato questo come misura di punizione, per un presunto contatto avuto con un ragazzo di un altro villaggio. Ciò nei villaggi indiani non fa eccezione, questa è la realtà quotidiana in cui le donne vivono nei paesi oppressi! L'espressione concreta della semifeudalità e del semicolonialismo e del capitalismo burocratico. L'eccezione è che ciò succede ancora oggi.
    Le donne in India hanno perciò innumerevoli ragioni per combattere. E questo lo fanno anche specificamente nella guerra popolare, il modo più coerente per distruggere il vecchio sistema con tutti i suoi mali.
    Nel 1986, è stata fondata l'organizzazione AMS che è entrata nel KAMS (Krantikari Adivasi Mahila Sangathan) e ora ha 90.000 aderenti. Si tratta della più grande Organizzazione delle donne in India. Tutti le 90.000 aderenti sono comuniste. Il KAMS fa propaganda contro le tradizioni adivasi del matrimonio forzato e del rapimento. Contro l'usanza dell'isolamento delle donne mestruate fuori dal centro urbano in una capanna nella foresta. Contro la bigamia e la violenza domestica. Nello Stato del Dandakaranya, è ancora vietato alle donne oggi seminare i campi.
    Il Partito Comunista dell'India (Maoista) ha deciso, quindi, che le donne possano seminare nei campi di proprietà collettiva. Su questa terra seminano, coltivare ortaggi e costruiscono dighe e canali di irrigazione.
    Per molte giovani donne entrare nel Partito comunista e in particolare nell'Esercito Guerrigliero di Liberazione Popolare(PLGA) significa avere la possibilità di sfuggire al soffocamento sociale. Questo è spesso l'unico modo per proteggersi contro il matrimonio forzato, lo stupro, e cose di questo tipo.
    Se una donna delle basi di appoggio viene violentata o picchiata, le compagne rispondono con i mezzi della guerra popolare. Cioè, l'uomo viene messo sotto accusa dalle compagne e punito. Se ripete il delitto, egli deve essere punito una seconda volta e punito in maniera ancora più pesante… fino a quando non farà una cosa del genere mai più.
    Con la guerra popolare in India che viene portata avanti da oltre 40 anni da parte del PCI (Maoista), unitamente ai contadini e agli oppressi, le donne hanno la possibilità attivamente e concretamente di combattere e rovesciare le condizioni dominanti.
    La repressione dello stato contro le donne è particolarmente dura. Arresti e torture sono pericoli che incombono su tutti i rivoluzionari in lotta. Per le donne rivoluzionarie in aggiunta ci sono lo stupro e le mutilazioni sessuali. I prigionieri in India, in particolare le donne, soffrono questa violenza da parte dello stato indiano, sostenuto dagli imperialisti, come arma usata contro la guerra popolare. Tali maniere degli Stati reazionari le conosciamo dalla storia di tutte le lotte rivoluzionarie. Ma le donne che combattono nella guerra popolare in India, non si lasciano scoraggiare. Molte di loro sono state testimoni di come la polizia e gli squadroni fascisti paramilitari distruggono interi villaggi per saccheggiare ai contadini quel poco che hanno per vivere, e violentare le donne fino a farle morire. Il senso di impotenza per la maggior parte di loro è stato il motivo che le ha fatte entrare nel Partito Comunista e nell'Esercito Guerrigliero Popolare di Liberazione. Nella misura in cui aumenta la repressione della polizia, tanto più sono le donne del KAMS diventare una forza potente e si uniscono a centinaia, a volte migliaia per attaccare e combattere contro la polizia.
    Molti degli stupri e delle bestiali mutilazioni sessuali sono indirizzati contro le aderenti al KAMS. Molte giovani donne che hanno visto questa barbarie sono entrate poi nel'EGPL, e ora rappresentano il 45 % dei suoi quadri.
    Le donne nella guerra popolare in India sono combattenti, sono sorelle in armi attivamente al fianco dei loro compagni combattenti. Il loro compito nell'Esercito Popolare non è quello di cucinare e fare altri lavori riproduttivi.
    Salutiamo la forza delle donne in India e prendiamo la loro lotta contro l'imperialismo e
    tutte le espressioni del patriarcato come un grande esempio.
    LUNGA VITA AL KAMS!
    LIBERTA' PER TUTTI I PRIGIONIERI RIVOLUZIONARI IN INDIA!
    VITTORIA ALLA GUERRA POPOLARE IN INDIA!
    FEMMINISMO PROLETARIO PER IL COMUNISMO!

    Rotes Frauenkomitee Hamburg

    CHIARA LOTTA PER VIVERE!|

    "È distrutta, irriconoscibile.... Quell'uomo ha usato una violenza che non si può neppure definire bestiale: neanche agli animali si può fare qualcosa di simile".
    "A dicembre.... l'ho denunciato ancora e lui mi ha minacciato in strada...
    ...Dopo quelle minacce ho presentato la terza denuncia nei suoi confronti...
    ...neanche i servizi sociali hanno fatto niente...”. (il padre di Chiara la ragazza di 19 anni di Roma massacrata di botte e calci dal suo compagno) 

    Con CHIARA, PERCHE' LOTTI CON TUTTE LE SUE FORZE PER VIVERE!
    contro questo Stato che lascia che gli uomini ammazzino le donne

    MFPR - Taranto




    02/02/14

    DALLA SPAGNA ALL'ITALIA: IL DIRITTO D'ABORTO NON SI TOCCA! Iniziative in tante città

    DALLA SPAGNA ALL'ITALIA: IL DIRITTO D'ABORTO NON SI TOCCA!

    In Spagna - migliaia in piazza a Madrid per difendere il diritto d'aborto

    CONTRO LA PROPOSTA DI LEGGE DEL GOVERNO RAJOY

    "Decido io", a Madrid in migliaia in piazza per il diritto all'aborto

    I manifestanti hanno consegnato al Congresso dei Deputati un documento in cui criticano la proposta e ne chiedono il ritiro. Proteste e cortei anche in Italia e in Europa davanti alle sedi delle ambasciate di Spagna





    Sono arrivate in auto, in treno, in pullman, da tutta la Spagna. Migliaia di persone si sono radunate a Madrid per protestare contro il nuovo progetto di legge sull'aborto, più restrittivo, approvato lo scorso dicembre dal governo di Mariano Rajoy.

    L'iniziativa intitolata "Un treno per la libertà" - lanciata da due associazioni femminili delle Asturie cui hanno aderito centinaia di altre sigle - consiste in una marcia dal Paseo del Prado fino al Congresso dei Deputati per consegnare un documento che chiede il ritiro della riforma e le dimissioni di Alberto Ruiz Gallardon, ministro della Giustizia e promotore del progetto di legge. 
    - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/protesta-spagna-legge-restrittiva-italia-cortei-b7bc4ff2-8e0a-4fd2-8c17-afb6f0dd3cb0.html#sthash.SGJBkPJ9.dpuf






    MONDO

    CONTRO LA PROPOSTA DI LEGGE DEL GOVERNO RAJOY

    "Decido io", a Madrid in migliaia in piazza per il diritto all'aborto

    I manifestanti hanno consegnato al Congresso dei Deputati un documento in cui criticano la proposta e ne chiedono il ritiro. Proteste e cortei anche in Italia e in Europa davanti alle sedi delle ambasciate di Spagna





    Sono arrivate in auto, in treno, in pullman, da tutta la Spagna. Migliaia di persone si sono radunate a Madrid per protestare contro il nuovo progetto di legge sull'aborto, più restrittivo, approvato lo scorso dicembre dal governo di Mariano Rajoy.

    L'iniziativa intitolata "Un treno per la libertà" - lanciata da due associazioni femminili delle Asturie cui hanno aderito centinaia di altre sigle - consiste in una marcia dal Paseo del Prado fino al Congresso dei Deputati per consegnare un documento che chiede il ritiro della riforma e le dimissioni di Alberto Ruiz Gallardon, ministro della Giustizia e
    - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/protesta-spagna-legge-restrittiva-italia-cortei-b7bc4ff2-8e0a-4fd2-8c17-afb6f0dd3cb0.html#sthash.SGJBkPJ9.dpuf






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    Sono arrivate in auto, in treno, in pullman, da tutta la Spagna. Migliaia di persone si sono radunate a Madrid per protestare contro il nuovo progetto di legge sull'aborto, più restrittivo, approvato lo scorso dicembre dal governo di Mariano Rajoy.

    L'iniziativa intitolata "Un treno per la libertà" - lanciata da due associazioni femminili delle Asturie cui hanno aderito centinaia di altre sigle - consiste in una marcia dal Paseo del Prado fino al Congresso dei Deputati per consegnare un documento che chiede il ritiro della riforma e le dimissioni di Alberto Ruiz Gallardon, ministro della Giustizia e
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    MONDO

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    "Decido io", a Madrid in migliaia in piazza per il diritto all'aborto

    I manifestanti hanno consegnato al Congresso dei Deputati un documento in cui criticano la proposta e ne chiedono il ritiro. Proteste e cortei anche in Italia e in Europa davanti alle sedi delle ambasciate di Spagna





    Sono arrivate in auto, in treno, in pullman, da tutta la Spagna. Migliaia di persone si sono radunate a Madrid per protestare contro il nuovo progetto di legge sull'aborto, più restrittivo, approvato lo scorso dicembre dal governo di Mariano Rajoy.

    L'iniziativa intitolata "Un treno per la libertà" - lanciata da due associazioni femminili delle Asturie cui hanno aderito centinaia di altre sigle - consiste in una marcia dal Paseo del Prado fino al Congresso dei Deputati per consegnare un documento che chiede il ritiro della riforma e le dimissioni di Alberto Ruiz Gallardon, ministro della Giustizia e
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    MONDO

    CONTRO LA PROPOSTA DI LEGGE DEL GOVERNO RAJOY

    "Decido io", a Madrid in migliaia in piazza per il diritto all'aborto

    I manifestanti hanno consegnato al Congresso dei Deputati un documento in cui criticano la proposta e ne chiedono il ritiro. Proteste e cortei anche in Italia e in Europa davanti alle sedi delle ambasciate di Spagna





    Sono arrivate in auto, in treno, in pullman, da tutta la Spagna. Migliaia di persone si sono radunate a Madrid per protestare contro il nuovo progetto di legge sull'aborto, più restrittivo, approvato lo scorso dicembre dal governo di Mariano Rajoy.

    L'iniziativa intitolata "Un treno per la libertà" - lanciata da due associazioni femminili delle Asturie cui hanno aderito centinaia di altre sigle - consiste in una marcia dal Paseo del Prado fino al Congresso dei Deputati per consegnare un documento che chiede il ritiro della riforma e le dimissioni di Alberto Ruiz Gallardon, ministro della Giustizia e
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     IN ITALIA

    CONTRO LA PROPOSTA DI LEGGE DEL GOVERNO RAJOY

    "Decido io", a Madrid in migliaia in piazza per il diritto all'aborto

    I manifestanti hanno consegnato al Congresso dei Deputati un documento in cui criticano la proposta e ne chiedono il ritiro. Proteste e cortei anche in Italia e in Europa davanti alle sedi delle ambasciate di Spagna





    Sono arrivate in auto, in treno, in pullman, da tutta la Spagna. Migliaia di persone si sono radunate a Madrid per protestare contro il nuovo progetto di legge sull'aborto, più restrittivo, approvato lo scorso dicembre dal governo di Mariano Rajoy.

    L'iniziativa intitolata "Un treno per la libertà" - lanciata da due associazioni femminili delle Asturie cui hanno aderito centinaia di altre sigle - consiste in una marcia dal Paseo del Prado fino al Congresso dei Deputati per consegnare un documento che chiede il ritiro della riforma e le dimissioni di Alberto Ruiz Gallardon, ministro della Giustizia e promotore del progetto di legge. 
    - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/protesta-spagna-legge-restrittiva-italia-cortei-b7bc4ff2-8e0a-4fd2-8c17-afb6f0dd3cb0.html#sthash.SGJBkPJ9.dpuf


    Milano al consolato spagnolo

    Milano - Per tutta la durata del presidio contro l'attacco frontale al diritto d'aborto in Spagna, con il progetto di legge Gallardòn, sono state denunciate le cariche della polizia spagnola contro le donne in lotta, anche con arresti, per difendere il diritto d'aborto, contro la ipocrita legge classista" Le prime vittime del progetto di legge Gallardòn": "Le ricche abortiscono, le povere muoiono- ipocriti!", riprendendo gli slogan scritti sui muri in Spagna in questi giorni e "L'aborto non conviene al capitale".
    Scandendo continuamente e a lungo slogan: "Ci tolgono diritti e dignità, ma noi vogliamo la libertà", "Aborto clandestino, profitti di milioni è questa la morale di preti e di padroni!", "La sacra famiglia ci uccide la vita, con questa società facciamola finita!", "Il diritto d'aborto non si tocca, lo difenderemo con la lotta!", "Non siamo serve nè incubatrici, con questo sistema facciamola finita!"
    abbiamo fortemente animato il presidio, anche con la lettura del volantino distibuito nei giorni scorsi all'Università e ospedali e dell'appello per un 8 marzo rosso e proletario, il nostro 8 marzo.


    A un certo punto, ci si è spostate verso la  via del consolato spagnolo, parzialmente bloccata la circolazione, con un cordone di carabinieri a bloccare l'accesso, a lungo anche qui spekerato.
    Dopo il presidio una piccola delegazione ha aperto uno striscione davanti al consolato spagnolo!!



    Le compagne del mfpr- Milano


    Palermo

    Palermo - Oggi pomeriggio, a Palermo, in concomitanza con l’iniziativa di Milano al consolato spagnolo, una delegazione di compagne Mfpr e lavoratrici dello Slai Cobas per il sindacato di classe ha partecipato al sit-in cittadino a Piazza Massimo.
    Con striscioni, megafono e volantini, si è dato vita ad un sit-in in solidarietà con le donne e le masse femminili spagnole che stanno lottando contro l’attacco al diritto dì aborto da parte del governo di centrodestra. Governo che il 20 dicembre scorso ha approvato un disegno di legge reazionario, che limita la possibilità di interrompere la gravidanza solo in caso di grave rischio per la salute delle donne e in caso di violenza sessuale, e che pertanto riporta le donne indietro di almeno trent’anni, costringendole a ricorrere ai vecchi rimedi delle nonne…, rischiando la vita. 
    L’Organizzazione Mondiale della Sanità, di recente ha affermato che nei paesi in cui l’aborto è illegale o le leggi sono più restrittive, vengono praticati circa 20 milioni di IVG/insicure all’anno, e che sono migliaia le donne morte in seguito a complicazioni durante tali aborti. Questo ulteriore e gravissimo attentato alla vita delle donne, non ci sorprende affatto, dato che, a livello internazionale, assistiamo alla recrudescenza dell’oppressione e della violenza sulle donne, di cui il femminicidio ne è l’aspetto più barbaro. 
    L'iniziativa delle compagne e donne è stata inoltre animata da un "fuori programma" che ha allargato il volantinaggio in un’altra via centrale della città denunciando a gran voce che l’attacco al diritto d’aborto è un chiaro attacco al diritto di scelta delle donne e alla loro autodeterminazione, e che perciò, sarà difeso, strenuamente, con la lotta. 
    Le compagne Mfpr hanno ribadito che nel nostro Paese, dove la maggioranza delle donne è costretta a vivere una realtà di subordinazione in ogni aspetto della propria vita, grazie all’avanzata del MODERNO FASCISMO e, di conseguenza, del MODERMO MEDIEVO, l’attacco al diritto d’aborto, anche se ancora non viene fatto in maniera frontale, viene fatto in modo subdolo, attraverso il movimento per la vita, il seppellimento dei feti, la Legge 40, sul riconoscimento giuridico dell’embrione, l’aumento dell’obiezione di coscienza da parte di medici ed operatori, che rende sempre più difficile, se non impossibile, abortire in diverse regioni. 
    Attraverso le crociate ideologiche della Chiesa contro l’aborto, Chiesa che dispensa a piene mani “suggerimenti spirituali” alla società, ai governi e ai padroni, a favore della Sacra famiglia”, tesi a rinchiudere le donne nel “sacro focolare” domestico, inchiodandole al ruolo principalmente di incubatrici, oltre che di mogli, sorelle, mamme, crocerossine, badanti e ammortizzatori sociali, l’attacco al diritto d’aborto sarà via via esteso anche agli altri paesi europei, “culla della civiltà”.
    Di qui, anche in Italia, la necessità della centralità della lotta delle donne in difesa del diritto d’aborto e dell’autodeterminazione, che deve essere portata avanti con forza e determinazione, in continuità con lo sciopero delle donne del 25 novembre scorso contemporaneamente alla lotta contro il femminicidio e gli attacchi, pratici ed ideologici all’insieme delle condizioni delle donne.


    Le donne indietro non torneranno e la rivoluzione costruiranno!
    Moderno Medioevo, doppia oppressione, donne in lotta per la rivoluzione!
    Il corpo è mio e lo gestisco io!

    Il diritto d’aborto non si tocca, lo difenderemo con la lotta! 
    Non ci avrete mai come volete voi! 
    Fuori gli obiettori dai consultori! 
    Questi alcuni degli slogan lanciati con rabbia e slancio... il percorso di doppia lotta è lungo e non si ferma... avviandoci verso una nuova tappa, la costruzione di un  8 marzo rosso. 


    Mfpr

    Roma, donne in piazza per solidarietà contro la legge spagnola anti-aborto 

    Roma - Madrid chiama Roma. E in solidarietà alla "colleghe spagnole" un gruppo di donne romane ha risposto manifestando, nonostante il maltempo, sotto l'Ambasciata Spagnola, a Piazza di Spagna. Una protesta autorganizzata convocata per protestare contro "l'antiproyecto de ley" del ministro Alberto Ruiz-Gallardòn, presentato il 20 dicembre scorso, con cui si vorrebbe cancellare o restringere fortemente il diritto alla scelta di interruzione volontaria di gravidanza, riconosciuto dal precedente governo Zapatero. 

    Le manifestanti distribuiscono il testo del documento che verrà consegnato dalle donne spagnole alle autorità, proprio nella giornata odierna, ed espongono cartelli con scritto: "Insieme alle donne spagnole anche noi decidiamo", riprendendo lo slogan adoperato dalle donne nella protesta in corso in Spagna. E ancora: "In tutto il mondo faremo il finimondo", "Io decido: di abortire la legge spagnola", "Io decido: mando in crisi l'obiezione, partorisco ribellione", "Obiezione respinta, io decido". 
    Previsto al termine anche lo srotolamento di uno striscione di venti metri con lo slogan: "Yo decido"



    Iniziative analoghe hanno già avuto in altre città di Italia: Napoli, Cosenza, Reggio Calabria, Catania, Bologna, Modena, Ferrara, Ravenna, Genova.