31/05/13

SBIRRI STUPRATORI!



"...Ci vuole una mobilitazione nazionale delle donne, una risposta doverosa, urgente e ineludibile. Una risposta autonoma del movimento delle donne, fuori e contro l'azione che il nuovo governo dice di voler fare.

Le donne non vogliono e non possono fidarsi e delegare al governo e allo Stato!

Uno Stato, che sempre più fa una giustizia pro-stupratori (vedi i recenti processi per gli stupri di “Marinella” a Montalto di Castro e di “Rosa” a L’Aquila, nonché la rimessa in libertà, dopo un anno, dell’assassino reo-confesso di Tiziana Olivieri, per scadenza dei termini di custodia cautelare, ecc.) e ha forze dell'ordine strutturalmente impregnate di maschilismo, fascismo e sessismo, nonVisualizza blog può difendere le donne!
Un governo che continuerà ad attaccare le condizioni di vita e di lavoro della maggioranza delle donne, non può difendere dai femminicidi e dagli stupri!
Siamo noi, parte offesa e ferita a morte da questa società, che dobbiamo riprenderci la vita, con rabbia e determinazione. Siamo noi donne, unite, che dobbiamo lottare per i nostri diritti e il nostro esistere, per difenderci dagli uomini che odiano le donne!..."
dall'appello di Luigia e Concetta

Violenza sessuale e furto, poliziotti indagati a Roma

Arrestavano prostitute e le rilasciavano in cambio di prestazioni

ROMA - Per mesi hanno indossato la divisa d'ordinanza dimenticando ogni moralità. Sfruttandola piuttosto come arma di ricatto per commettere soprusi, violenze e intimidazioni. Invece di far rispettare la legge, l'hanno infranta mettendo in piedi una vera e propria squadretta punitiva che, a suon di furti e minacce, ha seminato il panico tra i commercianti stranieri e tra le prostitute della Capitale. Per questo motivo un gruppo di poliziotti romani è stato iscritto sul registro degli indagati e accusato di una sfilza di reati: dal furto alla concussione, all'estorsione, fino alla violenza sessuale.
INTERCETTAZIONI
 Tutto è nato dalla denuncia di un commerciante straniero che aveva tutti i permessi in regola per svolgere la sua attività, ma continuava a sopportare vessazioni senza potersi opporre. In Procura ha raccontato di avere subito un vero e proprio furto durante una perquisizione all’interno del suo negozio. E ha indicato, come responsabili, alcuni poliziotti in uniforme. Il loro volto, tra gli extracomunitari che a Roma hanno messo in piedi un'attività commerciale, sembrerebbe essere noto: loro sono quelli che rubano agli stranieri, ha spiegato il denunciante. Una prassi consolidata, insomma. E' bastato quel racconto dettagliato e pieno di riscontri, per allarmare i magistrati di Piazzale Clodio.   
Così sono scattati controlli e intercettazioni e sarebbe emerso un panorama davvero agghiacciante. Non solo gli agenti sfilavano prodotti dagli scaffali dei negozi che avevano l'ordine di controllare, tenendo per sé la merce non denunciata nei verbali, ma tenevano in pugno un gran numero di cittadini stranieri. Forti della loro posizione, infatti, in alcuni casi avrebbero chiesto soldi ai gestori di locali minacciando di far chiudere i battenti alle loro attività regolarmente aperte in Italia, mandandoli così sul lastrico.   
E i commercianti, intimoriti, pagavano, anche migliaia di euro. Ribellarsi era impossibile, anche quando i negozianti avevano tutte le carte in regola per lavorare. Dire di no significava incappare in problemi giudiziari: dal sequestro di magazzini e imprese, fino ad arrivare a vere e proprie denunce infondate, che sarebbero sfociate in battaglie nelle aule di tribunale portate avanti tra calunnie e false testimonianze.  
GLI STUPRI 
Dalle indagini, però, è emerso un altro dettaglio preoccupante: i poliziotti avrebbero minacciato alcune prostitute, arrivando anche alla violenza sessuale. Le ragazze venivano contattate telefonicamente dagli uomini in divisa, per concordare un incontro. E, di fronte alla minaccia di essere arrestate, o trovandosi senza motivo con le manette già strette intorno ai polsi, erano praticamente costrette a subire rapporti sessuali, in cambio della libertà.
 Venerdì 31 Maggio 2013



 

30/05/13

ciao Franca

Ciao Franca,

ha trasformato la violenza contro le donne, l'oppressione, l'intimidazione in una ragione in più per ribellarsi, per lottare.

Così vogliamo ricordare Franca Rame che ha saputo trasformare un brutale stupro di neofascisti (ordinato da ufficiali di polizia) in un magistrale atto d'accusa, in un'opera teatrale, come parte e al servizio della necessaria lotta contro i fascisti, lo Stato di polizia, questo sistema sociale.

Femminista sempre e coerentemente schierata in difesa dei diritti delle donne, ha fatto della sua arte una parte importante delle lotte, della denuncia civile, coerentemente, sino in fondo, pagando di persona, lottando con determinazione per quello in cui credeva. Una militante artista.

Franca, mancherai a noi e a tutte le donne che lottano e vogliono lottare.


Le compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
30.5.2013

S/catenate a Taranto, dedicate a Franca Rame

Le discriminazioni delle donne/lavoratrici continuano e aumentano
giovedì 30 l'analisi dei dati ma fatti dalle donne per trasformarli in programma di lotta
I giornali nazionali oggi riportano una ricerca di Red Sintesi sul lavoro delle donne e delle madri con un dato senza scampo: lavorano solo il 56%
delle donne contro l'88% maschile e nel sud questi dati sono anche nettamente al ribasso.

Questa discriminazione è la base strutturale di una discriminazione e oppressione più generale che richiede una lotta, ma diversa, delle donne.

DOMANI, GIOVEDI' 30 ALLE ORE 18 presso la sede Slai cobas via Rintone, 22 Taranto

NE PARLIAMO, ATTRAVERSO UN IMPORTANTE OPUSCOLO "S/CATENATE" CHE FA UN'ANALISI PUNTUALE E DAL PUNTO DI VISTA DELLE DONNE DELLA CONDIZIONE DELLE LAVORATRICI E DELLE NON LAVORATRICI E LANCIA UNA PROPOSTA FORTE.

SEGUIRA' IL BEL FILM "WE WANT SEX"

Dedicheremo la serata a Franca Rame

Le lavoratrici e disoccupate del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
29.5.13

Non ammazzateci con la vostra ipocrisia!

Ieri, mentre si svolgevano i funerali di Fabiana, con migliaia e migliaia di persone, ragazze, giovani ad accompagnarla, un parlamento da "sepolcro imbiancato", con una presenza al minimo di parlamentari, si è voluto mettere la coscienza a posto ratificando la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, siglata a Istanbul nel 2011.
Ma anche questa Convenzione rischia di essere una grande ipocrisia. Essa nei suoi 81 articoli vorrebbe rappresentare il primo strumento internazionale per vincolare giuridicamente gli Stati alla tutela dei diritti delle donne. La Convenzione, - si dice - vuole affermare che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani a tutti gli effetti e nasce dalla discriminazione sociale nei loro confronti; che ancora oggi è soprattutto la disuguaglianza, ormai "storica", la causa principale delle violenze contro le donne. Violenze dalla "natura strutturale", "basate sul genere", che rappresentano "uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini". Meccanismi che a loro volta impediscono da sempre "una piena emancipazione delle donne". La lotta alla violenza nei loro confronti passa quindi necessariamente dal raggiungimento dell'uguaglianza di genere "de jure e de facto".
 MA:
- Nello stesso giorno esce una ricerca di Red Sintesi che dà un quadro disastroso dell'occupazione delle donne in Italia, della disparità economica sul lavoro, di come vengono ricacciate in casa appena hanno dei figli, per l'assistenza dei propri familiari, di come le donne si devono far carico di tutti i servizi sociali, del doppio lavoro che devono fare le lavoratrici, aumentando di almeno 20 ore, rispetto ai maschi, la loro settimana lavorativa. ecc. ecc."
Nell'opuscolo "Uccisioni delle donne, Oggi" abbiamo scritto: "La violenza sulle donne, non fa altro che proseguire su un diverso terreno la discriminazione e l'ingiustizia delle quali siamo vittime nella nostra società".
Di tutto questo la Convenzione non ha nulla da dire...-
- Questa convenzione è stata ratificata da Stati (Montenegro, Albania, Portogallo, Turchia) in cui l'oppressione e la repressione della libertà, dei bisogni di emancipazione, dei diritti di scelta delle donne, in primis il diritto d'aborto, sono all'ordine del giorno.
Negando le libertà alle donne come si può parlare di lotta alla violenza sessuale ai femminicidi?
PER FAVORE... NON AMMAZZATE FABIANA, CAROLINA, ILARIA, E TANTE TANTE ALTRE CON LA VOSTRA IPOCRISIA!

MFPR Taranto

26 maggio 2013: ancora bombe carta al 22

26 maggio 2013: la porta scoppia #71....
un'ordinaria storia di lotta e resistenza in via dei volsci 22.


Se vi fosse mancata la solita allerta e chiamata alle armi che, con cadenza più o meno regolare ci vede raccolte davanti alla porta del 22, non rimarrete deluse.

Complice il derby ed il solito clima di omertà e connivenza, anche questa volta la nostra porta in via dei volsci 22 è stata fatta saltare con due bombe carta che ne hanno completamente divelto il telaio in ferro. Non dobbiamo cercare molto lontano i fuochisti, perchè come di consueto hanno lasciato la loro elaborata firma. Non indovinate? Un grande cazzo e tre più piccoli a completare l'opera d'arte.

Tra un paio di settimane il 22 subirà un nuovo tentativo di sgombero da parte di un ufficiale giudiziario mandato dal tribunale. Ora è una società finanziaria che pretende di mettere all'asta la sede del 22 per recuperare il credito del fallimento immobiliare e per imporre nuovamente logiche speculative.

Da anni resistiamo ai tentativi di sgombero della proprietà e contemporaneamente ad attacchi ed aggressioni machiste, sessiste e lesbofobiche da parte di quelli che non digeriscono la presenza di femministe e lesbiche separatiste in via dei volsci e invece accolgono come se niente fosse la propaganda elettorale di forze politiche che poco hanno a che vedere con la politica dal basso.

Invitiamo tutte il 6 giugno 2013 dalle 19h alla serata resistente di autofinanziamento degli ennesimi lavori per rifare la porta: occupiamo via dei volsci con i nostri corpi indecorosi e liberi e la nostra lotta femminista e lesbica!

Invitiamo tutte l'11 giugno alle 8h puntuali alla colazione resistente contro lo sgombero del 22!

le compagne femministe e lesbiche del 22


alcuni messaggi di solidarietà:

Resistete compagne!
Siete grandi non ce la faranno a scalzarvi!!!

Pia Covre, del Comitato per i diritti civili delle prostitute

Solidarieta' ! Contro minacce, intimidazioni, attacchi sessisti, maschilisti, fascisti
la nostra doppia lotta!

le compagne del Mfpr

Solidarieta alle compagne del 22 e a tutte le donne che lottano contro il sessismo imperante. Facciamoci forza e continuamo a lottare contro chi ci vuole tenere  in silenzio e a testa bassa.
Un abbraccio femminista e lesbico dalle compagne  di amazora  e del F.LFL.

Mi dispiace per quello che leggo ma so sulla mia pelle quanto la vigliaccheria e la cattiveria alberga nel cuore marcio  dei cattobenpensanti, utilizzate facebook ecc. e mobilitate tutte/i gli LGBT e implicate pubblicamente le Autorità locali ( sindaco, prefetto ecc.) voglio proprio vedere chi di loro perderà o no la faccia con i cittadini  e chi di loro si metterà controgli altri, implicate anche i Partiti per stessi motivi, usate tutte le armi che potete  anche i Mas Media, non permettete la reiterazione dei reati contro di voi, implicate le Istituzioni che paghiamo profumatamente con le Tasse e che facciano il loro dovere in rispetto della Costituzione e dei CP e CC.
Dott.ssa Antonella Lucia Faiella da Taranto orgogliosamente Donna Transessuale.

Con le compagne del 22, antifasciste e antisessiste sempre!
Luigia De Biasi (AQ)

Libera Amina, libere tutte!

"Non mi fermero' mai, ma voi dovete andare avanti e portare avanti questa guerra contro il sessismo e io vi giuro che la vinceremo". A parlare e' Amina Tyler, la giovane attivista tunisina di Femen che ha fatto scandalo, sfidando da sola gli integralisti, sfilandosi la maglietta e restando a seno nudo e che adesso e' in carcere con l'accusa di aver scritto sul muro di un cimitero e per essere stata trovata in possesso di una bomboletta di gas urticante.

Nell'intervista che ci ha rilasciato circa un mese fa - quando fuggi' dalla sua famiglia dove era stata reclusa per un mese - e resa nota solo oggi, Amina invita a rompere i tabu' imposti alle donne nel mondo arabo. "A noi donne arabe ci dicono di mantenere il nostro corpo al sicuro, ma non per noi, ma per i nostri mariti". In altre parole noi "dobbiamo restare vergini e pure, in modo che nostro padre possa essere orgoglioso di noi, quasi come se il nostro corpo non ci appartenesse".

Una concezione che la giovane rigetta: "Il corpo e' tuo e sei libero di usarlo senza farti manipolare", prosegue l'attivista precisando poi chi sono i suoi avversari: "siamo contro gli islamisti, ma siamo anche contrari anche alla prostituzione, e all'uso strumentale della donna per fini pubblicitari".

Amina infine spiega il motivo delle sue proteste: "Quando uso il mio corpo e mi metto in topless lo faccio non per soldi, ma per fare vedere che il mio corpo mi appartiene e nessuno ha il diritto di usarlo".

29/05/13

S/catenate... resoconto dell'assemblea del 24 Maggio a Palermo


Venerdì 24 maggio è ripresa da Palermo la campagna di presentazione dell'opuscolo "S/catenate- donne/lavoro/non lavoro  - una lotta di classe e di genere"che le compagne del Movimento femminista proletario rivoluzionario hanno pubblicato in occasione dell'8 marzo.


Un'assemblea in cui positiva è stata la partecipazione di parecchie donne, alcune tra lavoratrici, precarie, disoccupate in lotta da mesi, sostenute attivamente dalle compagne Mfpr, in difesa del posto di lavoro o per averlo un lavoro,  altre donne così come alcune studentesse universitarie che hanno saputo dell'iniziativa attraverso le locandine affisse in città o all'università. Una partecipazione non scontata, si è detto, perché anche se si parla di donne e alle donne non  sempre è facile il loro coinvolgimento…  l'humus reazionario e maschilista che sempre più si sta diffondendo in ogni ambito della società ad opera di governo, stato, chiesa influisce oggettivamente in modo negativo anche sulle donne. 





L'assemblea si è aperta ripercorrendo il giorno dell'8 marzo da Palermo... a Milano, si è trattato di una intensa giornata di lotta che nella nostra città in particolare ha visto lo svolgersi di un volantinaggio tra le studentesse, attacchinaggio e calata di striscioni  all'università contro la violenza e i femminicidi cui è seguita una manifestazione al palazzo della Regione Siciliana dove un centinaio di lavoratrici e disoccupate hanno messo in campo una forte protesta, portando in piazza non solo le lotte che si fanno quotidianamente in difesa del posto di lavoro ma  intrecciandole a tutti gli attacchi che si subiscono in quanto donne. "Siamo lavoratrici, precarie, disoccupate ma siamo anche donne, le doppie catene unite spezziamo… lo striscione parlava chiaro. Donne, madri, figlie, giovani… per questo Stato dobbiamo essere sempre più ammortizzatori sociali in carme e ossa, vedi il pesante taglio ai servizi sociali, sanitari ecc, incatenate ad una famiglia che invece sempre più spesso ci violenta e ci uccide, private della nostra libertà di scelta, vedi la questione dell'attacco al diritto di aborto…
L'8 marzo a Palermo le donne  in piazza hanno rilanciato sia con le parole che con gli striscioni che con le azioni di lotta (vedi i blocchi della strada, "l'assedio" al palazzo) il messaggio della necessità di una risposta delle donne a tutti gli attacchi subiti forte e dirompente.

Un  messaggio di lotta vivo e concreto che da quella giornata si sta continuando a portare alle donne anche in termini di analisi e ragionamento attraverso l'opuscolo S/catenate.

"Rimettere al centro le donne proletarie" - le donne di tutti i giorni  perché siamo la maggioranza – quelle più sfruttate ed oppresse,  è giusto e necessario che le donne prendano coscienza della realtà e condizione in cui vivono in  questo paese. Su questo già le stesse statistiche borghesi "ci danno una mano" dandoci un quadro ampio e complesso della situazione di lavoro e di vita in cui vive la maggioranza delle donne, ma si è attinto anche a buone inchieste fatte tra le operaie, lavoratrici come quella della Fiom.

Dati concreti, inchieste fatte sul campo, ricche di molteplici elementi ma che nel loro insieme trasudano del  doppio sfruttamento e oppressione delle donne, mostrano chiaramente l'intreccio tra attacco di classe e attacco di genere, e per tutto questo non possono e non devono,  dopo averli raccolti ed elaborati, essere chiusi in un cassetto come invece accade ma devono invece trasformarsi in una leva per la ribellione delle donne, in un'arma per una lotta viva sempre più necessaria, in una risposta dirompente perché nulla può cambiare senza il protagonismo diretto delle donne nella lotta contro chi,  il governo, i padroni, questo stato, ci vuole far restare in una condizione di subalternità perché funzionale al sistema capitalistico in cui viviamo, che peggiora di giorno in giorno.

Questa risposta oggi necessaria è lo sciopero delle donne! "uno sciopero delle donne per farci sentire" come di recente ha sostenuto anche l'attrice Lella Costa  a fronte del tragico aumento delle violenze e uccisioni di donne di questi ultimi mesi.

 "… Per noi donne ogni attacco alle condizioni di lavoro e di vita significa più oppressione,  più subordinazione, più attacchi ideologici, più legittimazione di un clima generale. da moderno medioevo – e diventa fonte di violenze sessuali; ogni attacco aumenta la condizione di oppressione familiare, in una famiglia che diventa sempre più l’“ammortizzatore sociale” specie per il sistema capitalista soprattutto nella fase di crisi. Ogni peggioramento della condizione delle donne, quindi, non è solo materiale ma anche ideologico, mira a riaffermare costantemente la posizione di "debolezza" e subalternità delle donne in questa società capitalista.
Per questo uno sciopero fatto dalle donne vuol dire non solo porre il problema delle condizioni di lavoro, delle discriminazioni sul e per il lavoro, delle disparità economiche, del peso e peggioramento dei servizi sociali, del lavoro domestico, di assistenza, del lavoro riproduttivo gratuito scaricato sulle donne, ma vuol dire scoperchiare l’insieme della condizione di vita, l'intreccio nei luoghi di lavoro, tra lavoro sfruttato/lavoro nero e discriminazioni, oppressione, fino a molestie sessuali fino a violenze sessuali nei luoghi di lavoro, l’intreccio tra lavoro in casa e subordinazione in famiglia/maschilismo/violenze sessuali e uccisioni delle donne, Uno sciopero che parla non solo delle condizioni di lavoro, non solo della violenza contro le  donne ma che pone il legame tra le due cose…" (stralci dell'opuscolo)  che abbia come protagoniste le donne proletarie, lavoratrici, precarie, disoccupate, casalinghe… le immigrate, le giovani che non possono e non devono più affidarsi o delegare ai governi, alle donne dei partiti borghesi, né tantomeno alle donne dei movimenti medio - piccoli borghesi la cui logica e azione è quella di racchiudere la ribellione della maggioranza della donne entro recinti elettoralisti e riformisti. La nostra lotta deve essere per cambiarla realmente questa società.


Alcune  donne presenti sono intervenute, riportiamo alcuni stralci

Giorgia, una precaria "ho iniziato a lottare “svestita”, non conoscevo i miei diritti, pensavo che la mia vita girasse solo intorno alla condizione di donna, di fare da madre, la moglie, la casalinga, grazie alla lotta cominciata per il lavoro a poco a poco mi sono “vestita”. Ogni donna ha qualcosa dentro che non viene fuori per colpa dell’oppressione che subiamo perché questo sistema ci opprime e ci abitua ad essere subordinate.  La lotta nel posto di lavoro contro i  padroncini maschi ma anche tra gli stessi compagni di lavoro ci fortifica perché è una lotta in cui dobbiamo far valere il nostro punto di vista, faccio un esempio spesso lo stipendio a noi precarie veniva posticipato dal padroncino perché “tanto avete lo stipendio del marito”… Noi donne dobbiamo essere in prima linea nella lotta ma occorre collegarci tra le varie realtà…

Concetta, casalinga, "tutte le donne sappiamo quello che viviamo? Guardiamo anche alle lotte che ci sono state nel passato, il movimento femminista, i diritti conquistati, vedi la legge 194, queste conquiste significarono che le donne acquisirono la consapevolezza di dovere lottare, oggi è importante riprendere questa consapevolezza perché ci stanno togliendo tutto, i diritti conquistati, gli uomini ci uccidono senza pensarci due volte… ricostruiamo un movimento delle donne, siamo tante… sarebbe importante se si facesse questo sciopero delle donne"

Mimma, lavoratrice, "Negli anni settanta le donne hanno avuto ruolo importante in termini di presa di coscienza da parte di migliaia di donne della condizione e del ruolo che questa società capitalistica ci impone. Sulla questione aborto la forza delle donne è stata decisiva. Le compagne hanno dovuto lottare contro gli stessi  compagni nelle organizzazione politiche. Il ritorno indietro del movimento delle donne è avvenuto perché è arretrato tutto il movimento rivoluzionario…Oggi occorre riorganizzare la forza delle donne e dare corpo e gambe alla lotta in modo quotidiano nei posti di lavoro nei quartieri,  tra le studentesse…."

In generale è venuta fuori l'esigenza che alle assemblee si  uniscano delle iniziative nelle piazze, nei quartieri,  all'università innanzitutto per una informazione più estesa, l'assemblea si è quindi conclusa con la lettura dell'appello lanciato dalle compagne Luigia e Concetta per una mobilitazione nazionale contro violenza e femminicidi che ha trovato il sostegno e adesione di tutte le presenti.

Mfpr Palermo

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La campagna di presentazione prosegue…

Contro i femmicidi nessuna fiducia in questo parlamento !

Mentre oggi un corteo di studentesse e studenti sfilava  a Corigliano Calabro tra lacrime di rabbia e di dolore e forti appalusi per la giovanissima Fabiana massacrata e bruciata ancora viva dal giovane fidanzata femminicida, mentre la mamma di Fabiana dal balcone  della propria casa, circondata da amiche e parenti della figlia,  urlava straziata  «Fabiana quanta gente ti voleva bene, solo uno ti odiava», mentre ogni giorno continua nel nostro paese la strage di donne uccise nei modi più efferati...

alla Camera si è discussa la ratifica della Convezione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne, ma la presidente Boldrini non ha potuto fare a meno di sbottare per l'aula perchè praticamente quasi deserta.

Sarebbe questo dunque il parlamento che dovrebbe rappresentare noi donne, che dovrebbe tutelare la nostra vita?  un parlamento che  quando si parla di  femminicidio e violenza contro le donne  diviene vero e proprio disertore? La Boldrini si è arrabbiata, era il minimo!, ma poi ha continuato dicendo "... Noi comunque continuiamo con il nostro impegno e i nostri lavori".


"IL VOSTRO IMPEGNO E LAVORO"??? NON IN NOSTRO NOME! DICIAMO NOI!

Noi non vogliamo delegare e non ci possiamo fidare di un governo, di un parlamento che mentre le donne sono uccise e violentate ogni giorno, ogni ora, ogni minuto... dimostra invece di essere quello che realmente è...

"...Nessun governotantomeno questo, può “difendere le donne con la sua task force” come afferma Alfano, il delfino di Berlusconi, noto calpestatore della dignità delle donne.
Nessun appello al governo, come pure quello di “ferite a morte”, per la convocazione degli Stati generali contro la violenza sulle donne, può fare arretrare la guerra alle donne, senza la guerra delle donne.

Ci vuole una mobilitazione nazionale delle donne, una risposta doverosa, urgente e ineludibile. Una risposta autonoma del movimento delle donne, fuori e contro l'azione che il nuovo governo dice di voler fare. 
Le donne non vogliono e non possono fidarsi e delegare al governo e allo Stato!
Uno Stato, che sempre più fa una giustizia pro-stupratori (vedi i recenti processi per gli stupri di “Marinella” a Montalto di Castro e di “Rosa” a L’Aquila, nonché la rimessa in libertà, dopo un anno, dell’assassino reo-confesso di Tiziana Olivieri, per scadenza dei termini di custodia cautelare, ecc.) e ha forze dell'ordine strutturalmente impregnate di maschilismo, fascismo e sessismo, non può difendere le donne! Un governo che continuerà ad attaccare le condizioni di vita e di lavoro della maggioranza delle donne, non può difendere dai femminicidi e dagli stupri!
Siamo noi, parte offesa e ferita a morte da questa società, che dobbiamo riprenderci la vita, con rabbia e determinazione.
 Siamo noi donne, unite, che dobbiamo lottare per i nostri diritti e il nostro esistere, per difenderci dagli uomini che odiano le donne!

27/05/13

Violenza e femminicidi, occorre un vasto moto di ribellione

Dal nord al sud, senza differenza, uccise in tutti i modi. E ogni settimana, ogni mese peggio.
Ciò che unisce questa strage delle donne è l'odio contro le donne, l'idea di proprietà della loro vita.
Occorre un moto vasto, di ribellione delle donne, di unità delle nostre forze, non per difenderci ma per passare all'"attacco".
Questo lo dobbiamo fare anche per non lasciare in mano a questo Stato di polizia di parlare e agire per le donne contro le donne.
Lo dobbiamo per impedire un humus sociale securitario, di controllo, o di "protezione" che sarebbe non la soluzione ma altre pesanti catene.
2 compagne, de L'Aquila e di Taranto nei giorni scorsi hanno lanciato un appello: "Non si può continuare a far finta di niente, non si può continuare a non fare niente." Raccogliamolo.
Anche per queste due ragazze.

MFPR Taranto.

Fabiana
"Un colpo di coltello e poi l'ho bruciata".
Confessa l'omicida minorenne di Corigliano Questa volta è stato il fidanzato della ragazza di 15enne.
Il giovane avrebbe litigato con la fidanzatina per gelosia, poi l'ha accoltellata e ha bruciato il corpo prima ancora che la ragazza fosse morta.
"Era ancora viva quando le ho dato fuoco", è stata la sconvolgente confessione del coetaneo.
Il sedicenne ha raccontato d'esserla andata a prendere a scuola con lo scooter venerdì mattina per parlarle e chiarire l'ennesima lite provocata dal travagliato rapporto che c'era tra loro.
Poi, però, la situazione è degenerata arrivando al dramma nella stradina appartata poco lontano dall'istituto tecnico commerciale frequentato da Fabiana.
Corigliano, comune di 40 mila anime della costa ionica cosentina, stamattina si è svegliato sconvolto per quanto accaduto..."


Carolina
«Carolina fu violentata in gruppo» Lei, Carolina, che alla festa si sente male, che se ne va in bagno, che barcolla ubriaca; loro che la seguono, la circondano, la molestano e la filmano.
Il video finisce in Rete, su Facebook, e dopo qualche tempo Carolina decide di farla finita e sceglie il salto nel vuoto lanciandosi dal terzo piano della sua casa di Novara, dove vive con il padre.
È morta così Carolina, 14 anni, studentessa di un istituto tecnico piemontese.
Era il 5 gennaio di quest'anno.
Ieri si scopre che sulla tragedia sono state aperte due inchieste.
La prima a Torino, dove sta indagando la procura per i minorenni nei confronti di sei ragazzi, dai 13 ai 15 anni.
I reati sono pesanti: per cinque di loro, presenti quella sera alla festa, è «violenza sessuale di gruppo»; per uno, un quindicenne, diffusione di materiale pedopornografico; allo stesso quindicenne e all'ex fidanzatino, che quella sera non c'era, il pm Valentina Sellaroli contesta invece la «morte come conseguenza di altro reato».
Nel frattempo a Novara la procura ha aperto un'indagine su Facebook per la mancanza di controlli rispetto alla diffusione di video come quello che ritraeva Carolina.
Ieri la sorella Talita - che Carolina chiamava Tati - ha usato ancora Facebook ma per urlare tutto il dolore e la rabbia nei confronti dei ragazzi: «Spero che la vostra coscienza, se ne avete una, non vi lasci in pace.
Mi auguro che siate processati e giudicati colpevoli», per poi rivolgersi direttamente a Carolina che non c'è più: «Vedrai che la pagheranno per il dolore e le umiliazioni che ti hanno causato».

25/05/13

194 - muore la legge e torna l'aborto clandestino

Indietro tutta verso un moderno medioevo. L'integralismo non è poi così lontano, in Italia abbiamo il vaticano e guarda caso il lazio è la regione con la più alta percentuale di obiettori di coscienza.
Una coscienza sporca come la cloaca di questo Stato confessionale, dove si consumano drammi e aborti clandestini soprattutto di donne immigrate, dove i preti sono liberi di infilarsi nelle nostre mutande e di ucciderci, perchè tanto è colpa nostra, siamo tutte come Eva e siamo noi che provochiamo i nostri uccisori.

L'inchiesta di Repubblica

Oltre l'80% dei ginecologi è obiettore di coscienza e le donne respinte dalle istituzioni tornano al segreto: ventimila le interruzioni di gravidanza illegali calcolate dal ministero della Sanità, ma secondo alcune stime sono almeno il doppio. Ambulatori fuorilegge e farmaci di contrabbando. "Una sconfitta di tutti, perché la norma funzionava, ma è diventata una corsa a ostacoli"
ROMA - Il cartello è scritto a penna, a volte su un pezzo di cartone. "Qui non si effettuano più Ivg". Ossia interruzioni volontarie di gravidanza. Aborti cioè. Porte sbarrate, reparti chiusi, day after di qualcosa che c'era, funzionava, e adesso è in disuso, smantellato, abbandonato. "Tutti i medici sono obiettori di coscienza, vada altrove". Altrove è l'Italia che torna alla clandestinità: da Nord a Sud in intere regioni l'aborto legale è stato cancellato, oltre l'80% dei ginecologi, e oltre il 50% di anestesisti e infermieri non applica più la legge 194. Accade a Roma, a Napoli, a Bari, a Milano, a Palermo. Le donne respinte dalle istituzioni tornano al silenzio e al segreto, come quarant'anni fa. Alcune muoiono, altre diventano sterili, ma nessuno ne parla. Ventimila gli aborti illegali calcolati dal ministero della Sanità con stime mai più aggiornate dal 2008, quarantamila, forse cinquantamila quelli reali. Settantacinquemila gli aborti spontanei nel 2011 dichiarati dall'Istat, ma un terzo di questi frutto probabilmente di interventi "casalinghi" finiti male. Cliniche fuorilegge, contrabbando di farmaci: sul corpo delle donne è tornato a fiorire l'antico e ricco business che la legge 194 aveva quasi estirpato.

Ma chi gestisce oggi questo "commercio" ramificato? Quali sono le rotte dell'aborto clandestino, che sta facendo ripiombare il nostro paese nel clima cupo degli anni antecedenti al 22 maggio 1978, quando finalmente in Italia l'interruzione volontaria di gravidanza diventò legale? E gli aborti iniziarono a diminuire, arrivando oggi ad essere il 53,3% in meno rispetto agli anni Ottanta.

CLINICHE E CONTRABBANDO. Ambulatori fuorilegge: l'ultimo gestito dalla mafia cinese è stato smantellato a Padova dalla Guardia di Finanza alcune settimane fa, e incassava quattromila euro al giorno. Tra i clienti anche donne italiane. E poi sequestri, spaccio di farmaci abortivi, confezioni di Ru486 di contrabbando, 188 procedimenti penali aperti nell'ultimo anno per violazione della legge 194, spesso contro insospettabili professionisti che agivano nei loro studi medici. Donne che ricominciano a morire di setticemia, e donne che migrano da una regione all'altra cercando (spesso invano) quei reparti che ancora garantiscono l'interruzione volontaria di gravidanza. Ragazzine e immigrate che vagano nei corridoi del metrò cercando i blister di un farmaco per l'ulcera a base di "misoprostolo" che preso in dosi massicce provoca l'interruzione di gravidanza, spacciato dalle gang sudamericane che lo fanno arrivare nel porto di Genova dagli Stati Uniti. Dieci pillole, 100 euro al mercato nero, meno della metà se si compra su Internet. E le giovanissime abortiscono da sole, nel bagno di casa, perché della legge o del giudice tutelare non sanno nulla, perché in ospedale la lista d'attesa è troppo lunga e i consultori sono sempre di meno. (Dal 2007 al 2010 ne sono stati tagliati quasi 300).

Alem ad esempio, 17 anni, nata Italia da genitori egiziani, brava e brillante a scuola, ricoverata in coma a Verona per un aborto provocato con un uncino. "Non volevo che i miei genitori si accorgessero che ero incinta  -  ha raccontato  -  e in ospedale non mi hanno voluto perché ero minorenne...". O Irene, cresciuta tra le Vele di Scampia, già baby mamma a 14 anni, che a 16 anni abortisce nel bagno di casa, ma sbaglia dosi di misoprostolo, e finisce in un grande nosocomio di Napoli tra la vita e la morte. "Sono troppo povera per avere un altro figlio" confessa ai medici. O, ancora, ed è sempre Sud, la povera storia della compravendita di un neonato architettata da un ginecologo di Caserta, Andrea Cozzolino, finito in manette l'8 maggio scorso. Aveva convinto una giovane donna minorenne che si era rivolta a lui per un aborto clandestino, a partorire, e poi vendere il suo bambino per 25mila euro...

La percentuale di successo di questi solitari aborti, quasi sempre farmacologici e di cui si trovano dettagliate istruzioni in Rete, è alta: oltre il 90%, ma chi sbaglia rischia la vita. Commenta amaro il ginecologo Carlo Flamigni: "Contro la 194 c'è una congiura del silenzio. Accedere ai servizi è sempre più difficile, una corsa a ostacoli, e le donne meno esperte, le più fragili, le più giovani, le straniere, finiscono nella trappola dell'illegalità. Credo che oggi nel mercato clandestino si trovi qualunque farmaco, addirittura la Ru486. È una sconfitta per tutti, perché la legge funzionava, e funzionava bene".

MORIRE D'ABORTO. Pilar ha 50 anni, il cuore grande e le braccia forti. In Perù faceva l'ostetrica, qui assiste da oltre vent'anni le donne migranti. "Ma vent'anni fa  -  racconta  -  nel vostro paese si poteva abortire con sicurezza, e quando le donne venivano dimesse si insegnava loro la contraccezione". "L'ultima che ho accompagnato in ospedale mi ha detto di chiamarsi Soledad, di lei so poco altro, se non che fa la badante e ha già due figli in Ecuador. Per due volte aveva provato a cercare un reparto di Ivg, dopo aver scoperto che in Italia l'aborto è legale. Per due volte l'hanno rimandata indietro dicendole che non era il giorno giusto, che non c'erano i medici. Così ha fatto da sola  -  rivela Pilar  -  con le pasticche che ha comprato da un'amica, e quando mi ha chiamato aveva la febbre altissima e un'emorragia in corso. L'hanno salvata, non è stata denunciata, ma per mesi era così debole che non ha potuto lavorare, ha perso il posto di badante, e ora è disoccupata". E non è soltanto questione di donne immigrate. "L'aborto clandestino ormai riguarda tutti i ceti della società", aggiunge Silvana Agatone, ginecologa e presidente della Laiga, la lega italiana per l'applicazione della 194, che da anni denuncia l'incredibile dilagare dell'obiezione di coscienza nel nostro paese.

"Ci sono gli aborti d'oro, quelli dei ceti elevati, che si svolgono in sicurezza negli studi medici, oppure all'estero. E poi ci sono gli aborti delle donne povere, delle clandestine, che comprano le pasticche nei corridoi del metrò, e se qualcosa va male si presentano al Pronto Soccorso affermando di aver avuto un aborto spontaneo". Qualcuna si salva, qualcuna no. Come quella donna nigeriana che arrivò "con una gravissima infezione nel nostro ospedale ed è morta di setticemia" ricorda Silvana Agatone, che lavora al "San Giovanni" di Roma. È andata meglio a Mariangela, pugliese, che non sapendo più dove andare dopo la chiusura dell'ultimo reparto di Ivg nella sua provincia (Matera) racconta sul forum "aborto-blogspot" di essersi rivolta grazie al tam tam ad una (stimata) ginecologa di un paese vicino. "Duemilacinquecento euro, intervento chirurgico sterile e sicuro. Come facevano mia madre e mia nonna, ma senza rischi. Tutto molto triste però, credevo che ormai avessimo diritto all'aborto legale".

LA FUGA ALL'ESTERO. Ma come si è arrivati a questo smantellamento progressivo di una legge dello Stato? È legale che interi nosocomi non abbiano più medici che applicano la 194, a trentacinque anni esatti dalla sua approvazione? "No, non è legale, e infatti come Laiga abbiamo fatto ricorso al Consiglio d'Europa, e il nostro ricorso è stato accolto. La verità è che nessuno vuole più fare aborti perché si viene discriminati nella carriera e obbligati a fare solo e soltanto quelli". Alcuni dati: nel Lazio il 91% dei ginecologi è obiettore di coscienza, a Bari gli ultimi due medici che facevano gli aborti hanno deciso di abbandonare il reparto, a Napoli il servizio viene assicurato soltanto da un ospedale in tutta la città, in Sicilia il tasso di astensione dalla 194 è dell'80,6%. "Questo vuol dire che le liste d'attesa sono spaventose, e il rischio è superare il numero di settimane di gravidanza in cui è consentita l'interruzione. Ma la vera tragedia riguarda l'aborto terapeutico  -  conclude Silvana Agatone  -  perché si tratta di un intervento a tutti gli effetti, per cui sono necessari medici interni all'ospedale, ginecologo, anestesista, infermieri, e non si può supplire con professionisti a contratto. Visti però i numeri dell'obiezione di coscienza è evidente che in tempi molto brevi nelle strutture pubbliche italiane questo tipo di aborti non si faranno più".

E allora le donne emigrano. Svizzera, Inghilterra, Francia. Quattrocento euro per una Ivg entro il terzo mese, circa 3000 per un aborto terapeutico (oltre la 22esima settimana) in clinica. Ma non tutte possono andare all'estero, e per quelle che restano la prospettiva è un calvario fatto di umiliazioni, e veri e propri maltrattamenti in ospedale. Scrive Serena F. che ha dovuto abortire alla 23sima settimana per gravissime malformazioni del feto: "Mi hanno abbandonato da sola, su un lettino, per 15 ore di travaglio senza darmi né antidolorifici né altro, in tutto l'ospedale c'era soltanto una giovane ginecologa non obiettrice, ma era sovraccarica di lavoro, così mi ha affidato, si fa per dire, alle cure di due infermiere, ho chiesto ripetutamente un po' d'acqua, me l'hanno portata dopo ore e ore. Quando alla fine il mio disgraziatissimo bambino è nato, ed è morto subito dopo, una delle infermiere a bassa voce mi ha chiesto se non mi vergognavo di quello che avevo fatto... La ginecologa l'ha sentita e si è infuriata, quella ha risposto, è finita ad urli. Un dolore pazzesco. Ecco così si abortisce legalmente in Italia".

LE CIFRE DI UN DRAMMA. Come si fanno a calcolare i numeri di un fenomeno clandestino? Con quali parametri? Da anni ormai nella relazione al parlamento sulla legge 194, si cita una stima di 15/20mila aborti illegali, un numero calcolato soltanto sul tasso di abortività delle donne italiane (6,9 per 1000) e sottostimato per stessa ammissione del ministero. Molti altri elementi però portano almeno al raddoppio di quella cifra, facendo salire la quota delle interruzioni di gravidanza clandestine a 40/50mila l'anno. Intanto paramentrando le stime dell'illegalità al tasso di abortività delle immigrate, che è di 26,4 interruzioni ogni mille donne, tre volte quello delle italiane. Analizzando poi i dati Istat ad esempio si vede con chiarezza quanto gli aborti spontanei sono aumentati, passando dai 55mila casi degli anni Ottanta, ai quasi ottantamila di oggi. E secondo molti studiosi questa impennata altro non è che il ritorno dell'aborto clandestino "mascherato", esattamente come avveniva prima della legge, quando le donne dopo aver tentato di "fare da sole" arrivavano in ospedale con emorragie e dolori, e i medici per salvarle completavano gli aborti, registrati come "spontanei".

SULLA PELLE DELLE MINORENNI. Lo spiega con chiarezza Franco Bonarini, docente di Demografia all'università di Padova nel saggio "Sessualità e riproduzione nell'Italia contemporanea". "L'incremento del rapporto tra aborti spontanei e gravidanze potrebbe essere conseguenza di un aumento del ricorso all'aborto volontario provocato illegalmente. Anche il più alto rischio per alcune categorie di donne, immigrate, non coniugate potrebbe essere indizio di questo fenomeno". Ancora più preciso il calcolo di Bruno Mozzanega, dell'università di Padova, che si ricollega al crescente "spaccio" di farmaci per interrompere la gravidanza. "Gli aborti clandestini sono ancora una realtà sottostimata in 20mila casi all'anno, ma ad essi si aggiungono, come segnala l'Istat, 73mila aborti spontanei, aumentati, rispetto al 1982, di 17mila casi all'anno. Un incremento medio del 30% che però nelle minorenni sfiora il 70%. Se questo surplus di aborti spontanei rappresentasse anche solo in parte gli insuccessi (5-10%) dei farmaci abortivi di contrabbando, ne emergerebbe un sommerso illegale di dimensioni inimmaginabili a carico soprattutto delle giovanissime, le stesse che già abusano della pillola del giorno dopo".

IL CALVARIO DI PIERA - "Ho tre figli, e la più piccola, Alice, è nata con la sindrome di down. Lo sapevo, l'ho voluta lo stesso. Poi è successo l'incredibile: a 44 anni sono rimasta incinta per la quarta volta. Mauro, Marco, Alice che assorbe ogni mio respiro. Non era possibile avere un altro bimbo, con il rischio di un nuovo handicap. Sono andata in un consultorio della mia città per iniziare le pratiche dell'aborto. Ho dovuto subire l'umiliante interrogatorio di alcuni volontari del Movimento per la Vita, lì collocati dalla direzione sanitaria, che per due settimane hanno cercato di farmi "riflettere", cercando di convincermi a non farlo, parlandomi apertamente di omicidio, mentre i termini stavano per scadere. Un vero abuso. Fuorilegge. Come se non soffrissi già abbastanza. Ho abortito in ospedale e poi ho denunciato il direttore della Asl...".

Zitta o farai la fine di Melania Rea - Angelica non ce l'ha fatta

Donne uccise, umiliate, violentate, perseguitate, trattate come schiave sessuali e serve, come oggetti, calpestate
E' un crescendo per efferatezza, brutalità. Di seguito solo alcune delle notizie riportate dalle cronache dei giornali in questi giorni

Non si può tacere, non si può far finta di niente!

Lodi, uccide ex compagna a coltellate. La perseguitava da un anno: arrestato

Il delitto a Guardamiglio, nel Lodigiano. La vittima è una cittadina romena. L'uomo, un italiano, l'ha attesa fuori dalla casa in cui faceva le pulizie e l'ha trascinata in un giardino pubblico. E' stato bloccato dai passanti.

Non ha avuto scampo Angelica Timis, romena di 35 anni, che nel primo pomeriggio è stata massacrata a coltellate nei giardini pubblici in via Paolo VI a Guardamiglio, in provincia di Lodi. L'assassino è il suo ex convivente: si chiama Maurizio Ciceri, ha 49 anni, è incensurato e ha due figlie con un altra donna. Ciceri ha atteso che la donna arrivasse in auto davanti alla casa in cui sarebbe dovuta entrare per fare le pulizie.
La donna ha cercato di fuggire ma è stata rincorsa in strada dall'ex compagno, che le ha inferto almeno una decina di fendenti alla schiena e in altre parti del corpo. Alla fine è stato bloccato da due passanti che hanno udito le grida disperate di aiuto della donna. Ciceri è stato arrestato per omicidio volontario e rischia anche l'aggravante della premeditazione: il tutto è all'esame della Procura della Repubblica di Lodi, che coordina le indagini dei carabinieri della compagnia di Codogno.
L'aggressione è avvenuta intorno alle 14,30. Angelica Timis da un anno era andata via dall'abitazione in cui viveva con l'italiano: pare che lui la maltrattasse e di lei si erano presi cura i servizi sociali del Comun,   che le avevano trovato nel frattempo un alloggio popolare in cui potersi rifare una vita assieme al figlio di 13 anni. Nell'arco di quest'anno, però, dopo la loro separazione, il 49enne non si era rassegnato e sembra che perseguitasse di continuo la donna. Nel pomeriggio l'epilogo: Ciceri ha atteso che Angelica arrivasse a bordo della sua auto davanti all'abitazione in cui lavora come collaboratrice domestica. Si è trovata davanti l'uomo con un coltello e ha cominciato a scappare all'interno dei giardinetti pubblici. L'assassino l'ha però rincorsa e bloccata: poi ha iniziato a infierire su di lei con diverse coltellate.
In quel momento passava un adolescente che ha udito le grida di aiuto della vittima e ha cercato di bloccare il polso dell'aggressore. Subito è arrivato anche un altro passante che è riuscito a gettare a terra il 49enne e a immobilizzarlo in attesa dell'arrivo dei carabinieri che lo hanno portato in caserma. Per la donna, invece, non c'era più nulla da fare. Gli operatori del 118 hanno cercato di rianimarla, ma Angelica non ce l'ha fatta.
(24 maggio 2013)
 

Genova, "Lei voleva lasciarmi". Lui le spara e la scaraventa dall'auto

Una badante cubana di 41 anni colpita da tre colpi di una calibro 6.65, è grave al San Martino. Ha confessato lo sparatore, un italiano di 58 anni con cui aveva una relazione, bloccato a Corvetto. E' accusato di tentato omicidio, ed è stato rinchiuso nel carcere di Marassi.

di STEFANO ORIGONE
Tentato omicidio in via Biga, nel quartiere genovese di Marassi: alle 8.15 Jamila Gonzales, una giovane donna cubana di 41 anni, madre di due figli e che lavora come badante, è stata ferita con tre colpi di pistola calibro 6.65 al polmone, alla spalla e al fegato dopo essere stata buttata giù da un auto in mezzo alla strada: i primi due colpi sono stati sparati all'interno dell'auto; il terzo, alla schiena, dopo che era stata buttata fuori dall'auto.
Trasportata all'ospedale San Martino in codice rosso, è stata immediatamente operata per le gravi ferite. Ha già confessato Bruno Calamaro, 58 anni titolare di un'impresa di pulizie e residente a Prà, lo sparatore: era stato bloccato dai carabinieri in piazza Corvetto, in collaborazione con la polizia municipale, dopo essere fuggito a bordo della Fiat Multipla nera dove è avvenuta la sparatoria. Jamila Gonzales era già ferita al torace quando è stata gettata fuori della vettura e raggiunta da un ultimo colpo. Tre in tutto i proiettili con cui è stata colpita. L'uomo è accusato di tentato omicidio.
"Avevo il sospetto che Jamila si prendesse gioco di me, che mi volesse lasciare. Io le avevo anche prestato alcune migliaia di euro per aiutarla a vivere a Genova". Così Bruno Calamaro ha motivato il suo gesto durante l'interrogatorio tenuto dal sostituto procuratore Luca Scorza Azzarà nel comando provinciale dei carabinieri, ammettendo le proprie responsabilità.
Temendo che la donna potesse avere altre relazioni sentimentali e che potesse lasciarlo, Calamaro questa mattina ha cercato un chiarimento: "Sono andato a prenderla a casa - ha spiegato - per accompagnarla al lavoro. Poi in auto abbiamo litigato e non so cosa mi è successo. Non avevo intenzione di ucciderla".

L'uomo, incensurato, ha chiesto scusa per il suo gesto. E' stato sottoposto alla prova forense dello stub per avere la certezza che abbia sparato. Il pm gli ha contestato il reato di tentato omicidio e porto abusivo d'arma da fuoco. Resta, invece, ancora al vaglio della Procura l'aggravante della premeditazione. Calamaro è stato rinchiuso nel carcere di Marassi.
 

Filmini hard alla moglie davanti ai figli: «Zitta o fai la fine di Melania Rea»

FROSINONE - Maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e percosse, sono queste le accuse che hanno portato all'arresto di un operaio nel frusinate. L'uomo costringeva la moglie a fare film porno davanti ai figli poco più che maggiorenni ed era così ossessionato dal sesso che aveva contattato estranei per effettuare scambi di coppia e avvicinato extracomunitari alla stazione ferroviaria di Frosinone che dietro compenso avrebbero dovuto avere rapporti sessuali con la moglie mentre lui guardava. Il tutto sempre davanti ai ragazzi.

La denuncia alla polizia di Stato è stata presentata dalla Caritas diocesana di Frosinone alla quale la donna disperata si è rivolta insieme alla figlia più grande dopo una lite nel corso della quale l’uomo, all’ennesimo rifiuto della moglie di avere rapporti sessuali con estranei, ha dato fuoco ai mobili di casa e ha minacciato la donna di “farle fare la fine di Melania Rea”.
 

“Non hai pulito bene la casa”: Donna incinta picchiata da marito italiano

Firenze, 23 maggio 2013 - I carabinieri sono intervenuti dopo la chiamata di una donna di 39 anni, incinta di tre mesi, picchiata e maltrattata dal compagno, tutto ciò davanti agli occhi delle due figlie piccole, di uno e otto anni.

L'uomo, un fiorentino di 47 anni, è stato arrestato con l'accusa di maltrattamenti in famiglia. La lite è scoppiata poco prima che i due si recassero ad una visita ginecologica di controllo della gravidanza, giudicata a rischio.
L'uomo ha picchiato la compagna afferrandole la testa e sbattendola contro il muro del terrazzo di casa, poi l'ha presa a pugni e calci. La vittima è stata soccorsa dal 118 con una prognosi di dieci giorni per trauma cranico, contusioni ed ecchimosi in varie parti del corpo.
I carabinieri avrebbero saputo di altre vessazioni dal racconto della donna, come quando il convivente, andando fuori per lavoro, la chiudeva a chiave in casa per impedirle di uscire, pretendendo che lei gli buttasse il suo mazzo di chiavi dalla finestra. Le aveva tolto il telefono fisso, il cellulare e l'estate scorsa persino il ventilatore.
L'accusava di non tenere la casa pulita, e se le bambine piangevano, lui si innervosiva con lei e la picchiava. La donna ha raccontato ai militari della compagnia di Firenze che in passato lui l'ha ferita mordendola alle guance e al naso, e allontanando spingendo via la figlia di 8 anni che cercava di intervenire per spararli i genitori.
Nei confronti dell'uomo, che lavora in un centro per anziani, il cui arresto è stato convalidato questa mattina dal giudice, è stato disposto il divieto di frequentare la casa e tutti i luoghi frequentati dalla compagna.

INCONTRO TRA MFPR E "DONNA NUOVA"/TURCHIA


Una rappresentante del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario – Pcm Italia ha avuto nei giorni scorsi un incontro con la rappresentante dell'organizzazione femminile turca “Donna nuova” (donna nuova lotta per costruire un mondo nuovo) del Tkp/ml.

La rappresentante turca di “Donna Nuova” ha parlato soprattutto della battaglia che stanno portando avanti sulla condizione delle donne proletarie. Oggi essa è centrata sulla campagna sul riconoscimento del lavoro domestico come lavoro e quindi del pagamento del lavoro domestico.
La compagna si è dilungata molto su questa campagna, in corso in tutta la Germania e nei paesi in Europa in cui sono presenti e dove vanno a promuovere Comitati organizzativi. L’obiettivo è che questa campagna raggiunga anche la Turchia.

Una battaglia – ha detto la compagna - molto forte perchè il lavoro domestico comporta uno sfruttamento del lavoro delle donne, e il suo mancato riconoscimento significa per la maggioranza delle donne non poter essere indipendenti economicamente. La dipendenza delle donne dall'uomo è a sua volta causa di violenza, sfruttamento sessuale. Tutto questo fa del riconoscimento del lavoro domestico una importante battaglia. Le donne per prima devono essere coscienti che il lavoro domestico è lavoro.

Il concetto principale è elevare la coscienza delle donne per liberarsi dalla schiavitù domestica.

Su questo, quindi, vogliono lanciare una campagna larga, coinvolgendo altre organizzazioni.

Su questo come sulla condizione generale delle donne vogliono arrivare a una Conferenza internazionale, coinvolgendo altre forze, allargando i temi, raccogliendo altri contributi, per uno scambio di esperienze e un lavoro comune.

22/05/13

S/catenate... contro stupri, violenza fino ai femminicidi







In occasione delle iniziative previste già a partire da questa settimana a Palermo 
(https://www.facebook.com/events/162588767244460/163499757153361/?notif_t=plan_mall_activity) che rientrano nella 
campagna di presentazione dell'opuscolo "S/catenate - donne/ lavoro/ non lavoro - una lotta di classe e di genere"  
diffonderemo tra tutte le partecipanti l'appello per una mobilitazione nazionale contro femminicidi e violenza, lanciato da Luigia e Concetta "Non si può continuare a far finta di niente, non si può continuare a non fare niente…"

le compagne Mfpr Palermo

22 maggio 2013, 35 anni dall' approvazione della L194/78


22 maggio 2013, 35 anni dall' approvazione della L194/78



Donne e aborto, donne e 194: facciamo un po' di necessaria chiarezza

Ne avremmo fatto volentieri a meno, ma siamo ancora una volta costrette ad occuparci di Usciamo dal silenzio, Libera università delle donne, vista la visibilità nel campo delle donne, nella società che esse hanno.
Sabato 9 marzo è stato organizzato un convegno a Milano dal titolo:”Legge 194:cosa vogliono le donne”, promosso dal Comune di Milano, Usciamo dal silenzio, Libera università delle donne e i consultori privati laici in cui presentare il manifesto omonimo elaborato dalle suddette associazioni.

Già nel preambolo viene affermato che il manifesto è stato elaborato “partendo dal punto di vista delle donne e utilizzando le diverse competenze”: come a dire non solo un governo tecnico, ma anche le “tecniche delle donne”! Il punto di vista di quali donne è il punto di partenza? Qual è la finalità del Manifesto? Sempre dal preambolo:”..rivolto agli attori politici e sociali, al movimento delle donne di cui siamo partecipi e alla società tutta” (nel comunicato stampa a dire il vero scompare il movimento delle donne e rimangono gli attori politici e sociali).
Programma senz'altro ambizioso, ma leggendo il manifesto e gli articoli sull'evento, appare chiaro che si ripropongono temi, aspetti ideologici e politici che già avevamo messo criticamente in evidenza nel corso della preparazione della grande manifestazione di Milano del 14 gennaio 2006 e dopo e di cui il manifesto costituirebbe la ripresa della battaglia in difesa della libertà di scelta. E qua iniziano le contraddizioni perchè quello a cui si punta è, in realtà, la difesa e l'applicazione della 194 così com'è.
Sempre il movimento delle donne ha difeso la 194 dagli attacchi frontali che essa ha subito ciclicamente, ma altra cosa è dire difendere la L. 194 dagli attacchi, per il valore simbolico e pratico che essa rappresenta, altro difendere la 194 e “garantirne un'effettiva e corretta applicazione” e non dire “difendere il diritto d'aborto”, perchè ciò porta inevitabilmente, ad esempio, non solo alla sostanziale impossibilità di ricorrere all'aborto in presenza di un numero sempre più elevato di medici obiettori, all'ingresso del movimento per la vita negli ospedali e nei consultori- già avvenuta in molte città e contro cui strenuamente in altre ci si batte. Perchè se l'attacco clerico fascista al diritto di scelta delle donne scatena subito una risposta delle donne, gli attacchi ideologici, ma concreti con delibere, leggi ,a macchia di leopardo, non sempre si riesce a fermarli.

Pertanto, le proposte lanciate con il manifesto sono, da un lato, delle attestazioni di buone intenzioni arrivando persino a intervenire su questioni puramente sindacali, dall'altro non contemplano alcuna azione di lotta da parte delle donne a nome di cui si parla. In definitiva, un manifesto che si pone come obiettivo non il miglioramento della 194, con la cancellazione dell'obiezione di coscienza, ma di alleviare la condizione di sofferenza delle donne che si rivolgono ai consultori, ospedali per l' IVG e degli operatori sanitari non obiettori che la tutela dell'obiezione di coscienza comporta, insomma garantire i “servizi minimi” sia nelle strutture pubbliche che in quelle private accreditate.
Infine, nessun riferimento agli aspetti ideologici, pratici che spandono a piene mani concezioni clerico fasciste sul ruolo delle donne.
Potremmo dire che è un manifesto che sostiene lo stato di cose esistente. Altro che protagonismo e ribellione delle donne! Oggettivamente ci sembra un'ulteriore involuzione de Usciamo dal silenzio. Non ce ne stupiamo. Il cerchio si chiude con le dichiarazioni di Lea Melandri in conferenza stampa, secondo cui è sbagliato pensare che l'aborto sia qualcosa di esclusivamente femminile visto che le donne non si fecondano poi da sole, in un discorso apparentemente femminista, per cui bisogna smetterla con l'idea erronea che si ha della donna, sempre identificata come madre prima di tutto. In realtà, significa che le donne devono chiedere il permesso al partner, al marito, al fidanzato. Se pensiamo alla realtà con i femminicidi, un brivido ci corre lungo la schiena, se poi questo deve avvenire con un'opera di formazione e informazione degli uomini....E sopratutto ricordiamo bene come parte della campagna clerico fascista contro il diritto di scelta delle donne si è basata sul diritto degli uomini a dire la propria sulla scelta della donna e quindi eventualmente anche ad opporsi alla scelta della donna, della “loro” compagna, di abortire.
Inoltre, si è creata un'unità ideale di intenti con un altro convegno a Roma della Laiga “Entrambi gli appuntamenti si inseriscono nella ripresa della battaglia che il 14 gennaio 2006 portò in piazza a Milano 200.000 donne (e molti uomini) in difesa della libertà di scelta.” (quasi a voler dimostrare che di un movimento a livello nazionale si tratta), viene riportato in un articolo.
Riteniamo positivo il convegno della Laiga che ha portato avanti le battaglie dei medici non obiettori che riguardano anche aspetti relativi a mobbing, sovraccarico di lavoro, “specializzazione” negli aborti, visti gli esigui numeri, di denuncia “dell'estinzione” dei medici non obiettori etc, rispettabile questo lavoro, ma è una forzatura inquadrare il loro convegno “..nella ripresa della battaglia in difesa della libertà di scelta”, visto l'obiettivo che si pongono di piena applicazione della legge e per la salute della salute riproduttiva.
Infine, visto che si parla nel Manifesto di “difetto di laicità”, riportiamo uno stralcio del foglio del movimento femminista proletario rivoluzionario, realizzato all'indomani della manifestazione del 14 gennaio 2006:”..L'attacco alla 194 è ben più che una lesione al 'laicismo'. La gravità dell'attacco oscurantista attuale è di portata enorme, perchè viene posta sotto accusa non tanto una legge in sé, ma ciò che essa simbolicamente e praticamente rappresenta: simbolicamente, le dure lotte dei decenni passati, la conquista di diritti irrinunciabili, l'affermazione irreversibile del protagonismo delle donne; praticamente, l'uscita dalla barbarie degli aborti clandestini e dalla criminalizzazione delle interruzioni volontarie di gravidanza.
Attaccare tutto ciò è ben più che una lesione al laicismo: l'ingerenza del mondo cattolico nelle questioni politiche e in tutte le sfere dell'esistenza dei cittadini è grave, ma l'attacco al diritto d'aborto va decisamente oltre e le parole d'ordine non possono e non devono esaurirsi nella denuncia dell'invadenza clericale e nella rivendicazione della laicità dello Stato...”

In occasione dei 35 anni dall'approvazione della L.194/78, si tengono diverse iniziative, del resto le date simbolicamente importanti devono essere ricordate, ma per avere l'opportunità di fare un bilancio serio e trovare lo slancio per le iniziative che effettivamente servono, significative le parole d'ordine di convocazione: la prima parola e l'ultima che dovrebbe alludere alla libertà di scelta delle donne in tema di maternità, storica parola d'ordine del movimento delle donne per l'aborto libero e gratuito; dall'obiezione al sabotaggio che, invece, allude alla situazione attuale di sostanziale impossibilità, in alcune regioni, per le donne, di poter ricorrere all' IVG , costringendole al pendolarismo verso regioni “virtuose”, in cui l'obiezione di coscienza non mette in discussione la possibilità di accesso all' IVG (ma diverse inchieste segnalano anche già un aumento del pendolarismo verso l'estero, drammaticamente richiama alla discriminazione di classe che vedeva, quando l'aborto era reato in Italia, le ricche donne recarsi all'estero e le proletarie morire per l'uso del ferro da calza e prezzemolo per procurarsi l'aborto, per mano delle mammane). Pertanto, la sintesi individuata diventa “la piena applicazione della 194”, oggetto anche di una mozione parlamentare che sarà presentata oggi in conferenza stampa, in cui vengono raccolte le “dolenze” sull'applicazione della 194.

Obiezione di coscienza assassina

Questa la realtà concreta, oggi, in questo paese che vede giovani ragazze suicidarsi perchè non riescono ad accedere alla pillola del giorno dopo, ragazze nascondere la gravidanza e partorire in assoluta solitudine, donne che subiscono gravidanze indesiderate, donne che devono lottare strenuamente per poter accedere all' IVG o ricorrere all'aborto clandestino o con i più disparati medicinali....
Continuare, oggi, ad accettare la legittimità dell'obiezione di coscienza non sposta di un millimetro questa realtà concreta, di sostanziale ritorno indietro della condizione delle donne in questo paese. Già ai tempi dell'approvazione della legge il movimento femminista denunciò l'ipocrisia di contemplare l'obiezione di coscienza che, a quel tempo, fu giustificata come opportuna sia da un punto di vista tecnico (medici ed ostetrici preparati per i parti e non per gli aborti) sia da un punto di vista etico e morale (medici ed ostetrici avevano scelto di far nascere). Il movimento delle donne non mancò di denunciare i tanti “moralisti”,i “cucchiai d'oro” che avevano fatto affari d'oro con gli aborti clandestini. Comunque, motivi etici e/o tecnici, dopo 35 anni non dovrebbero più sussisterne.

Quindi, perchè dovrebbero essere le donne a chiedere, oggi, la piena applicazione della L.194?

Purtroppo, le iniziative, le lotte di collettivi, settori di donne in difesa dei consultori, contro gli attacchi a 360° del diritto d'aborto, compreso l' accesso alla RU486 e senza l'obbligo di degenza in ospedale, contro la presenza più che molesta del movimento per la vita, di propaganda negli ospedali sono, spesso, poco incisive, poco conosciute.
E' necessario mettere in rete queste realtà ed esperienze per dare visibilità, porsi obiettivi concreti- es la cancellazione dell'obiezione di coscienza, l'abrogazione della L40, con il riconoscimento in essa del riconoscimento giuridico dell'embrione, l'obbligo di sepoltura dei feti, introdotto in alcune regioni, in grado di fare una battaglia ideologica, politica di lungo periodo, ma anche una battaglia di posizioni all'interno del movimento delle donne.
Per poter realizzare concretamente La prima parola e l'ultima che, a nostro parere è strettamente legata a Quando una donna dice no è no!

Non a caso vogliamo idealmente unire questi due slogan di lotta: uno per la libertà di scelta in tema di maternità; l'altro, contro la violenza sulle donne

Perchè, oggi, c'è poco da festeggiare, tanto per cui lottare! Ma, sopratutto, perchè sono due slogan che parlano molto della concreta condizione delle donne oggi, in questo paese.



Milano, 22 maggio 2013
Movimento femminista proletario rivoluzionario - Milano


Suicidiamoli prima noi!

Poliziotto uccide la moglie e si suicida
PADOVA - Un poliziotto ha ucciso la moglie con un colpo di pistola e si sarebbe suicidato con la stessa arma. Il fatto è avvenuto a Cadoneghe (Padova) ed è stato scoperto dai colleghi del poliziotto che sono andati da lui non avendolo visto arrivare al lavoro. Il motivo del gesto sarebbe riconducibile a motivi sentimentali.

Sul posto subito dopo che è scattato l'allarme sono giunti il Questore di Padova e il Pm di turno Vartan Giacomelli. Il poliziotto apparteneva al reparto mobile della polizia e sui problemi della coppia, al momento, non è trapelato nulla mentre sarebbe chiara la dinamica dell'omicidio-suicidio . I colleghi, a sorpresa, stamane, non hanno visto giungere al lavoro il poliziotto e quindi alcuni di loro sono andati a casa del collega. Dopo aver più volte ed inutilmente suonato il campanello, hanno deciso di entrare nell'abitazione trovando i due corpi privi di vita. All'opera ora, anche la polizia scientifica e un patologo, per stabile una prima sequenza dei fatti.

Qui sotto l'appello x una mobilitazione nazionale contro i femminicidi, corretto con il contributo del Comitato per i diritti civili delle prostitute e le prime adesioni e l'appello di Fiorella di Taranto
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Non si può continuare a far finta di niente, non si può continuare a non fare niente…

124 le donne uccise in Italia nel 2012, già 34 dall’inizio dell’anno, 6 in soli pochi giorni ai primi di maggio,
un femminicidio continuo!
Molto spesso le vittime conoscono i loro carnefici, questi sono gli uomini che odiano le donne.
Per gelosia o per possesso, sempre  in disprezzo del nostro essere donna, chi ci uccide non tollera la nostra autodeterminazione, non ci considera degne di rispetto, libertà, autonomia, indipendenza. Diritti che ci siamo conquistati con le lotte e che non piovono dall’alto dei governi.
Diritti che però non sono per sempre e vengono negati, prima di fatto, poi di diritto, con l’arretramento delle lotte. E allora sempre più donne stuprate, sfigurate con l’acido, molestate, oppresse, uccise, violentate e umiliate come donne, in quanto donne e sempre più sentenze ultra morbide verso stupratori e assassini di donne.

Nessun governo,
tantomeno questo, può “difendere le donne con la sua task force” come afferma Alfano, il delfino di Berlusconi, noto calpestatore della dignità delle donne.
Nessun appello al governo, come pure quello di “ferite a morte”, per la convocazione degli Stati generali contro la violenza sulle donne, può fare arretrare la guerra alle donne, senza la guerra delle donne.

Ci vuole una mobilitazione nazionale delle donne, una risposta doverosa, urgente e ineludibile. Una risposta autonoma del movimento delle donne, fuori e contro l'azione che il nuovo governo dice di voler fare.
Le donne non vogliono e non possono fidarsi e delegare al governo e allo Stato!
Uno Stato, che sempre più fa una giustizia pro-stupratori (vedi i recenti processi per gli stupri di “Marinella” a Montalto di Castro e di “Rosa” a L’Aquila, nonché la rimessa in libertà, dopo un anno, dell’assassino reo-confesso di Tiziana Olivieri, per scadenza dei termini di custodia cautelare, ecc.) e ha forze dell'ordine strutturalmente impregnate di maschilismo, fascismo e sessismo, non può difendere le donne! Un governo che continuerà ad attaccare le condizioni di vita e di lavoro della maggioranza delle donne, non può difendere dai femminicidi e dagli stupri!
Siamo noi, parte offesa e ferita a morte da questa società, che dobbiamo riprenderci la vita, con rabbia e determinazione.
Siamo noi donne, unite, che dobbiamo lottare per i nostri diritti e il nostro esistere, per difenderci dagli uomini che odiano le donne!

Chiediamo a tutte le donne, alle compagne, alle democratiche, alle associazioni contro la violenza sulle donne, di aderire a questo appello per cercare di invertire la rotta vertiginosa dei femminicidi, degli stupri e della loro impunità con una mobilitazione nazionale.

Proponiamo il 6 luglio a Roma, il sabato precedente l’11 luglio, quando le istituzioni (tribunale dei minori e servizi sociali) decideranno il “percorso riabilitativo” degli stupratori sociali del branco di Montalto di Castro, che hanno violentato il corpo di Marinella e ne hanno ucciso l’anima e la speranza, simbolizzando così la “sicurezza” che questo Stato riserva alle donne.

10.5.13. Luigia e Concetta
Per contatti: sommosprol@gmail.com


Prime adesioni:

Comitato per i diritti civili delle prostitute
MFPR (movimento femminista proletario rivoluzionario)
Giuseppina Amato (Si Cobas - Milano)
Lavoratrici, disoccupate dello slai cobas per il sindacato di classe di Taranto
Precarie, lavoratrici dello slai cobas per il sindacato di classe di Palermo

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Cosa aspettiamo a rispondere con la nostra rabbia, con la nostra forza a chi ci vuole schiave sottomesse, a chi ci strappa ogni giorno la nostra dignità, chi finge di amarci ma ci fa a pezzi fisicamente e psicologicamente chi si maschera da giudice e non ci rende giustizia .
Padri padroni che ci stuprano , poi mariti e compagni che ci uccidono lo stato che ci sfrutta e non ci da' lavoro la chiesa che ci vuole "angeli del focolare" pronte a sfornare figli e chinare la testa, madri di chi ucciderà e violentera' altre donne , figli di questo sistema capitalista patriarcale e clerico  fascista.
Spezziamo le catene, mobilitiamoci unite, la nostra ribellione e' la nostra speranza!

Fiorella