22/05/13

22 maggio 2013, 35 anni dall' approvazione della L194/78


22 maggio 2013, 35 anni dall' approvazione della L194/78



Donne e aborto, donne e 194: facciamo un po' di necessaria chiarezza

Ne avremmo fatto volentieri a meno, ma siamo ancora una volta costrette ad occuparci di Usciamo dal silenzio, Libera università delle donne, vista la visibilità nel campo delle donne, nella società che esse hanno.
Sabato 9 marzo è stato organizzato un convegno a Milano dal titolo:”Legge 194:cosa vogliono le donne”, promosso dal Comune di Milano, Usciamo dal silenzio, Libera università delle donne e i consultori privati laici in cui presentare il manifesto omonimo elaborato dalle suddette associazioni.

Già nel preambolo viene affermato che il manifesto è stato elaborato “partendo dal punto di vista delle donne e utilizzando le diverse competenze”: come a dire non solo un governo tecnico, ma anche le “tecniche delle donne”! Il punto di vista di quali donne è il punto di partenza? Qual è la finalità del Manifesto? Sempre dal preambolo:”..rivolto agli attori politici e sociali, al movimento delle donne di cui siamo partecipi e alla società tutta” (nel comunicato stampa a dire il vero scompare il movimento delle donne e rimangono gli attori politici e sociali).
Programma senz'altro ambizioso, ma leggendo il manifesto e gli articoli sull'evento, appare chiaro che si ripropongono temi, aspetti ideologici e politici che già avevamo messo criticamente in evidenza nel corso della preparazione della grande manifestazione di Milano del 14 gennaio 2006 e dopo e di cui il manifesto costituirebbe la ripresa della battaglia in difesa della libertà di scelta. E qua iniziano le contraddizioni perchè quello a cui si punta è, in realtà, la difesa e l'applicazione della 194 così com'è.
Sempre il movimento delle donne ha difeso la 194 dagli attacchi frontali che essa ha subito ciclicamente, ma altra cosa è dire difendere la L. 194 dagli attacchi, per il valore simbolico e pratico che essa rappresenta, altro difendere la 194 e “garantirne un'effettiva e corretta applicazione” e non dire “difendere il diritto d'aborto”, perchè ciò porta inevitabilmente, ad esempio, non solo alla sostanziale impossibilità di ricorrere all'aborto in presenza di un numero sempre più elevato di medici obiettori, all'ingresso del movimento per la vita negli ospedali e nei consultori- già avvenuta in molte città e contro cui strenuamente in altre ci si batte. Perchè se l'attacco clerico fascista al diritto di scelta delle donne scatena subito una risposta delle donne, gli attacchi ideologici, ma concreti con delibere, leggi ,a macchia di leopardo, non sempre si riesce a fermarli.

Pertanto, le proposte lanciate con il manifesto sono, da un lato, delle attestazioni di buone intenzioni arrivando persino a intervenire su questioni puramente sindacali, dall'altro non contemplano alcuna azione di lotta da parte delle donne a nome di cui si parla. In definitiva, un manifesto che si pone come obiettivo non il miglioramento della 194, con la cancellazione dell'obiezione di coscienza, ma di alleviare la condizione di sofferenza delle donne che si rivolgono ai consultori, ospedali per l' IVG e degli operatori sanitari non obiettori che la tutela dell'obiezione di coscienza comporta, insomma garantire i “servizi minimi” sia nelle strutture pubbliche che in quelle private accreditate.
Infine, nessun riferimento agli aspetti ideologici, pratici che spandono a piene mani concezioni clerico fasciste sul ruolo delle donne.
Potremmo dire che è un manifesto che sostiene lo stato di cose esistente. Altro che protagonismo e ribellione delle donne! Oggettivamente ci sembra un'ulteriore involuzione de Usciamo dal silenzio. Non ce ne stupiamo. Il cerchio si chiude con le dichiarazioni di Lea Melandri in conferenza stampa, secondo cui è sbagliato pensare che l'aborto sia qualcosa di esclusivamente femminile visto che le donne non si fecondano poi da sole, in un discorso apparentemente femminista, per cui bisogna smetterla con l'idea erronea che si ha della donna, sempre identificata come madre prima di tutto. In realtà, significa che le donne devono chiedere il permesso al partner, al marito, al fidanzato. Se pensiamo alla realtà con i femminicidi, un brivido ci corre lungo la schiena, se poi questo deve avvenire con un'opera di formazione e informazione degli uomini....E sopratutto ricordiamo bene come parte della campagna clerico fascista contro il diritto di scelta delle donne si è basata sul diritto degli uomini a dire la propria sulla scelta della donna e quindi eventualmente anche ad opporsi alla scelta della donna, della “loro” compagna, di abortire.
Inoltre, si è creata un'unità ideale di intenti con un altro convegno a Roma della Laiga “Entrambi gli appuntamenti si inseriscono nella ripresa della battaglia che il 14 gennaio 2006 portò in piazza a Milano 200.000 donne (e molti uomini) in difesa della libertà di scelta.” (quasi a voler dimostrare che di un movimento a livello nazionale si tratta), viene riportato in un articolo.
Riteniamo positivo il convegno della Laiga che ha portato avanti le battaglie dei medici non obiettori che riguardano anche aspetti relativi a mobbing, sovraccarico di lavoro, “specializzazione” negli aborti, visti gli esigui numeri, di denuncia “dell'estinzione” dei medici non obiettori etc, rispettabile questo lavoro, ma è una forzatura inquadrare il loro convegno “..nella ripresa della battaglia in difesa della libertà di scelta”, visto l'obiettivo che si pongono di piena applicazione della legge e per la salute della salute riproduttiva.
Infine, visto che si parla nel Manifesto di “difetto di laicità”, riportiamo uno stralcio del foglio del movimento femminista proletario rivoluzionario, realizzato all'indomani della manifestazione del 14 gennaio 2006:”..L'attacco alla 194 è ben più che una lesione al 'laicismo'. La gravità dell'attacco oscurantista attuale è di portata enorme, perchè viene posta sotto accusa non tanto una legge in sé, ma ciò che essa simbolicamente e praticamente rappresenta: simbolicamente, le dure lotte dei decenni passati, la conquista di diritti irrinunciabili, l'affermazione irreversibile del protagonismo delle donne; praticamente, l'uscita dalla barbarie degli aborti clandestini e dalla criminalizzazione delle interruzioni volontarie di gravidanza.
Attaccare tutto ciò è ben più che una lesione al laicismo: l'ingerenza del mondo cattolico nelle questioni politiche e in tutte le sfere dell'esistenza dei cittadini è grave, ma l'attacco al diritto d'aborto va decisamente oltre e le parole d'ordine non possono e non devono esaurirsi nella denuncia dell'invadenza clericale e nella rivendicazione della laicità dello Stato...”

In occasione dei 35 anni dall'approvazione della L.194/78, si tengono diverse iniziative, del resto le date simbolicamente importanti devono essere ricordate, ma per avere l'opportunità di fare un bilancio serio e trovare lo slancio per le iniziative che effettivamente servono, significative le parole d'ordine di convocazione: la prima parola e l'ultima che dovrebbe alludere alla libertà di scelta delle donne in tema di maternità, storica parola d'ordine del movimento delle donne per l'aborto libero e gratuito; dall'obiezione al sabotaggio che, invece, allude alla situazione attuale di sostanziale impossibilità, in alcune regioni, per le donne, di poter ricorrere all' IVG , costringendole al pendolarismo verso regioni “virtuose”, in cui l'obiezione di coscienza non mette in discussione la possibilità di accesso all' IVG (ma diverse inchieste segnalano anche già un aumento del pendolarismo verso l'estero, drammaticamente richiama alla discriminazione di classe che vedeva, quando l'aborto era reato in Italia, le ricche donne recarsi all'estero e le proletarie morire per l'uso del ferro da calza e prezzemolo per procurarsi l'aborto, per mano delle mammane). Pertanto, la sintesi individuata diventa “la piena applicazione della 194”, oggetto anche di una mozione parlamentare che sarà presentata oggi in conferenza stampa, in cui vengono raccolte le “dolenze” sull'applicazione della 194.

Obiezione di coscienza assassina

Questa la realtà concreta, oggi, in questo paese che vede giovani ragazze suicidarsi perchè non riescono ad accedere alla pillola del giorno dopo, ragazze nascondere la gravidanza e partorire in assoluta solitudine, donne che subiscono gravidanze indesiderate, donne che devono lottare strenuamente per poter accedere all' IVG o ricorrere all'aborto clandestino o con i più disparati medicinali....
Continuare, oggi, ad accettare la legittimità dell'obiezione di coscienza non sposta di un millimetro questa realtà concreta, di sostanziale ritorno indietro della condizione delle donne in questo paese. Già ai tempi dell'approvazione della legge il movimento femminista denunciò l'ipocrisia di contemplare l'obiezione di coscienza che, a quel tempo, fu giustificata come opportuna sia da un punto di vista tecnico (medici ed ostetrici preparati per i parti e non per gli aborti) sia da un punto di vista etico e morale (medici ed ostetrici avevano scelto di far nascere). Il movimento delle donne non mancò di denunciare i tanti “moralisti”,i “cucchiai d'oro” che avevano fatto affari d'oro con gli aborti clandestini. Comunque, motivi etici e/o tecnici, dopo 35 anni non dovrebbero più sussisterne.

Quindi, perchè dovrebbero essere le donne a chiedere, oggi, la piena applicazione della L.194?

Purtroppo, le iniziative, le lotte di collettivi, settori di donne in difesa dei consultori, contro gli attacchi a 360° del diritto d'aborto, compreso l' accesso alla RU486 e senza l'obbligo di degenza in ospedale, contro la presenza più che molesta del movimento per la vita, di propaganda negli ospedali sono, spesso, poco incisive, poco conosciute.
E' necessario mettere in rete queste realtà ed esperienze per dare visibilità, porsi obiettivi concreti- es la cancellazione dell'obiezione di coscienza, l'abrogazione della L40, con il riconoscimento in essa del riconoscimento giuridico dell'embrione, l'obbligo di sepoltura dei feti, introdotto in alcune regioni, in grado di fare una battaglia ideologica, politica di lungo periodo, ma anche una battaglia di posizioni all'interno del movimento delle donne.
Per poter realizzare concretamente La prima parola e l'ultima che, a nostro parere è strettamente legata a Quando una donna dice no è no!

Non a caso vogliamo idealmente unire questi due slogan di lotta: uno per la libertà di scelta in tema di maternità; l'altro, contro la violenza sulle donne

Perchè, oggi, c'è poco da festeggiare, tanto per cui lottare! Ma, sopratutto, perchè sono due slogan che parlano molto della concreta condizione delle donne oggi, in questo paese.



Milano, 22 maggio 2013
Movimento femminista proletario rivoluzionario - Milano


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