30/09/24

"Non basta la lotta e l'organizzazione sindacale.... serve il partito" - Intervento di una compagna di Palermo all'assemblea organizzata da proletari comunisti

Il governo che sta al potere fa gli interessi della borghesia dominante. Ma non sono tutti uguali i governi. Ogni governo ha la sua faccia più o meno feroce. Oggi il governo Meloni è un governo di stampo fascista, in termini ideologici, politici e pratici. Noi dobbiamo lottare per la cacciata di questo governo, lottare per un governo anticapitalista, antifascista e antimperialista, come linea di fase, contro la guerra imperialista e per la solidarietà internazionalista.

Quindi si tratta di una lotta molto più ampia nella prospettiva rivoluzionaria di una nuova società. Quando si dice una nuova società non significa migliorare, abbellire questa, ma significa una nuova società a tutti gli effetti, che chiamiamo socialista. Perché noi proletari, noi lavoratori, donne e in generale l'umanità nel suo complesso, vogliamo arrivare veramente a una nuova società che non sia più basata sullo sfruttamento degli operai, dei lavoratori.

Gli operai in fabbrica producono socialmente, cioè producono per tutti, però poi il profitto, la ricchezza se la prendono un pugno di capitalisti, un pugno di ricchi, e i lavoratori sono sempre in condizioni peggiori. Noi aspiriamo a una società in cui il potere sia nelle mani degli operai, dei proletari, in cui non ci sia più un'appropriazione privata della ricchezza prodotta, ma ci sia una produzione sociale per tutti i lavoratori, per tutti gli operai, per l'umanità.

Per questo vogliamo fare la rivoluzione, perché pensiamo che sia veramente la soluzione per l'umanità.

Prendiamo l'esempio delle donne. Se una delle cartine di tornasole perché una società venga definita civile è la condizione delle donne - guardiamo solo al nostro paese dove siamo arrivati solo nel 2024 a 170 donne uccise, ma pensiamo alle donne palestinesi, a quello che stanno subendo, alle donne in Ucraina, eccetera – non siamo in una società civile. E non si può parlare neanche più di inciviltà, ma proprio di bestialità. Quando uno scende con la bicicletta e dice uccido perché non ho niente da fare, siamo in una condizione di bestialità. Quindi, solo guardando alla condizione delle donne, per non parlare degli attacchi che subiamo tutti ogni giorno, ci fa capire il livello di bestialità a cui siamo arrivate in questa società.

E non è certo la borghesia al potere che ci risolve il problema. Il governo Meloni ha potenziato il “codice rosso”; ma forse con questo “codice rosso” le donne muoiono di meno? Assolutamente no. Continuano a morire e anche chi ha il braccialetto va a uccidere lo stesso.

Molte di voi hanno partecipato alle manifestazioni contro la guerra, sono scese in piazza per la Palestina, avete fatto lo sciopero delle donne, abbiamo fatto lo sciopero delle donne. Cioè avete preso parte attiva in manifestazioni che non erano strettamente sindacali, dove c'è stata una denuncia politica, dove abbiamo messo in campo la questione del governo...

E’ chiaro che non possiamo pensare che da domani la realtà cambia. C'è un percorso che dobbiamo costruire e questo percorso non può farlo il sindacato di classe, lo Slai cobas sc. Questa corrente di classe non è neutra, ha dietro un'organizzazione politica ben precisa che è proletari comunisti, che lo dirige attraverso i suoi compagni e compagne, che lo guida secondo una determinata concezione su cosa deve essere il sindacato di classe.

L'MFPR è un'organizzazione volta alla conquista delle donne alla lotta rivoluzionaria. E lavora anche perchè le donne impugnino la battaglia per il partito. Ma l’Mfpr esiste perché l'ha pensata l'organizzazione politica che chiamiamo proletari comunisti, altrimenti non sarebbe esistita. Essa viene fuori da uno studio, da un'analisi di come le donne vivono in Italia, un’analisi storica; di come vivono nel mondo, delle lotte che ci sono, quali donne si sollevano, quali non si sollevano, ecc. Da qui nasce la necessità che arriva a dire che per le donne proletarie ci vuole l'Mfpr.

Noi operai, noi lavoratori, lavoratrici per pesare politicamente non possiamo farlo con lo Slai cobas sc. Noi con lo Slai cobas sc possiamo fare tutte le lotte più belle del mondo, può portare in piazza la la bandiera della Palestina, perché è giusto che lo fa anche il sindacato di classe, si può anche occupare di politica, ma non basta.

Noi lavoratori, noi operai, noi donne, noi lavoratrici dobbiamo pesare politicamente. E pesare significa certo armarci del nostro sindacato di classe, dell'organizzazione delle donne, dell'organizzazione che lotta contro la repressione, ma per pesare politicamente ci dobbiamo dotare del partito, perché come loro pensano e agiscono politicamente con i loro partiti, noi dobbiamo pesare e agire politicamente con un nostro partito.

Se lo organizziamo ci aiuta anche nella questione sindacale, nella questione delle donne, nella questione della repressione dei giovani, eccetera.

La classe è debole perché non ha il partito. C'è stato un grande partito in Italia dei lavoratori, degli operai, il partito comunista fondato da Gramsci. Se non c'era questo partito che guidava la Resistenza, forse la storia non sarebbe andata come nel ‘45. Un partito intelligente, un partito che si è alleato anche con altre classi, con altri partiti per fare la Resistenza. Poi chi dirigeva questo partito ha tradito la classe, ha preso un'altra strada.

Non è che noi proletari non abbiamo una storia, dobbiamo essere orgogliosi della nostra storia, la dobbiamo conoscere, la dobbiamo riprendere in mano. E quindi oggi dobbiamo dire, guardando anche all'esperienza passata: dobbiamo rifare il partito comunista di tipo nuovo.

Però è chiaro che ci vuole un percorso, ci sono dei passaggi. Quindi per i lavoratori quale può essere il primo ambito per cominciare? Non prima studio e poi faccio, ma studio e faccio. Il circolo vuole essere questo ambito. Il circolo può essere un luogo in cui i lavoratori che hanno afferrato questo anello che hanno capito che la lotta sindacale la faccio perché mi serve, però non mi basta.

Il circolo significa organizzare manifestazioni, denunce politiche, giornale, studio, formazione.

Noi vogliamo la cacciata di questo governo. Ma non possiamo farlo con le elezioni. Noi non siamo astensionisti per principio. Se ci fosse una fase in cui avessimo il partito forte, una situazione in cui ci fosse una polarizzazione, da una parte le masse dirette dal nostro partito, dall'altra masse legate a partiti fascisti, reazionari, noi ci potremmo pure presentare alle elezioni. Perché il Parlamento borghese sarebbe, e questo ci ha insegnato pure Gramsci, una platea che noi potremmo utilizzare per portare avanti la lotta. Ma oggi non ci sono queste condizioni.

Dobbiamo far cadere questo governo con la lotta. Questo governo sta togliendo tutti i diritti, sta affossando tutte le libertà, le norme democratiche, si sollevano i magistrati, si sollevano i giornalisti. Avete visto quello che è successo con la Palestina: giornalisti silurati perché non si doveva parlare di Palestina.

Mentre sto lottando per il mio lavoro, io lavoratore dico che mi sto pure organizzando perché ti devo buttare fuori, caro governo Meloni, cari governi dei padroni.

Parliamo di governo anticapitalista, antifascista e antimperialista per affermare con forza che i proletari non vogliono i governi dei padroni, che i proletari non vogliono i fascisti al governo e che i proletari non vogliono la guerra.

Per concludere. Il sindacato ci vuole, perché senza sindacato il lavoratore non può stare, ci vuole l'organizzazione delle donne, ci vuole l'organizzazione dei giovani, ma ci vuole il partito. I lavoratori, le lavoratrici hanno bisogno del partito perché devono pesare politicamente.

Bergoglio ha stufato

"I medici che praticano l'aborto sono del "sicari" - Queste dichiarazioni "da bar" sono criminali, colpevolizzano i pochissimi medici che praticano le interruzioni di gravidanza perchè, a differenza degli altri, pensano alle donne e non a sè, rispettano le loro decisioni; ora, gli unici che praticano effettivamente una medicina che deve essere di "servizio" si vedono offesi, chiamati in questa bassa maniera, col rischio che anche qualcuno di loro si tiri indietro con nuove gravi conseguenze per le donne. Bergoglio non ha nulla da dire invece sui tantissimi medici che fanno gli "obiettori di coscienza" per convenienza ma nei loro studi praticano eccome gli aborti a peso d'oro, e che si permettono di decidere loro al posto della donna, sul corpo delle donne; Bergoglio come Orban, come Trump e i nostri reazionari fascisti non parla neanche di eccezioni (stupri, messa in pericolo della salute delle donne o dei bambini, ecc.). Questi sono i veri criminali!
"Ci vuole un politico con i pantaloni" - mancava poco che dicesse "con i coglioni" (tanto per stare in tema di esternazioni "da bar"). Ma questo "politico" c'è, anzi più di uno/una: dalla Meloni, alla Roccella... non è necessario scomodare re Baldovino...
"Il femminismo è eccessivo... non tiene conto della superiorità del principio mariano su quello petrino" - ma la Chiesa è donna solo perchè è "sposa di Gesù"; tanto che dice NO anche al sacerdozio femminile - "La maternalità della Chiesa è la maternalità della donna" - e così Bergoglio si lava le mani... 
"Le donne hanno il diritto alla vita, nella vita loro e alla vita dei figli... Le donne hanno il diritto di proteggere la vita" - quindi, la vita delle donne sì, ma in funzione dei figli... Il diritto delle donne di decidere, semplicemente non c'è; così come viene cancellata la sofferenza di tante donne nella decisione di abortire in un sistema sociale che sempre di più scarica la vita dei figli, l'assistenza tutto sulle donne.
Ma Bergoglio ha rifilato altre reazionarie "chiacchiere da bar".
Attacco e massacri in Libano? Sono "non proporzionali", perchè "la difesa sempre deve essere proporzionata all’attacco" - lo stato nazi sionista di Israele che sta estendendo il genocidio, da Gaza alla Cisgiordania, ora al Libano, con più di 42mila morti, centinaia di migliaia di feriti, di gente che muore dopo e 600 morti in 3 giorni in Libano... diventa la vittima e fa bene a difendersi, solo deve essere più "equilibrato". 
Le decine di migliaia di bambini, di donne massacrate hanno diritto solo ad una "tirata d'orecchi" a Netanyahu, o a una preghiera la domenica... Questi bambini non contano! Tutto questo è schifoso! Chi è "immorale"?
Bergoglio, al di là delle parole - sempre "proporzionate", sempre mettendo sullo stesso piano le immane uccisioni delle popolazioni palestinesi, arabe con i morti della giusta resistenza palestinese - non si è mai sognato neanche di mandare mezzo camion del vaticano di medicine, cibo, in Palestina; nè tantomeno di fare il gesto, anche solo simbolico, di recarsi lui in Palestina -mentre va in ogni parte del mondo, dove dobbiamo vedere le immagini imbarazzanti di bambini "ammaestrati" che gli portano i fiori...

Verso il 5 ottobre - Tutte e tutti a Roma!




28/09/24

MILANO - il diritto d’aborto non si tocca! Lottiamo unite contro il governo Meloni e la sua ideologia fascista di Dio-Patria-Famiglia


Il 28 settembre è la giornata internazionale per un aborto sicuro,
voluta in Sud America nel 1990 e stabilita nel 2011 dal Women's Global Network for Reproductive Rights  come giornata mondiale per un aborto sicuro, libero e gratuito.

In Italia la depenalizzazione dell'aborto avvenne con la legge 194 nel 1978, dopo una lunga e dura battaglia del movimento delle donne che dovette scontrarsi con leggi risalenti al periodo fascista.

Molte critiche vennero fatte dal movimento delle donne alla legge 194, una legge chiaramente strappata al legislatore dalla pressione sociale che il movimento era riuscito a mettere in campo, una legge che pur depenalizzando l'aborto, riconosceva ai medici il diritto d'obiezione e non citava, quindi non riconosceva, il diritto all'autodeterminazione riproduttiva delle donne.

E oggi a che punto siamo?

..Bisogna dirlo, in questo paese le donne non sono libere di abortire, senza cedere sotto il peso della tagliola del giudizio, dello stigma sociale e familiare…. in cui le donne che scelgono di abortire continuano ad essere tacciate, oggi dal Papa, domani dalla ministra di turno, dopodomani ancora dai familiari, amici, partner e parenti, di essere delle assassine. E’ inutile continuare a parlare di leggi, diritti e dati se non continuiamo a interrogarci concretamente sul peso che lo stigma sociale assume sulla scelta delle donne. Gli antiabortisti giudicanti ce li abbiamo in casa, negli ospedali, nei consultori, in politica, ovunque, la riprovazione sociale e culturale sono i primi strumenti di controllo sui corpi e sulle scelte delle donne. Il diritto all’autodeterminazione delle donne è sotto attacco. Il governo, oltre a procedere nello smantellamento del servizio sanitario pubblico, nella carenza strutturale di consultori e personale medico rispetto ai percorsi sulla salute di genere, elargisce consistenti finanziamenti alle associazioni antiabortiste. L’ultima mossa è la creazione della“stanza dell’ascolto” inaugurata dall’ospedale pubblico Sant’Anna di Torino. Si tratta di uno sportello gestito da volontari/e di un’associazione antiabortista, il “movimento per la vita”, senza nessuna competenza scientifica, con lo scopo di fornire una presunta assistenza alle donne che vogliono interrompere la propria gravidanza e – nel caso in cui non lo facessero – un sostegno economico. La “stanza dell’ascolto” riceve soldi pubblici che vengono elargiti ad associazioni che entrano nei luoghi pubblici con l’unico scopo di iniziare un lavaggio del cervello della donna. Lotteremo perché lo spazio della sanità rispetti il diritto di scelta delle donne sulla propria vita e sul proprio corpo; combatteremo il tabù dell’aborto rompendo il silenzio che affligge questo tema, oggi più che mai.”

(dall’articolo “Le conseguenze dello stigma dell’aborto” https://femminismorivoluzionario.blogspot.com)

Il diritto all'autodeterminazione riproduttiva è un diritto fondamentale della donna ed è un diritto individuale e collettivo , come ben sapevano le rivoluzionarie e i rivoluzionari russi all'inizio del secolo scorso: l'abolizione del capitalismo e l'instaurazione del socialismo non possono avvenire senza la completa liberazione della donna (diritto d'aborto compreso) e una completa liberazione della donna non può avvenire senza la rivoluzione del metodo di produzione, l'abolizione delle classi e l'avvento del socialismo.

Non è un caso che il primo paese in assoluto in cui fu depenalizzato l'aborto fu proprio la Russia Sovietica nel 1920 e, soprattutto, le donne rivoluzionarie, con Aleksandra Kollontaj in prima fila, conducono la battaglia anche all'interno del partito stesso per affermare che la libertà di scelta della maternità riguarda l'intera società che la deve garantire anche nei fatti: la maternità e l'aborto non possono essere considerati solo all'interno dell'egoistico nucleo familiare, che prima o poi deve essere abolito, ma è la collettività socialista a cui interessa la libera scelta della donna.

Il ruolo della donna nel regime capitalista è quello di riproduzione di forza lavoro per il capitale, pertanto la scelta dell'autodeterminazione non riguarda solo il proprio privato ma va a intaccare i meccanismi stessi su cui si regge il sistema che ha bisogno dei 'figli' da sfruttare nel lavoro per il profitto e da mandare in guerra.

Non è nemmeno un caso che al giorno d'oggi, nell'epoca di imperialismo, colonialismo e in Italia del moderno fascismo, ci sia di nuovo un pesante attacco al diritto d'aborto e di nuovo la propaganda tenti di mettere sullo stesso piano il diritto della madre e il diritto del nascituro: l'abbiamo già detto: l'autodeterminazione delle donne va ad intaccare i meccanismi di sfruttamento e di doppia oppressione su cui si regge il sistema.

E in Italia proprio il governo Meloni attacca fortemente il diritto d’aborto e spende fiumi di soldi per l’ingresso dei pro-life nei consultori mentre è complice nel genocidio che sta compiendo lo stato sionista d’Israele dove vengono uccise a migliaia donne e bambini, dove fra i primi obiettivi militari c’è la distruzione degli ospedali…

Il diritto d’aborto non si tocca!

Lottiamo unite contro il governo Meloni e la sua ideologia fascista di Dio-Patria-Famiglia

Ci trovi il giovedì dalle 17 alle 19.30 c/o il Punto libreria militante Metropolis, in via Transiti, 28 MM1Pasteur oppure puoi contattarci all’indirizzo: mfpr.mi1@gmail.com. Mfpr-Milano.

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L’attacco al diritto d’aborto richiede non solo la lotta ma comprensione teorica, politica, ideologica della natura dell’attacco di quello che significa per le donne ma anche per il movimento proletario rivoluzionario. Per questo invitiamo a leggere gli opuscoli del mfpr 


TARANTO - Diritto d' aborto - 28 settembre, International Safe Abortion Day

Il testo che segue è stato parte dell'intervento di una compagna del Mfpr di Taranto alla manifestazione di Bari alla Fiera del Levante di oggi, per la Palestina, contro le guerre imperialiste, contro il governo Meloni.

Il 28 settembre si celebra la giornata internazionale dell'aborto libero sicuro e garantito.
Un diritto che bisogna dare sempre meno per scontato, in Europa infatti si stima che più di 20 milioni di donne non abbiano ancora accesso all'aborto libero e sicuro. In Polonia per esempio non si può accedere all’IVG nemmeno in caso di malformazione del feto mentre a Malta è possibile abortire solo in caso di pesanti rischi per la gestante.
In Italia sebbene l'aborto sia legale, le donne sono spesso costrette a percorsi lunghi e complicati a causa dell'enorme diffusione dell'obiezione di coscienza tra il personale medico. Oggi infatti sono 11 le regioni italiane in cui c'è almeno un ospedale con il 100% di obiettori di coscienza, questo si traduce in attesa e spostamenti, vessazioni e incontri con le associazioni antiabortisti e rappresenta un grande rischio per la salute mentale e corporea delle donne. Proprio pochi giorni fa a Montecitorio è stato presentato un report dal titolo “aborti e ostacoli” che raccoglie decine di testimonianze di donne italiane che hanno incontrato difficoltà e subìto violenze psicologiche e persino ci sono donne a cui è stato impedito di fatto l'accesso a un diritto. Sotto il governo Meloni infatti l'accesso all'aborto sta diventando sempre più un percorso a ostacoli. All'obiezione di coscienza si è aggiunta la progressiva istituzionalizzazione delle associazioni antiabortiste che appoggiate e finanziate dalle istituzioni portano avanti una vera e propria politica di deterrenza minando un diritto acquisito da oltre quarant'anni.
Dobbiamo riaffermare il diritto di decidere sui nostri corpi e sulla nostra sessualità. La legge 194 è un testo controverso che non garantisce un diritto di scelta e di interruzione di gravidanza, un diritto che è impedito anche alle persone trans, non binarie, intersex e alle persone migranti per le limitazioni in cui incorrono se possiedono il visto turistico. Un diritto che in questo modo diventa sempre più privilegio di classe. Dal suo insediamento il governo Meloni ha sostenuto apertamente di non voler toccare la legge ma ha sfruttato le sue debolezze assegnando fondi economici, dando legittimità politica a movimenti anti scelta e antiabortisti aumentando gli ostacoli per accedere all’IVG. Proprio di questi giorni è la notizia dell'apertura della stanza per l'ascolto presso l'ospedale Sant’Anna di Torino. 
Contemporaneamente nel dibattito pubblico ha preso sempre più spazio la retorica a favore della difesa della vita e dell'embrione, contro ogni principio di autodeterminazione: dalla proposta di disegno di legge di Gasparri con l'intento di “riconoscere capacità giuridica al concepito” al tour italiano di Pro-vita e Famiglia, aspramente criticato da collettivi e realtà dei territori dove finora è approdato. Il governo Meloni sostiene campagne per la natalità che nei fatti oltre a non supportare materialmente i genitori, promuovono discorsi razzisti e omofobi per cui si difende solo un tipo di famiglia tradizionale, eterosessuale e bianca. Noi invece vogliamo una difesa della genitalità tutta, libera, consapevole desiderata supportata e mai imposta. 
Tutto ciò si inserisce in un quadro desolante di tagli alla sanità pubblica in favore di quella privata, in un'ottica di aziendalizzazione del servizio sanitario che mette al centro i profitti e non la cura il benessere delle persone. In tale contesto si scrive l'approvazione della legge per l'autonomia differenziata che andrà ad aumentare il divario già enorme tra nord e sud del paese e lo smantellamento dei consultori pubblici, fondamentali presidi territoriali per la tutela della salute pubblica
L'aborto è una pratica medica essenziale: deve essere gratuita, sicura e accessibile a tutti.
Abbiamo sempre abortito e sempre abortiremo: pretendiamo però di farlo in condizioni di sicurezza, senza subire giudizi e discriminazioni, anche di natura paternalista, razzista, abilista, transfobica, grassofobica e ageista. Vogliamo che sia una scelta autodeterminata, chiediamo che l'aborto farmacologico sia disponibile in tutti i consultori familiari come sancito dalla legge, che la RU 486 si possa assumere fino alla 12esima settimana come dalle linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che chi vuole ne abbia la possibilità possa abortire a casa, in telemedicina o in autogestione. Ma senza consultori per tutte, tutto questo resta lettera morta.
Non abbiamo bisogno di associazioni antiabortiste che cerchino di dissuadere le persone esercitando violenza psicologica. Abbiamo bisogno di finanziamenti pubblici ai percorsi di maternità, contraccezione, aborto e prevenzione già forniti dai consultori che vengono però gestiti con difficoltà e fatica dal personale sanitario ormai stremato a causa di tagli e definanziamenti continui e con rabbia ricominceremo a ribadire che il corpo è mio e lo gestisco io!

PALERMO - Giù mani dalla nostra vita e dalla nostra libertà di scelta!


Lavoratrici Sla cobas sc  e Mfpr Palermo 

TORINO - NO alla stanza «anti-aborto» all'ospedale Sant'Anna - Mobilitazione il 28 del movimento femminista

La stanza è uno spazio nascosto tra i corridoi dell’edificio destinati all’amministrazione e non pubblicizzato dall’Azienda ospedaliera. 
Domani, sabato 28 settembre, sarà la giornata internazionale dell’aborto sicuro (celebrata la prima volta nel 1990 per festeggiare la depenalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza in America Latina) e, con l’occasione, le associazioni femministe tornano a mobilitarsi un po’ in tutto il Piemonte per ribadire la sostanziale contrarietà alle politiche sociali introdotte dalla Regione guidata dal governatore Alberto Cirio (Forza Italia) relative alla libertà di scelta della donna e all’uso delle risorse pubbliche al riguardo.
Tra tutte, il «no» più recente si riferisce allo spazio interno all’ospedale femminile Sant’Anna messo a disposizione dai vertici di piazza Piemonte e dalla direzione del nosocomio, che ha sottoscritto la convenzione a favore dell’associazione dichiaratamente antiabortista «movimento per la vita».
Uno spazio che, per quanto nascosto tra i corridoi dell’edificio destinati all’amministrazione (quindi lontano dalle corsie sanitarie) e non pubblicizzato dall’Azienda ospedaliera, continua ad alimentare un acceso dibattito politico tra maggioranza e opposizione. In Regione come in comune.
Contrarie all’idea «che i fondi pubblici vengano dirottati dai consultori femminili (statali) verso associazioni private che, in quanto dichiaratamente anti abortiste dall’istante del concepimento non possono offrire alle gestanti uno sguardo laico e super partes rispetto al tema», le associazioni femministe riunite intorno al collettivo «non una di meno» e sostenute da diverse sigle sindacali, manifesteranno domani, sabato 28 settembre, pomeriggio di fronte all’ospedale Sant’Anna di Torino e in piazza San Secondo ad Asti. «Negli ultimi tre anni il Piemonte ha speso oltre due milioni di euro di denaro pubblico per finanziare associazioni antiabortiste piuttosto che investire in forme di welfare universale — tuona la locandina che promuove la mobilitazione — ci vediamo in piazza domani».

26/09/24

La condizione delle persone disabili nella Cina Socialista

Riportiamo un articolo della rivista "Far East Reporter" del febbraio 1978 che spiega qual era la condizione delle persone con disabilità nella Cina socialista, nata  dalla rivoluzione guidata dal partito comunista cinese di Mao con la presa del potere da parte del proletariato e della classe oppressa. 
Una narrazione di un aspetto specifico che da un lato ci fa capire innanzitutto che non è affatto vero che nulla possa cambiare - l'attuale società capitalistica e imperialista, in cui  soggetti sociali come i disabili vivono una condizione di vita  di negazione dei più elementari diritti come la scuola, il lavoro, i servizi, non è immutabile o eterna - dall'altro ci dà una prospettiva reale in cui le masse proletarie e lavoratrici possono essere  la vera forza motrice della costruzione di una società nuova che non sia più basata sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e sulla disuguaglianza sociale... 


I disabili nella Repubblica Popolare Cinese
Ventotto anni fa, i disabili fisici erano emarginati nella società cinese. Dovevano cavarsela da soli, guadagnandosi da vivere come indovini, mendicanti, ladri, menestrelli di strada. Migliaia di questi sfortunati morirono di fame o di freddo nelle strade della Cina pre-1949. I resti umani rinvenuti erano enormi. Quel poco che veniva fatto per alleviare le condizioni era assolutamente inadeguato.
Oggi esiste un nuovo tipo di società: una società popolare, una società socialista in cui la grande maggioranza, compresi i disabili, sono lavoratori, partecipi della costruzione del nuovo tipo di società.
La nuova società offre opportunità speciali ai disabili. Ci sono scuole che permettono ai disabili di occupare il loro posto come normali lavoratori. A Pechino, ad esempio, ci sono scuole per sordi, ciechi e orfani.

La Scuola per non vedenti di Pechino
Questa scuola è gestita dal governo. I bambini sono ammessi a partire dagli 8 anni. Le tasse scolastiche sono uguali a quelle dei bambini in età scolastica; i bambini le cui famiglie hanno difficoltà economiche ricevono borse di studio. Dopo gli 8 anni, i bambini hanno l'equivalente dell'istruzione secondaria inferiore. Tutti i libri sono in Braille; il programma di studi è lo stesso delle scuole normali, tranne che per l'omissione del disegno.
La Scuola di Pechino per bambini non vedenti si propone di fare molto di più che dare ai giovani un'istruzione e un'abilità che li aiuterà a guadagnarsi da vivere. L'obiettivo più importante è quello di aiutarli a considerarsi dei costruttori attivi del socialismo.
Questi bambini vanno regolarmente a frequentare le fabbriche e le comunità per identificarsi con i lavoratori. Vengono educati agli ideali rivoluzionari: imparano a conoscere gli eroi rivoluzionari e partecipano a visite di luoghi e aree che rappresentano le lotte rivoluzionarie del popolo contro il feudalesimo e l'imperialismo.
Una ragazza di 17 anni, non vedente dalla nascita, è arrivata a scuola piuttosto scoraggiata. Alcuni anni di vita collettiva nella scuola le hanno fatto capire che poteva essere un membro utile della società. Ha raccontato di aver visitato il Monumento agli eroi del popolo a Tien. Alla base del monumento c'è un fregio che raffigura le lotte rivoluzionarie; la guida lasciava che i ragazzi non vedenti passassero le dita sulle incisioni mentre raccontava la storia di ogni episodio. Questa ragazza ha descritto le sue sensazioni: “Anche se non potevamo vedere, potevamo sentire che il nostro Paese sta facendo grandi passi avanti. Nel nostro Paese socialista, finché si ha il desiderio di servire il popolo, non si è veramente disabili”.
Dopo il diploma, vengono assegnati loro dei lavori in base ai loro desideri personali e alle esigenze dello Stato. Nell'agosto 1976 c'erano 160 alunni, seguiti da 60 insegnanti e membri del personale. I bambini imparano a conoscere com'era la vita prima del 1949 e cosa possono aspettarsi ora. I non vedenti più anziani vengono a raccontare la vita nella vecchia società; i diplomati della scuola tornano a raccontare il lavoro e la vita che stanno vivendo nella nuova società.

Fabbriche per lavoratori disabili
Le fabbriche sono costruite appositamente per i non vedenti e i disabili. A Pechino ci sono 14 fabbriche gestite dall'ufficio municipale per gli affari civili, che impiegano lavoratori ciechi, sordi, muti e disabili. Queste fabbriche e tre aziende agricole ricevono i diplomati delle scuole per ciechi e sordi. In ogni sito, circa il 60% dei lavoratori è disabile.
La più grande fabbrica di Pechino è la “Bandiera Rossa della Gomma e Fabbrica di prodotti metallici”, che produce gomma, palline, suole in gomma, plastica per scarpe, tappi per uso industriale, tappi per bottiglie, cerniere per stivali e altri prodotti metallici. In questa fabbrica lavorano 500 persone. Più di 180 sono ciechi, 120 sordi e 20 disabili, tra cui un lavoratore con le stampelle, vittima di una paralisi infantile. Quasi la metà della forza lavoro ha un'età compresa tra i 16 e i 28 anni.
I non vedenti manovrano le macchine, punzonano tappi di bottiglia, tagliano aste d'acciaio, praticano fori, producono palline di gomma colorate. Gli ingranaggi delle macchine sono chiusi e le punzonatrici sono dotate di dispositivi di sicurezza. Sebbene la semi-automazione sia divenuta rilevante da quando la fabbrica è stata fondata nel 1965, è vero che c'è ancora molto da fare. Gli incidenti sono minimi, ma si verificano, ad esempio quando gli operai non vedenti inciampano o urtano contro qualcosa. Quando un'operazione in fabbrica richiede un lavoro di gruppo, il gruppo è composto da lavoratori disabili e non.
La “Fabbrica di tappeti e moquette per sordomuti” di Pechino ha 380 lavoratori, con tutte le squadre di lavoro sotto la guida congiunta di una persona sorda e di una non sorda. Due dei sette membri del comitato rivoluzionario sono sordomuti, uno dei sette membri del comitato del Partito è sordomuto, 6 dei 12 direttori e vicedirettori dei quattro laboratori sono sordomuti. La maggior parte dei lavoratori non sordi ha imparato il linguaggio dei segni per poter dialogare e ottenere una buona collaborazione con i colleghi, sia sul lavoro che nella vita quotidiana.
Chen Pei, 31 anni, si è diplomato alla Scuola per sordomuti n. 4 nel 1964; è direttore del negozio n.1 e membro del Comitato rivoluzionario di fabbrica. È una collaboratrice attiva della nuova società cinese. Come dice lei stessa: “Nella vecchia società era difficile trovare un lavoro; anche le persone non disabili erano quasi sempre senza lavoro. Oggi, non solo ho un lavoro fisso, ma sono stata eletta capo della fabbrica". Non tutti i diplomati delle scuole per disabili vanno a lavorare in fabbrica. Il marito di He Chen Pei, Shih Jui-hua, 34 anni, ha seguito una formazione per massaggi nella città di Paoting, nella provincia di Hopei; ora è medico in una clinica di massaggi nella parte occidentale della città di Pechino.

Alcune condizioni speciali riservate ai disabili
I lavoratori disabili vivono generalmente nelle vicinanze della fabbrica. Per coloro che vivono altrove, il sistema di autobus municipale gestisce autobus speciali che da una posizione centrale trasportano fino alla fabbrica. I bambini disabili hanno la priorità per frequentare l'asilo della fabbrica. I figli di genitori non vedenti che sono normali, spesso stanno presso i nonni o i parenti. I disabili possono mangiare nella mensa della fabbrica o, se preferiscono, a casa. I negozi di alimentari locali, soprattutto durante le festività, inviano a casa dei non vedenti carrelli con vari prodotti alimentari, compresi i cereali.

La normalità è la regola
I lavoratori disabili ricevono lo stesso salario degli altri lavoratori. Nelle fabbriche speciali i salari sono uguali a quelli delle altre fabbriche statali. Oltre alla parità di salario, i disabili hanno anche gli stessi servizi, come l'assistenza medica gratuita e la pensione.
I disabili partecipano insieme a tutti gli altri alle attività della fabbrica e della comunità. I non vedenti della fabbrica “Bandiera Rossa” hanno un'orchestra, giocano a dama cinese e a scacchi.
I disabili non sono più emarginati dalla società. Come tutti gli altri, lavorano, costruiscono la nuova società, studiano le opere di Mao Zedong e Lenin. Anche loro sono capaci costruttori di un nuovo tipo di società.
Un'operaia non vedente di 32 anni, vicedirettrice del suo negozio, ha scritto: “Ho frequentato la scuola per bambini ciechi dal 1954 al 1962. Dopo il diploma, ho trovato lavoro in una fabbrica di scatole di cartone nella parte orientale della città di Pechino. La cosa che mi rende più felice è che non sono un peso per lo Stato, perché posso fare la mia parte nella costruzione del socialismo”.

Asili Taranto - Le lavoratrici vengono fatte lavorare tra gli scarafaggi - Ma anche per questo le lavoratrici il 7 ottobre scioperano!





Dalle lavoratrici di Palermo che continuano a lottare!


Le diatribe tra il governo regionale Schifani/Albano e la Città Metropolitana di Palermo, in merito al trasferimento/non trasferimento delle risorse per garantire i servizi di assistenza igienico personale specializzato, autonomia e comunicazione e trasporto agli studenti disabili delle scuole superiori, danneggiano esclusivamente gli studenti disabili in primis, le loro famiglie e tutti gli Assistenti del settore. 
Assistiamo ad una miserevole azione politica di rimpallo di responsabilità ma in realtà siamo di fronte ad una vera e propria irresponsabilità politica visto che ad oggi il servizio di assistenza igienico personale specializzato è stato avviato solo per un centinaio di studenti disabili, ne restano scoperti altri 400 circa, e si è palesato in rischio concreto di sospensione degli altri servizi a partire dal 1 ottobre, il tutto a quasi un mese dall’inizio della scuola. 
E non servono gli annunci ipocriti, in sede di audizione all’Ars in questi giorni, dei rappresentanti della regione/Assessorato Politiche Sociali sulle risorse che ci sarebbero, hanno parlato di circa 5 milioni di euro a livello regionale per esempio sull’assistenza igienico personale, se poi i fatti concreti sono che ad oggi per questo specifico servizio a Palermo per esempio si va avanti a singhiozzo sul rientro degli Assistenti a scuola. 
Vi è stata una gestione assolutamente caotica della documentazione e delle pratiche di competenza da parte della Città Metropolitana – Politiche Sociali in merito alla quale come O.S. stiamo intervenendo e vigilando attivamente giornalmente, contrastando situazioni non chiare o segnalando diversi casi manchevoli sul piano dell’assegnazione utenti disabili/operatori, trovando comunque una apprezzabile disponibilità da parte del Direttore Generale Vernuccio. 
Ma è chiaro che sono notevoli i disagi dei genitori che sono costretti o a tenersi a casa i figli, ancora una volta lesi nel loro diritto allo studio, o devono aspettare davanti le scuole per cambiarli e assisterli mentre vi è l’ennesima lesione del diritto al lavoro degli Assistenti la cui condizione di precarietà lavorativa resta grave e irrisolta, vedi anche la grave situazione di altre città siciliane dove il servizio non è affatto più partito da anni. 
Continuiamo a lottare per METTERE UNA FINE A QUESTA VERGOGNA INAUDITA!
Il servizio di assistenza igienico-personale specializzato deve essere reso stabile con le figure specializzate che da più di 20 anni svolgono il suddetto servizio per una piena garanzia del diritto allo studio degli studenti disabili e del diritto al lavoro.
La lotta continua anche in vista del prossimo incontro di questa O.S. convocata presso l’Assessorato regionale alla famiglia previsto il 9 ottobre alle ore 15,30 e presso la 4 Commissione del Comune di Palermo per l' altra vergogna dei bambini e ragazzi disabili privati del servizio nelle scuole di primo grado.

Lavoratrici Slai Cobas per il s.c. Palermo

Femminicidi di uomini che odiano le donne e di uno Stato/governo che li permette

Ennesimi femminicidi di uomini che odiano le donne.
Questo Stato, questo governo moderno fascista che vuole reprimere, comminare anni e anni di carcere per chi lotta per i diritti, chi protesta nelle piazze, ma ad un uomo che già ha fatto violenze contro una donna da soltanto un divieto (carta straccia) di avvicinamento e un braccialetto elettronico pure guasto che non impedisce assolutamente di andare tranquillamente ad uccidere la sua ex moglie, questo Stato, questo governo sono direttamente complice dei femminicidi, che avvengono quasi ogni giorno.

Nessuna fiducia! Nessuna delega alle Istituzioni. 
La nostra risposta deve essere una risposta di lotta! 
Basta femminicidi vuol dire più lotta delle donne in ogni luogo e in ogni forma, e con la furia che sappiamo scatenare!

A Torino, una donna è stata accoltellata dall'ex marito davanti ai figli. Roua Nabi, 34 anni, tunisina è morta ieri, poco dopo mezzanotte, colpita da una sola coltellata al torace inferta dall'uomo con cui era stata sposata, anche lui, 48 anni, di origine tunisina Ben Alaya Abdelkader. L'uomo aveva il braccialetto elettronico da quest’estate quando il giudice aveva disposto il divieto di avvicinamento alla moglie per episodi di violenza che si erano già verificati. L’ipotesi è che il braccialetto fosse fuori uso.
E’ stato arrestato dai carabinieri del nucleo radiomobile di Torino mentre tentava la fuga inseguito dal figlio più piccolo, 13 anni, che in lacrime chiedeva aiuto ai passanti. Insieme alla sorella, adolescente, erano in casa al momento dell'omicidio. Sono stati loro a dare l'allarme e il vicino di casa a chiamare i carabinieri. 

A Nuoro uomo, ieri mattina un uomo ha ucciso la moglie Maria Giuseppina Massetti, la figlia, un figlio, ferito un altro figlio, la madre. Pare che la moglie volesse separarsi.
Per la stampa questo uomo era un brava persona, mai violento... - però non si dice perchè detenesse "regolarmente" una pistola
Ma guardiamoci dalle "brave persone"! Che appena le mogli, compagne si ribellano, vogliono rompere i legami sembra "normale" prendere un'arma e uccidere.

MESTRE: UN COMPAGNO UCCISO E UNO FERITO NEL TENTATIVO DI DIFENDERE UNA DONNA VITTIMA DI RAPINA - "esigiamo di non essere usat3 da chi semina odio"

Il 21 settembre un compagno è stato ucciso ed un altro ferito del centro sociale "Rivolta" a Mestre nel tentativo di sventare una rapina nei confronti di una donna. 

Mandiamo un forte abbraccio e vicinanza alle compagne e compagne del CS "Rivolta".

La loro posizione, nel forte dolore, è un messaggio importante e controcorrente: no a strumentalizzazioni da parte di coloro che sono responsabile dello stato di abbandono, degrado della città 

MFPR

Articolo di Radio Onda d’Urto 

Un compagno è stato ucciso ed un altro ferito a Mestre nella serata del 20 settembre 2024 mentre stavano cercando di difendere una donna da un tentativo di rapina. L’episodio si è verificato intorno alle 23.30 nel centrale Corso del Popolo. I due compagni hanno cercato di fermare un rapinatore che ha aggredito la donna, il quale però estratto un coltello ed ha colpito entrambi. Il compagno ucciso, a soli 26 anni, si chiama Giacomo Gobbato ed è deceduto dopo il trasporto d’urgenza all’ospedale. L’altro aggredito, Sebastiano, avrebbe riportato ferite alle gambe ed è stato dimesso la mattina di questo 21 settembre dall’ospedale. Subito dopo l’accoltellamento in Corso del Popolo, l’uomo avrebbe tentato un’altra rapina in una via poco lontana, ma è stato arrestato.

Giacomo e Sebastiano sono militanti del centro sociale “Rivolta” di Marghera, che sui social ha pubblicato un messaggio che riportiamo integralmente:

Questa notte due nostri compagni sono stati accoltellati mentre difendevano una donna che stava subendo una rapina. Questo per noi è il tempo del dolore. Troppo dolore, un dolore che toglie le parole. Quello che pensiamo, tutto quello che proviamo, troveremo il modo di dirlo. A breve. Ora diciamo solo che esigiamo di non essere usat3 da chi semina odio. C’è un colpevole. È una persona, una singola. Non importa dove sia nato o di che colore abbia la pelle. E tutto questo succede in una città abbandonata da anni a se stessa. Non accettiamo strumentalizzazioni. E non le accettiamo per Giacomo che sarà sempre con tutt3 noi e per Sebastiano che è con il cuore a pezzi. A Giacomo, che nella sua giovane vita ha sempre lottato per una società inclusiva, multiculturale, antirazzista lo dobbiamo. Ciao Giacomo sarai sempre con noi.

Vi proponiamo anche l’audio del comunicato del CS RivoltaAscolta o scarica

Tutta la redazione e la comunità di Radio Onda d’urto si uniscono al dolore dei famigliari e dei compagni e delle compagne di Giacomo e Sebastiano.

25/09/24

Solidarietà alla Casa delle donne di Ravenna - Per il comune di Ravenna, per la Prefettura, la richiesta di pace, del cessate il fuoco in Ucraina come in Palestina è terrorismo!

Lo Slai Cobas per il sindacato di classe di Ravenna esprime la propria solidarietà alla Casa delle donne di Ravenna colpita da un provvedimento repressivo da Stato di polizia che ha fatto rimuovere la bandiera della pace e uno striscione che chiedeva il cessate il fuoco.

Accogliamo la proposta che viene dalla Casa delle Donne di aprire una riflessione politica in città su quanto è successo e noi proponiamo che questa riflessione venga fatta al più presto e nella forma di un’assemblea-presidio aperta come risposta politica di tutti coloro che non solo non accettano un presente di morte e distruzione nella guerra in Ucraina alimentata dagli Stati e dai governi imperialisti - con quello italiano in prima fila - e del nuovo olocausto in Palestina, e facciamo appello a dare una risposta politica al decreto-sicurezza 1660 che addirittura mette in ombra il fascista Codice Rocco.

Il centro sinistra cittadino e l’istituzione che rappresenta il governo in città convergono in quest’azione repressiva.

In questa città è bene che si sappia che due lavoratori che hanno scioperato e manifestato contro il genocidio in atto contro il popolo palestinese e a sostegno della sua Resistenza sono stati oggetto di attacchi repressivi da parte dei datori di lavoro che fanno parte delle coop sociali, con un mancato rinnovo di contratto dove è stato esplicitato al lavoratore proprio il motivo dello sciopero di febbraio per la Palestina e l’allontanamento dal liceo artistico per avere esposto una bandiera della Palestina!

Un clima di attacco repressivo che a livello nazionale viene portato avanti dalle Questure con i fogli di via così come col manganello in testa agli studenti a Pisa o a sotto la sede Rai di Torino come è successo a Napoli e in altre città.

Di questi giorni il governo con il ministro Piantedosi intende vietare la manifestazione nazionale del 5 ottobre a Roma per la Palestina.

Dobbiamo agire subito e non voltarci dall’altra parte perché stiamo andando in direzione di una società ripulita dall’opposizione politica e sociale, di un regime irreggimentato e autoritario, di un moderno fascismo per essere chiari perché l’impronta dei provvedimenti di questo governo è l’attuazione di una politica reazionaria e da Stato di polizia. Perché questo governo è moderno fascista e sta occupando giorno per giorno pezzi di potere politico per edificare un regime.

Facciamo appello per scendere in piazza già sabato prossimo.

Slai Cobas per il sindacato di classe di Ravenna

cobasra@gmail.com

cell. 3398911853

19/09/24

Documento del Movimento femminista proletario rivoluzionario - Presentato nell'assemblea nazionale di proletari comunisti del 31/8

Se una delle cartine di tornasole per giudicare il grado di civiltà di una società è quella della condizione delle donne dobbiamo dire oggi, purtroppo, che non si può più parlare solo di inciviltà, ma possiamo veramente parlare di barbarie e come abbiamo scritto in alcuni documenti teorico-politici siamo di fronte a forme di vera e propria bestialità nei confronti appunto della maggioranza delle donne.

Questo l'abbiamo visto in tutto questo anno a livello nazionale e soprattutto a livello internazionale, basti guardare alla Palestina dove le donne in particolare subiscono proprio fino in fondo, in maniera atroce, una condizione di oppressione e di violenza che rappresenta oggi il cuore dell'oppressione subiscono le donne; per non parlare della questione della guerra imperialista, dall’Ucraina, e tutti quei paesi oppressi martoriati dalla guerra che per le donne significa subire doppia, tripla violenza, sofferenza; fino ad arrivare ai paesi imperialisti dove avanza un processo reazionario in marcia verso il moderno fascismo.

In un paese imperialista come l'Italia la condizione delle donne si aggrava ogni giorno di più non solo da un punto di vista più economico, con i vari provvedimenti governativi che colpiscono sempre di più la condizione di lavoro/non lavoro delle donne, ma anche da un punto di vista ideologico e politico che in particolare con l’attuale governo Meloni si trasforma per le donne in un moderno medioevo, con l’attacco al diritto di aborto e le continue campagne ideologiche di stampo fascista sul ruolo delle donne che deve essere vincolato alla procreazione dei figli.

Stiamo dicendo in questa assemblea che centrale deve essere la lotta politica contro questo governo fascista per la sua caduta. Il governo Meloni sin da quando si è insediato ha posto come uno dei settori sociali da colpire quello delle donne, cominciando subito con un discorso ideologico. La Meloni questa estate ha rilasciato un’intervista ad una rivista da gossip, con cui dietro la ipocrita immagine pseudo amicale che vuole trasmettere alle donne ha cercato di fare un’operazione mediatica al contrario: lei è la donna a cui tutte dobbiamo guardare come modello da prendere ad esempio, perché lei dimostra alle altre donne come, avendo una figlia, si può fare carriera, dimostra cosa significa emancipazione delle donne, ecc. ecc.

Ci sarebbe da ridere, ma c’è veramente da incazzarsi! La Meloni è arrivata a dire che le donne devono sentirsi libere di fare figli, perché non è vero che ci sarebbero limitazioni nel fare figli, perché non è vero anche da un punto specificatamente economico che non riuscirebbero a conciliare tempo di lavoro e tempo famiglia, perché lei, la Meloni, lo fa.

Questa intervista, offensiva per le donne trattate peraltro come delle idiote, è un altro modo per portare avanti la concezione sulle donne che questo governo ha e cerca di imporre in ogni forma, e non corrisponde per niente alla realtà che vive ogni giorno la maggioranza delle donne, operaie, lavoratrici, precarie, disoccupate, immigrate… Una situazione difficile in cui sempre più donne non fanno figli perché costrette da una condizione di lavoro/non lavoro che impedisce di mettere al mondo i figli, di crescerli, di mantenerli; in una situazione in cui sono solo fumo negli occhi le misure a sostegno della maternità che sono elemosine peraltro destinate solo ad alcune fette di donne (vedi il cosiddetto “bonus mamme”).

Mentre è notizia di questi giorni l’annuncio della revisione dell’assegno unico, in vista della nuova finanziaria, che pone dei paletti che di fatto restringerebbero la platea dei beneficiari (verrebbe destinato solo alle famiglie con più figli, guarda caso!) e che viene fatto anche per racimolare soldi. Alla luce delle critiche ricevute a livello europeo sul discorso dell'esclusione degli immigrati dall'assegno, la Meloni e il suo governo strumentalizzano questa questione per contrapporre donne italiane e donne immigrate (ampliare l’assegno agli immigrati significherebbe annullarlo di fatto…), e nello stesso tempo portano avanti la concezione delle donne utili socialmente solo se fanno figli per “la patria”.

L’attacco ideologico e politico verso le donne emerge anche nelle linee guida dell'educazione civica per la scuola, quelle dell’odioso ministro Valditara. Un vero e proprio manifesto, politico moderno fascista attraverso cui gli studenti sin dalla tenera età devono essere educati al concetto di patria, di proprietà privata, quella della borghesia naturalmente, e in cui in un rigo viene racchiusa la concezione delle donne di cui parlavamo prima e del ruolo che devono avere in questa società capitalista, imperialista; tant’è che questo documento è sostenuto a larghe mani dalle associazioni antiabortiste e a cui plaudono anche perchè contiene un chiaro attacco alla questione del genere LGBTQ+

La borghesia non può dare nessuna soluzione a quelli che sono i reali problemi dei proletari, della classe operaia, del proletariato e specificatamente della maggioranza delle donne con il cuore delle donne proletarie più sfruttate e oppresse. Non ci sono soluzioni che la borghesia può dare, una borghesia che si è oggi vestita da donna. Ma, lo ripetiamo, non è il fatto di essere donne, ma la classe sociale a cui si appartiene che stabilisce quali interessi porti avanti e verso chi.

Non ci può essere soluzione ai femminicidi - siamo arrivati solo in questo anno a 174 donne uccise -, i femminicidi sono inevitabili in questa società, le false soluzioni della borghesia al potere, vedi il codice rosso di stampo essenzialmente repressivo e di controllo sociale sulle donne, non hanno ridotto né risolto la piaga sociale dei femminicidi, le donne continuano a essere uccise, denunciano e sono uccise lo stesso da quella famiglia che così tanto piace alla Meloni, al suo governo!

Tutto questo mostra ancora una volta, ancora di più, che noi donne non possiamo continuare a subire, ma innanzitutto dobbiamo ribellarci a questo stato di cose.

Nel blog del Mfpr prima della pausa estiva abbiamo postato alcuni articoli ben precisi per porre chiaramente alcune questioni, anche come indicazione/lancio di una nuova stagione di lotta: noi donne che abbiamo doppie ragioni per ribellarci e lottare, ragioni di classe e ragioni di oppressione sessuale, dobbiamo prendere coscienza che la nostra lotta non può che essere rivoluzionaria perché è una lotta che deve mettere in discussione a 360 ° questo sistema capitalista e imperialista che fa della doppia pressione delle donne una delle sue basi cardine.

Oggi è necessario un movimento femminista proletario rivoluzionario che è sì un’organizzazione del sistema di organizzazioni del Partito comunista maoista di cui facciamo parte, ma è anche una concezione e una prassi. Le parole non sono messe a caso, movimento, femminista, proletario, rivoluzionario, ognuna ha un significato ben preciso che nasce da un’analisi concreta della situazione concreta e dall’esperienza rivoluzionaria che si è fatta negli anni.

Occorre conquistare le donne, le proletarie, le lavoratrici, le operaie, le giovani ribelli alla lotta rivoluzionaria concretizzando la parola d’ordine: scatenare la ribellione, la furia delle donne come forza poderosa per la rivoluzione, affinchè le donne non solo impugnino la lotta contro gli attacchi immediati ma acquistino anche la consapevolezza della necessità della lotta rivoluzionaria, capendo che per essa dobbiamo avere un ruolo determinante in quelli che sono gli strumenti indispensabili per portare avanti questa lotta, primo fra tutti il Partito della classe del proletariato che ha uno dei suoi cuori pulsanti proprio nelle donne sfruttate e oppresse, ma che trasformano la doppia oppressione in ribellione e lotta rivoluzionaria per rompere ogni catena di questo sistema capitalista da rovesciare.

Dobbiamo avere chiare alcune cose per ripartire in questo anno:

il nostro riferimento principale sono le donne proletarie le più oppresse e sfruttate. Dobbiamo portare questo messaggio che si traduce anche in azioni concrete verso le lavoratrici e con le lavoratrici, perché possa avanzare questa consapevolezza della prospettiva rivoluzionaria, perchè proprio la condizione della maggioranza delle donne dimostra l’inconciliabilità della lotta delle donne con il riformismo.

Certo, questo non significa che non è necessario fare battaglie per risultati immediati che incoraggiano; lo abbiamo detto e fatto con lo sciopero delle donne promosso e fatto in questi anni con una piattaforma ampia che guarda a tutta la condizione di sfruttamento e oppressione della maggioranza delle donne, una piattaforma delle donne aggiornata alle fasi che si succedono, frutto dell’esperienza di lotta concreta ma anche dell’analisi e del lavoro di inchiesta tra le operaie, le donne lavoratrici, le immigrate; una piattaforma che parte dal lavoro per tutte le donne ma poi tocca tutte le questioni, la questione dell'aborto, dei femminicidi, delle discriminazioni delle donne migranti, della condizione di vita delle prostitute, delle detenute, la questione repressione, l’aspetto della solidarietà internazionalista con le altre donne che lottano nel mondo.

Quella del lavoro delle donne è una battaglia importantissima per tutto quello che significa lavorare per le donne in termini anche di emancipazione

Quindi è chiaro che dobbiamo guardare alle battaglie immediate. Però questa piattaforma è inserita in una prospettiva rivoluzionaria, perché, l’abbiamo detto tante volte, se veramente volessimo ottenere tutti questi punti si deve fare veramente una rivoluzione, perché la borghesia al potere non concederà mai tutto questo anzi toglie ogni giorno sempre di più.

Occorre riprendere questo lavoro con forza, con questa ottica: lotta immediata, ma in un’ottica rivoluzionaria, contro l’intero sistema sociale capitalista e imperialista.

Le lavoratrici, le donne proletarie impugnino questa lotta e avanzino per trasformarsi in un’avanguardia che possa porsi alla testa del movimento delle donne che in questo paese ha mostrato di avere reali potenzialità, vedi il 25 novembre in particolare ma anche l’8 marzo di quest’anno.

Per questo dobbiamo intensificare anche la lotta di posizione, teorica verso le altre tendenze femministe e non solo, anche verso altre realtà, politiche e sindacali che si dicono rivoluzionarie, comuniste, ma che sottovalutano la lotta rivoluzionaria delle donne e non la pongono come centrale.

In questo senso è bene comprendere e far comprendere che l’Mfpr non è solo una sigla ma è appunto una concezione ed è conseguentemente anche una pratica, riconosciuta oggi anche se ancora non estesa, ma riconosciuta anche nel movimento femminista oggi maggiormente rappresentato da Nudm.

Questo è stato visibile a Roma il 25 novembre con la linea, le parole d’ordine chiare portate dalle compagne del Mfpr contro il governo, contro Meloni fascista, senza mediazioni e senza paura sfidando anche la possibile repressione. Con l’azione portata in campo siamo state più che visibili all’interno di una grande movimento ed enorme presenza di donne. Abbiamo fatto “strillare” la borghesia, l'indomani sui giornali, accanto al movimento Nudm, tante testate giornalistiche parlavano del Mfpr che attaccava la Meloni, che diceva chiaramente che questo governo è fascista.

Si è mostrata la potenzialità che può avere il movimento femminista proprietario rivoluzionario se viene impugnato come concezione e come pratica, se lavora per trasmetterla alle donne proletarie, alle lavoratrici; mentre nello stesso tempo è necessario fare la lotta di posizione nel movimento delle donne diretto oggettivamente dalla piccola borghesia , perché siamo per la massima unità ma non generica.

Come donne non ci possiamo tirare indietro dalla responsabilità, necessità di essere parte determinante del processo di costruzione degli strumenti che ci servono per la lotta rivoluzionaria, in primis il partito. Noi dobbiamo fare la nostra parte, per un Partito comunista di tipo nuovo che sin dal principio ponga le condizioni ideologiche, politiche, organizzative perché le donne possano impugnare la militanza rivoluzionaria, ed assumere anche compiti di direzione nella lotta rivoluzionaria.

Questa concezione e pratica è anche frutto di un'analisi concreta della condizione concreta della maggioranza delle donne in questo paese e a livello internazionale, e dell’esperienza rivoluzionaria storica, che abbiamo accumulato in termini di bilancio in questo paese e in altri partiti a livello internazionale.

Andare tra le donne proletarie, tra le donne che sono il primo nostro riferimento di classe dicendo chiaramente che è l'ora della lotta rivoluzionaria, del partito della classe di cui la maggioranza delle donne sfruttate e oppresse è uno dei cuori pulsanti.

Infine, ricollegandoci alla questione delle donne palestinesi, l'otto Marzo di quest'anno lo abbiamo caratterizzato con una parola d'ordine ben precisa: dalle donne lavoratrici in lotta alle donne palestinesi. Le donne palestinesi, come dicevamo all'inizio, sono tra quelle donne che rappresentano il cuore oggi più profondo dell'oppressione delle donne ma nello stesso tempo sono anche la dimostrazione di donne che trasformano l’immane dolore e atrocità che subiscono loro e i loro figli in resistenza e lotta, dando un contributo determinante alla Resistenza del popolo palestinese.

Guardando a queste donne nella settimana dal 7 al 13 ottobre lanciamo una settimana di mobilitazioni per la Palestina. Dobbiamo portare a livello di massa il messaggio della necessità di sostenere la lotta e la Resistenza delle donne palestinesi e di tutto il popolo collegandolo alla necessità della lotta rivoluzionaria contro i governi massacratori e l’imperialismo assassino; questo lo dobbiamo fare combattendo posizioni pacifiste o filopacifiste che vogliono guardare alle donne palestinesi non come eroiche combattenti che trasformano l’immane violenza subita in lotta anche armata, ma solo come vittime che subiscono.

In un bel film/documentario che si intitola “Women in struggle” alcune donne palestinesi raccontano la loro esperienza di lotta armata nella Resistenza palestinese e parlano della necessità di combattere e che hanno dovuto imbracciare le armi. Il film è bello e molto interessante perché accanto all’esperienza come combattenti nella resistenza, dal racconto di queste donne emergono anche aspetti della lotta che hanno fatto per la loro emancipazione dai rapporti con i compagni, non solo per la partecipazione alla lotta,  ma anche per la gestione dei figli, ecc, nell’intreccio oppressione di classe e oppressione sessuale.

Guardiamo anche alle tantissime donne e compagne indiane, in prima linea nella guerra popolare guidata dal Pci (M) che trasformano oppressione e violenza di classe, sessuale, feudal-religiosa in lotta rivoluzionaria e già ora in rivoluzione nella rivoluzione, dando un contributo determinante alla guerra popolare e al partito che guida la guerra popolare.