28/08/19

Sgombero a La Felandina - la lotta deve continuare!


In nome della nostra sorella uccisa.
Le donne a La Felandina sono poche decine, ma non è certo un caso che a
morire il 7 agosto sia stata una di loro.
Tra i braccianti migranti sono quelle che hanno più problemi a trovare
lavoro, alcune di loro fino a ieri restavano al campo durante la
giornata per cucinare per i braccianti, fare dei servizi.
La condizione nel campo, nelle baracche in cui mancava tutto: acqua,
luce, bagni, ecc., era ancora più terribile per loro.
Ora con lo sgombero rischiano solo di andare nel circuito delle Chiese,
in cui l'assistenza è legata al controllo, a dover accettare le regole,
meno libertà.
Le donne de La Felandina vogliono lavoro, vogliono case.

MFPR


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24/08/19

Da vittime a furiose: insurrezione femminista contro la polizia messicana

Lunedì 12 agosto, nella capitale messicana, un gruppo di donne aveva protestato contro l’impunità di quattro poliziotti accusati di aver violentato una minorenne nel municipio di Azcapotzalco, dopo che la sua famiglia aveva ritirato la denuncia a causa di dati e video filtrati ai media dove si metteva in discussione la versione della giovane. Inoltre, vi era da poco stata la denuncia di una ragazza abusata da una guardia di sicurezza del museo della fotografia e lo stupro di una donna indigente che vive in strada da parte di due poliziotti della capitale.
Durante la manifestazione di lunedì scorso, il capo della Sicurezza Pubblica ha ricevuto un bagno di glitter davanti alle telecamere di tutti i media. Arrivate di fronte al Tribunale, conosciuto come “il Bunker”, un gruppo di donne ha attaccato la porta a vetri lasciando sui muri messaggi di ripudio per le violenze sessuali della polizia. Questi gesti sono stati definiti come provocazioni dalla governatrice di Città del Messico, Claudia “Shame-baum”. In un comunicato, ha affermato che «la violenza genera altra violenza» e che aprirà un procedimento poliziesco contro le manifestanti.
Da tempo, la politica progressista del governo della capitale ha provato a costruirsi un volto amichevole implementando corsi con prospettiva di genere e diritti umani per la polizia. Ad esempio il braccialetto fucsia, che i poliziotti porterebbero come codice per segnalare la possibilità di aiutare le donne che si trovano in una situazione di pericolo. Lo strumento ha origine dai braccialetti che le femministe hanno distribuito l’8 marzo 2017 ad altre donne, come segnale di mutuo sostegno nel caso in cui si sentano minacciate nello spazio pubblico.



Messicane al glitter di guerra

A fronte dei tentativi del potere locale di attaccare la protesta, molte voci femministe hanno risposto con una serie di frasi e slogan come «Esigere giustizia non è una provocazione», «Non ci proteggono, ci violentano». Già l’hashtag #MeCuidanMisAmigasNoLaPolicia – «Di me si prendono cura le mie amiche, non la polizia» – esprimeva abbastanza chiaramente la mancanza di fiducia nei corpi di polizia. Alcune hanno cominciato a scrivere l’equazione policía = violicía, per mettere in luce e denunciare la lunga storia di aggressioni sessuali da parte della polizia.

In Messico non è la prima volta che accadono violenze sessuali da parte di forze di polizia o militari nei confronti di giovani, contadine, indigene o cittadine in lotta. Amnesty International ha documentato almeno 60 casi: Acteal 1992,  San Andrés Larrainzar 1995; Montebello,  Tláhuac, 1998; Ayutla, 2002; Guadalajara, 2004; Atenco, 2006; Parral, 2006; Zongolica, 2007; solo per menzionare i casi più conosciuti.

Il percorso lungo per richiedere giustizia da parte delle donne che hanno subito violenza ha incontrato momenti di disprezzo e prese in giro. Ottenere giustizia per vie istituzionali è impossibile se non si proviene da una famiglia ricca o se la rimostranza non arriva a istituzioni internazionali attraverso la pressione delle organizzazioni dei diritti umani.
Nell’arco di tutta la settimana, una generazione di giovani femministe, in gran parte tra i 14 e i 29 anni, si sono organizzate e hanno lanciato un’altra manifestazione per venerdì, mentre neutralizzavano mediaticamente la condanna conservatrice per aver rotto i vetri della porta del tribunale. Intanto, a migliaia di chilometri dalla capitale, anche le donne delle città del nord come Hermosillo, Mazatlán, Culiacán, Saltillo, dove difficilmente si convocano manifestazioni femministe, sono scese in piazza per ripudiare le violenza sessuale della polizia. Nel Chihuahua, le ragazze hanno espresso con scritte sui muri il loro ripudio, mentre a Puebla le donne organizzate hanno assaltato una volante. Fatti inediti da queste parti.
Durante questa mobilitazione il glitter rosa è stato il gioco che ha caratterizzato la giornata di lotta, come gesto simbolico di intervento estetico e politico di fronte al potere. Centinaia di meme e gif hanno cominciato a circolare sui social rivendicando l’uso del glitter come arma magica femminista contro il potere. Sono state condivise ricette per elaborare glitter ecologici, come per esempio colorare con lo zucchero di rosa per non utilizzate il glitter inquinante di metallo.



Siamo capaci di creare, siamo capaci di distruggere

Le manifestazioni nella capitale hanno conquistato l’attenzione dei media internazionali per le immagini dei graffiti sui monumenti e l’incendio di una centrale di polizia. Gli interventi sulle pareti degli immobili sono stati realizzati nella zona Rosa, nel cuore delle aree di commercio di Città del Messico. Una delle immagini che più ha circolato in televisione è quella di un uomo infiltrato che ha colpito un reporter che trasmetteva dal vivo. Ripetendo in modo spettacolare queste immagini si attendeva una reazione conservatrice da parte della popolazione messicana.

Nel pomeriggio di venerdì, nello snodo della Glorieta de Insurgentes, prima che ardesse il fuoco, vi sono state scene di solidarietà e dialogo tra donne e giovani ragazze che condividevano l’indignazione e il glitter.

Scambiandosi pañuelos verdi, neri, viola. Ascoltando i dolori e la rabbia di tutte. Quelle che sono rimaste a casa la osservavano virtualmente. Poesie, canzoni, cori, silenzi, lacrime, gridi. Maschere, teste di maiali come travestimenti, molti A.C.A.B (All Cops Are Bastards).
All’imbrunire è aumentata l’intensità delle proteste: le donne che sono rimaste in piazza hanno organizzato cordoni per evitare che entrassero uomini a provocare nel blocco che attaccava la sede di  Metrobús. «Unitevi tutte» si gridava. Questa unione nei cordoni ha permesso di non darla vinta alla paura a fronte delle voci su una possibile repressione. Per esempio, quando le manifestanti sono entrate nella stazione di polizia di Florencia per incendiarla, un blocco di donne è rimasto fuori per proteggerle. Il governo ha inviato donne poliziotte prima di reprimere, mentre le donne in corteo richiamavano una sorta di solidarietà di genere: «Donna poliziotta, ti stanno usando! Devi stare dalla nostra parte».



Per fortuna, la reazione conservatrice è stata neutralizzata mediaticamente attraverso  conversazioni e discussioni virtuali. Si è riusciti a mettere al centro la difesa e l’importanza della vita al di sopra degli oggetti (auto, monumenti e immobili). Centinaia di donne stanno sostenendo nelle reti transnazionali come facebook e twitter che bruciare oggetti non è comparabile con la violenza patriarcale che quotidianamente soffriamo sui nostri corpi.

Intanto, il governo progressista cerca di amministrare la furia femminista dando spazio a voci femministe istituzionali e dividendo le manifestanti tra “decenti, sensate e mature” contro “giovani, rabbiose e incandescenti”, creando nuove tensioni e nuove discussioni su quello che potrà accadere da qui in avanti rispetto all’aumento della violenza patriarcale contro i nostri corpi.
Nonostante tutto, il 16 di agosto può essere pensato già come il momento in cui abbiamo spostato in avanti i limiti di ciò che ci è permesso fare, un “giorno storico di disobbedienza, rabbia e libertà”.

Foto di copertina: tratta da Desinformemonos. Foto nell’articolo: tratte da Women Are Europe.
Traduzione in italiano: Alioscia Castronovo per DINAMOpress.

Festa Usb TA - le donne fanno da contorno e divertimento nel peggiore cliché sessista

Dal blog tarantocontro
Lo squallido, sessista concorso delle "Miss" è arrivato anche alla festa dell'USB di Taranto.
 
 
Quando si parla di uomini, si trattano temi seri (l'attacco al lavoro e la morte degli operai Ilva/AM)Le donne invece - la cui condizione di lavoro e di vita, di attacco ai diritti e alla dignità, con la punta di iceberg di violenze sessuali e femminicidi, anche a Taranto è pesantissima,  delle donne, dalle mamme dei Tamburi alle lavoratrici degli asili, delle pulizie, ecc., che a Taranto lottano con fermezza e dignità - fanno solo da contorno e divertimento nel più osceno clichè maschilista e sessista. 
Uno schifo! Che le donne, lavoratrici Usb lo impediscano!
 

MFPR Taranto

16/08/19

Solidarietà a Giulia e Gaja aggredite da miltanti leghisti e polizia mentre manifestavano contro Salvini a Siracusa



AGGRESSIONE DA PARTE DI LEGA E POLIZIA A SIRACUSA AL COMIZIO DI SALVINI

A due ore dal comizio di Salvini insieme ad altri attivisti che portano dei cartelli veniamo fermate e scortate da un uomo della Digos. L'uomo- che precede una squadra di poliziotti in divisa- pretende di "accompagnarci" ad una "manifestazione organizzata" che non esiste.

Ci porta vicino ad un luogo dove noi dovremmo incontrare altri attivisti, non a caso non lontano dalla guardia di finanza.Ricordiamo all'uomo che come cittadine e cittadini abbiamo il diritto di manifestare il nostro dissenso con ogni mezzo di diffusione- art. 21 della Costituzione.

Riusciamo ad allontanarci dai poliziotti col pretesto di scrivere un articolo per la scuola per riportare le parole di Salvini.

Una volta ritornate nella piazza del comizio io e Gaja siamo in prima fila e mostriamo i cartelli: "Resistiamo Umani" e- ricordiamo la dichiarazione di Salvini sui "pieni poteri"- "Salvini fascista- historia docet", "Olocausto Mediterraneo" e un altro con scritte tutte le leggi che il decreto sicurezza bis viola.

Subito un militante leghista mi spinge indietro, in un crescendo di insulti e aggressioni verso di noi da destra, sinistra, dietro e avanti oltre la balaustra dove stanno poliziotti e team della lega.

A Gaja un uomo della Digos stacca a una a una le dita dalla balaustra; le danno della "quasi cittadina" perchè è nera, nonostante sia a tutti gli effetti cittadina italiana; ci danno delle fasciste, ma noi dialoghiamo, citiamo a memoria l'art. 21 della Costituzione sulla libera espressione, ricordiamo il discorso del Bivacco del 1922 in cui 

Mussolini chiedeva  "i pieni poteri" e rilasciamo interviste.

Strappano il mio cartello in tre persone, uno della Digos lo sequestra e da dietro stracciano anche quello sulle leggi. La nostra è resistenza passiva: saremmo state ferme coi cartelli se non ci avessero aggredito e non abbiamo mai mosso violenza.


NESSUNO DEVE RIBALTARE LE RESPONSABILITÀ E DIFFONDERE CALUNNIE SU DI NOI: SIAMO CITTADINE CHE HANNO ESPRESSO IL PROPRIO DISSENSO IN MODO PACIFICO E SONO STATE PER QUESTO AGGREDITE.


Una poliziotta strappa il cartello a Gaja e un militante le stringe il polso per "difendere sua moglie" - Gaja si alza sulla balaustra: " non mi muoveró da qui finchè non mi ridanno il cartello e il diritto di manifestare".

L' uomo della Digos che ci aveva scortate entra nel nostro spazio insieme a una squadra della Celere in tenuta anti-sommossa e fa indietreggiare i manifestanti.

Ho paura di ricevere colpi e sono debole per le aggressioni, arretro in quarta, quinta fila.

Solo quando i giornalisti si mettono tra noi e la polizia leggo con Gaja testi su vittime della Resistenza del 42, carceri della Libia e Cpr in Italia nel 2019.

In breve alcuni poliziotti  agitano i manganelli, mi sento mancare e mi stendo a terra; mi soccorrono manifestanti e una donna del pronto soccorso. Mi vengono diagnosticati i sintomi dello stato di presincope. 

Gaja si sdraia, chiede a tutte e  tutti di sedersi per evitare eventuali cariche, ma quelli della Celere manganellano da sotto lo scudo.

Quanto a me una volta in ospedale mi lasciano da sola in corridoio per un'ora mentre continuo a piangere e a ripetere consapevolmente che Salvini non dovrebbe parlare perchè ha violato la Costituzione e vite umane; ripeto che voglio essere libera, che resisteremo.

Mi portano in un'altra stanza dove un infermiere che si dichiara "convinto prosalviniano" dopo aver sentito il mio racconto- sottolineo la scarsa professionalità di un infermiere che non è tenuto a dare opinioni politiche nello svolgimento del suo lavoro- mi porta un liquido senza dirmi che si tratta di un calmante- devo chiedere io stessa se sia un calmante per poi rifiutarlo. Subito dopo nella stanza sono di nuovo da sola prima che arrivi una nuova paziente.

La medica che mi visita mi parla di attacco di panico dovuto a un mio stato di agitazione; le dico che bisogna tener conto del contesto in cui mi trovavo.

Sul referto non c'è scritto che ho subito aggressioni; nessuno lo ha riconosciuto formalmente. All'una di notte vengo dimessa- intanto Gaja, nonostante abbia ripetuto ad un'infermiera che ha subito l'aggressione insieme a me e abbia avuto in sala d'attesa un attacco di panico, non è stata mai ammessa nella stanza nè le è stato prestato soccorso.

Questa è la fine del resoconto e anche uno dei mille inizi per  dimostrare che questi atteggiamenti di leghisti e poliziotti sono fascisti in quanto oppressivi e discriminatori e stanno minando le basi della democrazia e della nostra costituzione antifascista.


  LA NOSTRA TESTIMONIANZA VUOLE ALLARMARE CITTADINE E CITTADINI: UNIAMOCI CONTRO OGNI TIPO DI FASCISMO, MOSTRIAMO COME UNO STATO CON SALVINI PREMIER SAREBBE VIOLENTO, OPPRESSIVO, AUTORITARIO, CLASSISTA, SESSITA E RAZZISTA - basta leggere gli insulti  inammissibili che Gaja ha ricevuto sulla pagina FB di Salvini- RESISTIAMO PERCHÈ LA VIOLENZA AUMENTERÁ E RIPETIAMO: "VIVIAMO, SIAMO PARTIGIANE E PARTIGIANI E 

RESISTEREMO  UMANI"




Giulia e Gaja

AL CAMPO BRUCIATO DI FELANDINA-METAPONTO, DOVE ABBIAMO INCONTRATO I BRACCIANTI MIGRANTI

Un capannone interamente bruciato, in un campo simile ad una discarica. E' qui che abbiamo incontrato i braccianti migranti de la “Felantina” nella giornata di giovedì 8 agosto. La visione del campo e di quello che ha provocato l'incendio è dura ed è una denuncia lampante delle condizioni in cui sono costretti a vivere per lavorare centinaia di migranti, e che prima o poi dovevano  portare ad un terribile disastro. Del capannone bruciato non resta che lo scheletro, tutto all'interno è andato distrutto; ma l'incendio ha toccato anche un capannone vicino. I migranti ora dormono negli altri capannoni, in una condizione chiaramente impossibile, ma già da prima.ì

Siamo andati innanzitutto per portare la solidarietà e la nostra vicinanza dopo l'atroce morte di Eris Petty, di 28 anni, nigeriana, del cui corpo si sono trovati solo resti carbonizzati.
I braccianti ci hanno raccontato quello che è successo, il gigantesco scoppio che solo perchè la maggiorparte erano al lavoro non ha provocato tante altre morti. L'intervento dello Stato e delle Istituzioni ha avuto agli inizi un solo scopo, allontanare i migranti che non hanno potuto recuperare nulla di quello che avevano nel capannone, e in primis i documenti, per cui tanti ora, pur avendo il permesso di soggiorno, senza i documenti è come se fossero “inesistenti. e questo, dicono i migranti, ora è il problema più urgente.
Dopo il primo giorno - hanno detto i migranti - nessuno è venuto, nè istituzioni (giovedì impegnate nel Comitato sicurezza e ordine), nè sindacati. Invece di portare assistenza, tutto il campo poi è stato “ripulito” non delle macerie, ma delle bombole a gas e dei fornelli che permettevano loro di prepararsi i pasti. Per cui al campo senz'acqua si è aggiunto un campo senza cibo.
Mentre eravamo lì è arrivata un'autobotte per l’acqua, rapidamente presa d'assalto; ma i pasti giunti tramite la Caritas e dati da cittadini solidali, commercianti, ecc., sono – dicono i migranti – assolutamente insufficienti. Per cui sono stati giorni anche di fame per tanti di loro.

Una sola struttura era presente con un camper, quello di ‘Medici senza frontiere’, tutti solerti e gentili nel fare da mesi un lavoro di assistenza sanitaria e ora costretti a fare anche un lavoro di indirizzo verso i migranti senza documenti e senza niente.
Il rapporto con i ‘Medici senza frontiere’ è stato ottimo, hanno detto che ci conoscevano, hanno raccontato la situazione e richiesto soprattutto assistenza legale per i migranti, perchè ora le istituzioni dicono ai migranti di andare a fare la denuncia per la perdita dei documenti alla stazione dei carabinieri di Metaponto, ma qui non trovano chi li aiuta ad avere un duplicato o ad accertarne l'esistenza, invece trovano chi li vessa con domande su dove, quando, perchè hanno avuto il permesso di soggiorno, ecc., non tenendo conto che i migranti vengono da tante città e da altri campi come questo, da cui altri sgomberi, altri incendi, altre ricerche del lavoro, li hanno allontanati. Eris Petty era stata prima mandata via dalla questura di Padova e poi dal campo di San Ferdinando in Calabria. Come possono i migranti ora tornare da dove sono venuti alla ricerca dei documenti o del tagliando per il rinnovo o dei documenti dei ricorsi, che sono andati distrutti?
Così in realtà li si vuole ulteriormente clandestinizzare, ricattare, cacciare, nonostante le belle parole sprecate davanti al corpo carbonizzato di Eris, nonostante l'impegno sincero di volerli aiutare che tanti hanno espresso, dal Parroco di Bernalda, ad alcune associazioni, ecc.

09/08/19

Per Iris e tutti i migranti: dolore, rabbia, LOTTA!

Ieri sera una rappresentanza del Mfpr e Slai cobas per il sindacato di classe è andata al campo "La Felandina" dei/delle braccianti migranti di Metaponto, in cui l'incendio del 7 agosto ha distrutto tutto un capannone e Eris Petty Stone, nostra sorella di classe nigeriana, è morta, per portare direttamente solidarietà, vicinanza, e dire: trasformiamo insieme il dolore e rabbia in autorganizzazione e lotta. Abbiamo incontrato e parlato con i migranti e il presidio di "Medici senza frontiere". Seguirà una informazione di questo caloroso incontro.
segue una informazione dalla stampa locale.

Info MFPR Taranto

Il corpo, totalmente carbonizzato, della giovane nigeriana di 28 anni  è stato recuperato. La bracciante Eris Petty Stone era arrivata in Italia nel 2015, quando presentò domanda per il permesso di soggiorno alla questura di Padova che però la respinse. In seguito la 28enne, che aveva due figli nel paese di origine, aveva fatto ricorso ed era in attesa del responso

L' incendio è scoppiato in un capannone nell'area di Metaponto. Lo stabile è l'ex complesso industriale "La Felandina", che ospita stabilmente più di 600 immigrati che lavorano come braccianti nei campi della zona. Si tratta di una struttura in cui uomini e donne vivono da anni in condizioni precarie e nel quale le fiamme hanno iniziato a divampare la mattina del 7 agosto. Una prima ipotesi è che l'incendio sia scaturito dall'esplosione di una delle bombole di gas presenti nel capannone.

Le condizioni della struttura erano talmente malandate da far pensare che fosse "solo questione di tempo" prima che avvenisse qualche incidente.

La dichiarazione dello Slai cobas per il sindacato di classe taranto 

Ora le ipocrite dichiarazioni di istituzioni e sindacati complici dei padroni e padroncini dello sfruttamento e delle orrende condizioni di abitabilità e vita dei braccianti, sono di fatto utili solo a sgomberi, deportazioni, ulteriori ricatti. Invece che assistenza, non c'è neanche acqua..., subito si riunisce il 'comitato per l'ordine e la sicurezza'!

Vogliamo il ripristino dei documenti distrutti, il permesso di soggiorno per tutti, vogliamo case e trasporti per il lavoro nei campi.


Una morte annunciata": dice don Pasquale Giordano
, parroco a Bernalda e responsabile Caritas interparrocchiale in una intervista a Radio Vaticana Italia. L'area era degradata e «il Demanio che avrebbe potuto rendere più umana, magari impiantando una pompa d'acqua, la vivibilità di quella zona» non è intervenuto.

La comunità ecclesiale, che cerca di aiutare queste persone, "si è attivata per sensibilizzare le istituzioni ma - prosegue don Pasquale - abbiamo trovato indisponibilità dovuta al fatto che le norme attualmente vigenti puntano molto sul favoreggiamento dell'immigrazione clandestina» e quindi, è la conclusione del sacerdote, «ogni azione che si sarebbe potuta compiere per rendere più vivibile quell'area è stata bloccata per la paura di incorrere nella violazione della legge».

"È successo sotto casa nostra. L'orrenda morte di una donna in un capannone dell'area industriale (mai nata) Felandina, dove sono ammassati centinaia di lavoratori che vengono utilizzati in agricoltura soprattutto in questo periodo di raccolta dei prodotti della terra, chiama in causa le responsabilità di ciascuno di noi. Nessuno escluso"... 

07/08/19

Al Campeggio Resistente NO MUOS, una corrispondenza da una compagna del MFPR

Domenica 4 agosto abbiamo partecipato alla terza giornata del Campeggio Resistente No Muos a Niscemi – Contrada Ulmo.
Durante il campeggio di quest’anno sono state organizzate delle interessanti assemblee, in particolare sabato 3 agosto il tema discusso è stato “Guerra, militarizzazione e devastazione dei territori”, mentre la domenica, giornata conclusiva del campeggio, l’assemblea mattutina a cui abbiamo partecipato verteva su “Femminismo e anticapitalismo: un'unica lotta”.

La compagna che ha aperto l’assemblea ha spiegato due ragioni di essa:
1) provare a far sì che la lente del femminismo possa diventare una lente per ragionare anche sulle altre lotte, perché, e questo lo abbiamo ritenuto un passaggio importante, si pone la necessità di fase della formazione/analisi/ragionamento.
2) Aprire lo sguardo sul rapporto tra sfruttamento capitalistico e oppressione delle donne. Siamo nella fase della crisi del capitalismo (processo di produzione basato sul profitto), all’interno del quale vi è il lavoro riproduttivo e di cura che ricade sulle donne.
E’ necessario analizzare lo sfruttamento delle donne in questa società, quali lotte femministe?

Successivamente sono stati presentati da altre compagne rispettivamente i temi di 4 tavoli, “fortemente interconnessi tra di loro”, in cui si sarebbero divisi i partecipanti all’assemblea: Razzismo, violenza di genere, Sfruttamento dei territori/sfruttamento dei corpi, regolamentazione della sessualità.

Per ogni tavolo sono stati posti dalle compagne, in maggioranza giovani, alcuni concetti/parole chiave per il ragionamento/discussione. La scelta di partecipare ad un tavolo poteva essere dettata o dal fatto di avere fatto analisi/esperienza su uno dei temi o dal fatto di conoscere poco di quel tema e volere iniziare ad approcciarsi.

Sul razzismo
collegamento alle femministe americane nere degli anni 70 che hanno posto la questione del collegamento dell’oppressione patriarcale, dello sfruttamento di classe e dell’oppressione razzista,
concetto dell’intersezionalità non solo dal punto di vista del genere ma come relazione dinamica tra i diversi livelli di sfruttamento (classe, razza, sesso… ma si potrebbe allargare vedi per es la disabilità ecc.),
mito dell’inferiorizzazione, in fase di crisi del capitalismo uno stupratore nero dà legittimità da un lato all’ideologia razzista e dall’altro alla violenza bianca
riproduzione sociale - donne bianche/donne migranti…

Su ecologia, sfruttamento dei territori/sfruttamento dei corpi
questione “ecologista” con una lente di genere
il collegamento tra i cambiamenti climatici e il moltiplicarsi delle oppressioni di popolazioni e degli spostamenti migratori, il cambiamento dinamico aumenta lo sfruttamento delle donne e sulle donne, l’80% dei migranti rifugiati climatici sono donne,
nelle lotte territoriali automatico protagonismo delle donne (America Latina), mamme No Muos, mamme Tamburi/Taranto, Val di Susa; diretto collegamento tra l’espropriazione della terra e il ruolo riproduttivo/ruolo delle donne nelle lotte
corpi/territori, il corpo delle donne luogo reale dell’espropriazione del diritto all’autodeterminazione… le grandi opere, espropriazione di territori/controllo sulla terra

Su violenza di genere
una premessa sui contesti militanti “liberi” dalla violenza di genere, riproduzione di comportamenti/linguaggi sessisti nella militanza dei compagni ma influenza anche nelle militanti donne,
sistematicità della violenza di genere legata alla società capitalista, neoliberista, imperialista, razzista,
violenza di genere strutturale,
genere, non solo donne ma anche LGBTQIA,
il femminicidio è la punta dell’iceberg ma le forme di violenza sono molteplici,
binarismo di genere come costrizione dei ruoli sessuali, divisione sessuale del lavoro, donne che rinunciano alle lotte per il lavoro di cura
Donne migranti – triplice sfruttamento
Stato di polizia/violenza sulle donne
Sciopero delle donne, riappropriarsi del significato dello sciopero (Nudm)
Appropriarsi della lente femminista per la trasformazione della società,
gli uomini quanto si assumono la lente femminista? Meccanismo di delega alle compagne/militanti donne

Regolamentazione della sessualità
il capitalismo modo di produzione ma anche di regolamentazione di vita,
“concessione” di diritti nel capitalismo ma per fare rientrare tutto dentro un nuovo controllo, “concessione” di spazi (vedi il quartiere San Berillo a Catania) ma il capitalismo li trasforma in contesti da sfruttare,
separazione delle lotte, dei diritti civili dai diritti sociali (In Israele sponsorizzata la libertà per i gay ma per mettere in luce l’omofobia palestinese…),
unire le lotte ma cambiare le prospettive con una lente trasversale, lavorare sulle basi materiali da cui nasce la regolamentazione della sessualità, se no è una lotta deviata

Abbiamo quindi partecipato al tavolo di violenza di genere misto con diverse compagne e alcuni compagni giovani ma anche lavoratrici, in particolare della scuola. Il dibattito è stato vivace con diversi interventi.

Tra gli interventi, una compagna anarchica di Palermo ha posto la necessità che negli ambienti militanti venga compresa bene la questione LGBT e il concetto del poliamore che non è promiscuità ma da contrapporre all’oppressione della famiglia monogamica.
Una compagna del Coordinamento No Muos che ha ribadito l’importanza di discutere di tali argomenti nel movimento No Muos, si è focalizzata sul concetto di autorità/autoritarismo all’interno dei movimenti e sulla necessità di recuperare la riflessione sulle pratiche di lotta anche in relazione alla violenza di genere.
Un compagno ha denunciato la questione dell’imposizione di ruoli anche all’interno dell’ambito militante. I fascisti si uniscono, noi siamo in una fase in cui non siamo spesso uniti.
Una donna docente ha detto che a scuola la separazione dei ruoli sulla base della questione di genere ancora non è così palese tra gli studenti ma quando si esce fuori dalla scuola, nel mondo del lavoro per esempio,  diventa chiaro… Come fare emergere la questione della violenza di genere nel mondo del lavoro? Con quali pratiche?

Il nostro intervento in rappresentanza del Mfpr/Lavoratrici Slai Cobas sc ha cercato di porre/sviluppare in breve in particolare alcuni punti: la questione della violenza di genere come questione sistemica/strutturale, il legame struttura-sovrastruttura, la violenza insita nel sistema capitalistico basato sulla violenza dello sfruttamento capitalistico fondato sullo sfruttamento del lavoro salariato e che per la maggioranza delle donne significa doppio sfruttamento e doppia oppressione, l’intreccio classe-genere, l’origine storicamente determinata della violenza di genere; in merito alla questione del “quali pratiche?” abbiamo portato esempi brevi sul lavoro che si fa verso e con le lavoratrici, spiegando che le lavoratrici spontaneamente spesso risultano antifemminste e la necessità invece che acquisiscano una coscienza di classe intrecciata alla coscienza di genere, le lavoratrici devono assumere un punto di vista femminista su tutte le questioni costruendo il proprio contingente politico autonomo, lo sciopero delle donne è utile in tal senso come arma di fase che pone sul tappeto la prospettiva rivoluzionaria della lotta delle donne che non può essere riformista ma deve mirare al rovesciamento del sistema al fine di una vera liberazione…, l’intervento delle lavoratrici nel movimento più ampio delle donne, rappresentato oggi in Italia da Nudm.
La violenza dello stato di polizia/fatto accaduto al Pride di Palermo alla compagna Mfpr portata in questura in manette per avere diffuso un volantino contro il governo fascio-populista-sessista Salvini/lega/M5S. (un compagno ha espresso rammarico per non conoscere il fatto e ha ribadito la necessità dei collegamenti tra le varie realtà per ampliare in questo caso la solidarietà). I casi di Lavinia Cassaro, Giusi Rossi sono il concentrato della violenza sessista dello stato di polizia al servizio del moderno fascismo che avanza.
Il maschilismo nelle organizzazioni politiche e sindacali (alcuni esempi di come si è trattata la questione di delegati maschilisti nel sindacato, i compagni che politicamente fanno le riunioni "separate" per esempio sulla questione delle donne)

Metaponto: per la pacchia di stato e padroni muore lavoratrice nigeriana in incendio al capo braccianti

Morte annunciata.  Vivono in 500 in condizioni disumane nell'ex sito industriale andato a fuoco. Sono sfruttati a nero dai padroni nei campi agricoli. Il capannone è di proprietà dello Stato.

 A Metaponto di Bernalda (Matera) una donna è morta stamani a causa di un incendio divampato, per cause in fase di accertamento, in un capannone dove stabilmente vivono decine di migranti impegnati nella raccolta nei campi agricoli.  Secondo quanto si è appreso, la vittima è una donna nigeriana. Il cadavere non è stato ancora recuperato poiché si trova in una posizione rischiosa, a causa della presenza di alcune bombole di gas.