30/06/19

LIBERARE CAROLA / AFFONDARE QUESTO GOVERNO FASCIO-POPULISTA, RAZZISTA, SESSISTA, IMPERIALISTA

DAL MFPR: LIBERTA' PER LA COMANDANTE CAROLA - SEMPRE AL
FIANCO DELLE/DEI MIGRANTI



Carola Rackete deve essere liberata! Scendiamo in campo, in ogni modo. 
 
La disobbedienza a norme razziste, barbare, disumane del governo è giusta e legittima. Contro il fascismo di Salvini e dei ministri servetti del M5S non bastano le parole, occorrono azioni, e questa volta una capitana, donna, si è assunta la responsabilità di farle per salvare la vita dei migranti e delle migranti.

 

A fronte di un stupido, osceno, ma anche meschino Salvini, che non argomenta - non lo può e non lo sa fare - ma minaccia, insulta, usa anche squallidi termini sessisti; a fronte delle violenze - queste sì - che leghiste hanno vomitato, auspicato che le facessero; sta la grandezza, l'umanità, la ragione, la forza resistente della capitana e dei migranti.

Noi donne proletarie, femministe, siamo e saremo sempre con le nostre sorelle migranti e i migranti e tutte/tutti coloro che per questo vengono perseguitate, criminalizzate.


MFPR

LA REPRESSIONE NON FERMA LE LOTTE PER UNA SANITA’ PUBBLICA GRATUITA UNIVERSALE E UMANIZZATA - Dalle lavoratrici aci-informatica


Si è svolta oggi una seconda grande giornata del vademecum, nella quale il Coordinamento Cittadino Sanità insieme ai Movimenti per il Diritto all’Abitare hanno distribuito migliaia di vademecum per la riduzione delle liste d’attesa in diverse strutture sanitarie delle ASL RM1, RM2, RM3, RM4 e RM6. Anche stavolta è stato raccolto il consenso di numerose persone e anche stavolta registriamo un diffuso nervosismo dei dirigenti responsabili delle strutture ospedaliere e delle ASL che è sfociato in un gravissimo atto repressivo ai danni di un componente del Coordinamento Cittadino Sanità che denunciamo pubblicamente. La premessa è che questa vertenza sulle Liste di Attesa che il Coordinamento Cittadino Sanità porta avanti ormai da più di un anno, finalizzata alla difesa e al rilancio di una sanità pubblica gratuita universale e umanizzata, ruota intorno alla diffusione di un Vademecum che vuole informare cittadini e cittadine della possibilità prevista da una legge di potere effettuare una visita o un esame nei tempi previsti dalla ricetta che le prescrive e non nei tempi biblici delle liste di attesa. La diffusione di questo Vademecum si rende necessaria a causa del fatto che i dirigenti e i responsabili politici delle strutture sanitarie pubbliche si rifiutano di informarne gli utenti. Con queste premesse una delegazione del Coordinamento Cittadino Sanità si è recata oggi – 27 giugno 2019 – all’Ospedale Grassi di Ostia per distribuire il Vademecum. Al nostro arrivo tutti i vigilantes ci hanno accerchiato per invitarci ad “andare fuori” dall’Ospedale, definendolo un “posto privato”. Abbiamo replicato che l’ospedale è un luogo pubblico continuando a volantinare. A quel punto i vigilantes hanno chiamato i carabinieri. Quando i carabinieri sono arrivati hanno provato a sostenere la stessa tesi dei vigilantes. Abbiamo chiesto di mettercelo per iscritto ma questo non è avvenuto. I carabinieri, evidentemente in difficoltà, dopo aver preso e restituito i documenti, atteso inutilmente l’arrivo del dirigente responsabile dell’ospedale che si è guardato bene da farsi vedere, hanno preso per un braccio un componente del Coordinamento Cittadino Sanità per portarlo fuori dall’ospedale. Nel tragitto verso l’uscita si è aggiunto un vigilantes che ha messo le mani addosso al nostro compagno che ha tentato di impedirglielo e a quel punto i carabinieri hanno messo a terra, immobilizzato e successivamente trascinato con la forza fuori dall’ospedale il componente del Coordinamento Cittadino Sanità, che ha trovato peraltro la solidarietà degli utenti presenti. Questo è un fatto gravissimo. Da una parte i dirigenti della sanità, dietro indicazione dei responsabili politici asserviti alla sanità privata, vogliono affossare la sanità pubblica e negano ai cittadini le informazioni che consentirebbero di aggirare i tempi biblici delle liste di attesa. Dall’altra le forze dell’ordine vengono utilizzate per reprimere chi vuole difendere la sanità pubblica, chi vuole far conoscere le garanzie previste dalle leggi vigenti. Paradossalmente le forze dell’ordine si pongono quindi contro le leggi esistenti. Ma stiano pure sereni, tanto i dirigenti che affossano la sanità e quanto i loro lacché tra le forze dell’ordine: la nostra mobilitazione per una sanità pubblica gratuita universale e umanizzata andrà avanti.
Coordinamento Cittadino Sanità Movimenti per il Diritto all’Abitare

29/06/19

"Siamo tutte e tutti antifascistie/i" migliaia in corteo al Pride a Palermo

 Una manifestazione dall'impronta  antifascista, antirazzista, antisessista, contro ogni discriminazione sociale
  



 Con cartelli  siamo intervenute al Pride, forti  passaggi solidali con applausi reciproci tra i camion che sfilavano e le  precarie e precari Slai Cobas s c che gridavano "siamo tutte e tutti antifascisti - per una Nuova Resistenza", invitati a salire su un camion. 

Le compagne Mfpr hanno distribuito  un volantino apprezzato e richiesto che ha suscitato anche tanta solidarietà in particolare verso una delle compagne duramente repressa proprio al Pride dell'anno scorso a Palermo. 

E' una guerra e merita di essere arrestata, e poiché è una donna, merita di essere stuprata... Siamo tutte con la capitana Carola


Di Jennifer Courson Guerra

LO STUPRO.

Abbiamo letto tutti, con orrore, quello che stanno scrivendo sui social nei confronti di Carola Rackete.
Un elemento ricorrente è quello dello stupro: Carola merita lo stupro, che è una pratica per farti stare zitta, per ricordarti qual è il tuo posto, perché per te donna il sesso è solo questo, una punizione. Carola, tutte noi, non siamo soggetti. Siamo a disposizione degli uomini, e a disposizione perché gli uomini esercitino su di noi il potere dello stupro. Per farci imparare, per educarci, per farci riflettere. Per darci una lezione. Chi augura uno stupro non ci considera esseri umani, ci deumanizza, ci riduce a delle prede.

Lo stupro è un crimine d’odio, perché chi lo pratica – e chi lo invoca – odia le donne. Le considera incapaci di arbitrio, incapaci di scegliere se comandare una nave, se fare sesso perché vogliono fare sesso, di essere libere. Carola è una “sbruffoncella”, va rieducata, riprogrammata. Non funziona, non è concepibile nella cultura dello stupro che una donna faccia una cosa del genere. E l’unico modo per farlo è che un uomo le insegni come si sta al mondo, e cioè in silenzio e a casa propria, e glielo insegni con la violenza.

Lo stupro è parte della nostra cultura. È stata per millenni un’arma di guerra, di scambio economico, di punizione corporale, appunto. Lo stupro non è quasi mai un uomo che ti assale nel vicolo mentre torni a casa alle tre di notte perché ha voglia di farsi una scopata, è molto più spesso un compagno o un conoscente che approfitta di te, che esercita il suo dominio. La chiamo “cultura dello stupro” perché lo stupro virtuale di Carola è la norma. La cultura dello stupro ci dice che dobbiamo avere paura degli uomini, in continuazione. Che lo stupro incombe sulla nostra testa se non ci comportiamo bene. Che il coltello dalla parte del manico ce l’hanno loro. E noi donne possiamo solo fare questo: fare le brave, così non ci succederà niente.

28/06/19

Aggiornamenti sullo sciopero della fame nel carcere dell'Aquila

Oggi, dopo 31 giorni, Anna e Silvia hanno ufficialmente terminato lo sciopero della fame. Insieme a loro ha ripreso a mangiare anche Natascia.
Silvia è stata trasferita al carcere delle Vallette per poter presenziare martedì 2 luglio a un processo in merito a uno sfratto, sarà quindi presente in aula.
Anna e Natascia proseguiranno nei prossimi giorni la protesta tramite battitura, unendosi a quella ancora in corso nelle sezioni di 41bis femminile e maschile.
Seguiranno aggiornamenti sulla protesta delle detenute nel carcere dell’Aquila.

Di seguito la locandina per una presenza solidale in aula a Torino MARTEDI' 2 LUGLIO.
 
 

Con Anna, Silvia e Natascia - Da MFPR-AQ




Silvia Ruggeri e Anna Beniamino sono due prigioniere politiche, da 29 giorni in sciopero della fame totale nella sezione alta sicurezza 2 (AS2) del carcere di L’Aquila, dove sono state trasferite il 6 aprile scorso.
Chiedono il trasferimento in altro carcere e la chiusura della sezione AS2 di L’Aquila.
Numerose iniziative in sostegno della loro lotta sono state messe in campo, non solo a L’Aquila e in Italia, ma in tutto il mondo. Dall’Australia alla Palestina sono arrivati messaggi di solidarietà. Vogliamo chiederci come mai?
La sezione AS2 è la sezione dove vengono rinchiuse le persone ritenute responsabili di associazione sovversiva con finalità di terrorismo. Per Silvia tale accusa è già caduta a marzo, e tuttavia è ancora in custodia cautelare in una sezione dove vigono regole restrittive che non si discostano molto da quelle delle aree riservate del 41 bis. Restrizioni che questa città ha già avuto occasione di conoscere durante il processo a Nadia Lioce per “disturbo della quiete o del riposo” del carcere.
“Un carcere femminile peggiore di Guantánamo e di Alcatraz”, come lo defininì Giulio Petrilli. Un carcere che ospita attualmente 10 donne in 41 bis e 4 in fatiscenti celle sotterranee che sono un autentico bunker e sono riservate alle detenute AS2, anche in attesa di giudizio, dove l’ombra del regime di tortura del 41 bis si scaglia prepotentemente su chiunque abbia avuto l’onore o l’onere di aver lottato contro un sistema basato sulla disuguaglianza, la guerra, lo sfruttamento, il razzismo, la devastazione ambientale. Un carcere che è una vera e propria tomba, non solo per chi vi è reclusa/o, ma per gli stessi principi democratici che costituzionalmente questo Stato si è dato.
Ma questo Stato è stato finora sordo alle legittime proteste delle anarchiche detenute, anzi ha risposto con il trasferimento in questa sezione di un’altra compagna, Natascia Savio, a cui sono state trattenute le carte processuali e disposto l’isolamento e la censura. Anche lei è in attesa di processo e in sciopero della fame.
Le tre donne sono monitorate dal personale sanitario, ma la loro richiesta di poter far entrare un medico dall’esterno viene ad oggi ancora disattesa e aumenta la responsabilità dell’amministrazione penitenziaria in una situazione che è gravissima: lo sciopero della fame totale per 29 giorni lascia dei segni irreversibili.
Più passa il tempo, però, più aumenta a macchia d’olio la solidarietà da parte di altri detenuti e detenute. Oltre agli anarchici reclusi in altre carceri,  sempre nel carcere di L’Aquila, le donne recluse al 41 bis hanno intrapreso una battitura quotidiana di mezz’ora, la cui eco è arrivata fino alle sezioni di 41bis maschili, dove si è rafforzata, perché altri detenuti hanno iniziato a battere sulle sbarre. La solidarietà è l’ossigeno delle lotte e questa lotta non sembra destinata a spegnersi, perché, come hanno scritto Silvia e Anna nella loro proclamazione di sciopero: “…Esistono condizioni di carcerazione, comune o speciale, ancora peggiori di quelle aquilane. Questo non è un buon motivo per non opporci a ciò che impongono qui. Noi di questo pane non ne mangeremo più: il 29 maggio iniziamo uno sciopero della fame chiedendo il trasferimento da questo carcere e la chiusura di questa sezione infame.”

Solidarietà a Silvia, Anna e Natascia in sciopero della fame
Solidarietà alle detenute in 41 bis nel carcere dell’Aquila che si battono al loro fianco
Solidarietà a chi, dentro e fuori le carceri, non si accontenta di sopravvivere a questo sistema, ma osa vivere lottando per una vita dignitosa.

NOTIZIE DAL CARCERE DE L'AQUILA



Notizie da L’Aquila, 26 giugno: 
 
Come ogni mercoledì, anche oggi Silvia e Anna hanno svolto i colloqui con persone esterne. 
Mentre Natascia, trasferita lì una settimana fa, non ha ancora la possibilità di vedere nessun altra/o all’infuori dell’avvocata. È sottoposta a censura e le hanno trattenuto anche le carte processuali.
Anche la posta di Silvia, in entrata e in uscita, continua a subire rallentamenti, e in parte viene trattenuta.
Ad oggi sono tutte e tre ancora in sciopero della fame. 

Chi ha visto le due compagne riferisce di averle trovate bene, considerato il fatto che hanno raggiunto il 29° giorno di sciopero della fame. Accusano una fisiologica debolezza che risulta tuttavia essere nella norma. Con grande forza di spirito oggi le compagne hanno rifiutato il pacco, in cui era stata messa della frutta nell’ipotesi che avessero deciso di interrompere lo sciopero. 
Le iniziative messe in campo - anche negli ultimi giorni - restituiscono loro forza. Confermano che le battiture dal 41bis -della durata di mezz’ora- continuano, quotidianamente, e che loro riescono a parteciparvi, in risposta, per non più di dieci minuti date le scarse energie. 
Stanno tirando la corda in una situazione che di giorno in giorno diventa sempre più critica, e l’assenza di una risposta da parte dell’istituzione penitenziaria, sempre più gravida di responsabilità.
È attendibile la notizia di una visita nel carcere avvenuta in giornata da parte del garante nazionale dei detenuti, sollecitata dalla gravità della situazione. 
Le compagne sono monitorate dal personale sanitario, ma la loro richiesta di poter far entrare un medico dall’esterno viene ad oggi ancora disattesa.  

Venerdì, 29 giugno, sarà la prossima occasione di contatto diretto con le tre compagne detenute nell’A.S.2 del carcere de L’Aquila, quando andranno da loro a colloquio le rispettive avvocate.

26/06/19

«...a meno di non essere cieco, non puoi non accorgerti dell’ingiustizia e della diseguaglianza che ci circonda..». Sempre al fianco della capitana Carola



<<< Ha deciso, comandante?

«Io voglio entrare. Entro nelle acque italiane e li porto in salvo a Lampedusa. Sto aspettando cosa dirà la Corte europea dei diritti dell’uomo. Poi non avrò altra scelta che sbarcarli lì».

<<< La accuseranno di favorire l’immigrazione clandestina e forse di associazione per delinquere.

«Lo so».

<<< La multeranno e la nave Sea-Watch 3 sarà confiscata.

«So anche questo. Ma io sono responsabile delle 42 persone che ho recuperato in mare e che non ce la fanno più. Quanti altri soprusi devono sopportare? La loro vita viene prima di qualsiasi gioco politico o incriminazione. Non bisognava arrivare a questo punto».

<<< Ha paura?

«E chi non l’avrebbe, al posto mio?». Quando leggerete quest’intervista, realizzata ieri pomeriggio, la capitana tedesca Carola Rackete (31 anni) potrebbe aver già oltrepassato il Rubicone delle acque territoriali, una linea invisibile distante dodici miglia nautiche dalle coste italiane lungo cui il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha eretto il suo Decreto sicurezza bis. Potrebbe essere già a terra a spiegare alla polizia le sue ragioni. Oppure sarà ancora là fuori, quindici miglia a sudest di Lampedusa, a disegnare una rotta schizofrenica che va avanti da tredici giorni. Con le spalle appesantite da una scelta che dentro di sé ha già preso ma che, non riguardando solo lei, tarda a mettere in atto.

<<< Qual è la situazione a bordo?

«I migranti sono disperati. Qualcuno minaccia lo sciopero della fame, altri dicono di volersi buttare in mare o tagliarsi la pelle. Non ce la fanno più, si sentono in prigione. L’Italia mi costringe a tenerli ammassati sul ponte, con appena tre metri quadrati di spazio a testa».

<<< Avete anche minorenni?

«Tre ragazzi di 11, 16 e 17 anni. Non stanno male, ma in Libia hanno subito abusi. Il 14 giugno ho fatto richiesta al Tribunale dei minorenni di Palermo perché prendesse in carico il loro caso. Non mi ha risposto nessuno».

<<< Comunicate con il Centro di coordinamento soccorsi di Roma?

«Invio almeno dieci mail al giorno alle diverse autorità competenti, in Italia, in Olanda, a Malta. Allego anche il report con le condizioni sanitarie dei migranti. Da Roma mi rispondono “non siamo responsabili”. Allora chiedo il place of safety, il porto di sbarco, e mi ripetono “non siamo responsabili”. Girano tutte le mie mail al ministero dell’Interno, dicono di avere le mani legate. È chiaro che il Centro è stato esautorato, è Matteo Salvini che decide e provoca lo stallo».

<<< Secondo lui dovreste andare in Olanda, il vostro Paese di bandiera.

«È ridicolo, bisognerebbe circumnavigare l’Europa! Oltretutto anche l’Olanda non collabora. “Non è colpa nostra se in Libia c’è la guerra”, ci dicono. “Non è colpa nostra se l’Africa è povera”.Siamo circondati dall’indifferenza dei governi nazionali».

<<< Perché non andate a Malta?

«Ha negato l’autorizzazione».

<<< La Tunisia?

«Non ha una normativa che tuteli i rifugiati. La nave Maridive 601, che aveva salvato 75 migranti, l’hanno fatta stare 18 giorni al largo di Zarzis senza farla attraccare. Ma di cosa stiamo parlando? Lampedusa è il porto sicuro più vicino. Il Centro di Roma sostiene di non essere responsabile, poi però ha acconsentito a far sbarcare i migranti che stavano male. Ora gli altri rimasti a bordo ci chiedono quanto dolore bisogna provare per poter scendere a terra».

<<< È pronta ad assumersi tutte le responsabilità?

«Sì, e lo ero fin dall’inizio di questa storia. Sarei entrata subito a Lampedusa, perché la situazione politica mi sembrava così compromessa da non lasciare speranze. Però non sono sola, la mia scelta avrà conseguenze legali anche sul capo missione, sul proprietario della nave e sulle persone di Sea-Watch che a terra lavorano con noi. Rischiano di essere accusati di reati gravissimi. Non è facile, sono preoccupata per loro».

<<< Come riesce a rimanere calma?

«Non ho tempo per perdermi d’animo. Passo le giornate a fare ciò che un capitano di nave non dovrebbe fare: cercare un porto di sbarco. È compito delle autorità statali darcelo. Nessun comandante dovrebbe subire la pressione che sto subendo io. La sera ci ritroviamo a cena con i 22 dell’equipaggio e parliamo, condividiamo sensazioni, cerchiamo di tenere il morale alto. Ma è dura, la notte non ci dormo».

<<< Cosa spera, Carola?

«Che i giudici italiani, alla fine, riconoscano che non siamo scafisti né una minaccia per la sicurezza nazionale dell’Italia, come invece sostiene Salvini».

<<< Se potesse parlare con il ministro cosa gli direbbe?

«Gli direi che l’importanza della vita umana è un valore ereditato dai grandi pensatori greci e romani, e non dovrebbe farci sopra i suoi giochi politici».

<<< Si era mai trovata in una situazione così complicata?

«Mai, nemmeno quando ero sulle navi rompighiaccio in mezzo al mare artico».

<<< Ma come è finita nel Mediterraneo a salvare i migranti?

«La mia vita è stata facile, ho potuto frequentare tre università, a 23 anni mi sono laureata. Sono bianca, tedesca, nata in un Paese ricco e con il passaporto giusto. Quando me ne sono resa conto, ho sentito un obbligo morale di aiutare chi non aveva le mie stesse opportunità».

<<< Quando l’ha capito?

«Durante il mio primo viaggio all’estero, in Sud America. Ho conosciuto culture e popoli diversi dal nostro, e quando sei lì, a meno di non essere cieco, non puoi non accorgerti dell’ingiustizia e della diseguaglianza che ci circonda. Dovevo fare qualcosa per chi non ha voce e non ha forza».

25/06/19

L’Aquila - Silvia e Anna digiunano da 28 giorni. Solidarietà da parte delle detenute al 41 bis, che dal 17 giugno eseguono battiture giornaliere della durata di mezz'ora l'una.


L’Aquila - Silvia e Anna digiunano da 28 giorni. Solidarietà da parte delle detenute al 41 bis. Il Dap, intanto, ha disposto il trasferimento di Natascia Savio, anch'essa anarchica, sempre nell'inferno dell'AS2 di L'Aquila

Da Il Dubbio, di Damiano Aliprandi

L’Aquila, le anarchiche digiunano da 28 giorni

Anna Beniamino e Silvia Ruggeri manifestano per la detenzione. Solidarietà da parte delle detenute al 41 bis. Il Dap, intanto, ha disposto il trasferimento di Natascia Savio, altro membro del movimento

Sono passati 28 giorni e le due donne anarchiche Anna Beniamino e Silvia Ruggeri, ancora continuano a fare lo sciopero della fame all’interno dell’alta sicurezza del carcere de l’Aquila, una sezione dove vigono regole restrittive che però non si discostano addirittura dalle cosiddette aree riservate del 41 bis e, teoricamente, ciò non dovrebbe accadere, così com’è stato denunciato dall’avvocata Caterina Calia tramite un reclamo al tribunale.

«Bevono solo una tisana, non prendono nemmeno un integratore, nulla», fa sapere il legale di Anna Beniamino. Uno sciopero della fame, così prolungato, che sta debilitando inevitabilmente sempre di più il loro corpo. Una di loro attende il medico autorizzato dal gip, ma da almeno 20 giorni – fanno sapere i legali – ancora non è giunto per la visita, nonostante più volte i difensori si sono recati in carcere per poter parlare, invano, con chi di dovere. Ma nel frattempo si è aggiunto un altro episodio.

Nonostante il clamore mediatico, almeno regionale, e la presa di posizione di alcuni politici della regione Abruzzo, in quella sezione è stata trasferita dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria un’altra donna. Si chiama Natascia Savio, 35enne, anarchica anche lei, ed è stata arrestata il 21 maggio in Francia e tradotta nel carcere di Bordeaux. Dopodiché è stata estradata in Italia, di passaggio nel carcere di Rebibbia, per poi essere trasferita nella sezione As2 de L’Aquila. Anche Natascia ha intrapreso lo sciopero della fame.

Questo trasferimento, agli occhi delle detenute, è apparso come una provocazione visto che l’obiettivo dello sciopero è il trasferimento immediato presso un altro carcere e la chiusura della sezione dove sono recluse. Più passa il tempo, più aumenta a macchia d’olio la solidarietà da parte di altre detenute Oltre ai loro compagni anarchici reclusi in altre carceri, Infatti, sempre nel carcere de L’Aquila, le donne recluse al 41 bis, apprendendo la notizia dello sciopero della fame tramite il tg regionale, hanno cominciato ad intraprendere la battitura delle bottigliette di plastica come forma pacifica di solidarietà.

Uno sciopero della fame che non è una novità nella galassia anarchica. Negli anni 70 l’attuò Pasquale Valitutti, conosciuto per essere l’unico testimone della morte di Giuseppe Pinelli, volato dalla finestra dal quarto piano della questura di Milano. Oggi, malgrado da anni sia costretto a vivere su una sedia a rotelle, continua a manifestare e partecipare alle lotte politiche. Ma la sua storia, appunto, riguarda anche lo sciopero della fame che intraprese, quando, durante i cosiddetti anni di piombo, finì in prigione con l’accusa di lotta armata. Intraprese uno sciopero della fame che durò oltre un mese ed è lì che si ammalò.

Ma lo sciopero della fame è un metodo che fu applicato anche dagli anarchici degli anni 20. In primis da Errico Malatesta, il fondatore del famoso quotidiano “Umanità nuova” e uno dei principali teorici del movimento anarchico. Venne arrestato, ingiustamente, nel 1920 e intraprese uno sciopero della fame che gli minò le sue condizioni fisiche. Una pratica che però non va sempre a buon fine. Si può morire anche. L’ultima morte a causa dello sciopero della fame in carcere è avvenuta nel 2017. Parliamo di Salvatore “Doddore” Meloni, l’indipendentista sardo di 74 anni che stava scontando alcune condanne per reati fiscali. Dopo 50 giorni di carcere e 50 giorni di sciopero della fame aveva ricominciato a bere, ma quel corpo da gigante era gravemente fiaccato e morì in ospedale.


Solidarietà a Francesca Perirotti, criminale è questo governo razzista, fascista e populista, non chi salva e accoglie vite umane

Da La voce delle lotte:

La solidarietà non può essere reato” è quanto afferma la trentunenne Francesca Peirotti, nata a Cuneo, ma da anni residente a Marsiglia e molto attiva sui temi dell’immigrazione. L’8/11/2016 ha aiutato 8 richiedenti asilo, provenienti da Eritrea e Ciad, tra cui un neonato, a passare il confine a Ventimiglia su un furgone col logo della croce rossa, con l’intenzione di ospitarli a casa sua, ma è stata fermata dalla gendarmeria francese. Nel processo di primo grado, a Nizza nel maggio del 2017, è stata condannata a una multa di 1000 €, ma il 19/5/19 al termine del processo di appello è stata condannata a 8 mesi, da scontare con la condizionale, e rischia l’interdizione di 5 anni dalla regione francese dove vive, lavora e ha famiglia.
Questo inasprimento della pena coincide con una sempre più evidente virata a destra di molti Stati europei che è stata confermata dalle recenti elezioni del parlamento europeo del 23-26/5/19 dove la lega ha ottenuto il 34,35 %, in Polonia il partito Diritto e Giustizia (destra radicale) il 43%, in Grecia il Nea Demokratia il 33%, in Spagna, sebbene il PSOE abbia ottenuto il 33%, il PP ha ottenuto il 20% e il Ciudadanos il 12%, in Svezia hanno resistito i socialdemocratici con il 23,6%, ma il Partito Moderato ha ottenuto il 16,8% e soprattutto i Democratici Svedesi (partito nazionalista) sono passati dal 6% del 2010 al 12%, in Ungheria Viktor Orbán tiene saldamente le redini del governo. È innegabile che l’inasprimento delle misure contro l’immigrazione sia uno dei temi centrali della propaganda politica ed elettorale dei partiti di destra e sovranisti. Questo ha prodotto, ovviamente, il ricorso a misure coercitive con pene più severe e l’attuazione di nuove norme come il tristemente noto Decreto Sicurezza, detto decreto Salvini, e il successivo Decreto Sicurezza bis.
La stessa Francesca afferma “è stata una sentenza politica, perché rifiuto di riconoscere i confini”.
Tutta la nostra solidarietà a Francesca che, con il suo avvocato Zia Aluomi, ha già dichiarato che intende ricorrere in Cassazione di Parigi e, se necessario, alla Corte di Giustizia Europea.

Il 26 luglio a Cesena, con le compagne detenute in sciopero della fame


Solidarietà a Silvia e Anna, a tutte le detenute in lotta contro il carcere tortura/41 bis. CHIUDERE L'AS2 DI L'AQUILA... dall'Italia all'Australia, alla Palestina, alle carceri spagnole.

Sosteniamo queste compagne: non la loro disumana detenzione, ma la loro lotta coraggiosa deve essere un esempio per tutte e tutti noi. La loro lotta deve vincere!

Anna e Silvia, anarchiche rinchiuse nella sezione di Alta Sicurezza 2 del carcere di Preturo, il 29 maggio hanno intrapreso uno sciopero della fame.
Chiedono il trasferimento in un altro carcere e la chiusura della sezione A.S.2 de l'Aquila.
Altre anarchiche ed altri anarchici prigioniere/i le hanno affiancate in questa lotta entrando a loro volta in sciopero della fame nelle carceri di Ferrara, Alessandria, Sollicciano (Firenze), Lucca, Uta (Cagliari).

Numerose azioni di solidarietà sono state compiute in Italia e in altri paesi.

Il trattamento a cui le due compagne sono sottoposte nel super-carcere de L’Aquila è emanazione diretta delle regole imposte nelle sezioni immediatamente prossime alla loro, quelle a regime di 41bis.
Il regime di 41bis, regolamentato dal D.A.P. per conto del Ministero della Giustizia dello Stato Italiano, istituzionalizza la tortura.
La notizia della prosecuzione dello sciopero della fame, in seguito ad alcune azioni che hanno costretto media e TG a parlarne, ha raggiunto anche le celle del 41bis del carcere di Preturo. Lunedì 17 giugno è iniziata una battitura nella sezione femminile, che è andata avanti nei giorni, per la durata di mezz’ora. La sua eco è arrivata fino alle sezioni di 41bis maschili, dove si è rafforzata, perché altri detenuti hanno iniziato a battere sulle sbarre.

Il 20 giugno, un’altra anarchica è stata portata nella stessa sezione A.S.2. Si tratta di Natasha, arrestata un mese fa in Francia, portata a Roma-Rebibbia in seguito all’estradizione e tradotta infine nel carcere de L’Aquila.
Al suo arrivo ha formalizzato la sua adesione allo sciopero della fame in corso, iniziato da lei due giorni prima a Rebibbia.
Il medico che da settimane sta facendo richiesta di entrare a visitare Silvia e Anna non ha ancora ricevuto l'autorizzazione, e manca, nel carcere abruzzese la figura di un garante dei diritti dei detenuti.

Silvia ed Anna sono oggi al ventisettesimo giorno di sciopero della fame totale

Per tutti coloro che stanno fuori delle galere, per evitare che la galera si espanda e recluda ogni forma di vita, è urgente l'impegno a comunicare a queste persone detenute la più attiva solidarietà.

Per scrivergli:

Silvia Ruggeri, Anna Beniamino, Natascia Savio

Casa Circondariale L'Aquila - via Amiternina 3
Località Costarelle di Preturo - 67100 L'Aquila 


“Ci troviamo da quasi due mesi rinchiuse nella sezione AS2 femminile de L’Aquila, ormai sono note, qui e fuori, le condizioni detentive frutto di un regolamento in odore di 41bis ammorbidito. Siamo convinte che nessun miglioramento possa e voglia essere richiesto, non solo per questioni oggettive e strutturali della sezione gialla (ex-41bis): l’intero carcere è destinato quasi esclusivamente al regime 41bis, per cui allargare di un poco le maglie del regolamento di sezione ci pare di cattivo gusto e impraticabile, date le ancor più pesanti condizioni subite a pochi passi da qui, non possiamo non pensare a quante e quanti si battono da anni accumulando rapporti e processi penali. A questo si aggiunge il maldestro tentativo del DAP di far quadrare i conti istituendo una sezione mista anarco-islamica, che si è concretizzato in un ulteriore divieto di incontro nella sezione stessa, con un isolamento che perdura. Esistono condizioni di carcerazione, comune o speciale, ancora peggiori di quelle aquilane. Questo non è un buon motivo per non opporci a ciò che impongono qui. Noi di questo pane non ne mangeremo più: il 29 maggio iniziamo uno sciopero della fame chiedendo il trasferimento da questo carcere e la chiusura di questa sezione infame.”

Silvia e Anna

29 maggio 2019

 
Milano

Palermo, davanti al tribunale
Davanti al carcere di Taranto

Dal centro Tanweer di Nablus, Palestina
Brisbane, Australia


Solidarietà con le compagne in sciopero della fame

Carx compagnx,
voglio mandare un forte saluto di solidarietà e ribellione allx compagnx anarchichx prigionierx, che proprio ora sono in sciopero della fame nelle carceri italiane, e anche a tuttx quellx braccatx e solidali in strada.
È evidente il bisogno di lottare contro le carceri, l’isolamento e tutte le misure ogni volta più avanzate di sicurezza che applicano a tuttx noi prigionierx e specialmente a quellx che lottano, presuntx conflittuali, pericolosx o ritenute socialmente inadattatx.
Il controllo (sociale, fisico e psicologico) così come la punizione e l’isolamento, sono i pilastri di base del sistema carcerario, qui come in tutto il mondo. Le regole del potere sono molto semplici, e chi le infrange, fuori, in strada, come dentro il carcere, sarà punitx ed isolatx da un ambiente più sociale e più tranquillo… rinchiusx in prigioni e in sezioni di isolamento che non sono altro che prigioni dentro la prigione. Spesso sono sezioni separate che non hanno nessun contatto con le sezioni ordinari, o in celle punitive che stanno all’interno delle sezioni ordinarie, dove lx prigionierx possono interagire, solidarizzare, comunicare ma anche minacciare, ignorare o stigmatizzare le persone in isolamento.
Nello stato spagnolo esiste il sistema FIES (schedario dei detenuti a monitoraggio speciale), un sistema che controlla, registra e condiziona lx prigionierx politichx o conflittuali. Il FIES 3 è concepito per lx prigionierx di gruppi armati, originariamente pensato per ETA e altri gruppi organizzati, ma dove includono anche noi anarchichx condannatx, accusatx o indagatx per terrorismo.
Ovviamente, come applicare le norme del FIES, dipende molto dal livello di pericolosità in base al quale lo stato ci classifica a ognunx e a quale carcere ci mandano.. può essere un isolamento molto leggero e anche simile al regime chiuso normale o può essere un isolamento molto duro e rigido.
All’inizio ci fanno passare dalla sezione di isolamento a Soto del Real (Madrid) dove ci sono 4 gallerie- 3 per gli uomini e una per donne. La galleria di donne ha dieci celle e a seconda dell’articolo che ha ognuna si esce insieme all’aria o no. La zona d’aria è minuscola, con filo spinato sul tetto. Non c’è assolutamente niente lì a parte un bagno di merda e spazzatura.
Nelle celle, il letto, l’armadio, il tavolo e la doccia sono incassate.
È permesso avere solo pochi oggetti personali, al massimo 2 libri che si possono cambiare una volta a settimana.
Non si possono tenere oggetti “pericolosi” come coltelli, tagliaunghie o pinze per più di mezz’ora (poi vengono riprese). Lo spesino passa una volta al giorno e ha pochissimi prodotti. Le istanze e le lettere si raccolgono una volta al giorno, quindi se una volesse parlare o cambiare qualcosa deve aspettare il giorno dopo. La luce si può regolare da dentro la cella ma solo se le funzionarie lo permettono, altrimenti la accendono e spengono loro da fuori.
Il numero di perquisizioni dipende da loro in base al momento e al motivo che trovano, ma sono molte, come anche i controlli con il metal detector o scanner metallici ogni volta che si esce dalla cella.
La cosa “buona” di qui -soprattutto a confronto con l’isolamento di altri paesi- è che di solito sono più permissivi con la comunicazione tanto verso fuori (chiamate giornaliere, vis a vis, colloqui anche in FIES) come tra prigionierx (parlare ore dalle finestre, passare lettere tra prigionierx..) così che unx non vive l’isolamento in modo così rigido come può essere per esempio nei paesi del nord Europa.
Ma se vogliono punire pesantemente qualcunx la possono tenere in sezioni di isolamento molto più duro, creare gallerie di isolamento totale..
Il cibo viene passato da un buco che si trova all’altezza della cintura e solo da lì si comunica con i funzionari- che non è nient’altro che un’umiliazione in più per cercare di far vacillare la forza della persona detenuta.
Dopo un periodo di osservazione provvisorio in isolamento che di solito dura alcuni mesi, normalmente si passa ai moduli di primo grado, che sono strutturati per “fare vita” lì per anni. Ma possono anche tenere lx prigionierx specialmente punitx- di solito per terrorismo- in un isolamento totale, senza quasi condividere nessuno spazio con altre detenute, o applicare articoli di massima sicurezza in caso di persone considerate molto pericolose..
Come sempre per punizione o per prevenzione.
Anche in Germania esistono sezioni di isolamento. A Colonia per esempio solo per gli uomini.. ma anche le donne possono finire isolate in questa sezione o in una sezione di regime normale. Poi ci sono anche celle di punizione estrema chiamate “bunker”dove è permesso avere solo un indumento fornito dal carcere, dove unx passa 24 ore solx senza finestre e senza il minimo contatto con l’esterno… ma di solito non si resta lì più di qualche giorno o al massimo poche settimane.
Nonostante questo, l’ingiustizia e l’impotenza vissute lì sono enormi. L’isolamento lascia sempre forti segni, è qualcosa che chi lo ha vissuto non scorderà mai, e lo sconvolgimento e la rabbia di averlo vissuto non possono che aumentare. Ci sono molte persone che a questo non sopravvivono. Tutto dipende moltissimo dalla forza mentale (e fisica) di ognuna e molto dall’appoggio e dalla solidarietà che arriva da fuori.
A livello politico è chiaro che cerchino di isolarci, non solo dalla società esterna ma anche dallx altrx prigionierx, con le quali possiamo costruire complicità e coscienza della lotta contro questo sistema di punizione, carcere e autorità. Ma ogni azione di solidarietà che si vive dentro e fuori, e tutta la fermezza e determinazione nell’opporci al loro isolamento, così come a tutto il loro sistema di oppressione e miseria, dimostreranno che non potrannomai schiacciare noi e la nostra lotta e la nostra passione per la libertà totale.

FORZA, CALORE, AFFETTO E SOLIDARIETÀ PER LE COMPAGNE IN SCIOPERO DELLA FAME IN ITALIA! NON SIETE SOLE, LA LOTTA DEVE CONTINUARE!
CONTRO LA PUNIZIONE, L’ISOLAMENTO, IL CARCERE E QUALSIASI TIPO DI AUTORITÀ!
FINO A CHE TUTTX SAREMO LIBERX!
 
Lisa Centro Penitenziario Brians 1 Giugno 2019
(Fonte: Rete Evasioni)

LE DONNE, LA LOTTA ARMATA... OGGI LA LOTTA CONTRO IL CARCERE TORTURA/41BIS



21 GIUGNO a Bergamo, allo spazio 'LA PIRALIDE', in occasione della presentazione del libro di Paola Staccioli 'Sebben che siamo donne', si è parlato contro il carcere, repressione, 41 bis, per la solidarietà e difesa dei detenuti politici, dello sciopero della fame all'Aquila, di come le storie delle 10 rivoluzionarie ricordate nel libro possano servirci per l'oggi, di come facciano parte della nostra lotta, del nostro passato recente, della lotta attuale per una società senza classi e senza sfruttamento...


Riportiamo alcune brevi parti degli interventi di presentazione e di Silvia Baraldini

Dormi sorella su queste barricate
perché uomini e donne
intoneranno ancora
la lotta e la canzone
dormi tra le rose e il pane
noi cammineremo
a pugni chiusi
con il tuo cuore.

Dale Zaccaria, Nel suo amore.


Dalla presentazione

"...Con questi libri abbiamo l’obiettivo di ricordare dei rivoluzionari, in questo caso soltanto rivoluzionarie, in secondo luogo siccome ci riteniamo dei militanti politici non degli scrittori, capire cosa di queste storie può servirci per l’oggi, perché noi riteniamo che queste storie, queste vite comunque fanno parte della nostra lotta, del nostro passato recente, della lotta attuale per una società senza più classi e senza sfruttamento.
In questo caso sono donne che a questa lotta hanno dato un’importanza così elevata da arrivare a rischiare e poi comunque a perdere la propria vita...".

"... nel commando c'era anche una donna, titolavano spesso i giornali, qualche decennio fa. Anche. A sottolineare l'eccezionalità ed escludere la dignità di una scelta.
Nel sentire comune una donna prende le armi per amore di un uomo, per cattive conoscenze, mai per decisione autonoma.
Al genere femminile spetta un ruolo rassicurante... nel libro si racconta la storia di 10 donne ELENA ANGELONI, MARGHERITA CAGOL, ANNAMARIA MANTINI, BARBARA AZZARONI, MARIA ANTONIETTA BERNA, ANNAMARIA LUDMAN, LAURA BARTOLINI, WILMA MONACO, MARIA SOLEDAD ROSAS, DIABA BLEFARI, che dagli anni 70 all'inizio del nuovo millennio, in Italia, hanno impugnato le armi o hanno effettuato azioni illegali all'interno di differenti organizzazioni e aree della sinistra rivoluzionaria, sacrificando la vita per il loro impegno..."

Da Silvia Baraldini: "...Ogni volta che presentiamo i nostri libri solleviamo 2 questioni. Ci sono ancora circa 25 compagni che sono in carcere dagli anni 80. Hanno preso la posizione che non vogliono alcun negoziato con il potere e lo stato, e si rifiutano di chiedere qualsiasi cosa. In questo momento lo stato italiano chiede che venga firmata una lettera per poter uscire dal carcere. Perché è così grave questa lettera? Perché trasforma un atto politico a cui queste persone hanno partecipato come membri di una organizzazione politica in un crimine individuale di cui prendersi la colpa e scusarsi con i parenti delle vittime trasformando completamente la loro posizione politica. Una cosa impossibile. I compagni hanno chiesto che non si facciano campagne politiche per loro. Per noi non significa che debbano essere dimenticati e che non si possa includere la loro presenza, in modo che non restino estranei al movimento e ne vengano rappresentati. Altra cosa è il 41 bis. È un momento critico, sono stati iniziati degli scioperi della fame, Silvia e Anna, si sta allargando, oggi anche la compagna Natasha è stata trasferita da Rebibbia all’Aquila, oltre a Nadia Lioce. In più sappiamo che da lunedì fanno una battitura dalle 12.00 alle 12.30 e alcuni uomini sotto il 41 bis stanno partecipando. E c’è la questione del dottore a cui non è ancora stato permesso di entrare. Io sono stata all’ultima manifestazione all’Aquila, è stato importante, vedere quel carcere, vedere la struttura è stata una testimonianza visibile di quello che rappresenta il 41 bis. Non si vedevano nemmeno le finestre, talmente coperte, simbolo dell’isolamento che è il 41.bis. È stato importante perché un compagno di Rovereto ha chiarito la posizione sul 41 bis: noi siamo contrari al 41 bis senza se e senza ma, e non dipende chi è la persona, il 41 bis come regime di tortura deve essere eliminato. E’ importante dirlo perché pensiamo che a sinistra ci siano stati molti equivoci, che molti non capiscano cosa sia effettivamente il 41 bis e cosa rappresenti nelle carceri ma anche nella nostra società..."

"...È molto importante ricordare le vite di queste militanti e discutere dei temi collegati alle loro scelte. Anche se non è facile. Anche perché i fatti di cui parliamo sono recenti, hanno lasciato profonde lacerazioni. Dare e ricevere sofferenza. Per nessuno è semplice, donna o uomo che sia, e certo non lo è per chi lotta per un mondo senza più oppressione. Comunisti, anarchici, antifascisti, ricorrono alla lotta armata quando lo ritengono inevitabile per mutare radicalmente le cose, in senso rivoluzionario. E fra gli anni Sessanta e Settanta, gli anni delle stragi, della strategia della tensione, in molti hanno ritenuto la violenza politica una necessità storica. Migliaia di persone in Italia hanno preso le armi, decine di migliaia hanno in qualche modo sostenuto questa scelta, mentre centinaia di migliaia hanno effettuato azioni politiche illegali.
Insomma, credo sia del tutto legittimo non condividere le scelte di queste donne, ma non si può negare che queste militanti, e chi come loro ha impugnato le armi nell’ambito di una lotta tra le classi, è parte di quella collettività ideale che nel mondo si è battuta e ancora oggi si batte per una società senza più sfruttamento. È parte di quella collettività che in Italia ha visto partigiani combattere per la liberazione dal nazifascismo, operai battersi per migliori condizioni di vita e di lavoro, braccianti, detenuti, soldati e molti altri lottare per i propri diritti. E queste donne, nonostante la loro scelta politica radicale, comunque hanno combattuto e dato la loro vita per amore. Amore per la giustizia sociale, per la libertà di popoli e individui. Amore per la rivoluzione".

23/06/19

Con la lotta delle donne prigioniere palestinesi


Le prigioniere palestinesi dichiarano le loro richieste e pianificano uno sciopero collettivo a partire dal primo luglio
Le prigioniere palestinesi detenute nel carcere di Damon hanno consegnato una lettera ufficiale all'amministrazione carceraria israeliana per informare della loro intenzione di lanciare uno sciopero della fame a partire dal 1° luglio se le loro richieste non verranno prese in considerazione.

In una dichiarazione, l'ex prigioniera Mona Qa'adan ha annunciato che 13 prigioniere avrebbero lanciato lo sciopero, guidate dalla rappresentante delle prigioniere di Damon, Yasmin Shaaban. Alla protesta di uniranno altre donne detenute che scontano lunghe condanne come Shorouq Dwayyat, Amal Taqatqa, Nurhan Awad e Malak Salman. Inoltre ha dichiarato che tutte le donne prigioniere sono pronte a unirsi allo sciopero.

Lo "Strike of the Free Women", il nome dato alla lotta dalle donne prigioniere, si concentrerà su una serie di richieste, tra cui:

Rimozione di telecamere di sorveglianza intrusive dal cortile della prigione
Estensione del tempo di allenamento a otto ore tra le 4:00 e le 16:00
Restauro dei cortili per eliminare i pericoli
Apertura di una biblioteca per i detenuti e un'aula per le ragazze
Una stanza privata vicino alla "mensa" per la preparazione del cibo
Migliori condizioni per le visite dei familiari
Restituzione dei libri confiscati e delle foto di famiglia

Queste richieste sono state precedentemente e ripetutamente sottoposte riscuotendo però solo ulteriore repressione, perciò non c’è altra scelta che lottare per la conquista dei loro legittimi diritti. Qa'adan ha osservato che si tratta di richieste semplici, ma molto importanti per le donne palestinesi detenute, che sottolineano il loro diritto alla dignità umana e ad una vita dignitosa, ed esorta tutti a solidarizzare con le donne prigioniere impegnate in questa lotta.

Il messaggio delle prigioniere rappresenta anche un invito al popolo e alle masse palestinesi, non solo ai funzionari e alle istituzioni, a prendere urgentemente posizione affinché non sia necessario ripetere questo sciopero per difendere i diritti ottenuti dai prigionieri attraverso la lotta.

L'annuncio è arrivato dopo che la scrittrice Lama Khater, 43 anni, è stata condannata a 13 mesi di prigione israeliana dalla corte militare di Ofer. Khater è stata sequestrata dalla sua abitazione ad al-Khalil il 24 luglio 2018. È stata sottoposta a un duro e violento interrogatorio nel centro di detenzione di Ashkelon e gli è stato negato il sonno per giorni. Khater è stata accusata di "incitamento" per le sue pubblicazioni sulla stampa e social media; è stata anche accusata di sostenere un'organizzazione bandita. Tutti i principali partiti politici palestinesi sono vietati dall'occupazione israeliana.

La sentenza d’appello presso l’alta corte di Gerusalemme dello scorso 11 giugno ha ridotto la condanna per Nurhan Awad a 10 anni, secondo quanto riferito da Asra Media. Awad, 19 anni, ne aveva solo 17 quando fu condannata a 13 anni nel carcere israeliano. Una tra i tanti minori palestinesi presi di mira da sentenze estreme, in particolare per gli abitanti di Gerusalemme. Nurhan è stata accusata di aver tentato con suo cugino quattordicenne Hadeel di pugnalare un uomo con le forbici. Hadeel è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco dai soldati israeliani e Nurhan è stata colpita da due proiettili. Dopo che suo cugino fu giustiziato in via extragiudiziale, Nurhan fu imprigionata.

Samidoun Palestinian Prisoner Solidarity Network invita tutti i sostenitori della Palestina e del popolo palestinese ad aderire alla campagna per sostenere la lotta delle donne prigioniere, sempre in prima linea nel movimento dei prigionieri nel corso degli anni e delle lotte susseguite nelle prigioni. Samidoun invita ad organizzare iniziative, rilasciare dichiarazioni e costruire campagne per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro lo stato di occupazione israeliano. Le prigioniere palestinesi stanno lottando per i loro diritti fondamentali, la dignità e la giustizia...è fondamentale sostenere con determinazione i loro sforzi.

Dall'Aquila alla Francia tutte e tutti liber*

Oggi, nel 26° giorno di sciopero della fame, oltre 150 compagne e compagni si sono ritrovate/i davanti il carcere de L'Aquila in solidarietà con Anna, Silvia e Natascia, recluse nella sezione AS2, e di tutte le persone detenute. Interventi, cori e musica si sono susseguiti per circa 3h raccontando delle rivolte portate avanti da altri detenuti in altre carceri, delle diverse iniziative in solidarietà con le compagne e i compagni in sciopero della fame avvenute in varie città. Inoltre calorosi ringraziamenti per la partecipazione, attraverso le battiture delle donne detenute in 41bis nel carcere de L'Aquila, a cui si sono aggiunte le battiture di protesta dal 41 bis maschile. Dalle bocche di lupo sono stati vari i saluti dei detenuti in risposta al presidio.
Finito il presidio, un corteo spontaneo ha attraversato la città con volantini, striscioni e cori comunicando alle persone i motivi della lotta iniziata da Silvia e Anna e tutti i compagni e le compagne detenute che hanno intrapreso lo sciopero della fame.

TUTTE E TUTTI LIBERI


 
Vendredi 21 juin, nous sommes allés perturber Eataly, vitrine gastronomique du folklore italien dans le centre huppé de Paris.


Nous avons bloqué les entrées à l'aide de banderoles ("Feu aux prisons et aux tribunaux" et "Solidarité avec les anarchistes en grève de la faim en Italie") et la lettre de Silvia et Anna a été lue au mégaphone. Les banderoles étaient visibles par la suite sur un pont traversant la Seine, avant d'être retirées par la police fluviale, aussi prompte à intervenir que les employés zélés de Eataly.

De la France à l'Italie, tutte libere, tutti liberi !


Venerdi' 21 giugno, siamo andati a perturbare Eataly, vetrina gastronomica del folclore italiano nel centro fighetto di Parigi. Abbiamo bloccato le entrate con degli striscioni ("Fuoco alle prigioni e ai tribunali", "Solidarietà con gli anarchici in sciopero della fame in Italia") e la lettera di Silvia e Anna è stata letta al megafono. Gli striscioni sono poi stati messi su un ponte della Senna, prima di essere ritirati dalla polizia fluviale, pronti ad intervenire come gli impiegati zelanti di Eataly.

Dalla Francia all'Italia, tutte libere, tutti liberi!