Riceviamo e pubblichiamo dalla compagna del MFPR L'Aquila, sotto processo per diffamazione:
Il 31 maggio mattina, prima dell’udienza del processo contro le 3 donne accusate di diffamazione dall’avvocato Antonio Valentini, il giudice R. Gargarella ha invitato le parti alla conciliazione, dato che A. Valentini aveva detto che era disposto a ritirare la querela e a farci pagare “soltanto” le spese processuali, se si fosse fatto un comunicato di scuse con cui si smentivano i punti della lettera ritenuti diffamatori.
Il 31 maggio mattina, prima dell’udienza del processo contro le 3 donne accusate di diffamazione dall’avvocato Antonio Valentini, il giudice R. Gargarella ha invitato le parti alla conciliazione, dato che A. Valentini aveva detto che era disposto a ritirare la querela e a farci pagare “soltanto” le spese processuali, se si fosse fatto un comunicato di scuse con cui si smentivano i punti della lettera ritenuti diffamatori.
In aula erano presenti, oltre
alle imputate, decine di compagne, guardate a vista da agenti della digos, e
giornalisti.
L’avvocata di Valentini, Marzia
Lombardo, ha detto che il comunicato di scuse doveva avere la stessa diffusione
della lettera, dichiarando infine un’enormità, e cioè che al termine di quella
lettera si invitava “alla massima diffusione, alla lettura in tutti i comizi”
La lettera era agli atti e sotto
gli occhi del giudice, che poteva constatare, leggendola, lo strafalcione
virgolettato di cui sopra. Ma invece di leggere la parte finale della lettera
ha ordinato l’espulsione, con i carabinieri, di una compagna che dal pubblico
invitava a farlo.
Quando mi è stato “consentito” di
dire la mia su quello scritto, e cioè che la compagna di cui il giudice aveva
ordinato l’espulsione aveva solo anticipato ciò che io, come imputata autrice
della lettera, volevo e pensavo di poter dire in quella sede (cioè di leggere
la parte finale della lettera agli atti), il giudice mi ha ordinato di stare
zitta, urlando e battendo il pugno sul tavolo.
Mentre quando Antonio Valentini
ha detto per 2 o 3 volte che ci faceva un “regalo” a ritirare la querela, turbando
il clima di distensione che si stava creando nel tentativo di conciliazione, il
giudice gli ha detto semplicemente: “Avvocato, però pure lei…”
Il processo già dall’inizio era
stato impostato dal giudice in maniera tecnica, con l’esclusione di molte
testimoni della difesa, la quale ha pertanto accolto l’invito alla
conciliazione, nonostante il comportamento non proprio equo di un giudice e il
temperamento esuberante della parte offesa.
Pertanto, dopo aver conferito tra
noi e con gli avvocati in maniera piuttosto confusa e convulsa, alla fine
abbiamo deciso di fare un comunicato di spiegazioni sui 3 punti contestati, in
cui ci si scusava con Valentini per l’equivoco, ma in maniera dignitosa.
Ci sono stati dati 15 minuti di
tempo per scriverlo e pretendevano pure che ricopiassimo pari pari le frasi
contestate.
Inoltre l’Avvocata di Valentini
voleva essere presente durante la stesura di quel comunicato.
Comunque alla fine lo abbiamo
scritto con l’aiuto della mia avvocata e in assenza di quella di Valentini.
Partorito il comunicato è
arrivato Valentini e senza neanche leggerlo ha urlato: “non ritiro la querela,
si va a processo”
Alla richiesta di spiegazioni ci
è stato risposto dapprima che noi avevamo cacciato la sua avvocata, poi che
avremmo dovuto riportare le frasi incriminate per intero anche se 15 minuti non
bastavano e ci hanno negato di fotocopiarle dagli atti.
Tutta questa manfrina ha fatto
perdere un paio d’ore, non solo a noi, ma anche ai testimoni e al giudice, il
quale però dall’inizio aveva detto che questo caso lo avrebbe chiuso oggi,
anche se doveva farci notte.
Così alla fine è iniziata l’udienza.
Prima dell’escussione dei testimoni dell’accusa, la difesa ha sottolineato come
molti dei suoi testi, fondamentali per la formazione della prova e per la
determinazione della pena, non fossero stati ammessi al processo
Antonio Valentini ha ribadito
quanto scritto nella querela e qualcosa in più, che non era scritto nella lettera
ma che egli ha affermato esserci scritto.
Nessuno ha obiettato. Nessuno
comunque ha notato, nonostante la massima diffusione che secondo l’accusa
avrebbe avuto quella lettera.
“E’ arrivata anche in Egitto!”,
ha detto, e “un mio amico avvocato mi ha telefonato da Roma dicendomi che stava
affissa anche nei cassonetti dell’immondizia!”.
Di tale diffusione noi non
sappiamo niente, ma potremmo dirgli, che “se l’è andata a cercare”.
Per il resto la nostra migliore
difesa è stato lui, quando si è esibito anche questa volta in considerazioni
sul quel “povero cristo di Tuccia”
A molte domande della difesa sul
processo Tuccia, ammesse o non ammesse dal giudice, rispondeva “non ricordo” ed
entrando a volte in contraddizione.
Evidente, per quanto lui negasse,
lo scotto subito per la revoca dell’invito da parte della Casa Internazionale
delle Donne di Roma.
L’udienza è andata avanti fino
alle 18 circa, con una pausa di mezz’ora, ed è stata aggiornata al 5 luglio
alle ore 11 per il dibattimento. Dell’intera udienza sarà disponibile più in là
un resoconto dettagliato.
Per ora possiamo dire che non
solo Valentini, ma l’intero tribunale, non solo si è preso gioco di noi e ha compresso
il nostro diritto di difesa, ma ha continuato a negare la violenza subita da
noi tutte per tutto il processo Tuccia, negandoci il diritto di parola, di entrare
nel merito delle motivazioni che ci hanno spinto, ieri come ora, a mobilitarci.
Altro che scuse a Valentini, la
prossima volta sarà il caso davvero di farli questi “comizi”, ricordare che lo
sventramento di Rosa non ha nulla a che fare con un “rapporto consensuale
finito male” e che se c’è qualcuno a cui chiedere scusa, questa è lei, sono le
tante donne uccise, violentate, discriminate, oppresse e represse se si
oppongono a questo marcio sistema borghese e patriarcale.
Alcune donne presenti in aula,
malgrado il perdurare dell’udienza, sono andate a fare un saluto alle compagne
rinchiuse nel carcere dell’Aquila, dove si è tenuto un presidio di solidarietà,
anche se con numeri più piccoli del 28 aprile.
Sono stati letti però numerosi
messaggi di solidarietà e il presidio è stato accolto dal carcere con una
battitura collettiva. La solidarietà è arrivata anche da altre carceri e fuori,
dove altre persone si sono unite allo sciopero della fame in solidarietà con la
lotta di Anna e Silvia.
Una compagna ha
portato il saluto del MFPR e la proposta di fare del 19 giugno una giornata di
lotta per tutte le prigioniere e i prigionieri rivoluzionari. Il suo intervento
è stato accolto con entusiasmo dalle celle, da dove alcuni prigionieri sono
riusciti a far sentire le loro voci e a sventolare delle bandiere.
Nadia, Silvia, Anna, Tutte libere!
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