02/06/19

31 maggio a L'Aquila - Report di un ignobile processo alle donne e di un magnifico pomeriggio di lotta e solidarietà con le compagne prigioniere



Riceviamo e pubblichiamo dalla compagna del MFPR L'Aquila, sotto processo per diffamazione:

 
Il 31 maggio mattina, prima dell’udienza del processo contro le 3 donne accusate di diffamazione dall’avvocato Antonio Valentini, il giudice R. Gargarella ha invitato le parti alla conciliazione, dato che A. Valentini aveva detto che era disposto a ritirare la querela e a farci pagare “soltanto” le spese processuali, se si fosse fatto un comunicato di scuse con cui si smentivano i punti della lettera ritenuti diffamatori.
In aula erano presenti, oltre alle imputate, decine di compagne, guardate a vista da agenti della digos, e giornalisti.
L’avvocata di Valentini, Marzia Lombardo, ha detto che il comunicato di scuse doveva avere la stessa diffusione della lettera, dichiarando infine un’enormità, e cioè che al termine di quella lettera si invitava “alla massima diffusione, alla lettura in tutti i comizi”
La lettera era agli atti e sotto gli occhi del giudice, che poteva constatare, leggendola, lo strafalcione virgolettato di cui sopra. Ma invece di leggere la parte finale della lettera ha ordinato l’espulsione, con i carabinieri, di una compagna che dal pubblico invitava a farlo.
Quando mi è stato “consentito” di dire la mia su quello scritto, e cioè che la compagna di cui il giudice aveva ordinato l’espulsione aveva solo anticipato ciò che io, come imputata autrice della lettera, volevo e pensavo di poter dire in quella sede (cioè di leggere la parte finale della lettera agli atti), il giudice mi ha ordinato di stare zitta, urlando e battendo il pugno sul tavolo.
Mentre quando Antonio Valentini ha detto per 2 o 3 volte che ci faceva un “regalo” a ritirare la querela, turbando il clima di distensione che si stava creando nel tentativo di conciliazione, il giudice gli ha detto semplicemente: “Avvocato, però pure lei…”
Il processo già dall’inizio era stato impostato dal giudice in maniera tecnica, con l’esclusione di molte testimoni della difesa, la quale ha pertanto accolto l’invito alla conciliazione, nonostante il comportamento non proprio equo di un giudice e il temperamento esuberante della parte offesa.
Pertanto, dopo aver conferito tra noi e con gli avvocati in maniera piuttosto confusa e convulsa, alla fine abbiamo deciso di fare un comunicato di spiegazioni sui 3 punti contestati, in cui ci si scusava con Valentini per l’equivoco, ma in maniera dignitosa.
Ci sono stati dati 15 minuti di tempo per scriverlo e pretendevano pure che ricopiassimo pari pari le frasi contestate.
Inoltre l’Avvocata di Valentini voleva essere presente durante la stesura di quel comunicato.
Comunque alla fine lo abbiamo scritto con l’aiuto della mia avvocata e in assenza di quella di Valentini.
Partorito il comunicato è arrivato Valentini e senza neanche leggerlo ha urlato: “non ritiro la querela, si va a processo”
Alla richiesta di spiegazioni ci è stato risposto dapprima che noi avevamo cacciato la sua avvocata, poi che avremmo dovuto riportare le frasi incriminate per intero anche se 15 minuti non bastavano e ci hanno negato di fotocopiarle dagli atti.
Tutta questa manfrina ha fatto perdere un paio d’ore, non solo a noi, ma anche ai testimoni e al giudice, il quale però dall’inizio aveva detto che questo caso lo avrebbe chiuso oggi, anche se doveva farci notte.
Così alla fine è iniziata l’udienza. Prima dell’escussione dei testimoni dell’accusa, la difesa ha sottolineato come molti dei suoi testi, fondamentali per la formazione della prova e per la determinazione della pena, non fossero stati ammessi al processo
Antonio Valentini ha ribadito quanto scritto nella querela e qualcosa in più, che non era scritto nella lettera ma che egli ha affermato esserci scritto.
Nessuno ha obiettato. Nessuno comunque ha notato, nonostante la massima diffusione che secondo l’accusa avrebbe avuto quella lettera.
“E’ arrivata anche in Egitto!”, ha detto, e “un mio amico avvocato mi ha telefonato da Roma dicendomi che stava affissa anche nei cassonetti dell’immondizia!”.
Di tale diffusione noi non sappiamo niente, ma potremmo dirgli, che “se l’è andata a cercare”.
Per il resto la nostra migliore difesa è stato lui, quando si è esibito anche questa volta in considerazioni sul quel “povero cristo di Tuccia”
A molte domande della difesa sul processo Tuccia, ammesse o non ammesse dal giudice, rispondeva “non ricordo” ed entrando a volte in contraddizione.
Evidente, per quanto lui negasse, lo scotto subito per la revoca dell’invito da parte della Casa Internazionale delle Donne di Roma.
L’udienza è andata avanti fino alle 18 circa, con una pausa di mezz’ora, ed è stata aggiornata al 5 luglio alle ore 11 per il dibattimento. Dell’intera udienza sarà disponibile più in là un resoconto dettagliato.
Per ora possiamo dire che non solo Valentini, ma l’intero tribunale, non solo si è preso gioco di noi e ha compresso il nostro diritto di difesa, ma ha continuato a negare la violenza subita da noi tutte per tutto il processo Tuccia, negandoci il diritto di parola, di entrare nel merito delle motivazioni che ci hanno spinto, ieri come ora, a mobilitarci.
Altro che scuse a Valentini, la prossima volta sarà il caso davvero di farli questi “comizi”, ricordare che lo sventramento di Rosa non ha nulla a che fare con un “rapporto consensuale finito male” e che se c’è qualcuno a cui chiedere scusa, questa è lei, sono le tante donne uccise, violentate, discriminate, oppresse e represse se si oppongono a questo marcio sistema borghese e patriarcale.


Alcune donne presenti in aula, malgrado il perdurare dell’udienza, sono andate a fare un saluto alle compagne rinchiuse nel carcere dell’Aquila, dove si è tenuto un presidio di solidarietà, anche se con numeri più piccoli del 28 aprile.
Sono stati letti però numerosi messaggi di solidarietà e il presidio è stato accolto dal carcere con una battitura collettiva. La solidarietà è arrivata anche da altre carceri e fuori, dove altre persone si sono unite allo sciopero della fame in solidarietà con la lotta di Anna e Silvia.
Una compagna ha portato il saluto del MFPR e la proposta di fare del 19 giugno una giornata di lotta per tutte le prigioniere e i prigionieri rivoluzionari. Il suo intervento è stato accolto con entusiasmo dalle celle, da dove alcuni prigionieri sono riusciti a far sentire le loro voci e a sventolare delle bandiere.

Nadia, Silvia, Anna, Tutte libere!


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