31/05/11

Ora via il porco Berlusconi!

Noi donne salutiamo con grande soddisfazione il crollo del porco fascista Berlusconi!


Il “ciarpame politico” ha avuto una prima grossa batosta dalle masse e le donne hanno contribuito in maniera rilevante a darla.Ora dobbiamo far cadere il suo governo, subito, non dobbiamo aspettare altre elezioni.


Dobbiamo riprendere a scendere in piazza; è la continuazione della rivolta di dignità del 13 febbraio e 8 marzo e il vento liberatorio di partecipazione di massa e di vera democrazia che c’è stato a Milano e a Napoli che dobbiamo portare avanti.


Perché non vogliamo che “cambi per non cambiare nulla”; nè vogliamo solo un cambio di governo dei padroni.


Il PD, i parlamentari, le parlamentari di “sinistra” non sono l’alternativa che ci serve; potevano cacciare già Berlusconi e non l’hanno fatto; hanno troppo tardi e in maniera troppo flebile elevato denuncie contro l’osceno vomito che Berlusconi ha buttato sulle donne e il marciume sessista che ha elevato a sistema di potere, dopo che per mesi lo avevano relegato a “fatto privato”; e anche quando hanno chiamato le donne a febbraio a scendere in piazza le hanno subito “rimandate a casa”.


Dominique Strauss Kan, è andato in galera e Berlusconi è ancora al governo!


ORA DOBBIAMO NOI MANDARE BERLUSCONI IN GALERA!


MFPR – 31.5.11

29/05/11

"Siamo tutte donne delle pulizie"

Da La Repubblica:

Il caso DSK fa discutere la Francia - Le femministe: "Tolleranza verso lo stupro".
Una petizione e un corteo di un gruppo di donne per protestare contro il tentativo di "minimizzare" la vicenda dell'ex leader Fmi da parte di stampa e politici: "Siamo tutte donne delle pulizie"

PARIGI - E la Francia si scoprì maschilista. "Da una settimana assistiamo a un florilegio di commenti misogini, diffusi sui media e ripresi con battute nei luoghi di lavoro o sui social network". Comincia così la petizione lanciata da un gruppo di associazioni di donne francesi contro le dichiarazioni di alcune personalità a proposito dell'arresto di Dominique Strauss-Khan 1 e dell'accusa di tentato stupro. In molte delle discussioni sui media d'Oltralpe, notano le firmatarie, la presunzione di innocenza e la difesa di Dsk sono passate davanti alla solidarietà con Nafissatou Diallo, la donna di 32 anni che ha denunciato l'abuso sessuale. "Non è morto nessuno", ha minimizzato l'esponente socialista Jack Lang, salvo poi scusarsi. "E' la classica storia di palpeggiamento sulla servitù" ha scritto il giornalista di Marianne, Jean-François Kahn, considerandolo un "vizietto" antico.

Negli ultimi giorni, la Francia ha reagito prima con incredulità, poi con sospetto alle accuse contro l'ex direttore del Fmi e possibile candidato del Ps all'Eliseo. Secondo un sondaggio, un francese su due (il 57%) è convinto che Dsk sia stato vittima di un complotto. Per le associazioni femministe
questo dato e le battute seguite allo scandalo dimostrano quanto sia ancora difficile credere a una donna che denuncia una violenza sessuale. "Non sappiamo davvero cos'è successo nel Sofitel di New York, ma vediamo quello che sta succedendo in Francia" osservano le firmatarie della petizione che ieri si sono radunate in corteo a Parigi, protestando contro il clima di "tolleranza e impunità" che l'affaire Dsk sta creando. "L'élite del paese vorrebbe minimizzare la gravità di un crimine come lo stupro, apparentandolo al normale esercizio della libertà sessuale maschile".

La petizione ricorda anche le battute sessiste di alcuni collaboratori dell'entourage di Strauss-Khan che, subito dopo lo scandalo, hanno insistito sull'aspetto fisico della vittima. "davvero poco attraente". Gli avvocati di Dsk stanno già tentato di attaccare la reputazione e la credibilità della cameriera del Sofitel, come speso avviene in questi casi.
Lo stupro resta un reato difficile da rendere pubblico: solo il 16% delle donne ha il coraggio di denunciare il suo aggressore. Alla manifestazione di ieri hanno partecipato un migliaio di persone, tra cui anche l'ex magistrato e leader dei Verdi, Eva Joly, o la consigliera comunale socialista Clementine Autain, già vittima di uno stupro all'età di 15 anni. "In questo momento siamo tutte donne delle pulizie" era la parola d'ordine."

28/05/11

Denunciate per aver osato contestare la visita del Papa a Palermo

Solidarietà alle compagne di Palermo del Collettivo Anillo de fuego

le compagne del movimento femminista proletario rivoluzionario
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Il loro comunicato:

Un anno fa circa, alla vigilia della faraonica visita del pastore tedesco, già membro volontario delle Hitlerjugend, papa Ratzinger, nella città di Palermo, che da qualche mese aveva accolto il suo primo pride, si scatenò un delirante dispositivo di “sicurezza” che si premurò di tentare di censurare qualunque espressione, non tanto di scontento ma anche solo di scarso entusiasmo. Il tutto si è rivelato a tratti comicamente grottesco per l’incapacità mostrata ma non per questo meno inquietante per le dinamiche di controllo che si è tentato di mettere in atto da parte dell’apparato poliziesco. E così abbiamo avuto striscioni strappati dalle case di privati cittadini, intimidazioni varie fino al raid alla fumetteria Altroquando rea di aver esposto un cartello con la scritta “I love Milingo”.

In questo quadro il primo d’ottobre è avvenuto uno dei tanti episodi che caratterizzarono quel periodo. L’allora neonato Collettivo femminista Anillo de fuego pensò di esporre, dal palazzo che ospita il giornale di sicilia, degli striscioni in polemica con le spese esorbitanti che una città carente in tutto come Palermo stava affrontando per ospitare questo papa. Un’iniziativa che in qualsiasi altro momento si sarebbe svolta tranquillamente ma che nel fervore papista di quei giorni s’è tramutata in sedizione. E così immediatamente sul luogo si sono materializzate due volanti di polizia (non chiamate da nessuno dal momento che nessuno aveva avuto nulla da reclamare per l’iniziativa e che anzi gli abitanti dello stabile da cui erano stati calati gli striscioni avevano dato una mano) e quindi successivamente il tentativo, goffamente fallito, da parte dei poliziotti così giunti di impedire la manifestazione.

Ad un anno da questi fatti sono giunti per alcuni dei presenti a quella giornata degli “avvisi di richiesta di proroga del termine della indagini preliminari” per adunata sediziosa e qualche altro fantasioso reato ripescato tra le scorie fasciste e pre-fasciste presenti nel TULPS. Un gesto puramente intimidatorio a fronte di un impianto accusatorio verosimilmente nullo. Un gesto che ha fallito miseramente il suo obiettivo e che anzi ci da la conferma che quanto fatto in quei giorni era la cosa giusta da fare.

Collettivo Anillo de Fuego!

LO STUPRO DEMOCRATICO

da editoriale La Comune 169

“Ophelia” è una giovane donna, nata in Guinea, immigrata a New York, impiegata come cameriera al Sofitel di Manhattan.
Il 14 maggio entra in una delle sontuose suites da rifare.
La sua vita cambierà; la stanza è abitata dal potentissimo Dominique Strauss-Kahn, al tempo responsabile del Fondo monetario internazionale.
L’uomo le si è avventato addosso presumibilmente certo dell’impunità che il suo rango gli avrebbe concesso e forte della consuetudine millenaria, ma anche tipicamente contemporanea, allo stupro.
Non è una novità che gli uomini di potere stuprino.
Da millenni le donne sono costrette a difendersi dalla violenza patriarcale, che è il primo fondamento di ogni potere negativo, religioso o politico che sia.
Questa semplice verità si estende sotto il sistema democratico, che pretende di essere superiore riguardo all’inviolabilità della persona umana mentre, specie nella sua irrefrenabile decadenza odierna, raggiunge insuperate e non più mascherabili vette di oscenità.
Un’oscenità che consiste nella reiterata e concreta offesa alla vita umana, misurabile anzitutto nella violenza contro il genere primo, che dà e maggiormente garantisce la vita stessa.
Crolla, in questo episodio emblematico come nelle mille violenze quotidiane, la pretesa di superiorità della democrazia in termini di civiltà, rispetto delle donne e della vita: è falso, nell’atto e nella logica che maggiormente esprime l’indispensabile natura patriarcale della democrazia sistemica abbiamo una prova del concreto principio di uccidibilità che ne anima i dominanti e si diffonde ai sudditi.
Sudditi disponibili a recepirlo perché il patriarcato è stato contrastato solo dalle donne nella lunga e particolare rivoluzione che conducono per una più piena affermazione del genere, dunque umana.
Per dominare bisogna dimostrare di essere anche disponibili e capaci di piegare, con la violenza agitata ed infine agita, la volontà altrui fino all’annientamento: lo stupro ne è la dimostrazione più pura e malefica.
La democratica diffusione dello stupro, un male non certo inventato in democrazia, inizia, come la politica anche nella sua variante democratica, nei campi di battaglia.
Essi si estendono e si generalizzano come non mai a partire dalla fondazione del sistema democratico con la Seconda guerra mondiale, di cui rimangono nella memoria di generazioni di donne ed uomini agghiaccianti tragedie come quella dello stupro di Nanchino; ed oggi la storia continua, come ben sanno le nostre sorelle del sud del mondo che vivono in zone colpite dalle crescenti ed interminabili guerre del sistema.
Ne consegue che si impara: i poliziotti molestano e violentano nelle caserme donne e talvolta anche ragazzi ed uomini, nelle città grandi e piccole può avvenire in pieno giorno, nelle famiglie e nelle coppie, nuclei di società democratica, è dimostrato come avvenga il maggior numero di violenze e stupri fino all’ uccisione delle vittime.
La pedomania dei chierici si estende a dismisura.
Ecco dove nasce e cosa dimostra il vile caso di Strauss-Khan.
Nonostante ciò, e nonostante la sua recidività – aveva già molestato innumerevoli altre donne e cercato di violentarne almeno una – la sua compagna di partito Aubry si dice stupefatta, e ciò dimostra almeno due cose: la prima è che esiste una complicità femminile degna di questi tempi di inarrestabile e definitiva decadenza della civiltà democratica; la seconda è che i campioni della democrazia al potere, i “socialisti” politici di Francia e non solo, che avrebbero presentato Strauss-Khan come l’alternativa a Sarkozy, non sono diversi né migliori dei loro competitor e compagni di oppressione fino allo stupro.
Tutti, nel quadro di potere democratico che condividevano, sapevano, e quasi tutti nascondevano, o ammiccavano a quello che si definisce un seduttore.
Tanto è vero che Bernard Henri-Lévy, l’intellettuale democratico per antonomasia, grida allo scandalo per il trattamento riservato al suo potentissimo amico, non certo alla vittima.
E viene reputata da molti un’ offesa all’“evoluta” nazione francese non ciò che Strauss-Kahn ha fatto, ma che finalmente sia stato arrestato nei “puritani” USA: questa è la democrazia, queste sono le istituzioni democratiche, questo è il suo personale politico, uomini ed anche donne, come chi ha festeggiato a Parigi per gli arresti domiciliari concessi allo stupratore.
Quest’uomo è stato arrestato negli USA, paese teatro di lotte radicali delle donne, dunque qualcosa è rimasto, e ci indica dell’altro: lo stupro democratico è una minaccia per tutte; combattere per la difesa e l’affermazione del genere primo, dunque per la vivibilità di tutti e tutte, significa vedere chiaro cos’è la democrazia dei padri e contrastarne l’uccidibilità.
Nel nome di Ophelia, che è anche il nostro.

22 maggio 2011 Barbara Spampinato


Le donne disoccupati Bros in lotta a napoli

solidarietà alle donne disoccupate dalle disoccupate di Taranto

NAPOLI - Gli uffici dell'assessorato alle politiche sociali della Regione Campania, in via Marina a Napoli, sono attualmente occupati da alcune decine di donne disoccupate, aderenti al movimento dei precari Bros.

Chiedono il pagamento degli arretrati, circa 480 euro, come dispone, riferiscono, «la normativa approvata circa due mesi fa dal consiglio regionale della Campania e la normaslizzazione della loro posizione lavorativa dopo i corsi di formazione e avviamento al lavoro durati alcuni anni».
Davanti alla sede degli uffici dell'assessorato ci sono centinaia di dimostranti con striscioni e megafoni.
«Si tratta di soldi che attendiamo da circa un anno - dice una dimostrante - e che ci consentirebbero di tirare avanti. All'ente regionale chiediamo anche che ci venga detto qual'è l'assessorato deputato all'erogazione di questi fondi».
Le donne, entrate negli uffici, hanno esposto un grande striscione all'esterno dell'edificio con la scritta «Lavoro stabile e sicuro ai precari Bros».

TELEPERFORMANCE: LE FALSE GIUSTIFICAZIONI DELL'AZIENDA

TELEPERFORMANCE: LE FALSE GIUSTIFICAZIONI DELL'AZIENDA, appoggiate dalle Istituzioni, PER SCARICARE LA CRISI SUI LAVORATORI. E' LA POLITICA DI TUTTI I PADRONI: PRIVATIZZARE I PROFITTI E SOCIALIZZARE LE PERDITE

La Teleperformance ripropone a meno di un anno (dopo che i lavoratori subiscono già una riduzione salariale da giugno scorso) licenziamenti per 712 lavoratrici e lavoratori.
La Teleperformance piange crisi, chiede interventi del governo contro la concorrenza, e per ulteriori e più lunghi sgravi, ecc., ma non dice che in tutti questi anni ha fatto begli utili. Prima, facendo lavorare con contratti a progetto in condizione di continuo ricatto occupazionale (l'azienda dichiara che nel 2007 quando fu costretta a stabilizzare perse 900mila euro, ma non dichiara quanto ne aveva guadagnato prima tenendo i lavoratori a progetto); nessuno poi può dimenticare le pressioni aziendali, l'odiosa e illegale politica aziendale dei "controlli", i turni massacranti, le condizioni di lavoro e ambientali a rischio salute, le ferie forzate e varie altre irregolarità che hanno causato negli anni condizioni di iperstress a molti lavoratori lavoratrici (quel "tecnostress" già riconosciuto come patologia specifica dal giudice Guariniello di Torino, e che alcuni film hanno ben rappresentato, benchè sempre al di sotto della realtà effettiva). Dal 2007, poi ha fatto utili ottenendo sgravi e contributi sia dal governo che dalla Regione - pur quando, non rispettando gli impegni, ha continuato ad assumere lavoratori a progetto.
Nessuno ha il diritto di dimenticare tutto questo, ora che Teleperformance "piange miseria", ora che dice che "in Italia non ha mai prodotto utili" e avrebbe messo di tasca propria "le risorse per pagare gli stipendi e andare avanti" (avrebbe, quindi, fatto beneficenza?); ora che scarica la crisi sui lavoratori. Nessuno può "giustificare" una multinazionale, come appunto è Teleperformance, che taglia in Italia, ma, come tutti i bravi capitalisti, allarga le attività all'estero in paesi (Albania, Grecia, Portogallo) dove può ridurre al massimo il costo del lavoro e i diritti dei lavoratori. E padron Ghetti - amministratore di Teleperformance - può dichiarare tranquillamente: ".è normale per un'azienda cercare condizioni migliori per stare sul mercato..". E nessuno gli dice niente! Nessuno dice che i lavoratori invece non possono trovare "sul mercato" altri posti di lavoro. Nessuno può avallare l'altra giustificazione della azienda circa la questione della "concorrenza". L'azienda dice: "o tutti stabilizzano i lavoratori oppure il prezzo da pagare per chi rispetta la normativa è il licenziamento dei dipendenti". Ma questo ragionamento è inaccettabile! Ha tutto il sapore di un ricatto, della serie "se io devo seguire le leggi, allora licenzio". TP vuole far passare per suo merito l'aver stabilizzato i lavoratori, lì dove è solo un dovere dopo anni in cui anche TP ha agito illegalmente. Ma anche sul problema degli altri concorrenti è bene riportare le cose con i piedi per terra: "sul territorio Jonico - scrive il Corriere della sera del 18 maggio - esistono 19 microaziende, agili, leggere, un po' sommerse che fanno concorrenza al pachiderma Teleperformance. Trecento addetti ingaggiati a progetto e semiprecari (che si accontentano di 4-500 euro al mese) fronteggiano i duemila stabilizzati della multinazionale francese. Questi piccoli call center si accontentano di acquisire piccoli clienti.". Quindi, fermo restando che per i lavoratori che operano in questi call center in condizioni di superlavoro, sottosalario e senza contratto è giusto chiedere l'intervento degli Enti statali per imporre il rispetto di norme e contratti, è però, assurdo che TP metta sullo stesso piano sé stessa, multinazionale, e questi call center banditi: è come il fastidio che può dare una mosca ad un elefante. Ma siamo seri! Così, siamo chiari sulla questione del "massimo ribasso"! Noi denunciamo da anni su vari appalti la questione del "massimo ribasso" che vede unite aziende, governo, istituzioni (anche se poi rappresentanti istituzionali fanno dichiarazioni ipocrite come se scoprissero l'acqua calda) e il fatto soprattutto che il massimo ribasso delle aziende viene pagato sempre dai lavoratori con condizioni di lavoro e salario al "massimo ribasso", ma Teleperformance non può fare la innocentina, la rispettosa delle regole solo quando viene penalizzata, e invece usare la stessa politica del "massimo ribasso" appena la può fare in Italia, come all'estero.
In tutto questo chi ci perde sono solo le lavoratrici, i lavoratori che si vedono dopo anni di timori del posto di lavoro, poi la raggiunta stabilizzazione, messo di nuovo a rischio il loro futuro e quello dei loro bambini. Allo sciopero del 13 maggio davanti all'azienda vi erano anche tanti bambini, alcuni piccolissimi. Le lavoratrici che sono la maggioranza in questa azienda hanno detto che questi, 500, sono i "figli del passaggio a tempo Indeterminato" (dopo anni di contratti a progetto), della speranza di un lavoro stabile e quindi della possibilità di programmare il proprio futuro. Oggi invece, se passassero questi licenziamenti (quasi la metà dei lavoratori), questi bambini, insieme alle loro madri verrebbero ricacciati in una precarietà di vita. "Per noi, per questi nostri figli, lotteremo fino in fondo" - hanno detto le lavoratrici.
Ma occorre in questa battaglia una autonomia di linea e di lotta da parte delle lavoratrici e dei lavoratori, non mischiando i loro seri interessi né con quelli aziendali né con quelli di rappresentanti di partiti e istituzioni il cui sostegno ai lavoratori a volte non è genuino. I partiti, i parlamentari di Taranto, soprattutto quelli del centrosinistra, hanno fatto di Teleperformance negli anni un bacino di voti, concordando con l'azienda in periodi elettorali addirittura assemblee in fabbrica per fare propaganda elettorale. Oggi stanno tutti a giustificare l'azienda, a farsi portavoce delle sue denunce e richieste, e cercano di deviare i lavoratori da una necessaria lotta indipendente e di legarli agli interessi aziendali, come se lavoratori e Teleperformance fossero nella stessa barca.

NESSUN LICENZIAMENTO DEVE PASSARE! NESSUNA ULTERIORE RIDUZIONE DI ORARIO E SALARI! E' LA VITA DELLE LAVORATRICI, DEI BAMBINI CHE VALE, NON IL PROFITTO!

Le lavoratrici slai cobas per il sindacato di classe TARANTO
26.5.11

25/05/11

Lavoratrici mfpr TA alla Fiat di Melfi

Alla Fiat Sata di Melfi gli operai e le operaie stanno cominciando a sperimentare in negativo cosa significa la diversa organizzazione delle pause del piano Marchionne; ora le pause sono due da 15 minuti e una da 10, nella prospettiva della loro riduzione a tre da 10 minuti l'una da gennaio 2012, come da accordo firmato dagli altri sindacati, e non, per fortuna, alla fine dalla Fiom, nonostante contrasti interni sia a livello nazionale sia tra i delegati Fiom a livello Sata (11 erano per firmare).
Sono soprattutto le operaie che dicono che già questa diversa organizzazione è penalizzante ("a volte non ce la fai neanche ad andare in bagno, dove trovi la fila").
Sul nuovo sistema Ergo Uas, invece, ancora non se possono vedere gli effetti, solo perchè la stessa azienda non è ancora pronta organizzativamente e tecnicamente a metterlo pienamente in opera.

Ma il metodo Ergo Uas, a differenza di come lo presentano tecnici e scribacchini al servizio della Fiat, consente di spingere al massimo la cadenza della linea e di ridurre le pause fino al massimo consentito dalla fisiologia umana.
Già oggi, da un' inchiesta della FIOM basata su interviste realizzate con 100.000 operai, risulta che il 68% degli intervistati lamenta movimenti ripetuti delle braccia e delle mani, mentre il 32% (ma la percentuale sale al 44% tra gli operai di 3° livello) lamenta posizioni disagiate che provocano dolore. Soprattutto, il 40% degli intervistati, 47% tra le donne, ritiene che la propria salute sia stata compromessa dalla condizione di lavoro.
Alla Sata già con i precedenti sistemi (TMC - TMC2) le operaie hanno subito pesanti conseguenze sull'apparato riproduttivo, disfunzioni, interruzioni del ciclo mestruale, problemi durante le gravidanze.
Teoricamente la metodologia ERGO-UAS dovrebbe consentire di valutare il rischio da sovraccarico biomeccanico di tutto il corpo, mediante un sistema molto sofisticato, in modo da definire il tempo esatto che una certa funzione richiede e il tempo di riposo necessario per evitare di pesare sulla salute degli operai.
In realtà tale metodo ha il solo obiettivo di far lavorare di più gli operai, riducendo i tempi morti o quelle operazioni "a non valore aggiunto", pesando alla fine moltissimo sulla salute.

L'Mfpr, insieme a operaie di Melfi della Fiom, sta preparando un NUOVO QUESTIONARIO/INCHIESTA perchè parlino le operaie su che significa realmente il piano Marchionne.
E un NUOVO INCONTRO (data da decidere) con operaie della Sata per proseguire la battaglia sulla necessità dello sciopero delle donne aperta con l'iniziativa alla fabbrica l'8 marzo scorso, anche alla luce dell'assemblea nazionale donne Fiom, a cui abbiamo partecipato, dove da tanti interventi di operaie di varie realtà lavorative, dalla stessa piattaforma proposta, emerge la necessità di una mobilitazione presa in mano dalle donne che unisca la lotta di classe alla lotta di genere.

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario - TARANTO

23/05/11

“Reprimono, reprimono, reprimono…”


Inoltriamo da noinonsiamocomplici questa lettera di Stefania dal carcere.

Mi rendo conto che la mia attenzione è prepotentemente richiamata verso la “vita” all’interno del carcere. L’interesse per ciò che accade fuori queste mura è vivo e vigile ma la mia tensione spinge verso l’osservazione partecipata di quanto si muove in questo mondo perverso in cui sono stata buttata. Le analisi, le considerazioni sull’operazione repressiva che ci ha colpiti emergono da quanto vi scrivo (sempre che vi arrivi) e una più articolata definizione la lascio a voi fuori e ai miei coimputati in carcere. Martino e Robert, con i loro differenti orizzonti, lo hanno già fatto egregiamente. Cosa aggiungere? Che reprimono, reprimono, reprimono e non sanno far altro?

Viviamo in un’epoca in cui chi determina le regole del gioco si è appropriato di tutto non lasciando margine alcuno da offrire ai propri sudditi in cambio della sottomissione. Arraffano, con ansiosa ingordigia, quel che resta di un pianeta spolpato e tentano con ogni mezzo di soffocare, nel sangue o nelle galere, la spaventosa minaccia di veder attaccati i loro forzieri da parte di “orde barbariche”. Il nemico interno va stroncato e spazzato via nella pattumiera della storia. Forse mai come in questo caso, intendo di Bologna a cui ha fatto seguito Firenze, l’intenzione di colpire per eliminare un pensiero e una pratica che inquietano i tenutari del sistema capitalistico, si è palesata. È stata chiusa, messa sotto sequestro una sede. Questo è un passo oltre gli arresti e i provvedimenti restrittivi. Grave, talmente grave da dover perlomeno produrre un allarmato e generalizzato sussulto. Ma, da quanto ho letto nelle vostre lettere, ciò non è propriamente avvenuto. La solidarietà è forte ma proviene dallo stesso ambito di compagni e compagne da tempo vicini. E nemmeno di solidarietà si dovrebbe parlare quanto piuttosto di diretto coinvolgimento in un attacco che toglie spazio al Fuoriluogo ora ma che manifesta un minaccioso segnale per chiunque abbia ancora intenzione di dare battaglia, in modo più o meno adeguato, all’ordine costituito. E, infatti, dopo meno di un mese è toccato ai compagni e alle compagne di Firenze il secondo tempo dell’operazione repressiva.

Dentro il carcere si vedono applicate in forme specifiche ed estreme le stesse misure adottate per piegare e sottomettere chi, fuori, deve prestarsi a obbedire lavorando senza “pretese” o morendo di stenti in ossequioso silenzio.

Qui vige un rigido regolamento carcerario, fuori un regime (che si dilata e muta ogni giorno a seconda dei venti) che norma i comportamenti socialmente consentiti.

Qui c’è il sadismo umiliante delle guardie, fuori la spietatezza dei padroni e dei servi a protezione del mercato dei profitti.

Qui sei minacciato dalle squadrette punitive, fuori le città militarizzate soffocano chi le abita.

Qui la libertà è imprigionata con sbarre materiali, fuori è incarcerata a cielo aperto.

Qui i ricchi non entrano, fuori comandano loro.

Qui i “colpevoli” proletari, diseredati sono sequestrati dallo stato, fuori gli stati bombardano, occupano, colonizzano i territori da predare e conformare.

Solidarietà ai compagni e alle compagne colpite dalla repressione a Firenze

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Ricordiamo che Stefi, Anna, Nicu e Martino sono stati trasferiti dalla Dozza in altre carceri. Questi gli indirizzi a cui scrivere:

Stefania Carolei via Gravellona 240 27029 Vigevano (PV)

Anna Maria Pistolesi via Carlo Poma 3 46100 Mantova

Martino Trevisan via del Rollone 19 13100 Vercelli

Nicusor Roman via Bassone 11 22100 Como

Per sostenere economicamente le compagne e i compagni colpiti dalla repressione a Bologna versare il contributo sul seguente conto Postepay:

Anna Morena 4023 6006 0259 8221

Stupratore di classe (e di razza)

di Vincenza Perilli

Dieci giorni fa Dominique Strauss-Khan, direttore generale del Fondo monetario internazionale, è stato arrestato per aver aggredito e stuprato, in un lussuoso albergo newyorkese, una giovane inserviente afro-americana. In molte, in Italia e altrove, si sono giustamente indignate di come la stampa e personaggi politici/pubblici hanno fatto sfoggio, in questa occasione, di propositi misogini e sessisti atti a "difendere" il ricco e potente stupratore a scapito della vittima. Sexisme: ils se lâchent, les femmes trinquent, si intitola, in modo significativo, l'appello/manifestazione lanciato da diversi gruppi femministi francesi. Nella strenua difesa di Strauss-Khan in Italia brilla il quotidiano La Repubblica, con alcune vere e proprie perle di sessismo, e tra queste un video, segnalato da Femminismo a Sud, in cui, definendo una "barbarie" la foto di Strauss-Khan in manette, si descrive con sofferta partecipazione "il volto di Dominique Strauss-Kahn arrestato, il pensiero costretto su quelle immagini da criminale del cinema ma con la forza dell'uomo potente che torna a sentirsi un fuoriclasse, quasi un supereroe". Insomma, uno stupratore di classe, che certo merita dalla stampa trattamento diverso dagli immigrati-stupratori per le cui foto sbattute in prima pagina La Repubblica (e tanti altri) non ha mai versato una lacrima. C'è chi (Gennaro Carotenuto nel suo sito) sul caso Strauss-Khan scrive: "Accusare il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Kahn, di aver stuprato una cameriera in un albergo di Nuova York, corrisponde all’Al Capone arrestato per evasione fiscale o è come se Hitler fosse stato condannato dopo l’olocausto solo per aver dato uno schiaffo al bambino della foto del Ghetto di Varsavia. Francamente me ne infischio se Strauss-Kahn sia colpevole o innocente dello stupro per il quale è stato arrestato. Quello che so è che è a capo di un’organizzazione criminale, il Fondo Monetario Internazionale, che nell’ultimo mezzo secolo ha sodomizzato la vita di centinaia di milioni di persone nel sud del mondo, depredato intere nazioni ed è responsabile della carestia indotta che ha portato alla morte per fame di centinaia di migliaia di bambini in America latina, Africa, Asia.Che il capo di una tale associazione mafiosa si sentisse in diritto di stuprare anche fisicamente le sue vittime non può sorprenderci". Capiamo la "logica" di un simile commento, ma non possiamo condividerne il contenuto (e le improbabili analogie con le tasse di Al Capone o con un Hitler schiaffeggiante bambini nel ghetto di Varsavia). Il punto non è sorprendersi. Non ci sorprendiamo di quanto avvenuto, ma certo siamo troppo avvezze a ragionare sulle relazione tra diversi sistemi di dominio per stilare fuorvianti "classifiche" dei crimini e discutibili equivalenze tra schiaffi e stupri. E non ci sfugge il legame tra certe retoriche (e politiche) neocoloniali (che continuano a vedere nei paesi del sud del mondo terre vergini da scoprire, penetrare, possedere e sfruttare) e lo stupro di una donna, per giunta nera e povera.

contro la doppia violenza dello stato di polizia ribellarsi è giusto!

anche per questo diciamo "tutti a Genova" in una manifestazione combattiva a dieci anni dal g8 pagherete caro, pagherete tutto - mfpr





Genova, stuprò 2 prostitute in Questura agente condannato a 12 anni e mezzo. Al poliziotto erano già stati inflitti tre anni e due mesi per le violenzenella caserma di Bolzaneto, durante il G8 del 2001ROMA -



Dovrà scontare 12 anni e mezzo di carcere Massimo Pigozzi, l'agente di46 anni accusato di aver stuprato due prostitute romene e di avere palpeggiatoaltre due donne in Questura a Genova. La sentenza è stata emessa questa mattinadal Tribunale del capoluogo ligure. Pigozzi è stato anche condannato arisarcire il ministero dell'Interno, costituitosi parte civile con l'Avvocaturadi Stato.I fatti risalgono al maggio del 2005 per la violenze carnali e all'agosto eall'ottobre dello stesso anno per i palpeggiamenti. Dopo essere state fermate,le due prostitute furono condotte da Pigozzi in una stanza adibita aspogliatoio. Lì l'agente abusò di loro. Il pm aveva chiesto 12 anni per le violenze sessuali e sei mesi perl'abbandono del posto di lavoro dal momento che il poliziotto si eraallontanato dalla Questura mentre era in servizio. Ad incastrare Pigozzi, ladescrizione precisa, fornita dalle vittime, del suo profilo e dell'arredo dellocale dove avvennero gli stupri. Secondo il pm, inoltre, la spontaneità delledichiarazioni delle due donne escluderebbe la possibilità che siano state estorte sotto pressione. Pigozzi, che è difeso dagli avvocati Alessandro Vaccaro e Nicola Scodnik, non era in aula. Sospeso da tempo dal servizio, fu condannato a tre anni e due mesi(in primo e secondo grado) nel processo per le violenze nella caserma diBolzaneto durante il G8 del luglio 2001 a Genova per avere divaricato le ditadi una mano a un fermato, provocandogli gravi lesioni


venerdì 20 Maggio 2011 - 16:09 www.ilmessaggero.it

21/05/11

I SOLDI DELLE PENSIONI DELLE DONNE A GUERRA E PADRONI!

Al danno è seguita la beffa.

"I risparmi derivati dalla parificazione dell'età pensionabile nella pubblica amministrazione, quasi 4 miliardi di euro tra il 2010 e il 2020 saranno usati non ad "interventi dedicati a politiche sociali e familiari, con particolare attenzione alla non autosufficienza e all'esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici..." (ma) "... le prime due trance dei 4 miliardi sono stati spesi in tutt'altro modo... la legge di stabilità 2011 ha previsto che dal "fondo strategico" (a cui erano stati destinati questi soldi con il decreto anticrisi del 2009) siano sottratti 242 milioni di euro, destinati ad una serie di misure che nulla hanno a che vedere con la conciliazione: tra le varie destinazioni... missioni internazionali di pace, ammortizzatori sociali, come spiega il sito delle economiste Ingegnere". (Da La Repubblica del 19 maggio 11).

Già avevamo denunciato le ipocrite giustificazioni sulla "parità" uomo-donna dell'aumento dell'età pensionabile delle lavoratrici, lì dove, invece, aumenta sempre più la condizione di discriminazione delle donne sull'occupazione, sui salari (più bassi del 30%), sulle condizioni di lavoro; e lì dove aumenta la fatica e l'onere del doppio lavoro delle donne.

Già avevamo respinto l'altra grossa ipocrisia circa l'uso dei soldi risparmiati sulle pensioni per "alleviare il gravoso carico delle donne in famiglia", lì dove contemporaneamente il governo va avanti nel taglio dei servizi essenziali (asili nido, sanità, scuole, ecc.) e nell'aumento del costo della vita che significa aumento del lavoro domestico per le donne.

Ma oggi veniamo a sapere che questi soldi, sottratti alle lavoratrici, vengono usati per finanziare le "missioni internazionali di pace" che tradotto nei fatti significano missioni di guerra (dove vengono bombardati e uccisi civili, tra cui tante donne come noi); o usati per "ammortizzatori sociali" che tradotto vuol dire aiutare i padroni a licenziare, a mettere in cassa integrazione migliaia di operai, tra cui le prime sono donne.

VALE A DIRE ATTACCANO LE PENSIONI PER PEGGIORARE LA CONDIZIONE DELLE LAVORATRICIE USANO I RISPARMI SULLE NOSTRE PENSIONI PER POLITICHE DI MORTE E DI TAGLI AI POSTI DI LAVORO!NO!

NON CI STIAMO!

NE' SIAMO PER LE POLITICHE DI "CONCILIAZIONE TRA LAVORO E FAMIGLIA", COME PROPOSTO DALLE PARLAMENTARI, in maniera trasversale, dalla Bonino a quelle del PD, alla Carfagna, o DALL'ACCORDO SOTTOSCRITTO TRA GOVERNO E SINDACATI, COMPRESA LA CGIL, perchè esse sono da un lato un bluff, dall'altro un modo per mantenere e rafforzare il nostro ruolo di "ammortizzatori sociali" nella famiglia.

NOI SIAMO PER UNA "POLITICA" E PRATICA DI LOTTA SUL LAVORO E NELLA FAMIGLIA!

PROVATE A STARE UN GIORNO SENZA LE DONNE!

PROVIAMO A FARLI STARE SENZA LE DONNE!

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

Cade dal balcone mentre fa le pulizie. Muore una donna a Palermo

Precipita dal secondo piano della sua abitazione e muore sul colpo. Una donna di Palermo ha perso la vita questo pomeriggio mentre era intenta a fare le pulizia. Secondo le prime ricostruzioni la 67enne avrebbe perso l'equilibrio accidentalmente mentre puliva il balcone del suo appartamento in via Porta Castro. La donna, immediatamente soccorsa, e' deceduta in ospedale. La salma e'stata restituita ai familiari.

http://www.siciliainformazioni.com/giornale/cronacaregionale/124668/cade-

balcone-mentre-pulizie-muore-donna-palermo.htm

___________________

Decine e decine di donne colpite da incidenti domestici, dati statistici recenti ne hanno evidenziato il crescente aumento: solo nell’ultimo anno si sono registrati 4.380.000 incidenti domestici che purtroppo occupano il primo posto seguiti dagli incidenti sul lavoro al secondo posto e dagli incidenti stradali al terzo.

Già nei posti di lavoro le donne operaie, lavoratrici, precarie che sono maggiormente sottoposte a rischi di infortuni e malattie professionali a causa della condizione diversa che vivono rispetto ai lavoratori uomini, una condizione di doppio lavoro e doppia fatica fuori e dentro casa, sono meno tutelate in termini di sicurezza: gli attacchi che governo e padroni mettono in campo per peggiorare le condizioni di lavoro non sono solo generali ma anche specifici vedi per esempio la questione degli aumenti salariali legati alla maggiore produttività che costringono le donne a lavorare più intensamente, a rinunciare a diritti come le assenze per maternità, malattia figli, l’ eliminazione del divieto al lavoro notturno…con il conseguente aumento della fatica, dello stress e di rischi di infortuni o di ammalarsi.

Figuriamoci se guardiamo alle tante e tante donne casalinghe, milioni di donne che rimangono nell’ombra, la cui mole di lavoro che ogni giorno svolgono sopperendo come un gigante ammortizzatore sociale a tutti quei servizi di cura che lo stato non garantisce, si dà per scontata e naturale.

L'Inail da qualche anno riconosce l'indennità di infortunio per incidenti anche alle donne casalinghe ma affinchè sia riconosciuto l’indennizzo deve essere raggiunto almeno l'11% di invalidità, vale a dire che rapportata sul piano della percentuale prevista per un lavoratore "normale, l'11% per una casalinga equivale alla perdita di un occhio di un "normale" lavoratore!!!

Ed è vergognoso vedere come alla stessa stregua di tanti casi gravi di incidenti sul lavoro anche in questo caso di infortunio domestico che ha portato alla morte di una donna i giornali locali si sono limitati a piccoli trafiletti che si aggiungono alle tante notiziole di cronaca del giorno!!!

Un altro tassello che si unisce a tutti gli altri della lotta complessiva, totale che come maggioranza delle donne dobbiamo mettere in campo contro il doppio sfruttamento e la doppia oppressione.

mfpr palermo

17/05/11

Casaliberatutte!

La prima giornata di casaliberatutte!

Nella mattinata di oggi 14 maggio un centinaio di donne ha liberato una scuola abbandonata a torre maura con un occupazione socio abitativa di donne Siamo disoccupate e precarie, studentesse e insegnanti, donne e lesbiche, ragazze e , bambini/e, siamo nate e cresciute qui o molto lontano da qui.
Ci siamo incontrate sull’esigenza di una casa ma abbiamo il desiderio di liberarla per tutte. Il nostro desiderio si realizza anche nel costruire uno spazio liberato per le donne e le lesbiche in questo quartiere e in questa città
I progetti di speculazione su questo spazio da parte della circoscrizione sono la vendita ai privati.
I nostri primi interlocutori sono stati i vigili urbani. Avevano la pretesa di identificarci e di sgomberarci. Mentre le istituzioni di dovere sono comparse solo telefonicamente ribadendo la minaccia di sgombero. Il comune di roma pretende di gestire l’emergenza abitativa di donne come un problema di disagio sociale proponendo di mandare qui, in quanto “soggetti fragili”, servizi sociali e croce rossa.
Un’ occupazione socio abitativa delle donne adesso è un’esplosione di esigenza di spazio che ci viene tolto rispetto a tutti gli aspetti della vita quotidiana. Per questo abbiamo deciso di RESISTERE e di RESTARE.

Invitiamo tutte all’assemblea domenica 15 maggio ore 17.00
Qui in via dei tordi 38

Fermata Torre Maura
Trenino Laziali-Giardinetti

16/05/11

A Taranto come a Napoli: la lotta delle lavoratrici delle pulizie contro i tagli massacra scuola della Gelmini

Mentre la Gelmini, bleffando sui dati reali, annuncia una falsa stabilizzazione di insegnanti precari, per fine giugno stanno per arrivare migliaia di lettere di licenziamento da parte delle ditte ai lavoratori, moltissime donne, che fanno da anni le pulizie nelle scuole, per la infame politica della Gelmini di tagliare i costi nelle scuole pubbliche.

Così gli studenti oltre che scuole di serie A e serie B, oltre che subcultura, dovrebbero trovare dal prossimo anno anche scuole sporche, tra cui quelle materne e elementari.

Nel 2008 le lavoratrici, i lavoratori in alcune città, come Taranto, risposero ad un primo tentativo di tagli con una vera e propria rivolta che durò mesi, con blocchi stradali, di edifici istituzionali, occupazioni delle scuole, minacciando anche allora il blocco delle elezioni; e riuscirono a frenare i licenziamenti.
Oggi è più che mai necessario riprendere questa strada ovunque!

Lavoratrici Slai cobas per il sindacato di classe


TARANTO SEGUIRE L'ESEMPIO DI NAPOLI
Occupare le scuole
Ostacolare le elezioni

Scuole occupate contro i tagli del governo(12 maggio 2011) Una ventina di scuole stamani sono state occupate dai collaboratoriscolastici. Gli ex lavoratori socialmente utili addetti alla pulizia degliistituti hanno incrociato le braccia contro i tagli del governo. Secondo imanifestanti sarebbero già scattate le procedure di mobilità e sarebbe arischio il posto di lavoro di ottomila persone solo in Campania, 14mila intutta Italia. Ieri non sarebbe infatti andato a buon fine per icollaboratori un incontro tra Miur, Mef e Consorzi.

15/05/11

Contestazione al movimento per la vita al salone del libro a Torino

www.medea.noblogs.org/2011/05/12/contestato-il-movimento-per-la-vita-al-salone-del-libro-di-torino/

dalle compagne del collettivo Medea

Stamattina nello spazio autori del Salone del libro di Torino era prevista la presentazione di un libro a cura del Movimento per la Vita. Era annunciata anche la partecipazione del presidente del Mpv, Carlo Casini, che da buon bianconiglio qual è non si è nemmeno presentato, lasciando l’autore del libro solo soletto ad affrontare le possibili contestazioni…forse aveva ancora stampate nella memoria le proteste degli anni passati organizzate ogni qualvolta provasse a metter piede e becco nella città di Torino. L’accoglienza che gli abbiamo sempre riservato dev’esser stata talmente indimenticabile, da spingerlo a lasciare il campo e trascorrere la mattinata altrove.

Quale occasione migliore quindi per noi donne torinesi, colpite da quella scellerata Delibera Ferrero, per far sentire i nostri “amici” ancora una volta a casa, accolti e benvoluti…Peccato che la nostra calorosa e sonora accoglienza, partita non appena dal palchetto un’attivista ha cominciato a parlare, sia stata ripagata a suon di spintoni, calci, strattonamenti…una serie di colpi messi a segno contro di noi e tutte le donne presenti, che sia ben chiaro, contro chi ci vorrebbe sesso debole e indifeso, con immenso piacere abbiamo restituito e ricambiato. Alla faccia della tolleranza e della carità cristiana…Mentre qualcuno tentava di darcele e ci metteva le mani addosso, provando a strapparci lo striscione, i volantini, il megafono, qualcun altro preso da un raptus di evangelizzazione improvvisa cercava invece di redimerci e folgorarci per riportarci sulla buona strada. Scene insomma davvero divertenti. Un po’ meno spiritoso il tono di un signorotto che ci ha dato chiaramente delle assassine mentre gli riprendevamo il faccione con la telecamera, dicendoci che se abortiamo e quindi uccidiamo i bambini siamo come se non peggio di Hitler…Vi assicuriamo che la maggior parte delle parole e delle frasi che abbiamo sentito erano di questo colore, ma d’altronde dopo aver partecipato ai corsi di formazione del Mpv, nulla più ci stupisce. Una banda di violenti e intolleranti questi attivisti del Movimento per la Vita…guardacaso per la maggior parte maschietti, che pretenderebbero di saperla più lunga di noi sull’aborto, la riproduzione, il corpo femminile, la vita delle donne.

Nel pieno della contestazione, immancabile è arrivata la polizia, prima in borghese con la digos che cercava di convincere noi “povere fanciulle” a non farci troppo male, a spaventarci con possibili denunce, insomma il solito triste copione destinato a noi donne. Dopo averci provato con le buone, senza aver ottenuto quello che volevano, i poliziotti ci hanno provato con le cattive. Ed ecco allora arrivare gli spintoni, gli strattonamenti, le mani addosso, la brutte parole. Ma oggi davvero non ce n’era per nessuno, scusate il linguaggio gergale, e siamo rimaste lì dove volevamo stare, davanti a quello schifo di palchetto per impedire che la conferenza si potesse svolgere. Li abbiamo riempiti di prezzemolo, ricordando loro che nessuna donna ha più voglia di morire di aborto clandestino, che le donne hanno sempre abortito e sempre abortiranno e che questa benedetta legge 194, pur nei suoi limiti, ce la teniamo ben stretta…troppo viva è la memoria delle nostre mamme, sorelle, zie, nonne, morte sui tavoli delle mammane, troppo forte è la rabbia contro questa gente che vorrebbe cancellare diritti che le donne hanno conquistato con le lotte e con le loro vite. E visto che vogliamo e sappiamo scegliere da sole, abbiamo deciso di restare e continuare la contestazione, nonostante le minacce degli attivisti del Mpv e l’intervento di quei (mai come oggi) guardia cacca dei poliziotti…sempre lì a fare i piacioni, con il loro atteggiamento paternalistico, alternando una pacca sulla spalla prima ad un calcio e uno spintone poi. Loro però ci provano sempre e quando capiscono che il dialogo non è praticabile, via con la forza e la prepotenza.

Arriva il momento per l’entrata in campo dei muscoli della celere, che ci si piazza davanti e comincia a spingerci e malmenarci. Gli ci è voluta quasi mezz’ora per buttarci fuori con la forza. Un muro contro muro proseguito per un bel po’, durante il quale ancora una volta, ci hanno messo le mani addosso, cercando di mettere a segno qualche colpo senza farsi scoprire troppo dai loro superiori…anche se, a onor del vero, anche i capoccia in borghese si sono impegnati non poco, oltre che con calci, strattona menti, ad un certo punto hanno cercato di portar via anche una nostra compagna che immediatamente ci siamo andate a riprendere, rispondendo ai loro soprusi con tutta la forza, la rabbia e la (auto)determinazione che avevamo da esprimere.

Come spesso i poliziotti ci hanno ricordato, come per giustificarsi ipocritamente, “noi facciamo solo il nostro mestiere”…bene, fatelo, continuate a reprimere il dissenso, a denunciare, picchiare, insultare.

Noi continueremo a fare il nostro, continueremo a fare quello che ci riesce meglio, o forse l’unica cosa che abbiamo voglia e sappiamo fare per difendere le nostre vite, i nostri corpi, i nostri diritti: lottare, alzare la voce più di quanto la alziate voi e i personaggi infami che proteggete dietro i vostri scudi, usare tutta la forza che abbiamo in corpo, l’intelligenza che abbiamo in testa e la passione che abbiamo in cuore per custodire il nostro diritto di scelta e autodeterminazione. Non solo oggi, sia ben chiaro…sempre!

Qui i link alle pagine dei giornali locali e di altri siti che riportano la notizia della contestazione e i comunicati delle altre realtà presenti. Speriamo (presto) di riuscire a pubblicare anche le immagini video che abbiamo girato noi.

La Repubblica e La Stampa

www.infoaut.org

http://torino.virgilio.it/primopiano/protesta-femministe-movimento-vita.html

7-8 maggio L'Aquila: un'altra lettura

"Alla 2 giorni de L'Aquila tenutasi il 7 e 8 maggio abbiamo dato l'adesione come MFPR L'Aquila, privilegiando una presenza sulle tematiche lavoratrici, lotta sui territori delle donne.

Anche dal resoconto della compagna de L'Aquila che ha partecipato direttamente, si conferma che il limite principale di questa 2 gg. è stata la mancanza del CONTRO; a fronte di un disastro sia prima che durante che dopo che ha responsabili, con nomi e cognomi, nel sistema capitalista, affarista che specula e fa profitti sulla vita delle popolazioni, nel governo Berlusconi, nello Stato, nella Protezione civile, l'appello della 2 giorni ha dato all'iniziativa un aspetto "costruttivista", della serie “donne che si rimboccano le maniche”.

*****

E' difficile entrare nel merito della 2 giorni all'Aquila, senza entrare nel metodo con il quale è stata impostata e organizzata e senza considerare gli attori di questa impostazione.

E' sulla base di ciò che si definiscono i confini del merito, dei contenuti e della loro espressione e si suggeriscono limiti alle prospettive possibili.

Certamente la 2 giorni è stato un evento positivo per la città de L’Aquila, che si è vista percorrere da tanti corpi di donne e uomini. E’ stata anche l’occasione per far conoscere a tante/i la realtà del post-terremoto, la militarizzazione e la desertificazione del territorio e un pretesto per incontrarsi e ribadire la necessità di una città diversa, una città delle donne, di una casa delle donne.

Ma una lettura critica della 2 giorni, che pur essendo terremotata aquilana ho un po’ subito, devo farla.

L’ho subita nelle visite guidate e su prenotazione, che hanno disperso le donne tra new town e zona rossa, sottraendo tempo ai tavoli ed eliminando il momento di confronto collettivo della plenaria.
Non sarebbe stato meglio irrompere collettivamente nella zona rossa in una manifestazione di donne che fisicamente e in massa si riappropriasse della città?

L’ho subita come un’operazione turistico-commerciale, che con il pretesto di portare le donne all’Aquila ha dato visibilità agli sponsor, alle imprese commerciali locali e non come la coop Lombardia, che deve ancora spiegare l’attività di spionaggio nei confronti dei suoi dipendenti.

L’ho subita come un’ipocrisia radical scic da parte della borghesia, dell’istituzione “Comune dell’Aquila” dei padroni e della cgil/spi, che dietro le donne in nero e in generale dietro le donne, si preparano alle prossime elezioni.

L’ho subita perché, come tante altre donne e lavoratrici aquilane, sono stata chiamata solo a giochi fatti, senza un momento assembleare locale propedeutico alla 2 giorni.

Non c’è da stupirsi quindi della scarsa partecipazione locale di donne alla 2 giorni.

Veniamo al merito.

Si era detto che il tema “lavoro” avrebbe avuto priorità in tutti i tavoli, anche se non specificato in nessuno di essi. Ho pertanto seguito, nel pomeriggio di sabato, quello che mi sembrava più attinente: “beni comuni, legalità delle vittime, ricostruire nella legalità”, che doveva affrontare, tra l’altro, i temi della sicurezza e del mercato.

Ma i tavoli sono stati ulteriormente suddivisi in sottotavoli, quindi in 3 ore ho dovuto fare uno zapping tra una stanza e un’altra, per avere una visione più complessiva. Di conseguenza posso per ora fare un report molto frammentario della 2 giorni, in attesa che donne-terre-mutate mettano in rete il report completo e le proposte emerse.

Dalle donne dell’Aquila è stato denunciato come la mancata prevenzione dei disastri prima del terremoto, ma anche l’intervento successivo delle istituzioni, della protezione civile, il potere di ordinanza, la gestione dell’emergenza, la militarizzazione, l’atomizzazione e disgregazione dei nuclei sociali attraverso le deportazioni e le new town, abbiano fatto parte di un unico disegno, teso a frammentare i rapporti sociali ed espropriare i cittadini della capacità decisionale, estromettendoli dalla partecipazione alle decisioni che li riguardano per favorire l’interesse dei grandi profitti.

Da Torino a Trieste, dicono le donne alluvionate di Brescia, territori non ce ne sono più, sono stati consumati e non sanno dove farle le vasche di laminazione perché gli speculatori, collegati alle lobby mafiose nazionali devono continuare a fare i loro businnes. Hanno fatto un questionario firmato e sottoscritto tra i cittadini per raccogliere informazioni e pretendere trasparenza senza risultato. Denunciano incompetenza.

Interessanti spunti di analisi sono emersi anche dalle narrazioni delle donne di Vicenza contro la base Dal Molin e dalle donne campane contro le discariche.

Tuttavia il fiume di racconti che ho ascoltato, si impantanava principalmente su 2 o 3 punti senza trovare sbocchi:

- si è parlato di illegalità a fronte della mancata prevenzione e dell’inadeguata risposta delle istituzioni ai disastri, a vantaggio delle mafie e dei grandi profitti, ma non si è messo in discussione il sistema capitalistico, perfettamente legale, che sta alla base della shock economy e delle mafie stesse

- si è parlato di crisi democratica come fattore negativo, ma non sono state messe in discussione leistituzioni, che sul sistema capitalistico, anche quello dei disastri, si fondano e che tale sistema proteggono sulla testa delle popolazioni

- si è parlato di protagonismo dei cittadini attraverso l’inchiesta sottoscritta e lapartecipazione, ma non di autorganizzazione dal basso e autonomia


- non ho sentito parlare di lavoro/reddito e questo la dice lunga sulla distanza di questa 2 giorni dai problemi della maggior parte delle donne, anche aquilane, lavoratrici, precarie, disoccupate, studentesse ecc.

Al tavolo sulla violenza “corpi violati corpi desiderati”, sono stata solo la domenica, quando si è riunito per circa un’ora, per leggere una lettera molto intimista e fare un riepilogo di quanto si è detto. Prima della riunione ho incontrato una compagna di Romae le ho chiesto le sue impressioni. Mi ha detto che il sabato pomeriggio è stato molto complicato perché il tavolo si è avvitato sull’autocoscienza, che lei ha fatto un intervento sulla questione del reddito di esistenza ma il tema reddito/lavoro è rimasto a un punto morto.

Dall’intervento riepilogativo di una donna è emerso infatti che la riunione del sabato sia stata guidata ed egemonizzata dal filone di Carla Lonzi, dalla teoria dell’autocoscienza e della differenza sessuale, cui sembra abbiano fatto da contraltare solo le Ribellule, le uniche a parlare di LOTTA per conquistare spazi pubblici, di lavoro sul sociale, di consultori liberi e gratuiti, contro la legge Tarzia ecc. e hanno parlato della violenza quotidiana che si consuma a Roma con lo sgombero dei campi rom.

Questo per quanto riguarda i tavoli, o gli avanzi degli stessi, che sono riuscita a seguire.

Sabato sera mio zio, che ha curato l’allestimento di una mostra fotografica “donne in resistenza”, mi ha presentato Giovanna Marturano, 99 anni, ex partigiana di origini sarde, che è intervenuta al tavolo “donne in resistenza contro la militarizzazione dei territori” e ha fatto l’intervento conclusivo della 2 giorni, che però, con un’amplificazione inesistente, non si è sentito.
Fortunatamente l’ho conosciuta personalmente e ho ascoltato in anteprima ciò che probabilmente ha detto alla fine della 2 giorni. Mi ha raccontato la sua storia e quella di sua madre, anche lei combattente, come tutta la sua famiglia. “eravamo una famiglia di galeotti” mi ha detto “mio fratello se non c’era la liberazione avrebbe dovuto scontare 14 anni” “e ora non voglio morire sotto Berlusconi, ce l’abbiamo fatta allora perché non dobbiamo riuscirci ora? Pensavamo di aver sconfitto il fascismo e invece…”mi ha detto con le lacrime agli occhi: “io amo questa città, ma bisogna che ci arrabbiamo di nuovo e più di ieri per ricostruirla!”

Le ho regalato una copia del foglio Mfpr e una maglietta “revoltemo l’aquila”mi ha detto: “si, una vera rivolta ci vuole!”

Domenica l’incontro conclusivo è durato circa 15 minuti, hanno parlato la partigiana e una giovane donna in nero, ma del loro intervento, per l’amplificazione da schifo non si capiva niente. Col banchetto non riuscivo a distribuire materiale e così mi sono messa a volantinare la piattaforma per lo sciopero delle donne, che non era scontato ricevesse un qualche successo, data l’età media delle partecipanti, molto over 50 e la motivazione per cui erano qui (più come turiste che come manifestanti). Nonostante ciò e lo scarso numero di donne presenti al momento finale, la piattaforma ha riscosso un certo successo, soprattutto tra le Ribellule, che mi hanno fatto una specie di intervista registrata su come pensavamo di costruire lo sciopero totale delle donne e dove si poteva reperire materiale on line. Le ho detto che siamo state all’assemblea donne fiom e abbiamo già iniziato a costruirlo, che per giugno proponiamo di assediare i palazzi del potere, anche con un presidio al ministero del lavoro, che però è necessario che anche le donne presenti negli altri territori, soprattutto a Roma, si attivino per questo.

Da Luigia - Mfpr l'Aquila.

Verità su Melania!

CHI COPRE, E PERCHE', LA VERITA' SULLA MORTE DI MELANIA?

Nonostante indizi sempre più schiaccianti incastrino Salvatore Parolisi, nell'uccisione di Melania, non viene ancora indagato. Per molto meno, in altri delitti, vi sono stati avvisi di reato o arresti (pensiamo all'omicidio di Sarah Scazzi e all'arresto di Sabrina basato solo sulle testimonianze ultra contraddittorie del padre Michele). Qui invece, nonostante contraddizioni, bugie ed elementi emersi - dalle intercettazioni telefoniche tra Parolisi e un amico, e tra Parolisi e la soldatessa dopo la morte di Melania; ai non riscontri sulla presenza e percorso di Melania a Colle San Marco; dalle bugie di Parolisi sulla conoscenza del posto del delitto alla questione dei cellulari, al coltello che avrebbe ucciso Melania tipico di chi sta nell'esercito; dai vestiti di Parolisi all'anello di Melania trovato come se fosse stato buttato da lei, alle reazioni di Melania sulle relazioni del marito, ecc. - questo uomo resta in libertà. Perchè? Quale prevenzione oggettiva e soggettiva, "spontanea" (nel senso di logica spontaneamente inquinata che guida le indagini) o voluta, programmata impedisce di mettere le mani nel buco nero dell'esercito, improntato e pregno comunque di una logica e prassi fascista, maschilista, di relazioni improntate a uno spirito di oppressione/sopraffazione gerarchica che diventa a volte uso/abuso sessuale soprattutto quando vi sono donne (che o si adeguano a questo spirito e ne sono complici, o ne vengono schiacciate dal rambismo machista), ma anche di difesa/omertà di corpo all'interno? E di mettere le mani nella "famiglia", tutta cresciuta nell'esercito, con un padre, di Melania ex maresciallo dell'Areonautica, un fratello aviere scelto, e quindi chiusa nella condivisione di certi valori e nella difesa "a prescindere" di Parolisi"?

MFPR

13/05/11

TELEPERFORMANCE TARANTO - LE LAVORATRICI IN SCIOPERO CON I LORO FIGLI.

Questa mattina tutte le lavoratrici e i lavoratori del più grande calla center Teleperformance di taranto sono scesi in lotta contro i 712 licenziamenti annunciati.
Ma questa volta allo sciopero davanti all'azienda vi erano anche tanti bambini, alcuni piccolissimi. Le lavoratrici che sono la maggioranza in questa azienda hanno detto che questi sono i "figli del passaggio a tempo Indeterminato" (dopo anni di contratti a progetto), della speranza di un lavoro stabile e quindi della possibilità di programmare il proprio futuro. Oggi invece, se passassero questi licenziamenti (quasi la metà dei lavoratori), questi bambini, insieme alle loro madri verrebbero ricacciati in una precarietà di vita. "Per noi, per questi nostri figli, lotteremo fino in fondo" - hanno detto le lavoratrici.

La Teleperformance ripropone a meno di un anno (già a giugno dell'anno scorso tentò un taglio grosso i posti di lavoro, poi trasformato per accordo con i sindacati confederali in contratti di solidarietà) licenziamenti per 712 lavoratrici e lavoratori. Licenzia i lavoratori a tempo indeterminato, conquistato dopo una lunga battaglia iniziata anni fa dalle lavoratrici dello slai cobas per il sindacato di classe, mentre, guarda caso, continua ad assumere illegalmente con contratti a progetto con salari orari ridotti di più del 50% e senza alcun diritto.

La Teleperformance ha fatto finora bei profitti facendo lavorare in condizioni di iperstress.
Le pesanti pressioni aziendali, l'odiosa e illegale politica aziendale dei "controlli", i turni massacranti, le condizioni di lavoro e ambientali a rischio salute, le ferie forzate e varie altre irregolarità, oltre ad essere un pesante attacco alle condizioni e ai diritti delle lavoratrici, hanno causato negli anni un danno anche alla salute psicofisica dei lavoratori, provocando quel "tecnostress" già riconosciuto come patologia specifica dal giudice Guariniello di Torino, e che alcuni film hanno ben rappresentato, benchè sempre al di sotto della realtà effettiva.
In questo call center le condizioni di insicurezza in cui sono costretti a lavorare migliaia di lavoratori tempo fa portò addirittura ad un intossicamento e ricoveri in ospedale di lavoratrici, tra cui donne incinta.

Questa azienda, ancora una volta, mentre privatizza i guadagni e incassa contributi e sgravi dal governo e dalla Regione, socializza le perdite, scaricando ad ogni difficoltà subito sui lavoratori le conseguenze. Così Teleperformance, che è una multinazionale e non una piccola azienda, che ha sedi in varie parti del mondo, non perde mai - come non perde la sua maggior committente Sky che minaccia di trasferire il lavoro in Albania -; chi ci perde sono le lavoratrici, i lavoratori in termini di salario e di messa a rischio del posto di lavoro, ma anche di rischio per il futuro dei loro bambini, per costruirsi una vita indipendente.

NESSUN LICENZIAMENTO DEVE PASSARE!
E' LA VITA DELLE LAVORATRICI, DEI BAMBINI CHE VALE, NON IL PROFITTO!

Le lavoratrici slai cobas per il sindacato di classe
TARANTO

13.5.11

12/05/11

nel 6 maggio "sciopero delle donne"!




Nel corso dello sciopero del 6 maggio, in tante città, da Bologna a Palermo, a Taranto, L'Aquila, da Milano a Marghera, ecc. le compagne del Movimento Femministe Proletario Rivoluzionario e altre compagne, lavoratrici, disoccupate, hanno portato la battaglia necessaria sempre di più in questa fase dello "sciopero totale delle donne". Questa proposta che si rivolge a tutte le donne, non può essere chiaramente presa in mano dalla Cgil della Camusso che anzi fa da doppio ostacolo (come fa da ostacolo e ha boicottato la richiesta di un vero sciopero generale). E purtroppo c'è da dire che anche lì dove, come a Taranto, il comizio finale del 6 maggio lo ha tenuto una delle responsabili delle "metalmeccaniche" che hanno organizzato l'assemblea nazionale delle donne Fiom del 7 aprile, Laura Spezia, la questione condizione e della lotta delle donne è stata solo uno dei punti del lungo elenco di denunce fatte.


Per questo è necessario che ora tutte coloro che denunciano il doppio attacco che padronato e governo stanno facendo verso le donne, facciano un passo avanti!
Lo sciopero delle donne si deve fare, si può fare, ma deve essere autorganizzato e riempirsi di iniziative concrete.
Non basta stare a guardare e dire che si è in poche e che "è giusto...ma...".
Come Bologna e Palermo, in particolare, dimostrano, anche in poche si può fare qualcosa! e se siamo in tante realtà, tante "poche" diventiamo insieme "tante"!

MFPR


BOLOGNA - Le compagne femministe e lesbiche al corteo dello sciopero generale.

Ci siamo trovate al concentramento, con le bandiere dell'8 marzo "unite diverse libere", e lo strscione fatto da alcune compagne "costruiamo lo sciopero delle donne", non eravamo tantissime come il 13 febbraio, ma ci siamo fatte sentire ..., insieme alle lavoratici degli asili nido in lotta contro la chiusura e tagli che il comune vuole portare avanti.
Gli slogan che con forza abbiamo gridato:
-contro tutte le discriminazioni, basta lavoro in queste condizioni!
-contro la politica di Marchionne, sciopero totale delle donne!
-discriminazione sessuale, tutte le donne possono lavorare!
-contro i turni massacranti sul lavoro, in catena di montaggio ci andassero loro!
-con le licenziate solidarietà, rifiutiamo la precarietà!
-violenza sul lavoro, violenza familiare, son questi i nodi d'affrontare!
E quello sempre presente... "E' sempre più bella chi si ribella!!".

Come femministe e lesbiche continuiamo a portare in piazza i nostri contenuti di lotta di genere e di classe (solo qualcuna...) costantemente assenti dalle piattaforme.

Da Layla Buzzi - Bologna


PALERMO - Le lavoratrici, precarie, disoccupate: "Per un vero sciopero nello sciopero".
Al corteo a Palermo, in occasione dello sciopero generale indetto dalla CGIL ieri 6 maggio, molto combattiva e determinata è stata la partecipazione delle precarie coop sociali, delle lavoratrici e precarie scuola e di alcune disoccupate (ex precarie poste) e studentesse che hanno fatto sentire con forza la loro protesta e lotta nella contestazione fatta nei confronti della Cgil, a partire dalla segretaria nazionale Camusso.

PER UN VERO SCIOPERO GENERALE contro governo, padroni, sindacati venduti
PER UN VERO SCIOPERO NELLO SCIOPERO: COSTRUIAMO LO SCIOPERO DELLE DONNE
contro tutti gli attacchi alle nostre condizioni di lavoro e di vita uno sciopero che unisca tutti gli aspetti della lotta di classe alla lotta di genere

Durante il concentramento abbiamo diffuso l'ultimo numero del foglio prodotto dalle compagne del Mfpr "lo sciopero delle donne è già cominciato" e un volantino contenente la piattaforma dello sciopero delle donne dicendo a tutte le donne, lavoratrici, precarie, studentesse che in generale hanno accolto positivamente i materiali, di contribuire all'arricchimento della piattaforma che è aperta a suggerimenti, proposte, contributi ecc.

Da Donatella Palermo

08/05/11

palermo: la contestazione delle lavoratrici, precarie, disoccupate, studentesse allo sciopero generale



Al corteo a Palermo, in occasione dello sciopero generale indetto dalla CGIL ieri 6 maggio, molto combattiva e determinata è stata la partecipazione delle precarie coop sociali, delle lavoratrici e precarie scuola e di alcune disoccupate (ex precarie poste) e studentesse che hanno fatto sentire con forza la loro protesta e lotta nella contestazione fatta nei confronti della Cgil, a partire dalla segretaria nazionale Camusso.

PER UN VERO SCIOPERO GENERALE contro governo, padroni,sindacati venduti

PER UN VERO SCIOPERO NELLO SCIOPERO: COSTRUIAMO LO SCIOPERO DELLE DONNE
contro tutti gli attacchi alle nostre condizioni di lavoro e di vita, uno sciopero che unisca tutti gli aspetti della lotta di classe alla lotta del genere

Durante il concentramento abbiamo diffuso l'ultimo numero del foglio prodotto dalle compagne del Mfpr "lo sciopero delle donne è già cominciato" e un volantino contenente la piattaforma dello sciopero delle donne dicendo a tutte le donne, lavoratrici, precarie, studentesse che in generale hanno accolto positivamente i materiali, di contribuire all' arricchimento della piattaforma che è aperta a suggerimenti, proposte, contributi ecc

mfpr palermo
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Riportiamo sotto l'articolo pubblicato ieri sul blog di proletari comunisti

Con due grandi striscioni con su scritto “per un vero sciopero generale” e “per la caduta del governo, contro i padroni, i sindacati venduti, rivolta popolare”, un pannello riportante “contro la guerra imperialista per i profitti dei padroni – LAVORO!!!” e tante bandiere, lavoratrici e lavoratori, precarie e precari, disoccupate dello Slai Cobas per il sindacato di classe insieme ai compagni di proletari comunisti, ai giovani di Red Block e agli studenti del Collettivo autorganizzato dell’Accademia di Belle Arti, sono scesi oggi in piazza a Palermo portando agli operai, lavoratori, precari, studenti presenti allo sciopero generale contenuti e lotta diversi in forte critica nei confronti della Cgil, a cominciare dalla segretaria nazionale Camusso.

Sin dall’inizio del corteo armati di megafono abbiamo spikerato per spiegare a tutti i presenti le ragioni della nostra critica alla Cgil rivolgendoci al corteo di alcune migliaia di partecipanti che ha iniziato a sfilare in un modo che poi è continuato per quasi tutto il tempo, a parte poche eccezioni, quasi in silenzio senza slogan e solo con la musica assordante del sound sistem alla testa.

Per la caduta del governo Berlusconi e di tutti i governi dei padroni

Per un vero sciopero generale per il lavoro, il salario garantito, la salute e sicurezza nei posti di lavoro Per un vero sciopero prolungato, fatto di mille azioni di lotta di assedio al parlamento e alle sedi di padroni e sindacati collaborazionisti

Contro licenziamenti, precarietà, disoccupazione, miseria, carovita solo la rivolta popolare e solo essa può aprire la strada a una situazione nuova favorevole ai proletari e alle masse popolari

questi messaggi lanciati con forza e determinazione, spiegati e argomentati con piccoli comizi alternando soste in più punti davanti al corteo che sfilava a momenti in cui ci si muoveva in un vero e proprio corteo alternativo ai fianchi della strada, hanno trovato la condivisione da parte di diversi lavoratori, precari Cgil della scuola, del pubblico impiego, di operai Fiom della Fiat di Termini Imerese e della Fincantieri, pochissimi al corteo, di studenti che si sono avvicinati, con i quali si è potuto interagire, che hanno detto di essere d’accordo sulle critiche fatte alla Camusso e alla dirigenza sindacale Cgil viste le azioni messe in campo non ultimo per esempio il parere positivo sul decreto sull’apprendistato = sancire il precariato a vita o le dichiarazioni pubblicate proprio sui quotidiani di oggi sullo “sforzo necessario” per cercare l’unità con Cisl e Uil, ma sono state condivise in generale anche le critiche fatte alla Fiom alla luce per esempio dell’ultimo caso della Bertone dove le rsu di fatto hanno spinto gli operai a piegarsi al diktat padronale.

Forte è stata invece la contestazione al passaggio dei diversi dirigenti sindacali, in particolare contro i dirigenti Fiom della Fiat di Termini Imerese e Fincantieri che non hanno avuto nemmeno il coraggio di guardare in faccia i lavoratori, i precari, i disoccupati, gli studenti che a gran voce gli gridavano contro “ venduti”, “al servizio del fascismo padronale” mentre agli operai si diceva “ per tutti gli operai cassa integrati, licenziati, 10, 100, 1000 occupazioni” “ siamo precari, disoccupati in lotta, vi esortiamo a lottare, a non piegarvi, a ribellarvi, voi siete il cuore della classe, dobbiamo lottare insieme contro governo, padroni, sindacati collaborazionisti”, alcuni operai Fiat ci hanno invitato ad entrare nel loro spezzone.

La contestazione e la protesta è continuata fino alla fine del corteo a Piazza Verdi dove il comizio finale ha visto la segretaria regionale della CGIL parlare incentrando quasi tutto l’intervento solo ed elusivamente sulla questione fiscalità.

Le lavoratrici e i lavoratori, le precarie e i precari, le disoccupate dello Slai Cobas per il sindacato di classe si sono quindi spostati in un corteo improvvisato alla prefettura portando tutte le ragioni delle loro lotte in corso in questi mesi contro rischio di licenziamenti, precarietà, disoccupazione.

La contestazione alla Cgil ha trovato spazio in diversi servizi mandati in onda nelle edizioni serali dei tg siciliani.