30/06/22

Ieri a Milano in solidarietà con le donne che negli USA stanno scendendo in piazza contro la sentenza della Corte suprema che ha cancellato il diritto di aborto

Ieri una prima manifestazione al Consolato americano di Milano in solidarietà con le donne che negli USA stanno scendendo in piazza contro la sentenza della Corte suprema che ha annullato , sostanzialmente, il diritto all'aborto e che costringerà le donne, in particolare le più povere, al ricorso all'aborto clandestino, a mettere a forte rischio la propria incolumità.
Esprimiamo forte tutta la nostra solidarietà!!




29/06/22

Operaie della Beretta: Lunedì sciopero con tanta rabbia

PRIMA RISPOSTA ALLO SCHIFOSO ACCORDO UIL/MPM (Appalto Beretta di Trezzo) CHE TAGLIA LA PAGA. SCIOPERO CON TANTA RABBIA LUNEDÌ DAVANTI AI CANCELLI DELLA BERETTA DI TREZZO. MA AL CENTRO C'È SEMPRE L'APPALTO E LA DIFESA DEL POSTO DI LAVORO

  
Questo accordo è parte di un attacco più esteso alle operaie per ricacciarle al tempo delle cooperative, quelle che con la committente sono sotto inchiesta per gli appalti; alle operaie che si sono organizzate con lo Slai Cobas e alle conquiste ottenute.
Il cambio appalto è nei fatti l'opportunità legalizzata dallo Stato, concessa ai padroni per azzerare la situazione contrattuale, ma va gestita attraverso gli accordi confederali. Questo stanno provando a fare anche alla Beretta, con la complicità della Uil per mettere prima di tutto a rischio la garanzia del posto di lavoro all'interno del Salumificio, per le operaie dell'appalto.
 
Uil che ha firmato all'oscuro di tutte le operaie, la riduzione di una parte del loro stipendio che scatterà progressivamente con tre giorni di assenza per malattia, maternità e infortuni (25%, 50%, 100%).
E' una percentuale da vera e propria estorsione, che renderà impossibile a molte operaie percepire 600 euro. 
Per MPM è il ricatto di presentarsi al lavoro nonostante tutto: maternità e infortuni.  

Il 27 sciopero, con tanta rabbia davanti ai cancelli, davanti alle altre operaie che faticano a comprendere che non ci sono privilegi in fabbrica, i metodi di sfruttamento del padrone sono gli stessi per tutte e vengono usati sia contro le dipendenti dirette Beretta, le assunte dall'agenzia, le operaie dell'appalto, al lavoro in una commistione che dovrebbe rappresentare un vero caso esemplare per ITL, come una lezione sul campo, formativa per tutti quegli ispettori che i governi continuano a promettere e che gli operai non vedono all'azione nelle grandi fabbriche degli appalti.
 
La mobilitazione che continua, in tutte le forme possibili dentro lo stabilimento, ben sappiamo che deve contare sulle forze delle lavoratrici, sul sostegno e l'unità delle fabbriche in lotta; cercare l'unione con le fabbriche dello stesso gruppo, sia Beretta che MPM, perchè la grossa società di appalti, gestisce nello stesso modo, con paghe da fame, con lo stesso contratto Multiservizi, con lo stesso autoritarismo, centinaia di operai in tante altre fabbriche importanti come la Galbani. 
Sviluppare quindi l'unità e il coordinamento tra operaie conflittuali dello stesso gruppo, rompe l'isolamento del singolo appalto, restituisce agli operai in lotta, un pezzo della forza della classe operaia.

28/06/22

Operaie della Maier Cromoplast di Verdellino in sciopero contro la delocalizzazione della fabbrica. Uniamo le lotte delle lavoratrici contro i piani dei padroni. Solidarietà dalle lavoratrici Slai Cobas s.c.

I padroni delocalizzano per rinnovare la forza lavoro, dopo aver consumato sulle linee le operaie, dopo aver succhiato esperienza e tecnologia. Chiudono fabbriche quando il lavoro c’è. Scattato lo sciopero ad oltranza alla Maier Cromoplast di Verdellino. La solidarietà dello Slai Cobas sc.

Il tempo di rendersi conto delle manovre che l’azienda stava compiendo con il trasferimento degli stampi in Spagna, che un’operaia giovedì ha dato l’allarme, a catena è scattato il blocco di tutte le linee, dallo stampaggio alla galvanica, per uno sciopero ad oltranza con presidio alle portinerie, per evitare che altro prezioso materiale tecnico possa finire all’estero.
Tra le operaie e gli operai al presidio la convinzione che questa manovra sia stata organizzata per ‘far fuori la loro fabbrica’ vista come concorrente dal gruppo spagnolo che li ha rilevati cinque anni fa, è forte.
Ora a freddo, tanti particolari acquistano un valore diverso ‘il meccanico che non è stato sostituito, le ferie che improvvisamente vengono concesse senza più restrizioni, gli ordini lasciati… e così tanti altri episodi’, a dire che è una manovra preparata da tempo a tradimento.
Con orgoglio raccontano di come la fabbrica abbia sempre avuto una produzione di qualità, leader nel settore e che questo gruppo spagnolo, che via via ha aumentato le proprie quote di maggioranza nel disinteresse della vecchia proprietà occupata a seguire i profitti delle altre sue fabbriche, aveva evidentemente fin dall’inizio l’intenzione parassitaria di appropriarsi dell’esperienza e delle tecniche di produzione più efficienti delle loro.
Il piano di sottrarre gli stampi di nascosto per non allarmare le operaie che intanto avrebbero dovuto finire la produzione degli ultimi importanti ordini, è saltato.
Ora i cento della Maier Cromoplast (...siamo stati anche in 400 negli anni scorsi ricordano gli operai, le prime a sparire sono state le cooperative e le agenzie), in maggioranza donne con molti anni di lavoro sulle spalle, in presidio davanti alla fabbrica la difendono, sanno che il lavoro c’è. Lunedì nuova assemblea davanti alla fabbrica per decidere come continuare la lotta.
Anche questa fabbrica messa a rischio dai profitti dei padroni, secondo il solito piano arcinoto delle localizzazioni, ci dice quanto sia necessario difendere tutti i posti di lavoro, ma con una lotta che cerchi l'unità con le altre fabbriche in lotta a rischio delocalizzazione. Perché sono i piani dei padroni che dobbiamo far saltare, gli appoggi che hanno dai governi, perché nessuna fabbrica vince da sola, senza puntare ad alzare i rapporti di forza, rischia di finire nelle sabbie mobili degli incentivi all'esodo o degli incontri inconcludenti al Mise o in Regione.

Siamo con le donne in lotta negli Usa - scaricate, diffondete, affiggete

27/06/22

Si estendono gli accordi di discriminazioni e attacco alle donne nelle fabbriche - dalla Beretta di Trezzo alla Pellegrini di Taranto - Uniamo le lotte

Sappiamo purtroppo bene che i padroni che attaccano in generale le condizioni di lavoro degli operai, verso le donne operaie si accaniscono ancora di più, ma ciò che è inaccettabile che questo avviene con accordi sindacali che sanciscono pesanti e illegittime discriminazioni verso le lavoratrici: alla Beretta di Trezzo da parte della Uil, alla Pellegrini/appalto Acciaierie d'Italia da parte della Cisl e anche Usb. 

Ci fanno specie tutti coloro, compreso voci di questi sindacati, che ogni tanto si uniscono al coro delle denunce, piagnistei di come è doppiamente sfruttata, oppressa, discriminata, la condizione di lavoro delle lavoratrici, e poi sono essi stessi artefici dal nord al sud di questa condizione. 

La giusta risposta è la ribellione e la lotta delle lavoratrici, come sta avvenendo in queste due fabbriche - a cui l'Assemblea donne/lavoratrici nazionale dà tutto il suo sostegno e crea le condizioni per unire queste lotte.

Alla Beretta di Trezzo, la nuova azienda, la MPM spa, che ha rilevato l'appalto, e che è già conosciuta per paghe basse, inquadramenti, differenze retributive, provvedimenti disciplinari, licenziamenti e trasferimenti repressivi, mal sopporta che le operaie, le donne si organizzino sindacalmente e si difendano in fabbrica,

delle quali oltre la forza lavoro vuole disporre anche della vita.

E questo ha avuto recentemente la sua attuazione con l’accordo firmato con la Uil, sottobanco, senza consultazione ne’ comunicazione alle operaie. Questo accordo va a colpire ‘la maternità’ che per le operaie della fabbrica vuol dire ‘gestione di permessi per far fronte a tutto ciò che è caricato sulle spalle di una operaia/mamma… e lo fa in modo vigliacco con la rappresaglia economica: un giorno di assenza meno 50 euro, due assenze meno 100 euro, tre assenze via il ‘premio’. L'accordo di fatto attacca la malattia quando la maggior parte delle operaie va al lavoro con i medicinali in borsa per le pesanti condizioni sulle linee

Questo accordo, cosiddetto per il premio presenza, è totalmente in sintonia con le richieste dei padroni che vogliono le operaie sempre presenti al lavoro a qualsiasi condizione. Allo stesso modo colpisce le operaie che si infortunano. O che denunciano gli infortuni. 

Alla Pellegrini di Taranto, l'accordo sottoscritto a fine marzo tra la ditta - multinazionale - e Cisl e Usb, prevede che solo a una parte minoritaria dei lavoratori e lavoratrici part time viene confermato l'aumento dell'orario di lavoro a 24 ore settimanali, fatto durante i due anni di covid; per tutti gli altri NO, perchè avrebbero superato le 48 ore di assenza per malattia nel periodo Febbraio/dicembre 2021; 

Si tratta di una vera e propria discriminazione e divisione, fondata su un "criterio di premialità", cioè di piena disponibilità verso l'azienda; un "premio" legato ad una sorta di fedeltà all'azienda, alla subordinazione ai criteri di "produttività, efficienza e obiettivi". La Pellegrini, grazie a questo lavoro ha incassato profitti, ai lavoratori si concede un premio...

Questo accordo colpisce soprattutto le donne. Chi è stata in malattia, chi ha dovuto per motivi familiari assentarsi viene "punita". Per le lavoratrici solo la "maternità obbligatoria o facoltativa" non viene definita "assenza", ma tutto il resto sì: problemi di salute che le lavoratrici hanno per dover fare il doppio lavoro, in fabbrica e in casa, problemi familiari, con i figli, problemi di assistenza anziani (che vengono scaricati sempre sulle donne), vengono arbitrariamente escluse buona parte delle malattie, anche interventi operativi, periodi di quarantena per covid - in cui era vietato dalla normativa Asl uscire di casa, malattie psichiche, ecc.

26/06/22

L'attacco al diritto d'aborto è violenza fascista!

I giudici della Corte Suprema
L'attacco al diritto d'aborto da parte della Corte suprema degli Usa è frutto della politica, ideologie fasciste in atto da tempo - incarnati dal trumpismo, che come Trump non muore mai e continua sempre più ad infestare la società americana - è da ora nuova linfa allo scatenamento dei fascisti, dei cattointegralisti.
La sentenza è espressione e legittima e istituzionalizza le più macabre azioni dei "pro life". Per esempio, in Mississippi, da cui è partita la causa esaminata dalla Corte Suprema, e che ora non consentirà più l’aborto dopo 15 settimane, neanche in caso di incesto o di stupro, le donne incinta dovranno partecipare a una serie di consulti psicologici e visionare l’immagine dell’embrione (fino alla decima settimana) o del feto.
Ciò che è avvenuto in America interessa tutte e tutti. Si vogliono cancellare diritti fondamentali delle donne, ma nello stesso tempo è un attacco generale, pratico e ideologico ai diritti democratici di tutte le masse popolari negli Usa; un attacco che inevitabilmente alimenta il clima sempre più reazionario in corso negli Usa, di cui un'espressione evidente sono la facilità di uccisioni nelle scuole.
Questa sentenza è chiaramente e pesantemente di classe, le donne che subiranno di più le conseguenze sono le immigrate, le donne più povere, le donne proletarie, che per poter abortire non potranno rivolgersi a costosi medici o cliniche private, che non potranno fare viaggi in Stati che consentono l'aborto, e quindi dovranno rischiare anche di morire con aborti clandestini.
La questione dell'aborto è centrale nella posizione generale della donna nella società e nel funzionamento di questo sistema capitalista/imperialista. L'aborto rappresenta per i governi, gli Stati borghesi il cuore della libertà di scelta delle donne e questo si scontra con la funzione subordinata delle donne che questo sistema impone; si scontra con il controllo sociale sulla riproduzione della donna, specialmente in tempi di crisi (pensiamo all'appello a più nascite, per più braccia per il capitale). 
Proibire l’aborto equivale ad una violenza, la violenta dichiarazione del dominio della società capitalista sopra le donne, il violento controllo del corpo delle donne.
La battaglia per difendere il diritto d'aborto è parte importante della battaglia rivoluzionaria per cambiare tutta la società barbara, medioevale borghese, che produce fascismo, oppressione, repressione, miseria, guerre.
Biden, prima di volare al G7 dove decideranno di alimentare la guerra imperialista, ha dichiarato: "Una decisione "devastante", "terribile", "scioccante", e ha promesso di aver dato mandato al segretario alla Salute di garantire l'accesso delle donne alla pillola abortiva ed altri farmaci per "l'assistenza riproduttiva" in linea con la Fda; ma soprattutto ha detto di andare a votare per mandare al Congresso il maggior numero di democratici così da approvare una legge federale che garantisca il diritto all'aborto a livello nazionale. 
Ma mentre diceva queste parole, la polizia arrestava e attaccava le manifestazioni in difesa dell'aborto: a New York ha arrestato almeno 25 manifestanti; dieci persone tra i 18 e i 29 anni sono invece state arrestate ieri sera a Eugene, nell'Oregon; a Phoenix, in Arizona, la polizia ha disperso le manifestazioni con i lacrimogeni, ecc..

Diamo tutto il nostro sostegno militante alle nostre sorelle che stanno scendendo numerosissime nelle piazze americane.

Sosteniamo tutte le voci e iniziative che violano la sentenza della Corte suprema e le leggi antiaborto degli Stati. Sosteniamo quei medici, cliniche che, come in California e New York, e in altre città, si sono candidate a diventare le zone franche dell'aborto.

25/06/22

Le proteste delle donne americane contro la legge antiabortista


In tante città già grandi manifestazioni contro questa barbara sentenza, e in difesa del diritto d'aborto: "Non potete controllare i nostri corpi"
La manifestazione degli attivisti per il diritto all'aborto a Washington di fronte alla Corte Suprema dopo la decisione dei giudici di annullare la storica sentenza "Roe v. Wade", con cui nel 1973 la stessa Corte aveva riconosciuto il diritto a tutte le donne di poter abortire.
Via via informeremo di queste manifestazioni

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Qual'è la situazione nel mondo sull'aborto. 
In questo paesi l'aborto è vietato anche quando la vita o la salute della donna sono a rischio. Si tratta di Andorra, Aruba, Congo (Brazzaville), Curaçao, Repubblica Domenicana, Egitto, ElSalvador, Haiti, Honduras, Iraq, Jamaica, Laos, Madagascar, Malta, Mauritania, Nicaragua, Filippine, Palau, Senegal, Sierra Leone, Suriname, Tonga, Striscia di Gaza.

Altri 42 Paesi autorizzano l'aborto quando la vita della donna è a rischio: Afghanistan, Antigua & Barbuda, Bahrain, Bangladesh, Bhutan, Brasile, Brunei, Cile, Costa D'Avorio, Dominica, Gabon, Gambia, Guatemala, Indonesia, Iran, Kiribati, Libano, Libia, Malawi, Mali, le Isole Marshall, Messico, Micronesi, Birmania, Nigeria, Oman, Panama, Papua Nuova Guinea, Paraguay, Isole Salomone, Somalia, Sud Sudan, Sri Lanka, Sudan, Siria, Tanzania, Timor Est, Tuvalu, Uganda, Emirati Arabi Uniti, Venezuela, Yemen.

C'è poi una lista di altri 51 Paesi in cui l'aborto è legale nel caso in cui serva a preservare la salute fisica e mentale delle persone incinta, ovvero quando ci sono motivi sanitari o terapeutici che ne fanno un diritto, quando la donna è stata vittima di uno stupro, quando il feto ha delle malformazioni o quando è il frutto di un incesto. L'Oms ha consigliato a questi Paesi di interpretare la salute nel senso di uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non solo come l'assenza di malattia o infermità. Ma la realtà è diversa. I 51 Paesi sono: Algeria, Angola, Bahamas, Benin, Bolivia, Botswana, Burkina Faso, Burundi, Camerun, Africa centrale, Chad, Colombia, Isole Comore, Costa Rica, Repubblica democratica del Congo, Gibuti, Ecuador, Guinea equatoriale, Eritrea, eSwatini, Ghana, Grenada, Guinea, Israele, Giordania, Kenya, Kuwait, Lesotho, Liberia, Liechtenstein, Malesia, Mauritius, Monaco, Marocco, Namibia, Nauru, Niger, Pakistan, Perù, Polonia, Qatar, Corea del Sud, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, Samoa, Arabia Saudita, Seychelles, Togo, Trinidad e Tobago, Vunuatu, Zimbabwe.

Altri Paesi consentono l’aborto per motivi socioeconomici o su richiesta, con determinati limiti gestazionali.

Gli aborti clandestini
Secondo i dati del 2019 del Guttmacher Institute, ogni anno si verificano nel mondo 121 milioni di gravidanze indesiderate, di cui il 61% si conclude con un’interruzione (per un totale di 73 milioni di aborti l’anno). Circa 25 milioni sono gli aborti clandestini che provocherebbero la morte di 39.000 donne ogni anno e all’ospedalizzazione di 7 milioni di loro per complicanze. Negli ultimi 30 anni il numero di interruzioni di gravidanza non sicure sarebbe aumentato del 15% nei Paesi dove vigono delle restrizioni.

Attacco al diritto d'aborto - c'è chi spera che in Italia si faccia come negli Usa

Metterlo a tacere!

Abolizione del diritto all’aborto negli Usa, il vescovo di Ventimiglia e Sanremo: “Sentenza giusta, speriamo faccia scuola anche qui in Italia”

Il presule della diocesi del Ponente ligure, molto attivo sui temi legati alla vita, dice che con questa sentenza "si è rimediato ad un vulnus ma è una sentenza soprattutto vera nella sostanza perché non esiste il diritto all'aborto che è un omicidio"

Imperia - Una "sentenza vera e giusta e speriamo faccia scuola anche da noi". Il vescovo di Ventimiglia- Sanremo, monsignor Antonio Suetta, esulta davanti alla "storica" sentenza della Corte Suprema Usa che ha abolito il diritto di interrompere la gravidanza. E, in una intervista all'Adnkronos, auspica che una decisione del genere possa fare scuola anche da noi. 

24/06/22

USA - La Corte suprema cancella l'aborto - Gli "esportatori di democrazia" pronti ad esportare il moderno medioevo. La lotta delle donne negli USA ci riguarda tutte e tutti!

La Corte suprema Usa cancella il diritto costituzionale all’aborto dopo 50 anni. In 13 Stati tra cui Texas scatta subito divieto. Esso colpirà soprattutto le donne afroamericane, latinoamericane e le donne proletarie e più povere.
A decidere del destino e della vita di milioni di donne giudici conservatori nominati da Trump che esulta.
Biden, d'altra parte, si dice "triste" ma impotente e si affida a una legge federale che dovrebbe essere decisa dal Congresso, dove però mancano i voti; quindi, appello agli elettori ad andare a votare a novembre. Ma intanto è da subito che in tanti Stati le donne rischiano di morire e di essere arrestate per aborto clandestino.
Diamo voce e sosteniamo tutte le manifestazioni negli Usa in difesa del diritto d'aborto!
 
Gli Stati Uniti sono sempre più un coacervo delle più medioevali/patriarcali/sessiste concezioni, politiche, e leggi. Questo barbaro e putrefatto paese - che sbandiera i suoi valori "democratici", liberali, ma solo per fare le guerre e continuare ad imporre il suo dominio decadente nel mondo - fa concorrenza ai regimi più feudali del Terzo mondo; e, non a caso, soprattutto in tema di diritti delle donne, come dei neri, immigrati. 
Non è neanche un caso che queste leggi e provvedimenti medioevali vengano fuori oggi, in cui gli Usa sono impegnati ad alimentare una terza guerra imperialista mondiale, e questo al suo interno richiede/pretende unità sui valori conservatori/fascisti, e repressione di ogni diritto di scelta, di messa in discussione dell'"American way of life". E, in questo, il diritto d'aborto rappresenta per lo Stato imperialista Usa uno dei simboli principali.
Siamo con le donne che in questo momento negli USA stanno scendendo sempre più in piazza a lottare per il diritto all'autodeterminazione. La lotta per il diritto di aborto è una lotta che tocca il cuore dell'America, è una lotta strategica tra medioevo imperialista e civiltà dei proletari e delle masse popolari, ed è una lotta di classe tra la borghesia reazionaria e putrescente che fa concorrenza ai talebani e le donne proletarie, più povere, le immigrate, che non hanno scelta.
La lotta delle donne negli USA per il diritto d'aborto ci chiama a lottare in tutto il mondo contro il medioevo imperialista, è una lotta di tutte e tutti noi e ha che fare con la rivoluzione proletaria mondiale, perché solo rovesciando questo sistema le donne riprenderanno il loro futuro nelle proprie mani!



Con questa sentenza ora gli Stati americani sono liberi di introdurre divieti o restrizioni all’aborto
La Corte Suprema americana ha messo fine alle garanzie costituzionali per l’aborto che erano in vigore da quasi 50 anni, una controversa decisione presa dalla maggioranza conservatrice dell’Alta corte. «La Costituzione non conferisce il diritto all’aborto», recita la sentenza shock.
La decisione è stata presa nel caso «Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization», in cui i giudici hanno confermato la legge del Mississippi che proibisce l’interruzione di gravidanza dopo 15 settimane. A fare ricorso era stata l’unica clinica rimasta nello Stato ad offrire l’aborto. «L’aborto presenta una profonda questione morale. La costituzione non proibisce ai cittadini di ciascuno stato di regolare o proibire l’aborto», scrivono i giudici.
In 26 Stati scatteranno leggi restrittive
Su 50 Stati, 26 (tra cui Texas e Oklahoma) hanno leggi più restrittive in materia. Nove hanno dei limiti sull’aborto che precedono la sentenza «Roe v. Wade», e che non sono ancora stati applicati ma che ora potrebbero diventare effettivi, mentre 13 hanno dei cosiddetti «divieti dormienti» che dovrebbero entrare in vigore entro 30 giorni (le cosiddette trigger laws) eccetto nei casi in cui la vita della madre è in pericolo. I 13 Stati sono: Arkansas, Idaho, Kentcky, Louisiana, Mississippi, Missouri, North Dakota, Oklahoma, South Dakota, Tennessee, Texas, Utah, Wyoming.


In Missouri e Texas scatta subito il divieto
Il Missouri ha subito rivendicato di essere il primo Stato ad aver vietato l’aborto dopo la sentenza, seguito a ruota dal Texas. Il procuratore generale del Texas, Ken Paxton, ha sottolineando che le strutture che offrono le interruzioni di gravidanza possono essere considerate «responsabili penalmente a partire da oggi». Stesso copione in South Dakota, dove una legge specifica che, con effetto immediato, tutti gli aborti sono illegali «a meno che un giudizio medico ragionevole e appropriato indichi che l’aborto è necessario per preservare la vita della donna incinta», si legge nella dichiarazione.


Scoppiano le proteste
Dopo la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di ribaltare la sentenza Roe v. Wade, di fronte al tribunale di Washington si sono radunate folle di manifestanti che stanno protestando. La Roe v. Wade fino a oggi garantiva il diritto federale all’aborto nel Paese. Tra gli slogan che si sentono a Washington spiccano il «Not Your Body Not Your Choice» («Non è il tuo corpo, non è la tua scelta») e «We Trust Women, We Won’t Go Back» («Crediamo nelle donne, non arretreremo»).
Secondo un sondaggio pubblicato sul New York Times lo scorso 21 giugno, il 62 per cento degli statunitensi è contrario al ribaltamento della sentenza. La percentuale, però, è molto diversa tra repubblicani (41 per cento) e democratici (79 per cento).

La voce delle operaie della Beretta - All'Assemblea Donne/Lavoratrici del 9 giugno


"Sono operaia
della Beretta di Trezzo. Stiamo passando un momento di transizione, se si può dire così, perché con tutte le difficoltà che ci sono in fabbrica, adesso c'è anche il cambio appalto, e quindi stiamo lottando per i nostri diritti che per anni ci sono stati negati. 

Non è facile sicuramente, ma l'appoggio ce lo abbiamo finalmente, da parte vostra e anche da parte del sindacato, dello Slai Cobas s.c., e vi ringrazio per averci chiamato.

Negli ultimi giorni stiamo cercando comunque di incoraggiare anche le altre colleghe a far parte di questa lotta. So che avete visto che abbiamo fatto delle manifestazioni e degli scioperi, cerchiamo di farci sentire e di far sentire le nostre rivendicazioni. 

Vogliamo essere uguali a tutte le altre prima di tutto, perché comunque siamo in una fabbrica dove non abbiamo tutte gli stessi diritti, siamo nello stesso reparto, ma veniamo trattate diversamente, abbiamo stipendi diversi e tutto insomma. 

Comunque continuiamo a lottare e ad allargare un po' il

cerchio della lotta e di tutto.


AL SALUMIFICIO BERETTA DI TREZZO DI NUOVO LA UIL IN AIUTO AI PADRONI. NUOVE MOBILITAZIONI DELLE OPERAIE - MASSIMA SOLIDARIETA'

FIRMATO UN ACCORDO INFAME CHE TAGLIA LA PAGA GIÀ BASSA ALLE OPERAIE DELL’APPALTO, COLPENDO LA MATERNITÀ E CHI SI INFORTUNA (O CHI DENUNCIA GLI INFORTUNI). ANCORA PIÙ RABBIA TRA LE OPERAIE. NUOVE MOBILITAZIONI PER IL RITIRO E CAMPAGNA DI SOLIDARIETÀ.

Con il cambio appalto del 31.5.22, Beretta sta cercando di scrollarsi di dosso i legami con l’inquisita The Workers, cercando di far dimenticare (notizie del 13 aprile 22) che le indagini hanno messo al centro proprio le responsabilità e i profitti di Beretta ‘che usava l’appalto come serbatoio di manodopera sottopagata’.

Ma questo cambio per le operaie non ha mutato la sostanza del loro rapporto di lavoro precario in appalto, anzi lo ha messo ancora di più in crisi.

La nuova società che ha rilevato l’appalto, MPM spa, è attraversata dalla conflittualità nei molti cantieri aperti proprio per i classici problemi degli appalti, come la paga bassa, l’inquadramento, le differenze retributive, i provvedimenti disciplinari, i licenziamenti e i trasferimenti repressivi…

E vista da vicino, nel ‘cantiere di Trezzo’ rivela il volto del moderno fascismo padronale che avanza, autoritario nel comando dei lavoratori, che mal sopporta che le operaie, le donne che si organizzano sindacalmente e si difendano in fabbrica, delle quali, oltre la forza lavoro vuole disporre anche della vita.

L’accordo di ieri è tutto questo.

Firmato con la Uil, sottobanco, senza consultazione ne’ comunicazione alle operaie, è particolarmente schifoso perché va a colpire ‘la maternità’ che per le operaie della fabbrica vuol dire ‘gestione di permessi per far fronte a tutto ciò che è caricato sulle spalle di una operaia/mamma… e lo fa in modo vigliacco con la rappresaglia economica: un giorno di assenza meno 50 euro, due assenze meno 100 euro, tre assenze via il ‘premio’.

Questo accordo, cosiddetto per il premio presenza, è totalmente in sintonia con le richieste dei padroni che vogliono gli operaie sempre presenti al lavoro a qualsiasi condizione e con le vicende della fabbrica. Allo stesso modo colpisce le operaie che si infortunano. O che denunciano gli infortuni. In fabbrica è sempre aperta la nostra denuncia per alcuni casi di infortuni non denunciati.

La Uil

  • Mentre le famiglie sono colpite dal carovita, tutto aumenta, per la guerra, le crisi economica e sanitaria che si trascinano... taglia la paga alle operaie

  • attacca il diritto all’infortunio in una fabbrica dove gli infortuni non vengono denunciati (dichiarazione G.A. riunione febbraio 2022)

  • attacca la malattia quando la maggior parte delle operaie va al lavoro con i medicinali in borsa per le pesanti condizioni sulle linee

Prossime iniziative in fabbrica, parte di una campagna solidale in preparazione che riteniamo necessaria. A questa mobilitazione, come in realtà ne hanno bisogno tutte le operaie e gli operai che difendono lavoro salario sicurezza, serve il sostegno e l’unità tra le lotte.

Di seguito un articolo utile del Fatto Quotidiano sulla situazione in fabbrica.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/06/19/fratelli-beretta-linchiesta-per-frode-fiscale-e-la-protesta-cobas-continua-a-usare-lavoro-in-appalto-con-stipendi-piu-bassi-e-meno-tutele/6629027/

20/06/22

Lecce: ennesimo femminicidio - Scendiamo in piazza

Contro violenza e femminicidi - Lotta rivoluzionaria delle donne
Continua la strage di donne, i femminicidi non conoscono tregua, a Lecce l'ennesimo, e come al solito la narrazione mediatica distorce o sminuisce il femminicidio - come riporta l'articolo qui sotto di un altro femminicidio, il mostro è un brav'uomo che ha chiesto perdono dunque si è redento! 
Occorre che questo ennesimo femminicidio non passi sotto silenzio! Nell'esprimere tutta la nostra rabbia, proponiamo alle compagne di Lecce di scendere insieme in piazza.
Come riportato da dati statistici:
AGI - “Nel 2021 in Italia sono stati commessi 295 omicidi volontari. È uno dei dati migliori tra i paesi europei, che a loro volta offrono i dati migliori nel mondo” ed “è aumentato il numero degli omicidi volontari di cui è stato individuato l’autore: si è passati, anche qui con una progressione costante, dal 40% del 92 al 73% del 2016”.
Lo ha rilevato il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio, aprendo l’Anno giudiziario, sottolineando però con forza, che vi è “un elemento sconcertante: tra le vittime dei 295 omicidi del 2021, 118 sono donne, di cui 102 assassinate in ambito familiare/affettivo ed in particolare 70 per mano del partner o ex partner”. 
MA LE DONNE NON POSSONO AVERE FIDUCIA E DELEGARE ALLO STATO LA LORO VITA le misure di contrasto ai femminicidi gestite da questo Stato, dalle forze dell'ordine, da questa Magistratura, o non vengono applicate o diventano anch'esse strumenti di violenza della volontà delle donne – vedi l'andamento dei processi.
Le donne vengono considerate come “vittime” al massimo da “tutelare” e non come soggetti attivi, principali nella battaglia contro femminicidi e stupri; anzi quando lo sono, con le lotte, le si vuole riportare ad una condizione di “delega” alle istituzioni o le si reprime. Si vuole soffocare, impedire il protagonismo delle donne, la ribellione delle donne, e nascondere che “gli uomini che odiano le donne” sono una reazione oggi anche al fatto che le donne, come donne, vogliano decidere della propria vita.
Quindi, anche là dove si vogliono introdurre norme utili, QUESTO E' POSSIBILE CON LA LOTTA E L'AUTORGANIZZAZIONE DELLE DONNE

Lecce:
Omicidio-suicidio tra le mura domestiche. E' accaduto questa notte, attorno alle 1.50 a Novoli nel Leccese quando Matteo Verdesca ha ucciso a coltellate la moglie trentottenne Donatella Miccoli nel letto coniugale. Dopo l'efferato gesto mortale, il signor Verdesca, 38 anni come la moglie, si è dato alla fuga a bordo di una Renault di colore bianco. Sulle sue tracce si sono messe le forze dell'ordine, che hanno avviato la caccia all'uomo autore dell'omicidio familiare. Poco dopo il 38enne è stato trovato morto. Ancora non è chiaro come: il suo corpo, carbonizzato, era all’interno dell’autovettura.
Secondo le prime ricostruzioni investigative, la coppia sarebbe stata vista rientrare in casa attorno alle ore 22 con le figlie. Di seguito si è sentita la coppia litigare, le cui urla hanno richiamato l'attenzione dei vicini che hanno dato l'allarme alle forze dell'ordine. Donatella Miccoli lavorava come commessa alla «Golden Point» di piazza Mazzini a Lecce e proprio nell'ultima delle sue «stories» su Instagram, prima di essere accoltellata dal marito, aveva pubblicato il suo amore per l'uomo.
Il racconto di familiari e conoscenti - Secondo alcune persone che conoscevano la coppia, era «molto geloso, a tratti morboso».

MFPR Taranto

Solidarietà e sostegno alle giovani donne che hanno osato denunciare il medico violentatore marco d’annunzio, “il medico porco”!


Solidarietà e sostegno alle giovani donne che hanno osato denunciare il medico violentatore marco d’annunzio,  “il medico porco”!
La prima denuncia di stupro del medico infettivologo del Crh-Mts di viale Jenner di Milano, centro specializzato in malattie a trasmissione sessuale dove sarebbero avvenute le violenze è avvenuta in dicembre, gli arresti domiciliari sono arrivati solo pochi giorni fa.
Ma in un articolo viene riportato che: “Nell'agosto del 2021 una segnalazione anonima aveva avvisato della pericolosità del dirigente, che aveva portato a un ammonimento formale da parte del responsabile del centro senza ulteriori conseguenze. D'Annunzio, infatti, aveva continuato nelle sue condotte illecite e crudeli: sul suo cellulare gli inquirenti hanno trovato le chat con richieste esplicite inviate alle pazienti..
Come mai di fronte alla segnalazione, seppure anonima, ci si è limitati a semplici ammonimenti, come mai al primo sospetto non si è pensato di ricorrere a una misura semplicissima: designare qualcuno, amica, parente, o all'interno della struttura stessa, collega o infermiere, che fosse presente alle visite che, in qualche maniera, servisse da deterrente all’operato  del medico violentatore, il cui modus operandi viene così descritto negli atti giudiziari: “… Condotte crudeli, subdole e ricattatorie. Nell'ordinanza di arresto il giudice scrive che D'Annunzio ha agito mediante condotte crudeli, subdole e ricattatorie, a danno di pazienti - tutte tra i 18 e i 30 anni - fragili, incapaci di reagire, anche per paura di non essere credute…” e, poi, naturalmente,  sospendere il violentatore dal lavoro. Perché non lo si è fatto in questo caso e, invece, si è permesso al violentatore di continuare imperterrito?
Crediamo che le responsabilità vadano ben al di là del medico violentatore e che, quantomeno, ci sia stata una sottovalutazione da parte della direzione della struttura sanitaria. La fragilità delle ragazze emerge in maniera chiara, come anche  il solito schema che si verifica quando le donne denunciano: “ma no, non è possibile” “si, però anche lei” e, infine, di fronte alla evidenza della violenza, come fa la Moratti “ci si addolora”, intanto il violentatore ha potuto impunemente continuare a violentare.
Riportiamo alcuni stralci particolarmente esplicativi degli articoli che stanno uscendo in questi giorni:
"..Questo tipo di violenza si caratterizza per il suo aspetto subdolo – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari disposta dal gip Giulio Fanales - derivante dalla condizione della paziente la quale difficilmente riesce con celerità a distinguere nettamente ciò che rientra all’interno della pratica medico-sanitaria e ciò che, di contro, esula".
Sfruttando il suo ruolo di medico, D’Annunzio conquistava la fiducia delle pazienti "in una situazione d’inquietudine legata alla personale condizione di salute", per poi passare dai palpeggiamenti alle frasi oscene, dalle richieste di dettagli sulle abitudini sessuali alle violenze. Giovani intimorite "dall’atteggiamento invadente e poco professionale del medico" che non riuscivano a opporsi e avevano "paura" a denunciare, temendo "di non essere" credute. Soggiogate "dal timore reverenziale derivante dalla figura professionale del D’Annunzio". Alcune ragazze, sotto choc, si erano confidate con le amiche, raccontando le pratiche di quello che fra gruppi di giovani era già noto come "il medico porco". Una, dopo aver subito gli approcci del 42enne, era anche fuggita dal centro in bicicletta "pedalando a più non posso".
In sei - cinque pazienti e una lavoratrice - hanno trovato infine il coraggio di presentarsi in Procura e denunciare, consentendo al procuratore aggiunto Letizia Mannella e al pm Alessia Menegazzo di avviare a dicembre dell’anno scorso le indagini della polizia sfociate nell’arresto dell’uomo per "il grave pericolo che tali episodi siano destinati a ripetersi ogniqualvolta l’indagato si trovi di fronte ad una paziente di sesso femminile". Ora l’indagine potrebbe allargarsi ad altri casi. Oltre alle vittime, sono stati ascoltati in Procura colleghi del medico e i responsabili dell’ambulatorio, uno dei punti di riferimento anche per il test dell’Hiv. Dove era anche partita un’indagine interna, a seguito di una segnalazione anonima su "condotte inappropriate" dell’infettivologo, che tuttavia ha potuto continuare a lavorare finché le prime perquisizioni con sequestri di documenti negli uffici non hanno consentito all’Ats, nelle scorse settimane, di sospenderlo e avviare un procedimento disciplinare.
La vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Letizia Moratti garantisce "tutta la collaborazione. Ho grande fiducia nella magistratura e mi auguro che venga chiarito tutto nel minor tempo possibile, nell’interesse di tutti coloro che sono toccati da questa vicenda. Se dovesse essere confermata sarebbe un grande dolore: sono azioni che è difficile pensare possano essere compiute, in particolare da un medico nei confronti dei propri pazienti".
Le compagne del mfpr di Milano esprimono tutta la solidarietà e sostegno alle ragazze e alla lavoratrice che hanno osato denunciare il medico violentatore. L’affissione dello striscione è una prima iniziativa di denuncia e in solidarietà con le ragazze, ma ne organizzeremo altre  perché noi pensiamo che  le implicazioni che ha questa vicenda impongono di non  liquidarla con un singolo atto di denuncia.
Pertanto invitiamo le compagne, le lavoratrici, le donne che pensano sia necessario rispondere in maniera organizzata perché le molestie, le violenze sessuali sulle donne che necessitano di cura sono, se possibile, ancora più odiose e dobbiamo fermarle, di mettersi in contatto con noi per costruire insieme le prossime iniziative. Perché pensiamo che sia necessario l’intervento diretto delle donne perché la struttura sanitaria non può limitarsi a un semplice ammonimento al medico violentatore né la Moratti “addolorarsi” se venissero confermate le denunce!
Le compagne del mfpr - Milano
mfpr.mi1@gmail.com

17/06/22

I porci al potere...

Questo è il porco

Pozzuoli, l'ex sindaco Figliolia, accusato di sesso in cambio di buoni spesa: "
Chiedo scusa ai miei cari". E continua: "...Non posso che esprimere il mio profondo rammarico (per quanto ha fatto? NO...) per la pubblicazione sui principali quotidiano di una vicenda strettamente personale (?!), le cui connotazioni di illecito non riesco davvero a comprendere...".

Non ci sono parole, ma solo azioni!

16/06/22

Comunicato sull'assemblea Donne/Lavoratrici del 9 giugno

Il 9 giugno scorso la nuova assemblea telematica nazionale delle donne/lavoratrici ha nuovamente visto una partecipazione variegata e attiva di lavoratrici, operaie, compagne, come le operaie immigrate della Montello, le lavoratrici della scuola di Milano e Palermo, le precarie dei servizi scolastici da Palermo agli asili di Taranto, le lavoratrici delle poste da Milano, compagne da L’Aquila, le compagne di Campagne in lotta sempre impegnate nella lotta dei migranti e braccianti, compagne di Napoli, delegate si.cobas, compagne di organizzazioni rivoluzionarie; ma in questa Assemblea vi sono state nuove partecipazioni di donne, di lavoratrici che hanno certamente ampliato il dibattito sui temi dell’assemblea e la conoscenza delle lotte che si fanno, dalle operaie della Beretta (MI) in lotta e in sciopero da giorni contro gli attacchi e i ricatti occupazionali dei padroni alle operaie indiane di una fabbrica de L’insalata di Bergamo, dalle operaie della Pellegrini appalto Acciaierie d’Italia, a una lavoratrice e attivista No Muos di Catania…

Il tema principale su cui è stata lanciata questa assemblea è stato quello della odierna guerra inter imperialista, le ricadute sociali di essa a livello di massa e nello specifico in relazione alla condizione di vita delle donne e il ruolo che come donne/lavoratrici siamo chiamate ad avere: “Noi donne vogliamo e dobbiamo essere in prima fila anche nella lotta contro la guerra imperialista scatenata da Stati e governi che hanno amplificato prima tutti gli attacchi alle nostre vite con la pandemia e ora scaricano su di noi i costi e gli orrori della loro guerra, non in nostro nome!”. “Contro l’uso delle donne come propaganda di guerra e contro la visione delle donne solo “vittime”, noi donne, dall’Ucraina, alla Russia, all’Italia, ecc., vogliamo essere attive protagoniste di una reale, altra resistenza, proletaria e popolare contro i padroni del mondo” - è stato detto dalla compagna che ha introdotto. ,

Con la successiva lettura/commento aggiornato della mozione contro la guerra imperialista, lanciata dall’Assemblea donne/lavoratrici allo scoppio della guerra in Ucraina, subito diffusa nelle manifestazioni dell’8 marzo, e in altre nazionali, come quella di Firenze del 26 marzo, e su cui si è cominciato a raccogliere le firme nei luoghi di lavoro, è stata ribadita l’importanza oggi di continuare a diffonderla, perché per le lavoratrici, per le donne proletarie è necessario dibattere, prendere posizione, schierarsi; non possiamo essere dalla parte di nessun imperialismo in gioco in questa sporca guerra, compreso l’imperialismo di casa nostra con il governo guerrafondaio Draghi… “…Non possiamo pagare i costi sociali, economici, politici di questa guerra, basti pensare ai tanti licenziamenti, alla precarietà e disoccupazione in aumento, alla malasanità, al carovità, al peggioramento generale della nostra condizione di vita già pesantemente aggravatasi…”

All’assemblea ha nuovamente partecipato da Napoli la filosofa Carla Filosa arricchendola con i suoi interventi/contributi sulla guerra per il profitto, sulla dimensione transnazionale di essa con legami e connessioni che coinvolgono tutto il mondo e le implicazioni a livello sociale e sul piano specifico delle donne.

Il collegamento della grave situazione della guerra imperialista alle lotte quotidiane che si fanno nei posti di lavori, nei territori, ha caratterizzato l’altra parte dell’assemblea, con interventi delle lavoratrici che hanno fatto aggiornamenti sulle diverse situazioni o attraverso nuovi racconti/denunce, vedi le operaie della Beretta o della fabbrica Pellegrini/Acciaierie d’Italia, hanno portato in assemblea tutte le ragioni della lotta messa in campo contro lo sfruttamento e gli attacchi padronali, le discriminazioni che si subiscono; importanti sono stati anche gli interventi di compagne/attiviste di Campagne in lotta sulla questione migranti hanno portato spunti interessanti in particolare sulla situazione odierna delle donne ucraine profughe che non corrisponde esattamente alle notizie “rassicuranti” che danno i media nel nostro paese e non solo; così come l’intervento della compagna di Catania ha parlato della lotta No/Muos/Niscemi in Sicilia, contro le basi militari e la guerra più in generale.

Questo nuovo punto sulle lotte delle lavoratrici/donne/compagne ha posto con più forza la necessità del sostegno reale ad esse per unificarle/estenderle/trarne lezioni. Queste lotte non devono restare isolate o tenute in silenzio: “lotta una lottano tutte”! perché l’unità ci dà coraggio e forza; in questo senso l’Assemblea donne/lavoratrici si conferma un’arma, sicuramente da rafforzare ed ampliare, uno strumento necessario al servizio di questo percorso.

Dall’insieme della discussione che si è sviluppata con i vari interventi sono scaturite nella parte finale alcune proposte/decisioni:

Rilanciare la raccolta delle firme sulla base della mozione delle donne contro la guerra inter imperialista nei posti di lavoro, fabbriche, nei mercati, nelle manifestazioni per schierarsi e per affermare la lotta necessaria che dobbiamo fare come donne/lavoratrici;

cercare di creare un collegamento reale con le donne ucraine in Italia, in alcune città in particolare come Napoli dove vi è una grande comunità ucraina.

Sostenere attivamente e in ogni forma possibile le lotte delle lavoratrici, precarie, disoccupate. Queste lotte oggi, nella fase della guerra e del ruolo di governo e padroni di scaricarne i costi su lavoro, salario, carovita, sono ancora più importanti anche per indebolire l’azione del governo Draghi.
In questo senso si è deciso nell’immediato di mettere in campo azioni solidali con le lotte in corso: in particolare ora verso la lotta delle operaie della Beretta - con messaggi e in iniziative importanti con la presenza delle compagne/lavoratrici di Milano/Bergamo. Un piccolo ma iniziale esempio di solidarietà attiva c'è stato verso la manifestazione dei e delle migranti con collegamenti telefonici l’11 giugno a Foggia contro la violenza razzista annunciata dalla compagna di Campagne in lotta.

Riprendere la questione del carovita e della condizione di vita generale delle donne, partendo da alcune iniziative come quelle messe in campo a Palermo dalle lavoratrici precarie delle Coop Sociali per arrivare ad una giornata di lotta nazionale all’interno di una battaglia più generale necessaria.

Lanciare un tour in alcune città tra settembre/ottobre andando in posti di lavoro e luoghi significativi sul piano delle lotte delle lavoratrici/donne, con due scopi: far conoscere con iniziative pubbliche il percorso che stiamo facendo, portare le ragioni di quale femminismo è necessario oggi per la maggioranza delle donne, un femminismo di classe proletario e rivoluzionario; porre la questione della formazione rivoluzionaria come arma teorica che noi donne dobbiamo impugnare, attraverso la presentazione di recenti lavori/opuscoli su produzione/riproduzione/lavoro domestico nel sistema del capitale, anche in critica a posizioni anti marxiste di femministe intellettuali, come la Silvia Federici.

L’invito al campeggio estivo di agosto a Niscemi/No Muos fatto in assemblea a tutte dalla compagna di Catania è una prima occasione, avvio del tour, importante da cogliere.

Stiamo preparando un dossier che raccoglierà tutti gli interventi dell’assemblea che sarà diffuso a breve.

Saluti di doppia lotta a tutte!

Per info contatti: lavoratriciprecariedisoccpate@gmail.com

Assemblea Donne/Lavoratrici

9 giugno 2022