29/06/13

libero di uccidere!!!... "incapace di intendere e di volere! - Carmela Petrucci uccisa- disposta la perizia psichiatrica su Caruso

non possiamo continuare a far finta di niente...
La perizia psichiatrica disposta  per il femminicida di Carmela Petrucci, la diciottenne palermitana uccisa nell'androne del palazzo dall'ex fidanzato della sorella e alla quale l'MFPR ha dedicato il sit-in “Con Carmela nel cuore... per ogni donna uccisa, stuprata e offesa siamo tutte parte lesa” dell'11 giugno scorso, non è che l'ennesimo attacco nei confronti della giovane vittima e della sua famiglia ma anche per tutte le donne in generale. Se Caruso verrà scagionato perché viene stabilito che, al momento della strage, non era capace di intendere, questa scusante diventerà sempre più una normalità in tutti i prossimi processi, una prassi. 
La realtà è che chi uccide le donne, chi le violenta, chi le offende, non è un individuo squilibrato come i governi, la giustizia borghese vogliono far credere che sia; non si può assistere alle uccisioni da nord a sud, perpetua, di donne e giustificarle deviando le cause del delitto verso la mancata sanità mentale dei carnefici. Gli uomini che stuprano e uccidono sono uomini che odiano le donne e che vivono, che introiettano in sé l'humus maschilista e reazionario che cresce e va diffondendosi drammaticamente nel terreno sociale del sistema capitalista, di cui femminicidi e violenza sono il frutto più marcio.
Come si vede ancora una volta le istituzioni, la giustizia di questo Stato (ed in questo caso il gup è anche una donna!)  non sono e non possono essere dalla parte delle donne proletarie, lavoratrici, studentesse, immigrate, casalinghe... della maggioranza delle donne ; non sono le donne dei palazzi e dei partiti istituzionali che potranno, con le loro proposte di task force e di leggi che molto spesso rimangono sulla carta o si trasformano solo in una questione di ridurre la violenza sulle donne a mera questione di ordine,  salvaguardare le nostre vite da questa guerra di bassa intensità che vede  la maggior parte dei casi dentro le mura stesse della nostra casa.
Se da una lato diciamo che la disposizione della perizia psichiatrica nei confronti di Caruso è una vergogna, dall'altro ribadiamo con forza che  ora e subito è necessaria la ribellione e mobilitazione diretta delle donne 

Determinate più che mai, con lo spirito di portare anche il 6 luglio a Roma, alla manifestazione contro i femminicidi e le violenze sulle donne, la voce di Carmela e di tutte le donne che ogni giorno subiscono violenza fino ad essere uccise . E' arrivato il momento di dimostrare ciò che noi donne sappiamo fare!

Invitiamo tutte le donne a partecipare alla manifestazione 
https://www.facebook.com/events/131746930364356/

Sabina Mfpr Palermo

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Omicidio Carmela Petrucci, disposta perizia psichiatrica su Caruso

Il gup di Palermo Daniela Cardamone ha disposto una perizia psichiatrica su Samuele Caruso, il giovane che ha confessato di aver ucciso a coltellate Carmela Petrucci, sorella dell’ex fidanzata dell’imputato, il 19 ottobre scorso sotto casa delle due ragazze in via Uditore, a Palermo.
La psicologa Giovanna Manna e lo psichiatra Alfonso Accursio sono stati incaricati di stabilire se l’imputato era capace di intendere e di volere quando aggredì le sorelle Petrucci e assasinò Carmela. Una perizia depositata dalla difesa dell’imputato nella scorsa udienza dimostrerebbe che Caruso era temporaneamente incapace di intendere. Il pm, Caterina Malagoli, si è riservata di nominare suoi consulenti. Il processo è stato rinviato al 30 ottobre per sentire i periti.

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Non si può continuare a far finta di niente, non si può continuare a non fare niente…

124 le donne uccise in Italia nel 2012, già 34 dall’inizio dell’anno, 6 in soli pochi giorni ai primi di maggio, un femminicidio continuo!
Molto spesso le vittime conoscono i loro carnefici, questi sono gli uomini che odiano le donne.

Per gelosia o per possesso, sempre in disprezzo del nostro essere donna, chi ci uccide non tollera la nostra autodeterminazione, non ci considera degne di rispetto, libertà, autonomia, indipendenza. Diritti che ci siamo conquistati con le lotte e che non piovono dall’alto dei governi.
Diritti che però non sono per sempre e vengono negati, prima di fatto, poi di diritto, con l’arretramento delle lotte. E allora sempre più donne stuprate, sfigurate con l’acido, molestate, oppresse, uccise, violentate e umiliate come donne, in quanto donne e sempre più sentenze ultra morbide verso stupratori e assassini di donne.

Nessun governo, tantomeno questo, può “difendere le donne con la sua task force” come afferma Alfano, il delfino di Berlusconi, noto calpestatore della dignità delle donne.
Nessun appello al governo, come pure quello di “ferite a morte”, per la convocazione degli Stati generali contro la violenza sulle donne, può fare arretrare la guerra alle donne, senza la guerra delle donne. 

Ci vuole una mobilitazione nazionale delle donne, una risposta doverosa, urgente e ineludibile. Una risposta autonoma del movimento delle donne, fuori e contro l'azione che il nuovo governo dice di voler fare. 

Le donne non vogliono e non possono fidarsi e delegare al governo e allo Stato! 
Uno Stato, che sempre più fa una giustizia pro-stupratori (vedi i recenti processi per gli stupri di “Marinella” a Montalto di Castro e di “Rosa” a L’Aquila, nonché la rimessa in libertà, dopo un anno, dell’assassino reo-confesso di Tiziana Olivieri, per scadenza dei termini di custodia cautelare, ecc.) e ha forze dell'ordine strutturalmente impregnate di maschilismo, fascismo e sessismo, non può difendere le donne! Un governo che continuerà ad attaccare le condizioni di vita e di lavoro della maggioranza delle donne, non può difendere dai femminicidi e dagli stupri!
Siamo noi, parte offesa e ferita a morte da questa società, che dobbiamo riprenderci la vita, con rabbia e determinazione. Siamo noi donne, unite, che dobbiamo lottare per i nostri diritti e il nostro esistere, per difenderci dagli uomini che odiano le donne!

Chiediamo a tutte le donne, alle compagne, alle democratiche, alle associazioni contro la violenza sulle donne, di aderire a questo appello per cercare di invertire la rotta vertiginosa dei femminicidi, degli stupri e della loro impunità con una mobilitazione nazionale.

Proponiamo il 6 luglio a Roma, il sabato precedente l’11 luglio, quando le istituzioni (tribunale dei minori e servizi sociali) decideranno il “percorso riabilitativo” degli stupratori sociali del branco di Montalto di Castro, che hanno violentato il corpo di Marinella e ne hanno ucciso l’anima e la speranza, simbolizzando così la “sicurezza” che questo Stato riserva alle donne.

Luigia e Concetta
Per contatt e adesionii:
Concetta: sasha1998@virgilio.it
Luigia: sommosprol@gmail.com 

27/06/13

succede in Italia: clerico fascisti in azione contro il diritto di scelta delle donne

Clerico fascisti in azione, li chiamano bimbi mai nati, ma sono embrioni, per loro contano più della vita di una donna, di cui non si preoccupano affatto: a partire dalla chiusura dei consultori: un vero e proprio attacco alla salute  delle donne.
L'abbiamo già fortemente denunciato- inascoltate- quando la regione Lombardia di Formigoni introdusse l'obbligo di sepoltura dei feti abortiti, come un attacco ideologico di concezioni medioevali sulle donne. Abbiamo denunciato come l'introduzione del riconoscimento giuridico dell'embrione all' art.1 della L.40 spalancasse la porta ad un'offensiva clerico-fascista contro il diritto all'autodeterminazione delle donne in tema di maternità-ma non solo-. Per questo diciamo che bisogna difendere il diritto di scelta delle donne battendosi per la cancellazione della L.40 e dell'obiezione di coscienza dalla 194, contro la sepoltura dei feti, legata al riconoscimento giuridico dell'embrione come persona. E per far questo occorre costruire una rete di collettivi, associazioni che si battono su questo terreno. A livello locale spesso le donne perdono, vincono i clericofascisti e le loro campagne
Basta stare sulla difensiva!!
Fascisti reazionari-giù le mani dal corpo, dalla vita delle donne!
mfpr milano


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Aborto, riti religiosi “per bimbi mai nati”. Anche senza il consenso dei genitori

Dal 1999 'Difendere la vita con Maria' stringe accordi con ospedali, aziende sanitarie e Comuni per occuparsi della sepoltura di quelli che la legge definisce tecnicamente "prodotti abortivi", intendendo con il termine “bambino” ogni forma di vita intrauterina successiva all’atto del concepimento. Con lapidi e funerali, spesso senza l’esplicito assenso di mamma e papà che ignorano un dato: a 24 ore dall'interruzione di gravidanza, se nessuno reclama, cessa ogni diritto di proprietà




Sepoltura dei bambini mai nati”. Si chiama così la pratica, diffusa in tutta Italia, portata avanti daDifendere la vita con Maria (Advm). L’associazione, fondata e presieduta da don Maurizio Gagliardinidal 1999 stringe accordi con ospedali, aziende sanitarie e Comuni per occuparsi della sepoltura di quelli che la legge definisce testualmente “prodotti abortivi”. Occuparsi in che modo? Con lapide e rito funebre, in molti casi senza l’esplicito assenso dei genitori o degli aventi diritto. Perché a 24 ore dall’aborto, se mamma e papà non reclamano per l’appunto il “prodotto abortivo”, perdono ogni diritto di proprietà. Per legge. 
In tema di polizia mortuaria la normativa italiana prevede che i feti di presunta età intrauterinasuperiore alle 20 settimane vengano seppelliti, al pari di tutte le parti anatomiche riconoscibili (solitamente arti oggetto di amputazione). Le parti anatomiche non riconoscibili (quindi anche i prodotti del concepimento di età inferiore alle 20 settimane di vita intrauterina) devono essere smaltiti come rifiuto speciale ospedaliero e avviati alla termodistruzione (non in forno crematorio) ai sensi del Decreto del presidente della Repubblica (Dpr) 254/03.
Ed è su questo terreno che si innesta l’attività dell’associazione “Difendere la vita con Maria” che si propone di dare una sepoltura “dignitosa” a tutti quelli che chiama “bambini mai nati”, intendendo come “bambino”ogni forma intrauterina successiva all’atto delconcepimento. Advm supera quindi la distinzione fissata dalla legge italiana, che discerne (ai fini della sepoltura) i cosiddetti “prodotti abortivi di età inferiore e superiore alle 20 settimane di vita intrauterina. Per l’associazione religiosa non esiste quindi nemmeno la distinzione tra embrione o feto, in quanto la vita umana viene considerata tale per tutte le fasi del suo sviluppo, fin dai primi istanti successivi al concepimento. Quindi, ai fini della sepoltura e del relativo rito di accompagnamento all’inumazione, poco importa se quello che la legge chiama in maniera distaccata “prodotto abortivo” abbia o meno tratti antropomorfi.
Questa attività, pienamente legale, trova spazio nelle pieghe della legislazione italiana. In particolare richiamando l’articolo 7 comma 2 del capitolo di Polizia mortuaria contenuto nel Dpr (10 settembre 1990, n. 285), che prevede l’inumazione dei “prodotti abortivi di presunta età di gestazione dalle 20 alle 28 settimane complete e dei feti che abbiano presumibilmente compiuto 28 settimane di età intrauterina”. La stessa norma stabilisce anche che “a richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere raccolti con la stessa procedura anche prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane”.
La lettura del decreto viene poi completata in chiave restrittiva da una circolare ministeriale del 16 marzo 1988, firmata dall’allora ministro della Salute Carlo Donat Cattin: “Il seppellimento – si legge – deve di regola avvenire anche in assenza di richiesta dei genitori, posto che lo smaltimento attraverso la linea dei rifiuti speciali urta contro i principi dell’etica comune”.
Così l’associazione, proprio grazie alla lettura restrittiva delle norme, ha potuto seppellire e dare una benedizione ai “prodotti abortivi”, anche quelli di età presunta inferiore alle 20 settimane, andando ben oltre la distinzione fissata dalla legge italiana e superando il diritto alla libertà di scelta dei genitori. Secondo l’associazione tutti i “prodotti abortivi”, anche quelli di presunta età inferiore alle 20 settimane, vanno infatti seppelliti, anche quando i genitori non lo richiedano esplicitamente (la legge offre già la possibilità della sepoltura su richiesta). Dal 2007 lo stesso orientamento è stato adottato dalla Regione Lombardia, mentre dal 2012 anche dalla Regione Campania, che hanno approvato specifici regolamenti che danno ai feti di età inferiore alle 20 settimane lo stesso trattamento che la normativa nazionale garantisce a quelli di età intrauterina superiore alle 20 settimane.
Nello spirito dell’associazione conta poco (o niente) la volontà del genitore. Che si pratichi unainterruzione volontaria di gravidanza (che rappresenta la maggioranza dei casi), che si patisca un aborto spontaneo o si programmi un aborto terapeutico, entro 24 ore dall’espulsione o dalraschiamento, i genitori o gli aventi diritto possono reclamare il feto (o l’embrione) per occuparsene in prima persona. Decorso questo termine sarà l’ospedale a farsene carico (ed è questa la circostanza più frequente). Di norma, gli ospedali che non hanno stretto accordi con Advm procedono secondo la legge. Ovvero in tutta Italia i prodotti abortivi di età presunta inferiore alle 20 settimane vengono avviati allo smaltimento per termodistruzione, quelli di età superiore vengono avviati all’interramento in campo comune assieme alle parti anatomiche riconoscibili. Uniche eccezioni la Lombardia e la Campania, dove tutti i prodotti del concepimento, anche quelli di età inferiore alle 20 settimane, vengono avviati all’interramento. Dove la struttura sanitaria abbia siglato accordi con Advm, tutti i feti e gli embrioni non reclamati dalle famiglie vengono avviati all’interramento in cimitero accompagnati da un rito funebre.
Secondo don Gagliardini e i rappresentanti dell’associazione, una volta trascorsi i termini di legge entro i quali i genitori avrebbero avuto la possibilità di reclamare il “bambino mai nato”, l’associazione difendere la vita con Maria non deve chiedere altra autorizzazione per procedere con la propria attività, delineandosi unicamente un rapporto tra l’associazione e la struttura sanitaria (che dispone del “rifiuto ospedaliero” a norma di legge), un rapporto in cui gli aventi diritto hanno scelto liberamente di non essere parte.
La pratica trova una sempre maggiore applicazione grazie a una rete capillare di strutture sanitarie e amministrazioni comunali che siglano protocolli d’intesa e accordi di gestione con l’associazione religiosa che, appunto, fa della sepoltura dei “bambini non nati” la propria missione fondante. Presente in un centinaio di Comuni, “Difendere la vita con Maria” ha stretto convenzioni con le aziende ospedaliere del territorio in città come Roma, Napoli, Torino, Caserta e Genova. Non solo. Advm opera anche a Perugia, Agrigento, Novara, Busto Arsizio, Gallarate, Biella, Bolzano, Bergamo, Varese, Verbania, Cremona, Avellino, Foggia, Caltanissetta, Legnano, Lecco e Foligno, oltre a tanti Comuni più piccoli. In oltre 10 anni di attività (fondata nel 1998, riconosciuta dalla curia di Novara nel 2003) ha dato sepoltura a 52mila “bambini non nati” in tutta Italia, secondo quanto dichiara lo stesso presidente di Advm.  
L’attività di “Difendere la vita con Maria” si è sviluppata a partire dal nord Italia, da Novara, ed ha poi trovato terreno fertile nella vicina Lombardia fin dai primi anni dello scorso decennio. La macchina è stata messa a punto nei minimi dettagli, tanto che le modalità operative sono state standardizzate e le convenzioni in essere si contano ormai a decine: sono 60 quelle firmate dall’inizio dell’attività dell’associazione, 40 quelle attive attualmente, una decina quelle in discussione in questi mesi).
Formalmente l’associazione sgrava l’ospedale del costo dello smaltimento di quelli che la legge definisce “rifiuti abortivi” (ecco il vantaggio per la struttura pubblica) e si fa carico di tutti gli oneri di inumazione dei “bambini non nati”, dall’acquisto dei contenitori biodegradabili al trasporto verso il cimitero.  Una volta stretto l’accordo con le strutture sanitarie, l’associazione cerca qualche“amministrazione comunale compassionevole”, ottiene in uso gratuito uno spazio cimiteriale(restano in carico ai comuni anche gli oneri di interramento) e lì, di norma una volta al mese, si reca con i propri volontari a compiere il rito di sepoltura dei resti abortivi.
Un rito che è a sua volta codificato nei minimi dettagli nel decalogo dell’attivista mariano: “Al cimitero si raduneranno tutti coloro che vorranno esprimere un gesto di amore e di pietà a questi piccoli e si avvierà la preghiera con il rosario durante l’attesa e accompagnando fino al luogo della sepoltura in processione il carro funebre”. Mentre, giunti al luogo della sepoltura “il sacerdote inizierà il rito”.
In attesa di un rito specifico per i bambini non nati, i volontari suggeriscono di applicare quello previsto dalla Cei per i bambini non battezzati. Completata la funzione avviene poi il seppellimento delle piccole bare (approvate dalle autorità sanitarie competenti) accompagnato daun canto.
L’associazione, per sostenere la propria attività, ha pensato anche a una singolare raccolta fondi. Sul sito advm.org si possono donare 16 euro per il seppellimento di un bambino non nato, 6 euro per un cofanetto, 5 euro per una piccola sindone, 3 euro per un fiore e 2 euro per un lume.
A nulla sono valse le interrogazioni parlamentari che negli anni sono state presentate da Maria Antonietta Farina Coscioni e altri deputati radicali. A più riprese e riferendosi a diversi casi, hanno fatto notare che affidare i feti e gli embrioni abortiti nelle mani di un’associazione religiosa che li seppellisce in un cimitero con un vero e proprio rito funebre, senza il consenso esplicito degli interessati, rappresenta una stortura “fortemente lesiva del diritto di libertà di scelta dei cittadini e della laicità dell’istituzione comune”. 


26/06/13

non si fermano gli attacchi al diritto d'aborto

Italia, Spagna, USA..., non si fermano gli attacchi, i tentativi di attacco al diritto d'aborto , che allude al diritto di scelta delle donne in ogni ambito della vita. Vogliono ricacciarci in un moderno medioevo!

In questa società nessun diritto può considerarsi conquistato per sempre, ma bisogna lottare quotidianamente per mantenerli, per conquistare nuovi diritti. Una lotta a tutto campo contro clerico-fascisti, integralisti e la loro ideologia di morte per le donne! Ogni loro tentativo di cancellare il diritto d'aborto è un'intimidazione verso le donne; ogni lotta che li contrasta e strappa risultati è una vittoria di e per tutte le donne!
La donna non è un'incubatrice!
Il feto non è persona!

fascisti,reazionari passerete un guaio noi non torneremo a prezzemolo e cucchiaio!


Texas, caos in Senato sull'aborto.
Annullato il divieto dopo le proteste

I repubblicani tentano di forzare l'approvazione di una legge che avrebbe reso impossibile l'interruzione di gravidanza nello Stato. Proteste e arresti nell'aula poi la ratifica: il voto arrivato dopo la mezzanotte, a legislatura scaduta.  Senatrice tenta l'ostruzionismo parlando in piedi per 10 ore

Non è riuscito ai repubblicani del Texas il colpo di mano per far approvare in Senato una legge che avrebbe di fatto reso impossibile l'interruzione di gravidanza nello Stato. Un voto passato dopo la mezzanotte, a legislatura scaduta, è stato annullato dopo ore di proteste che hanno portato anche ad arresti tra gli attivisti presenti alla seduta.

I senatori repubblicani del Texas avevano approvato nuove restrizioni all'aborto che prevedono la chiusura di quasi ogni clinica per l'interruzione di gravidanza nel secondo Stato più popoloso della nazione. I democratici hanno però subito contestato la validità del voto, avvenuto dopo la mezzanotte e dunque dopo la scadenza della legislatura. Il vicegovernatore David Dewhurst aveva sostenuto che la votazione era iniziata poco prima, ma poi - smentito anche dai tabulati evidentemente ritoccati nella data, diffusi dai democratici (foto) - ha dovuto dichiarare il voto non valido.

La legge ha provocato un dibattito infiammato, di cui è stata protagonista la senatrice democratica Wendy Davis, impegnata in una maratonia oratoria di 10 ore per tentare di bloccare la votazione prima della mezzanotte. Indossando scarpe da tennis rosa e tentando di restare in piedi (le regole vogliono che chi parla non si possa sedere o appoggiare al banco o interrompersi per andare al bagno o mangiare), la Davis non è riuscita però a completare l'impresa: è stata bloccata da Dewhurst che ha deciso che era andata "fuori tema" a un certo punto del suo intervento. I democratici hanno fatto ricorso.

Il disegno di legge vietava ogni aborto dopo le 20 settimane di gravidanza e richiede che tutte le procedure siano effettuate in un centro dotato di sale chirurgiche. I medici che eseguono aborti dovrebbero essere abilitati ad operare in un ospedale entro 30 miglia. Il requisito riguardante gli equipaggiamenti chirurgici impedirebbe di fatto l'operatività di 37 delle 42 cliniche che praticano aborti in Texas. Vista la vastità dello Stato (largo circa 1244 chilometri e lungo 1271 km, con una popolazione di 26 milioni di persone), la scarsità di strutture costringerebbe una donna che vive al confine con il Messico a fare un viaggio di ore per riuscire ad abortire.

Il voto, completato subito dopo la mezzanotte, è stato accolto da urla e proteste nella galleria del pubblico affollata di attivisti pro-choice che indossavano maglie arancioni in sostegno di Davis, mentre dall'aula i senatori democratici li applaudivano e si univano alla protesta. E su Twitter si è immediatamente diffuso l'hashtag #standwithwendy: al fianco di Wendy ma anche "in piedi con Wendy". Nel suo discorso, Davis ha detto di voler dare "umilmente voce a migliaia di texani" e ha definito il tentativo dei repubblicani di far passare la legge "un brutale abuso di potere". I democratici l'avevano scelta per l'ostruzionismo perché Davis ha una storia emblematica: diventata mamma da ragazzina, è riuscita comunque a completare gli studi e a laurearsi alla Harvard Law School. Durante il suo lungo discorso, la donna è riuscita a rimanere in piedi spostando il peso da un'anca all'altra, camminando intorno al banco e leggendo le note su un blocco. Neanche le urla di interruzione degli attivisti antiaborto in galleria l'hanno fatta interrompere. Ha risposto alle domande dei suoi avversari, ha riportato testimonianze di donne che subirebbero l'impatto della nuova legge e una volta si è quasi interrotta per la commozione leggendo una storia particolarmente toccante.

Il Texas è solo uno degli Stati che stanno sfidando la storica sentenza con cui nel 1973 la Corte suprema legalizzò l'interruzione di gravidanza. Anche il North Dakota si appresta a discutere una legge restrittiva.


25/06/13

Regione toscana: ancora un attacco al diritto di scelta delle donne

 
Firenze - Presidio in difesa della 194
25 giugno ore 16
Consiglio Regionale della Toscana,
via Cavour 4 - Firenze

Lunedì 10 giugno, la Direzione aziendale dell’ASL 10 di Firenze, con un comunicato stampa, ha annunciato la chiusura del servizio di Interruzione Volontaria di Gravidanza dell’ospedale di Borgo San Lorenzo con l’accorpamento dello stesso presso lo IOT di Firenze. Nessuno era a conoscenza di tale decisione aziendale, ne le donne del Mugello, ne le operatrici del servizio, a quanto pare nemmeno gli amministratori locali. La diffusione della notizia ha subito suscitato una forte reazione su quel territorio e messo in moto una lotta per difendere il servizio territoriale e con esso il diritto delle donne all’applicazione della 194.
Per sostenere la necessità di mantenere un presidio territoriale senza il quale le donne del Mugello vedono messo a rischio il proprio diritto alla salute e considerato che la vicenda di Borgo San Lorenzo rappresenta un esempio di quello che è un processo più generale di messa in discussione della legge 194 è stato costituito il "coordinamentodifesa194" che, nel giro di pochi giorni, ha avuto numerosissime adesioni di soggetti collettivi e adesioni individuali, e che ha messo in moto una serie di iniziative per difendere il servizio IVG di Borgo San Lorenzo e con esso un diritto sancito da una legge dello Stato.
22|06|13

24/06/13

6 Luglio mobilitazione nazionale contro i femminicidi e gli stupri

"Non si può continuare a far finta di niente, non si può continuare a non fare niente"

Contro i femminicidi e stupri il 6 luglio a Roma tre presidi dalle 10 in poi, a
Piazza Montecitorio (concentramento), davanti a Parlamento e Ministero delle pari opportunità
Ministero di Grazia e Giustizia
Ministero degli Interni, nei pressi del Viminale per cercare di invertire la rotta vertiginosa dei femminicidi, degli stupri e della loro impunità con una mobilitazione nazionale.


124 le donne uccise in Italia nel 2012, già 34 dall’inizio dell’anno, 6 in soli pochi giorni ai primi di maggio, un femminicidio continuo!
Molto spesso le vittime conoscono i loro carnefici, questi sono gli uomini che odiano le donne.
Per gelosia o per possesso, sempre in disprezzo del nostro essere donna, chi ci uccide non tollera la nostra autodeterminazione, non ci considera degne di rispetto, libertà, autonomia, indipendenza. Diritti che ci siamo conquistati con le lotte e che non piovono dall’alto dei governi.
Diritti che però non sono per sempre e vengono negati, prima di fatto, poi di diritto, con l’arretramento delle lotte. E allora sempre più donne stuprate, sfigurate con l’acido, molestate, oppresse, uccise, violentate e umiliate come donne, in quanto donne e sempre più sentenze ultra morbide verso stupratori e assassini di donne.
Nessun governo, tantomeno questo, può “difendere le donne con la sua task force” come afferma Alfano, il delfino di Berlusconi, calpestatore della dignità delle donne.
Nessun appello al governo, come pure quello di “ferite a morte”, per la convocazione degli Stati generali contro la violenza sulle donne, può fare arretrare la guerra alle donne, senza la guerra delle donne.
Ci vuole una mobilitazione nazionale delle donne, una risposta doverosa, urgente e ineludibile. Una risposta autonoma del movimento delle donne, fuori e contro l’azione che il nuovo governo dice di voler fare.
Le donne non vogliono e non possono fidarsi e delegare al governo e allo Stato!
Uno Stato, che sempre più fa una giustizia pro-stupratori (vedi i recenti processi per gli stupri di “Marinella” a Montalto di Castro e di “Rosa” a L’Aquila, nonché la rimessa in libertà, dopo un anno, dell’assassino reo-confesso di Tiziana Olivieri, per scadenza dei termini di custodia cautelare, ecc.) e ha forze dell’ordine strutturalmente impregnate di maschilismo, fascismo e sessismo, non può difendere le donne! Un governo che continuerà ad attaccare le condizioni di vita e di lavoro della maggioranza delle donne, non può difendere dai femminicidi e dagli stupri!
Siamo noi, parte offesa e ferita a morte da questa società, che dobbiamo riprenderci la vita, con rabbia e determinazione. Siamo noi donne, unite, che dobbiamo lottare per i nostri diritti e il nostro esistere, per difenderci dagli uomini che odiano le donne!
Chiediamo a tutte le donne, alle compagne, alle democratiche, alle associazioni contro la violenza sulle donne, di aderire a questo appello per cercare di invertire la rotta vertiginosa dei femminicidi, degli stupri e della loro impunità con una mobilitazione nazionale.
Proponiamo il 6 luglio a Roma, il sabato precedente l’11 luglio, quando le istituzioni (tribunale dei minori e servizi sociali) decideranno il “percorso riabilitativo” degli stupratori sociali del branco di Montalto di Castro, che hanno violentato il corpo di Marinella e ne hanno ucciso l’anima e la speranza, simbolizzando così la “sicurezza” che questo Stato riserva alle donne.

Luigia (L’Aquila) e Concetta (Taranto)
Per contatti: sommosprol@gmail.com

Adesioni all’appello (fino ad oggi)
 
Comitato diritti civili delle prostitute - lavoratrici Coordinamento “3ottobre” Milano - Anna Bardelli università di Milano - Giuseppina Amato di Milano del Si.Cobas dei poliambulatori Niguarda - lavoratrici, disoccupate dello slai cobas per il sindacato di classe di Taranto - precarie, lavoratrici dello slai cobas per il sindacato di classe di Palermo - movimento femminista proletario rivoluzionario - Marina Giovannini, L'Aquila - Associazione “Iosò Carmela” Napoli – Associazione Centro Servizi interdisciplinare Onlus Roma - Lucha YSiesta Roma - l’appoggio di Lella Costa - Collettivo “Mai stare zitte” di Brindisi - Associazione culturale ’Teatro del Mare’ Taranto - UDI Monteverde Roma - alcune compagne del coordinamento di Palermo 21 luglio - Caterina Tassone lavoratrice del S. Paolo di Milano - Anna Lavoratrice dell’USI del S. Paolo Milano - FLFL di Bologna - lavoratrici USI Roma - Dott.ssa Antonella Lucia Faiella, Taranto - Centro Antiviolenza LaNereide, Siracusa - La Casa Di Venere, centro antiviolenza Marsala - Monica Di Bernardo, studentessa universitaria Roma - Alice (di Palermo) studentessa universitaria presso Macerata - Daniela Tranchina (Grignasco) - Federica Carbonin (Roma)

Inviteremo a venire stampa tv, i free lance della stampa scritta e web, e se possibile compagne impegnate in teatro, musica e nei mezzi di comunicazione.
Sono e saranno presidi di protesta in nome di tutte le donne stuprate offese, uccise, ma anche sfruttate e oppresse sempre e ovunque!
Questo è il messaggio che vogliamo dare a tutti.

Ci sembrano presidi importanti per tutte, per questo continuiamo a rivolgerci soprattutto alle donne e compagne romane, ma a tutte in ogni città, perchè ci siano e sostengano quelle compagne che con decisione sforzi e sacrifici vengono in delegazione e in rappresentanza, da Palermo, Taranto, altre città della puglia e del sud, Milano, Bologna, L’Aquila e altre città del centro-nord. Siamo donne proletarie e combattive che cercano di far sentire la voce della maggioranza delle donne.
Certo non abbiamo ora i numeri per fare cortei, speriamo che questo possa avvenire in autunno - ma per fare presidi itineranti i numeri ci sono e vorremmo essere il più possibile (vi mandiamo l’appello con le adesioni arrivate finora).

L’iniziativa, con i presidi e il resto, al di là dei numeri, non è un corteo normale ma una mobilitazione contro i centri responsabili dei femminicidi e violenza sulle donne - e andiamo a lottare dove vi sono i palazzi del potere", il più vicino possibile, e vi rimarremo. Al Ministero delle pari opportunità vogliamo anche denunciare le "false e controproducenti soluzioni" del governo (abbiamo chiesto tra l’altro un incontro con la Ministra Idem, soprattutto per dire cosa non vogliamo); al Ministero di Grazia e Giustizia vogliamo denunciare il modo come stanno facendo i processi (in cui le donne sono violentate o uccise per la seconda volta) e le vergognose sentenze, in primis quella per Marinella a Montalto di Castro; al Viminale, perchè non ci sta affatto bene che ci sia ora anche la Rauti ad "occuparsi di donne" e che si costruiscano le "larghe intese" sulla pelle delle donne!

Il 6 luglio facciamo una iniziativa contro il governo, anzi potremmo dire contro tutti governi e lo Stato e non siamo lì per migliorare governi e stato-

Infine, vogliamo andare anche alle ambasciate per portare nelle forme possibili solidarietà e protesta alle donne in lotta in Turchia e India contro stupri/assassini e repressione.

Crocetta in fuga al Gay Pride...

 ...davanti la rabbia di una lavoratrice Slai Cobas per il sindacato di classe - ecco il “modello Sicilia” da mettere in campo!

un resoconto giustamente concitato di quanto accaduto ieri sera dal quale viene fuori la vera natura di strafottente arroganza dell'attuale Presidente della Regione Sicilia, Crocetta, tutto intento a vincere elezioni su elezioni anticipando di fatto governi con tutti i partiti, le cosiddette larghe intese, in una Regione allo sfascio, stracolma di scandali politico/mafiosi, di personale politico arrestato e indagato che di fatto ruba i soldi dai fondi per i disoccupati e davanti alla crescente miseria e disperazione rischia di perdere 600 milioni di fondi europei perché non “riesce” a spenderli!
Come si vede l'ipocrisia del Presidente Crocetta sui  "diritti umani", titolo dell'evento che si è svolto in  questa settimana a Palermo, non ha limiti!
"...dentro l'edificio/esposizione della mostra contemporanea ai cantieri culturali della Zisa, alla manifestazione del Gay Pride, ero solo molto incazzata a vederli lì lui e il suo amico Orlando, in collegamento con la7, cercavo di avvicinarmi, tanto che le mie amiche mi chiedevano che stai facendo e appena hanno finito il collegamento con la7 e si sono allontanati c'è stato un momento di tregua con le guardie del corpo e sono riuscita ad avvicinarmi tanto che eravamo proprio vicinissimi a parlare e continuavo a chiedergli gridando, Crocetta ci hai presi in giro, ti ricordi, sono dello slai cobas, cosa ci hai detto l'8 marzo quando sei sceso a dirci che ti saresti preso carico della situazione degli assistenti agli alunni disabili? e ora che da 3 mesi ti chiediamo un incontro non sei mai disponibile e quindi? a quando questo incontro? a quando questo incontro? perché al più presto dobbiamo capire cosa volete fare con questi poveri disgraziati che già hanno perso il lavoro già dal 12 giugno e stanno morendo di fame? con molta ironia mi ha detto "stanno già morendo ora di fame e siamo appena alla fine di giugno..." con risatina sarcastica e "lasciami un recapito telefonico che ti facciamo sapere" e lui mi ricordava che lavora 20 ore al giorno e gli rispondo allora ricevi anche noi e non ci prendere più in giro, a quel punto si è ricordato del caso forse..... perché mi ha fatto un accenno sulla graduatoria e che ci deve pensare l' ASP ripeto che non centra niente l'asp e che noi sappiamo che sono loro Regione che stanno facendo qualcosa di cui vogliamo essere informati mi risponde "che ancora loro non sanno e come possiamo saperlo noi? a quel punto forse un po' scocciato che nel frattempo si era formato un capannello di persone cominciò a dirmi che tu sei violenta tu sei aggressiva al che rispondo tu sei bugiardo e grido che sono solo bugie quelle che dici e comincia ad andare via con le sue guardie del corpo che mi allontanavano e continuavo a gridare che è bugiardo, dietro di me mi accorgo che alcune persone che prima mi erano accanto avevano dei ragazzi disabili e qualcuno mi dice "allora le sue promesse sono come quelle di pulcinella?" rispondo che sono solo bugiardi e avete sentito anche voi quello che sanno dire siamo noi i violenti e aggressivi…??? …" Cettina
La vera violenza è quella della borghesia al potere per la quale i diritti di lavoratori e masse popolari non contano nulla!

Carmela, 13 anni: suicida dopo lo stupro

un articolo su Repubblica.it 
21 06 2013



"In tribunale per la dignità di tutte le donne"
La vicenda della ragazzina di Taranto che ha raccontato il suo dramma in un diario diventato graphic novel, e prova regina nel processo. Un presidio del movimento femminista per "ogni donna uccisa, stuprata, offesa: siamo tutte parte lesa". E una manifestazione il 6 luglio a Roma.
Faccia a faccia in tribunale: cinque uomini accusati di aver stuprato Carmela, una tredicenne diventata "il simbolo della violenza contro tutte le donne" che, sei anni fa, a seguito delle violenze si è buttata dal balcone; e le donne di Taranto che domani mattina presidieranno ancora una volta l'aula del tribunale perché "nessuno può indignarsi di fronte alle uccisioni e gli abusi sessuali e non fare niente".
 
Va in scena uno degli atti finali della triste vicenda della ragazzina, che ha raccontato il suo dramma in prima persona in un diario. Pagine che ora sono diventate un graphic novel e che potrebbero diventare la prova decisiva per incastrare i suoi aguzzini.
È rimasta senza vocali, ferma all'ultima pagina del suo diario, aprile del 2007, la vita di Carmela Cirella, 13 anni. Carmela si è suicidata il 15 aprile. Si è lanciata dalla finestra di casa di amici, a Taranto. Qualche mese prima, tre volte in quattro giorni, era stata stuprata da cinque persone diverse: due minorenni e tre maggiorenni. I due minorenni hanno ammesso il rapporto sessuale, all'epoca avevano quasi 17 anni, Carmela 12. "Nessuno stupro", hanno però giurato in aula. E alla fine il tribunale ha deciso che per loro la pena giusta fosse la "messa alla prova": in sostanza, hai sbagliato ma non sbagliare più.
I tre maggiorenni, invece, hanno ancora il processo in corso: la prossima udienza è domani, l'ultima il 12 luglio. Poi la sentenza. "Nessuno di questi ha fatto un solo giorno di carcere", ha più volte raccontato il patrigno, Alfonso Frassanito, in prima linea insieme alle "compagne del Mfpr", Movimento femminista proletario rivoluzionario, nel chiedere giustizia per la giovane.
Sono loro che domani, venerdì 21 giugno al tribunale di via Marche angolo corso Italia alle 9.30, chiamano a raccolta chiunque voglia partecipare al presidio "Con Carmela nel cuore!", dedicato a "ogni donna uccisa, stuprata, offesa: siamo tutte parte lesa", scrivono per promuovere l'iniziativa organizzata in coincidenza con la penultima udienza al processo. "Verranno sentiti gli stupratori - spiegano in una nota - e in particolare quello che in una udienza passata aveva fatto richiesta, poi respinta, affinché il processo non si tenesse più a Taranto, perché 'temeva per la sua incolumità' visti i presidi a ogni processo della nostra associazione. Domani - annunciano - presenteremo inoltre l'importante mobilitazione nazionale del 6 luglio a Roma sull'appello 'Non si può continuare a far finta di niente, non si può continuare a non fare niente'". Il padre di Carmela sarà lì, per presentare il libro/fumetto tratto dal diario di Carmela. "La sua vita e quello che le è successo non può essere dimenticato".
A fare prova ora c'è anche il diario e le pagine scritte a mano da Carmela, recuperate dal padre e depositate agli atti: sfoghi, ma anche circostanze, nomi e cognomi. "Ho cominciato un diario, l'ho chiamato la storia più brutta della mia vita", inizia così il tour nell'orrore di questa bambina. Tutto parte da un primo tentativo di violenza, nel 2006. Sarebbe stato un marinaio: un caso senza prove, ha detto la giustizia, che ha archiviato per due volte di seguito. Fu però quell'episodio a spingere i servizi sociali del Comune a occuparsi di Carmela, che in verità aveva già un fascicolo aperto perché la storia sua e della sua famiglia era di quelle complicate. "Ho paura del dubbio perché ho visto Boogeyman" scrive la bambina. L'uomo nero. I servizi sociali la mandando in comunità. Torna a casa nei weekend. "Continuo a piangere. Voglio morire. Non vedo l'ora di vedere i miei".
Carmela non sta bene. In comunità, ma non solo. E' da casa, quartiere popolarissimo di Taranto, che scappa nel novembre del 2006. Quattro giorni. Novantasei ore durante le quali Carmela viene stuprata tre volte. Prima un minorenne, che l'avrebbe poi consegnata a un 50enne che però oggi, a processo, nega tutto. Nega di averla violentata, come sostenuto invece dalla Procura. "Era nudo e diceva che voleva ballare", ricorda la bambina nei suoi appunti.
Carmela riesce a scappare e chiede aiuto a un suo amichetto: "Volevo restare abbracciata a lui". Invece con la forza la costringeva al letto. Scappa per strada e viene fermata da due ragazzi siciliani, di 26 e 27 anni. Sono di Acireale. Sono ambulanti. E vendono statue. È proprio sul loro camper, vicino a una Venere di gesso, che abusano contemporaneamente (abuserebbero: anche loro sono a processo, in attesa di giudizio) della ragazzina. Soltanto dopo l'ennesima violenza, Carmela torna a casa. In condizioni pietose. Al pronto soccorso capiscono tutto. Gli psicologi fanno il resto. Torna in comunità.
Il padre sostiene che lì le abbiano prescritto farmaci sbagliati, senza autorizzazioni. La madre invece preferisce il silenzio. Le basta la foto della figlia. "Ma pretendo giustizia". Ora la storia di questa bambina ha trovato anche una sua casa, fatta di disegni e colori pastello: Alessia Di Giovanni e Monica Barengo (edizioni BeccoGiallo) hanno illustrato e raccontato quel diario dell'orrore, come a volerlo esorcizzare. La loro graphic novel si chiama "Io sò Carmela", frase che la bambina scriveva ovunque. E parlando di uno di "quelli che mi hanno svuotato", scriveva: "Mi diceva sempre che ero bella. È bello quando ti dicono che sei bella. Ti senti di essere qualcosa. Invece non sei niente".

Giuliano Foschini e Alessia Ripani