04/06/13

Turchia: 3 assassinati, ma la rivolta continua con le donne in prima linea


La protesta pacifica per difendere 600 alberi destinati a essere abbattuti a Gezi Park, Istanbul, è diventata la rivolta di un intero paese, la Turchia, contro il premier islamico Recep Tayyip Erdogan.
In prima linea ci sono tantissime donne, giovanissime. Sono loro le vere protagoniste degli scontri di questi ultimi giorni, sono loro il motore della rivoluzione
dal blog di Sumandef, una sociologa che racconta come si è evoluta la protesta che da giorni avviene tra le strade di Istanbul.
 
“Per i miei amici che vivono al di fuori della Turchia:
Vi scrivo per farvi sapere che cosa è successo a Istanbul negli ultimi cinque giorni. Io personalmente devo scrivere questo perché la maggior parte delle fonti dei media vengono chiuse dal governo e il passaparola e internet sono gli unici modi lasciati a noi per chiedere aiuto e sostegno. Quattro giorni fa un gruppo di persone che non appartengono ad alcuna organizzazione o ideologia specifica si sono riuniti nel Gezi Park di Istanbul. Tra di loro vi erano molti dei miei amici e studenti. La loro ragione era semplice: protestare contro l’ imminente demolizione del parco a favore di una costruzione di un altro centro commerciale al centro della città. Ci sono numerosi centri commerciali a Istanbul, almeno uno in ogni quartiere! L’abbattimento degli alberi doveva cominciare giovedi mattina. La gente è andata al parco con le loro coperte, libri e i loro bambini. Hanno messo le loro tende e hanno trascorso la notte sotto gli alberi. La mattina presto,

quando le ruspe hanno iniziato a tirare i vecchi alberi dal terreno, si sono alzati contro di loro per interrompere l’operazione.Nessun giornale, nessun canale televisivo era lì per segnalare la protesta. E’ stato un completo black out.
La polizia però è arrivata con i veicoli idranti e spray al peperoncino. Hanno cacciato la folla fuori dal parco. In serata il numero dei manifestanti si è moltiplicato. Lo stesso hanno fatto le forze dell’ordine. Nel frattempo il governo locale di Istanbul ha chiuso tutte le vie che portano alla piazza Taksim, dove si trova il Gezi Park. La metropolitana è stata chiusa, i traghetti sono stati bloccati, le strade sono state bloccate. Eppure, sempre più persone si sono fatte strada fino al centro della città a piedi. Sono venuti da tutta Istanbul. Sono arrivati da tutte le province, differenti ideologie, religioni diverse. Sono tutti riuniti per impedire la demolizione di qualcosa di più grande del parco:

Il diritto di vivere come cittadini onorati di questo paese.

Si sono riuniti e hanno marciato. La polizia li ha inseguiti con spray al peperoncino e gas lacrimogeni e ha guidato i mezzi blindati contro le persone che in cambio hanno offerto cibo alla polizia stessa. Due giovani sono stati investiti dai blindati e sono stati uccisi. Un’altra giovane donna, una mia amica, è stato colpita alla testa da uno dei lacrimogeni. La polizia li sparava dritto in mezzo alla folla. Dopo un’operazione di tre ore è ancora in terapia intensiva e in condizioni molto critiche. Mentre scrivo non sappiamo se lei sta bene. Questo post è dedicato a lei.


Queste persone sono i miei amici. Sono i miei studenti, i miei parenti. Non hanno «un’agenda nascosta» come lo
Stato ama dire. La loro agenda è là fuori. Ed è molto chiara. Tutto il paese è venduto alle società da parte del governo, per la costruzione di centri commerciali, condomini di lusso, autostrade, dighe e impianti nucleari. Il governo sta cercando (e creando, se necessario) ogni scusa per attaccare la Siria contro la volontà del suo popolo.

In cima a tutto questo, il controllo del governo sulla vita personale del suo popolo è diventato insopportabile. Lo Stato, sotto la sua agenda conservatrice, ha passato molte leggi e regolamenti in materia di aborto, parto cesareo, la vendita e l’uso di alcol e anche il colore del rossetto indossato dalle hostess delle compagnie aeree.
Le persone che stanno marciando verso il centro di Istanbul chiedono il loro diritto di vivere liberamente e ricevere giustizia, la tutela e il rispetto da parte dello Stato. Chiedono di essere coinvolti nei processi decisionali riguardanti la città in cui vivono.
Ciò che hanno ricevuto, invece, è una forza eccessiva e enormi quantità di gas lacrimogeno sparato dritto in faccia. Tre persone hanno perso i loro occhi.
Eppure ancora marciano centinaia di migliaia per unirsi a loro. In migliaia hanno passato il ponte sul Bosforo a piedi per sostenere il popolo di Taksim.
Nessun giornale o canale televisivo era lì a segnalare gli eventi. Erano impegnati con trasmissione di notizie su Miss Turchia e “il gatto più strano del mondo” [tipo quelli di Repubblica.it ndt].
La polizia in tenuta antisommossa va a caccia di persone e con getti di spray al peperoncino così smisurati da aver fatto sì che i cani e gatti randagi fossero avvelenati e morti per questo.

Scuole, ospedali e anche alberghi a 5 stelle intorno a Piazza Taksim hanno aperto le loro porte ai feriti. I medici hanno riempito le aule e camere d’albergo per fornire il primo soccorso. Alcuni agenti di polizia hanno rifiutato di spruzzare persone innocenti con gas lacrimogeni e hanno lasciato il loro lavoro. Intorno alla piazza hanno messo “disturbatori” (non conosco il termine tecnico in italiano ndt) per impedire la connessione Internet e le reti 3G sono state bloccate. I residenti e le imprese della zona hanno offerto rete wireless gratuita per le persone in strada. I ristoranti invece hanno offerto cibo e acqua gratis.
La gente di Ankara e Smirne si è riunita per le strade per sostenere la resistenza a Istanbul.

***
 
Sto scrivendo questa lettera in modo da far sapere cosa sta succedendo a Istanbul. I mass media non vi diranno niente di tutto questo. Non nel mio paese almeno. Si prega di inviare il maggior numero articoli, come si vede su Internet e di diffondere la parola.

La scorsa notte, appena ho cominciato a pubblicare articoli che spiegano ciò che sta accadendo a Istanbul sulla mia pagina di Facebook, qualcuno mi ha chiesto:

«Cosa speri di ottenere lamentandoti del nostro paese verso gli stranieri?»


Questo blog è la mia risposta alla loro domanda.

Con questo «lamento» spero di ottenere:

La libertà di espressione e di parola.

Il rispetto dei diritti umani.

Controllo sulle decisioni che prendo riguardo al mio corpo

Il diritto di riunirsi legalmente in qualsiasi parte della città senza essere considerato un terrorista.

Ma più di tutto, diffondendo la parola a voi, miei amici che vivete in altre parti del mondo, spero di ottenere la vostra consapevolezza, sostegno e aiuto! 

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