14/06/13

Scioperiamo. Per fermare la Cultura della violenza

La necessità dello sciopero totale delle donne va avanti.
Di seguito l'appello lanciato da un gruppo di giornaliste

Scioperiamo. Per fermare la Cultura della violenza
Care Barbara, Adriana e Tiziana, siamo le compagne del movimento femminista proletario rivoluzionario. Vi scriviamo perchè abbiamo letto e apprezzato il vostro appello “Scioperiamo. Per fermare la Cultura della violenza” che condividiamo e sottoscriviamo.
Infatti, da tempo abbiamo lanciato la proposta della necessaria risposta da parte delle donne ai vari aspetti e forme di oppressione della maggioranza delle donne in questo paese. Pensiamo che questa risposta debba essere, appunto, uno sciopero totale delle donne.
Per l'8 marzo di quest'anno abbiamo pubblicato l'opuscolo S/catenate! in cui  abbiamo cercato di dare una base di analisi, teorica all'intreccio lotta di classe e di genere, partendo dalle esperienze concrete di lotta con le lavoratrici, precarie, disoccupate..., sulla necessità oggi di una risposta delle donne forte e dirompente ad una condizione di lavoro, ma anche di vita che peggiora di giorno in giorno e di cui l'aumento delle violenze sino ai femminicidi rappresenta la punta di un icesberg.
Inoltre, volevamo dirvi che il 6 luglio vi sarà una mobilitazione a Roma contro i femminicidi e gli stupri contro le donne, costruita sull'appello “Non si può continuare a far finta di niente, non si può continuare a non fare niente...” a cui naturalmente siete invitate a partecipare voi e quante raccolgono il vostro appello. Potrebbe essere un momento in cui parlare dell'appello e decidere la giornata dello sciopero delle donne.
Fateci sapere.
saluti di lotta

le compagne del movimento femminista proletario rivoluzionario

per contatti:mfpr.naz@gmail.com

Di seguito il documento della manifestazione del 6 luglio


Non si può continuare a far finta di niente, non si può continuare a non fare niente…

124 le donne uccise in Italia nel 2012, già 34 dall’inizio dell’anno, 6 in soli pochi giorni ai primi di maggio, un femminicidio continuo!
Molto spesso le vittime conoscono i loro carnefici, questi sono gli uomini che odiano le donne.
Per gelosia o per possesso, sempre  in disprezzo del nostro essere donna, chi ci uccide non tollera la nostra autodeterminazione, non ci considera degne di rispetto, libertà, autonomia, indipendenza.
Diritti che ci siamo conquistati con le lotte e che non piovono dall’alto dei governi.
Diritti che però non sono per sempre e vengono negati, prima di fatto, poi di diritto, con l’arretramento delle lotte. E allora sempre più donne stuprate, sfigurate con l’acido, molestate, oppresse, uccise, violentate e umiliate come donne, in quanto donne e sempre più sentenze ultra morbide verso stupratori e assassini di donne.

Nessun governo, tantomeno questo, può “difendere le donne con la sua task force” come afferma Alfano, il delfino di Berlusconi, calpestatore della dignità delle donne,  stupratore di minorenni e incitatore alla prostituzione.
Nessun appello al governo, come pure quello di “ferite a morte”, per la convocazione degli Stati generali contro la violenza sulle donne, può fare arretrare la guerra alle donne, senza la guerra delle donne.

Ci vuole una mobilitazione nazionale delle donne, una risposta doverosa, urgente e ineludibile. Una risposta autonoma del movimento delle donne, fuori e contro l'azione che il nuovo governo dice di voler fare.

Le donne non vogliono e non possono fidarsi e delegare al governo e allo Stato!
Uno Stato, che sempre più fa una giustizia pro-stupratori (vedi i recenti processi per gli stupri di “Marinella” a Montalto di Castro e di “Rosa” a L’Aquila, nonché la rimessa in libertà, dopo un anno, dell’assassino reo-confesso di Tiziana Olivieri, per scadenza dei termini di custodia cautelare,
ecc.) e ha forze dell'ordine strutturalmente impregnate di maschilismo, fascismo e sessismo, non può difendere le donne! Un governo che continuerà ad attaccare le condizioni di vita e di lavoro della maggioranza delle donne, non può difendere dai femminicidi e dagli stupri!
Siamo noi, parte offesa e ferita a morte da questa società, che dobbiamo riprenderci la vita, con rabbia e determinazione. Siamo noi donne, unite, che dobbiamo lottare per i nostri diritti e il nostro esistere, per difenderci dagli uomini che odiano le donne!

Chiediamo a tutte le donne, alle compagne, alle democratiche, alle associazioni contro la violenza sulle donne, di aderire a questo appello per cercare di invertire la rotta vertiginosa dei femminicidi, degli stupri e della loro impunità con una mobilitazione nazionale.

Proponiamo il 6 luglio a Roma, il sabato precedente l’11 luglio, quando le istituzioni (tribunale dei minori e servizi sociali) decideranno il “percorso riabilitativo” degli stupratori sociali del branco di Montalto di Castro, che hanno violentato il corpo di Marinella e ne hanno ucciso l’anima e
la speranza, simbolizzando così la “sicurezza” che questo Stato riserva alle donne.

Luigia e Concetta
Per contatti: sommosprol@gmail.com
10.5.13


Dall'introduzione su Lo SCIOPERO DELLE DONNE dell'opuscolo S/catenate!:
“Uno sciopero delle lavoratrici, ma che è più giusto chiamare “SCIOPERO DELLE DONNE”, perchè ha al centro le lavoratrici, ma chiama alla lotta tutte le donne. Uno SCIOPERO TOTALE, contro il lavoro sfruttato e oppressivo, contro il lavoro negato alle donne e contro il doppio lavoro, uno sciopero di tutte le donne contro l'insieme degli attacchi che padroni, governo, Stato, Chiesa portano avanti, uno SCIOPERO che intreccia e trova le sue ragioni nella condizione di CLASSE E DI GENERE.

Per le donne ogni attacco alle condizioni di lavoro e di vita significa più oppressione, più subordinazione, più attacchi ideologici, più legittimazione di un clima generale da moderno medioevo – vera fonte delle violenze sessuali; ogni attacco aumenta la condizione di oppressione familiare, in una famiglia che diventa sempre più sia il più grande “ammortizzatore sociale” per il sistema capitalista sopratutto nella fase di crisi, ma anche strumento di controllo, normatività. Ogni peggioramento della condizione delle donne, quindi, non è solo materiale ma anche ideologico, mira a riaffermare costantemente la posizione di “debolezza” e subalternità delle donne in questa società capitalista.
Per questo uno sciopero fatto dalle donne vuol dire non solo porre il problema delle condizioni di lavoro, delle discriminazioni sul e per il lavoro, delle disparità economiche, del peso e peggioramento dei servizi sociali, del lavoro domestico, di assistenza, del lavoro riproduttivo gratuito scaricato sulle donne, ma vuol dire scoperchiare l'insieme della condizione di vita, l'intreccio nei luoghi di lavoro, tra lavoro sfruttato/lavoro nero e discriminazioni, oppressione, fino a molestie sessuali fino a violenze sessuali nei luoghi di lavoro, in particolare al sud (pensiamo alle braccianti), l'intreccio tra lavoro in casa e subordinazione in famiglia/maschilismo/violenze sessuali e uccisioni delle donne, ecc. Uno sciopero che parla non solo delle condizioni di lavoro, non solo della violenza contro le donne ma che pone il legame tra le due cose.

Uno sciopero anche nel lavoro “invisibile”. Immaginate che le donne decidessero di non eseguire lavori domestici, di cura di bambini e anziani, di disabili e malati. Immaginate che le donne si astenessero da quelle attività non retribuite che svolgono quotidianamente. Ore di lavoro invisibile, che non entra nel Prodotto Interno Lordo, e quindi non è monetizzato né riconosciuto. Immaginate anche solo “un giorno senza le donne”.....
Uno “sciopero delle donne”, quindi, non solo economico/sindacale, ma che, sia pur partendo dalle ragioni concrete di attacco e ponendo delle concrete rivendicazioni, è espressione e si carica della condizione generale delle donne.
Senza questo tipo di sciopero delle donne, le donne sono invisibili in quanto classe e genere, e non possono imporre il loro punto di vista.

Uno SCIOPERO DELLE DONNE è una novità controcorrente, una rottura inaspettata....”

da Globalist del 14 06 2013

Scioperiamo. Per fermare la Cultura della violenza
Fabiana, bruciata dal fidanzato, è lo scempio della stessa Cultura che si nutre degli insulti alla ministra Kyenge. Firma e diffondi questo appello. Di [B.Romagnoli, A.Terzo, T.Dal Pra]

Alla presidente della Camera, Laura Boldrini
Alla ministra delle Pari Opportunità, Josefa Idem
Alla segretaria della Confederazione Generale del Lavoro, Susanna Camusso
A tutte le donne delle istituzioni, delle arti e dei mestieri
A tutte noi
Pensavamo che l'uccisione di Fabiana, bruciata viva dal fidanzato sedicenne, esprimesse un punto di non ritorno. Invece no. L'insulto che è stato rivolto alla ministra Cècile Kyenge - da un'altra donna - dice molto più di quanto non vogliamo ammettere. E di fronte ad una violenza verbale simile, non ci sono scuse o giustificazioni che tengano. Noi non siamo mai state silenziose, abbiamo sempre denunciato questi fatti, le violenze fisiche e quelle verbali. Ma non basta.
Non basta più il lavoro dei centri antiviolenza, fondamentale e prezioso. E non bastano le promesse di leggi che neanche arrivano. La ratifica della convenzione di Istanbul? Un passo importante, ma bisogna aspettare e aspettare. E noi non vogliamo più limitarci a lanciare appelli che raccolgono migliaia di firme ma restano solo sulla carta; a proclamarci indignate per una violenza che non accenna a smettere; a fare tavole rotonde, dibattiti politici, incontri. Adesso chiediamo di più.
Chiediamo di poter vivere in una società che vuole realmente cambiare la Cultura che alimenta questa mentalità maschilista, patriarcale, trasversale, acclarata e spesso occulta, che noi riteniamo totalmente responsabile della mancanza di rispetto per le donne, e che non fa nulla per fermare questo inutile e doloroso femminicidio italiano.
Chiediamo che la parola femminicidio non venga più sottovalutata, svilita, criticata. Perché racconta di un fenomeno che ancora in troppi negano, o che sia qualcosa che non li riguarda. O addirittura che molte delle donne uccise o violate, in fondo in fondo, qualche sbaglio lo avevano fatto. Quanta disumanità nel non voler vedere il nostro immenso lavoro, quello pagato e quello non pagato, il lavoro di cura e riproduttivo, il genio, la creatività, il ruolo multiforme delle donne.
Chiediamo di fermarci. A tutte: madri, sorelle, figlie, nonne, zie, compagne, amanti, mogli, operaie, commesse, maestre, infermiere, badanti, dirigenti, fornaie, dottoresse, farmaciste, studentesse, professoresse, ministre, contadine, sindacaliste, impiegate, scrittrici, attrici, giornaliste, registe, precarie, artiste, atlete, disoccupate, politiche, funzionarie, fisioterapiste, babysitter, veline, parlamentari, prostitute, autiste, cameriere, avvocate, segretarie.
Fermiamoci per 24 ore da tutto quello che normalmente facciamo. Proclamiamo uno sciopero generale delle donne che blocchi questo maledetto paese. Perché sia chiaro che senza di noi, noi donne, non si va da nessuna parte. Senza il rispetto per la nostra autodeterminazione e il nostro corpo non c'è società che tenga. Perché la rabbia e il dolore, lo sconforto e l'indignazione, la denuncia e la consapevolezza, hanno bisogno di un gesto forte.
Scioperiamo per noi e per tutte le donne che ogni giorno rischiano la loro vita. Per le donne che verranno, per gli uomini che staranno loro accanto.
Unisciti a noi, firma e diffondi questo appello. Insieme, poi, decideremo una data.

scioperodonne2013@gmail.com
Barbara Romagnoli (giornalista freelance)
Adriana Terzo (giornalista freelance)
Tiziana Dal Pra (presidente del centro interculturale Trama di Terre)

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