31/01/23

Da Mirafiori: la voce e la forte denuncia delle operaie. Il Mfpr e le lavoratrici Slai cobas sc preparano a Mirafiori una iniziativa nella settimana dell'8 marzo


Il 24 gennaio siamo intervenute a Mirafiori con lo Slai cobas per il sindacato di classe. 
Abbiamo parlato con tante operaie.
Le operaie raccontano di una situazione in fabbrica molto seria, ma sono d’accordo che senza la lotta delle operaie e operai non ci possono essere risultati, ma che c’è paura, individualismo, si pensa che ‘non c’è più niente da fare’; “Il problema di fondo, sai, è la paura, non si fa più lo sciopero. Se qua dentro facciamo gli scioperi, ne paghi le conseguenze. Vieni messa a fare i lavori peggiori, a parte che di belli qua dentro non c’è né, però bisogna ribellarsi tutti quanti assieme... fuori da qua abbiamo una vita, una casa”.

Altre operaie confermano: “Si’ sempre di più, lavoro da 30 anni, arrivo da Grugliasco che hanno chiuso, mi sono rovinata la schiena in linea, non tengono in considerazione le problematiche, ma a fine mese devi pagare l’affitto...”; “dopo 30 anni di lavoro non hai nemmeno la sanità che ti cura. Se non hai i soldi fai in tempo a morire...”; “non mandano noi in pensione e dentro i giovani, ho 30 anni di lavoro ma non ho mai lavorato come adesso, sulla linea di montaggio”, “...non è che siamo poi così giovani da poter stare sulle linee di montaggio; io guido il carrello, scarico camion dalla mattina alla sera, a 56 anni penso di aver già dato”; “Troppo lavoro, troppo carichi di lavoro, prima 10 pezzi, ora 15. Ma ci sono tanti operai a casa! Se dividessero il lavoro sarebbe meglio, tutto il carico a noi, moriremo prima”; “Ritmi più alti si’, ma anche carichi mirati per obbligarti ad accettare le dimissioni”; “io lavoro tre giorni la settimana, ma non ce la faccio più. Io vedo che altri in altre fabbriche stanno peggio di noi, ritmi di lavoro, alla Amazon, Pirkinton... Arrivati ad una certa età bisogna rallentare. Dobbiamo uscire da qui. “Sinistra” e destra ci hanno ridotto in questo stato...”.

A loro diciamo: Dobbiamo mettere tutte le nostre energie per costruire un’alternativa, non siamo qui a dire agli operai fate, ma a lavorare assieme per costruire la via d’uscita.

Parliamo di preparare un’assemblea per unire le operaie che non ci stanno a questa vita, ma la dobbiamo costruire assieme. Le operaie non c’è la fanno più per come si lavora in fabbrica, ma lamentarsi o protestare una per una non va, lavoriamo assieme per una assemblea delle operaie nella settimana dell’8 marzo.

Altre operaie rafforzano la denuncia delle condizioni in fabbrica e di come si viene trattate: “É uno schifo, ho la bambina di 7 anni non mi danno neanche i giorni, mi fanno le proposte: se mi vieni un sabato o due io ti vengo incontro. Loro vogliono che io vada per 18 sabati obbligatori, fino a settembre… Incontro? Io ho la bambina di 7 anni e devo lavorare, io un giorno vengo qua e la bambina la lascio al gabbiotto e entro a lavorare! E’ giusto?”

Rispondiamo: “Come ti trattano no, fai bene a ribellarti, ma è giusto che la protesta tu la faccia da sola? E le altre operaie? Perché non lo fate assieme, e la tua bambina diventa la nostra lotta? Ci sono le possibilità se le cerchiamo... dobbiamo ribaltare questa situazione, perché anche ad ubbidire non ti salvi lo stesso, ritmi e carichi mirati, è una fabbrica che ti schiaccia”. Lei riflette sulla dimensione collettiva della protesta “Si è vero, si può fare, e per l’assemblea parlo con le colleghe in reparto”.

Altre voci sulla lotta: “Io sono arrivata da Rivalta, ho fatto uno sciopero, erano li tutti che piangevano, sono uscita da sola... si andava fuori a fare i cortei ma non è cambiato nulla”; “Nessuno è più disposto a fare sciopero, o se ne fai uno poi non vanno più avanti, le bollette sono aumentate, le persone qui dentro non sono disposte a perdere dei soldi. Io ne ho viste di lotte ma non è cambiato nulla. Grugliasco, Rivalta, Maserati… hanno chiuso”; “ma le pensioni, sanità le hanno portate gli operai con la lotta…”.

In generale le operaie, più degli operai, avevano voglia di parlare, e alcune sono stati nettamente critici verso i sindacati confederali, i delegati “che se ne stanno la’ seduti a non fare niente” rispetto a quello che succede in fabbrica; “noi abbiamo già detto ai sindacati dentro i nostri problemi, ma più di tanto non possono fare.

Ma non basta fare solo l’elenco delle disgrazie, prima quando gli operai avevano nelle loro mani la lotta, il movimento operaio riempiva questi viali, dobbiamo riprovarci. La forza degli operai è quando si organizzano per i propri interessi. Per questo dobbiamo costruire una assemblea autonoma per unire, organizzare, dare prospettiva alle operaie e operai che nelle fabbriche vogliono opporsi. Per questo abbiamo portato nei cartelli e nel volantino l'indicazione della nuova Assemblea proletaria anticapitalista che si terra' a Roma il 18 febbraio, in cui organizzeremo per Mirafiori l'iniziativa nella settimana dell'8 marzo.

29/01/23

"Alfredo Cospito fuori dal 41bis!". Il MFPR si sta mobilitando in tutte le iniziative in solidarieta' con Alfredo Cospito e chiama le donne, le lavoratrici, le compagne ad essere dovunque in prima fila


Su soccorsorossoproletario.blogspot.com - le iniziative in corso

Intervento di una compagna di proletari comunisti

Per i detenuti politici rivoluzionari il 41bis viene applicato con una funzione di vendetta verso coloro che non si pentono, che rivendicano la loro militanza rivoluzionaria (come appunto Alfredo Cospito), e con una funzione deterrente anche verso l'esterno.

Lo Stato borghese, i governi vogliono imporre dentro e fuori la loro "pace sociale" ancora di più oggi nella fase di crisi, partecipazione alla guerra inter imperialista, e ancora di più oggi da parte di un governo Meloni moderno fascista che punta a stravolgere anche i diritti costituzionali, che fa stare nel proprio seno (parlamento, Camera, Senato, governo) personaggi dichiaratamente fascisti, in aperto contrasto con le stesse leggi antifasciste, antirazziste; e che ora con le nuove prossime norme del Min. della giustizia vuole continuare a coprire i politici corrotti, i fascisti, la criminalita' "legale". 

La stessa cattura di Messina Denaro viene usata per rafforzare e dare nuova legittimazione al regime del 41bis e dell'ergastolo ostativo, mettendo sempre sullo stesso piano (vedi le dichiarazioni di Nordio sulle intercettazioni), mafia e terrorismo, intendendo chiaramente per "terrorismo" le organizzazioni, le lotte dei rivoluzionari, dei comunisti, per rovesciare con tutte le armi necessarie questo sistema capitalista, il suo Stato, ai suoi governi.

La repressione che questo Stato sta portando da tempo avanti ed avanza sempre di più per colpire le lotte e le loro avanguardie che fuoriescano dai limiti imposti dalla legislazione borghese, trova la sua punta di iceberg verso i prigionieri politici; cioè verso chi, in varie maniere, con cui si può essere d'accordo o meno (noi non siamo d'accordo con gli anarchici con la loro visione strategica, la loro politica e spesso anche la loro pratica), pone di fatto la verita', necessita' della lotta armata contro uno Stato che attacca i diritti della maggioranza delle masse, dei proletari, da quelli più elementari e quotidiani, il diritto al lavoro, al salario, alla sanita', alla scuola, a quelli più generali, uno Stato che oggi ci trascina nella guerra. 

Ma da un lato questo Stato con la repressione si mostra forte, dall'altro, proprio per questo, mostra di avere paura anche del solo fatto che si alluda ad un cambiamento radicale di questa società.

In questo contesto va visto l'accanimento dello Stato contro Alfredo Cospito. Che, non dimentichiamo, ha gia' scontato la condanna per aver ferito a Genova il dirigente dell’Ansaldo Roberto Adinolfi, e ora viene accusato di aver posto dei pacchi bomba davanti alla scuola allievi dei carabinieri di Fossano che non hanno causato né morti né feriti. Ma questo viene considerato strage politica contro lo Stato e per questo lo si vuole segregare a vita. La sua colpa è aggravata dal fatto che continua a lottare con lo sciopero della fame e in questo senso è un'indicazione vivente a non piegarsi. 

Il regime del 41bis, giustamente l'abbiamo definito "tortura bianca", è un isolamento a 360 gradi, non solo con l'esterno con i propri familiari, ma anche all'interno del carcere con gli altri detenuti. E' vietato ricevere posta, libri, è vietato anche salutarsi tra detenuti, c'è di fatto il divieto di comunicazione, di parola. 

Questo è uccidere una persona. E giustamente Cospito in una sua lettera ha scritto: "La vita non ha senso in questa tomba per vivi".

Ma ancora una volta lo Stato, la giustizia borghese oltre che reazionaria, repressiva, è anche "stupida": ha voluto mettere a tacere un anarchico e ha sollevato una pietra che gli sta comunque ricadendo sui piedi, la vicenda di Alfredo, con il suo indomito sciopero della fame, è diventata di dominio pubblico, ha suscitato vasta solidarieta' anche da realta' molto diverse, tante e continue iniziative, manifestazioni. 

Oggi questa mobilitazione va continuata, sviluppata ancora di più, estesa, utilizzando vari mezzi e forme, investendo da ogni realta' di lotta ai democratici sinceri, e portandola sempre di più tra le masse popolari, i lavoratori spiegando perchè questa repressione riguarda tutti coloro che si ribellano, che lottano contro lo stato esistente, e che la repressione dello Stato borghese ai rivoluzionari è parte centrale della guerra di classe tra proletari, masse popolari e padroni, Stato, governi al servizio di questo sistema di sfruttamento, di mancanza di lavoro, di guerra, di miseria, di attacco ai diritti civili e alla stessa democrazia.

Tutte le solidarieta' sono importanti, ma noi in questa battaglia vogliamo soprattutto la solidarieta' che rispetti quello che ha scritto lo stesso Alfredo Cospito"fino alla fine contro il 41bis e l'ergastolo ostativo": "mi opporró con tutte le forze all'alimentazione forzata. Saranno costretti a legarmi nel letto... Alla loro spietatezza ed accanimento opporró la mia forza, tenacia e la volontá di un anarchico e rivoluzionario cosciente...". 

La nostra parola d'ordine è, quindi, "Fuori Alfredo Cospito dal 41 bis, no all'ergastolo ostativo; salvare la vita e la sua identità politica".

Questo è oggi ciò che va conseguito in tutti i modi possibili. 
Dobbiamo vincerla questa battaglia di Alfredo, con Alfredo. 
Se vinciamo avremo fatto un passo in avanti per la lotta contro questo Stato borghese assassino.

28/01/23

Da Torino a Taranto le lavoratrici lottano. Necessaria una battaglia comune contro la precarieta' che colpisce soprattutto le donne

TORINO: Verso il licenziamento donne che hanno un’età che va dai 25 ai 50 anni. Posti della cooperativa a rischio: sciopero e presidio alla Iveco
«Iveco deve internalizzarci». 

A dirlo sono i lavoratori della Cooperativa Meridiana che, nell’appalto con Khuene+Nagel lavorano per il comparto logistico di Iveco Group. In una ventina, ieri mattina, si sono presentati di fronte ai cancelli del polo di strada San Mauro aperto a dicembre 2021 e dove «da Lungo Stura Lazio 19 ci dovremo spostare anche noi». Sul tavolo però ci sono 15 esuberi che inizialmente sarebbero dovuti essere 40 e che si sono protratti e ridotti «anche grazie alle proteste delle lavoratrici e dei lavoratori», spiegano dal sindacato Si Cobas che ha organizzato il presidio... «Tutte donne che hanno un’età che va dai 25 ai 50 anni – spiega Mariana Iuliana Nanci, delegata Si Cobas della Meridiana -. Riteniamo che questo sia discriminatorio, anche perché ci è stato comunicato che il carico dei materiali sarà superiore agli 8 chilogrammi. È vero che nel corso degli ultimi tempi il volume di lavoro è cambiato e si è ridotto, ma il lavoro c’è sempre stato. Per questo chiediamo a Iveco di farsi carico dell’assunzione delle 15 lavoratrici che, secondo quanto apprendiamo, rischiano di restare a casa dai primi giorni di febbraio».

A TARANTO: le lavoratrici di pulizie/ausiliariato degli asili comunali verso lo sciopero: "Noi non ce la facciamo più: il carico di lavoro aumenta e le ore e i salari sono pochi".

L'incontro con il Comune assessorato Pubblica Istruzione del 23 gennaio fatto con Slai cobas e Usb non è andato bene.

In particolare su aumento subito dell'orario di lavoro quotidiano e del salario, non c'è nessun passo in avanti.

L'assessorato ci ha confermato di aver proposto tale aumento di ore, ma bene che vada può avvenire solo nel nuovo appalto, quindi tra circa due anni, a fronte di una condizione lavorativa OGGI pesantissima, di pretesa di tante mansioni da parte anche delle dirigenti scolastiche e della Ditta, che richiede subito un incremento di ore.
Cosi' sulla situazione di tutela delle condizioni di salute e sicurezza, in risposta alle forti e dettagliate segnalazioni fatte nell'incontro in particolare dalle RLS Slai cobas, su come si lavora male e a rischio e sulle inadempienze storiche della Ditta su attrezzature, materiali idonei, corsi di formazione/aggiornamento, ecc, la risposta di fatto è stata: vedetevela con la Ditta...; quando loro, Comune, su questo devono controllare e non lo hanno mai fatto, nonostante la ditta violi anche il capitolato d'appalto.

Non abbiamo altra strada per far pesare il nostro lavoro e le nostri bisogni che lo sciopero (che mostrera' quanto pesa il nostro lavoro se viene a mancare).
Questo sciopero è sia verso l'Amministrazione comunale sia verso la Servizi Integrati che anche recentemente sul fronte di avviare una contrattazione aziendale (prevista dalla normativa sindacale) per un aumento della retribuzione (che sta da anni sempre ferma, a fronte oggi anche di carovita, aumento di tutto) continua a dire NO e NO.

Lo sciopero avra' quattro punti fondamentali:


aumento subito (e non nel prossimo appalto) dell'orario quotidiano di lavoro, per arrivare almeno a 5 ore al giorno, fine di ogni sospensione estiva
aumento del salario
salute e sicurezza
Internalizzazione
a fine appalto in corso.

Su quest'ultimo punto registriamo una recente novita' positiva. Dopo tutte le nostre istanze, pressioni, incontri di questi anni, finalmente l'ipotesi di internalizzazione è stata votata in Consiglio comunale, come atto di indirizzo politico, che poi Giunta e direzione del Comune dovrebbero concretizzare quando scade l'appalto in corso. Noi seguiremo questo iter perchè non resti solo una mozione/foglio di carta. Ma, è chiaro, che anche questo passo avanti è frutto solo della nostra battaglia. I sindacati confederali sono stati sempre contrari all'internalizzazione.

27/01/23

Il lavoro di Formazione marxista al servizio della trasformazione del movimento reale. SI COMINCIA IL 6 FEBBRAIO

LA "LEZIONE" SARA' FATTA IN PRESENZA NELLA SEDE DI TARANTO E IN COLLEGAMENTO ON LINE CON LE ALTRE REALTA' DELL'ASSEMBLEA PROLETARIA ANTICAPITALISTA E CHIUNQUE VOGLIA PARTECIPARE.

Il lavoro teorico di base della Formazione marxista è un carattere costitutivo dell'Assemblea proletaria anticapitalista, perché l'unità e il collegamento tra le lotte è uno degli obiettivi ma esse vanno messe in relazione con tutti i fronti di lotta, da quello delle donne a quello degli intellettuali, ecc., perchè scopo dell'assemblea proletaria capitalista e di trasformare ogni lotta in un qualcosa di generale e quindi di metterla in relazione con il rapporto fra capitale e il lavoro. 

Su questo noi siamo educati storicamente dal movimento rivoluzionario del nostro paese degli anni 70, mentre siamo diseducati nella realtà attuale in cui affermare questa semplice verita' sembra essere fuori dalla situazione concreta. Ma la trasformazione del movimento reale è il vero scopo del nostro lavoro. 

Noi facciamo appello anche ad altri intellettuale marxisti a mettersi in relazione con questo processo; affinchè 10 100 intellettuali marxisti si mettano a disposizione della formazione.

22/01/23

La proposta di legge FdI di riconoscimento giuridico del feto rientra nella campagna ideologica/politica fascio-sessista del governo Meloni di attacco alle donne - Noi donne proletarie/lavoratrici dobbiamo essere in prima fila nella lotta contro questo nero governo

Già all' insediamento dell'attuale governo avevamo detto che non dovevamo certo aspettare la Meloni, eletta Presidente del Consiglio, per sapere che tra i bersagli da colpire per il primo governo a guida di una donna al servizio dei padroni, delle classi dominanti e del sistema capitalista e imperialista ci sarebbe stata la maggioranza delle donne e i loro diritti, a cominciare dal diritto di aborto.

La Meloni fin dalla becera campagna elettorale ha "rassicurato" che la Legge 194 non avrebbe subito modifiche, ma da allora ad oggi i fatti reali sono altri, la maggioranza di questo governo ha infatti già presentato almeno tre proposte di legge contro l'aborto, da quella a firma Gasparri di FI, si è passati alla proposta di legge del senatore della Lega Romeo fino alla recentissima presentata da FdI con il senatore Menia che, come quella di Gasparri, pone nuovamente all'ordine del giorno la modifica dell'articolo 1 del codice civile con il riconoscimento della capacità giuridica al feto, da considerare una persona, diritti e doveri si acquisirebbero non più dalla nascita ma già a partire dal concepimento.
Per il fascio-oscurantista Menia la necessità e l'urgenza di presentare questa proposta di legge è stata dettata dal fatto che "esiste il diritto del più debole, non esiste un diritto a sancire la morte... c'è un principio da difendere che è il diritto alla vita... la legge 194 ha una prima parte disapplicata che tenta di salvare la vita del nascituro...";  mentre la vita delle persone/donne non deve contare nulla!

Se la ministra Roccella per la famiglia, la natalità e le pari opportunità ha preso per ora le distanze dall'iniziativa del Menia: "la sua è un'iniziativa personale e non avrà seguito...", la sostanza ideologico/politica di questo nero governo che mira a rendere, nella tendenza della borghesia dominante verso il moderno fascismo, la marcia da moderno medioevo contro le donne una normalità con tutte le conseguenze contro la loro vita, NON CAMBIA AFFATTO! A parte che la stessa Roccella sul ddl Menia ha poi ipocritamente affermato "questo ddl non avrà seguito, ma c'è la libertà di presentarlo..."
"Libertà di presentare" queste proposte di legge oscene è di fatto la sostanza/concezione, in primis ideologica, fascista, sessista contro le donne e il loro diritto alla libertà di scelta, vera e propria ossessione della borghesia dominante nel suo insieme ma oggi rappresentata dalla sua ala più reazionaria: la borghesia odia il diritto di aborto perchè pone come centrale l'autodeterminazione delle donne, il fatto che una donna può e deve decidere liberamente in tema di maternità e più in generale della sua vita, perchè la maggioranza delle donne deve invece avere in questa società capitalista un ruolo sociale produttivo/riproduttivo determinato, funzionale a conservarla, perpetuarla...

Porre nuovamente all'ordine del giorno questa odiosa modifica dell'art.1 del codice civile significa andare di nuovo al cuore dell'attacco contro la vita delle donne, ponendo un altro pericoloso tassello a cui si lega invece l'incitamento di questo nero governo alle donne,  e in primis alle proletarie, a fare figli, figli da far nascere, da crescere e curare per essere messi al servizio dell’economia del padroni, del Capitale, e oggi sempre più per la guerra imperialista, alimentando peraltro l'humus/clima maschilista che a livello di massa si trasforma inevitabilmente anche in violenza contro tante donne, la cui libertà di scelta, di decidere è messa sotto attacco, fino agli odiosi femminicidi.

In una fase di peggioramento costante della condizione di vita, dai posti di lavoro/non lavoro all'ambito familiare, sociale... noi donne considerate solo "macchine buone per la riproduzione" dobbiamo essere in prima fila nella lotta contro il governo Meloni.


Riprendere la mobilitazione contro questo nero governo è più che necessario ma è importante la presenza, la voce e la lotta organizzata delle proletarie, delle operaie, delle lavoratrici, delle donne più sfruttate e oppresse, quelle più attaccate che devono scendere in campo per elevare la lotta contro il moderno medioevo fascio-sessista. 

Riprendiamo la lotta contro la guerra Ucraina inter imperialista e il governo Meloni guerrafondaio. Lo sciopero delle donne dell'8 marzo deve avere anche questo obiettivo

L'Ucraina è diventata solo un mercato osceno, sporco di armi; armi sempre più potenti, più distruttive. Zelensky è il mercante, in costante divisa militare (perchè nessuno si dimentichi...), pressante, ricattatorio, che usa le morti per chiedere più armi di morte; mentre Putin, lo zar russo, risponde con la minaccia di una estensione della guerra di invasione. I "fornitori" di armi sono iperattivi, in primo piano gli Usa, ma poi Gran Bretagna, Francia, e l'Italia solerte che non vuole e non può essere da meno, Mattarella parla ancora ipocritamente di "negoziati di pace" ma poi firma gli aumenti delle armi e nel Mediterraneo il governo Meloni chiede più Nato, attrezzandosi come se la terza guerra mondiale fosse alle porte.
In questa guerra inter imperialista "per procura", come abbiamo gia' detto, i morti, le distruzioni sono nostri, i profitti sono loro.
Mentre decine e decine, anche centinaia di persone ucraine, soprattutto donne e tanti bambini muoiono sotto le bombe, per il freddo; mentre migliaia, oramai centinaia di migliaia, di giovani russi, ucraini vengono mandati al macello per questa sporca guerra, i produttori di armi gonfiano i loro portafogli e i capitalisti si sfregano le mani pensando ai profitti della ricostruzione, e, come giorni fa il nostro presidente della Confindustria Bonomi, vanno sui territori distrutti, calpestando i cadaveri per quantificare sul campo i guadagni futuri della ricostruzione.
LE DONNE E I BAMBINI MUOIONO E SOFFRONO TREMENDAMENTE. MA E' TEMPO CHE LE DONNE IN PRIMIS SI RIBELLINO AD ESSERE CALPESTATE, FERITE, UCCISE, LORO E I LORO FIGLI, PER QUESTA GUERRA CHE E' TRA IMPERIALISTI PER UNA NUOVA SPARTIZIONE DI FONTI ENERGETICHE, MATERIE PRIME, DEL MONDO! 
ANCHE IN ITALIA DOBBIAMO RIPRENDERE CON FORZA LA LOTTA CONTRO QUESTA GUERRA, CONTRO IL NOSTRO IMPERIALISMO, IL GOVERNO MELONI CHE LA ALIMENTA. 
Questa deve essere quest'anno una delle ragioni dello sciopero delle donne nell'8 marzo.

Riportiamo per questo un intervento fatto nell'Assemblea Donne Lavoratrici del 9 giugno scorso dal Mfpr
(tutti gli interventi dell'assemblea sono stati raccolti nel dossier "Donne contro la guerra imperialista", che si può richiedere a mfpr.naz@gmail.com)

"Abbiamo visto subito, appena è scoppiata questa guerra con l’invasione da parte della Russia dell’Ucraina, che immediatamente si è posto il problema delle donne, in maniera volutamente strumentale. La questione delle donne che a seguito dei bombardamenti erano costrette a fuggire con i loro figli, è stata subito molto amplificata. Quindi era, ed è tuttora necessario, contrastare anche questa propaganda della guerra che i giornali, la televisione stavano facendo usando il dolore, il dramma delle donne. 
Era necessario far sentire invece l’effettiva voce delle donne, dicendo subito che questa era una guerra che non ci apparteneva, che è una guerra in cui non possiamo e non vogliamo essere chiamate a schierarci con l’una o con l’altra delle parti in causa. 
Mentre abbiamo subito denunciato che le donne non possono essere usate al servizio della propaganda di guerra, nello stesso tempo abbiamo voluto contrastare una visione, che serve sempre la propaganda di guerra, per cui le donne sono solo vittime degli orrori della guerra e possono solo fuggire. Su questo non ci stiamo e non ci dobbiamo essere! Il discorso “non in nostro nome!” vale a maggior ragione proprio di fronte a una guerra che alla popolazione Ucraina, alle donne ucraine provoca morti, distruzioni, immani sacrifici, mentre produce profitti per chi la fa, da un lato la Russia con l’invasione, dall’altro gli Stati Uniti, la Nato, che hanno acceso la scintilla e  i nostri governi europei che dando le armi alimentano questa guerra. 
Questa visione strumentale per cui le donne sono solo vittime non doveva passare, non deve passare. Soprattutto perché purtroppo, come abbiamo detto e si è visto dal primo momento, questa non è una guerra che si conclude in pochi mesi, i rappresentanti della Nato, dei governi stessi, dicono che durerà “almeno fino a fine anno”, però, da come stanno andando le cose, continuerà anche oltre. 
Noi vogliamo, anche con questa assemblea, riprendere con forza qual’è il nostro interesse come donne, e soprattutto che cosa è giusto fare, perché noi non vogliamo essere succubi, vogliamo essere parte attiva contro la guerra. 
La prima questione che abbiamo detto è che questa è una guerra loro. E’ una guerra inter imperialista, che può dare avvio ad una guerra mondiale: in cui da un lato c’è la Russia, che è a tutti gli effetti un paese imperialista, purtroppo nei decenni passati, da più di 60 anni, è totalmente cambiata la situazione, la Russia da paese socialista, con la restaurazione capitalista è stato trasformato in potenza imperialista, e Putin rappresenta una sorta di nuovo zarismo imperialista; quindi l’invasione da parte della Russia è un invasione da parte di un paese che vuole difendere il proprio potere/controllo a livello internazionale.
Dall’altra parte chi in un certo senso ha dato la scintilla a questa guerra e chi la sta alimentando, sono gli altri paesi imperialisti, in primis gli Stati Uniti con la Nato che ha usato anche la richiesta dell’Ucraina di entrare nella Nato per avvicinarsi in maniera di sfida ai confini della Russia. In questo è chiaro che la guerra non può finire, perché non c’è solo l’Ucraina, ci sono gli altri paesi confinanti che la Nato e gli Usa vogliono che entrino nel loro raggio d’azione.
La guerra è continuamente alimentata dalla GB e dai paesi imperialisti europei con l’invio delle armi, in cui, ma non è una meraviglia per noi, il governo Italiano, il governo Draghi è in prima fila. 
E’ importante vedere le ricadute sulla nostra vita quotidiana di questo aumento delle spese militari. Io sto a Taranto, e Taranto si può dire che è una delle Basi da cui partono armi e soldati, ma è il centro anche per le esercitazioni degli eserciti, non solo italiano ma anche francese e di altre nazioni, per andare in Ucraina.
Quindi la prima questione e che noi come buona parte del popolo ucraino, ma anche le masse proletarie russe, non abbiamo nessun interesse né è a stare da una parte né a stare dall’altra. Anzi, abbiamo interesse a fermare questa guerra inter imperialista; ma senza che fermare l’invasione russa debba voler dire “andare dalla padella alla brace”, cioè passare dall’imperialismo russo nelle braccia degli Stati Uniti, con tutto quello che sappiamo e sanno anche gli altri popoli della barbarie, atrocità dell’imperialismo Usa. 
In questo senso noi abbiamo anche denunciato che lo stesso governo ucraino non può essere il governo che rappresenta gli interessi, i bisogni della popolazione ucraina, delle donne ucraine. 
In particolare delle donne. Non ci dimentichiamo che il governo Zelensky aveva già imbarbarito la vita delle donne, prima di questo conflitto bellico. Da fonti ucraine emerge che le violenze sessuali, le violenze domestiche erano aumentate in questi ultimi anni per il facile accesso alle armi e per i traumi creati dai conflitti che già c’erano, in particolare in alcune regioni, come nel Donbass. Zelensky non aveva voluto firmare la convenzione di Istanbul, ecc.
Tanto per capire che politica porta avanti Zelensky rispetto alle donne. Donne che chiaramente, noi lo sappiamo bene, già prima erano costrette ad andare via dall’Ucraina per un’altra “guerra”, la guerra alle condizioni di vita che hanno portato tante di loro a venire a lavorare nei nostri paesi. 
Quindi quando si dice, anche in alcune manifestazioni, “Noi siamo con la resistenza Ucraina”, noi dobbiamo dire, “Un momento, quale resistenza?”. 
Noi saremmo contente se le donne che sono fuggite per salvare la loro vita e quella dei figli, tornassero in massa in Ucraina, ma non per sostenere la resistenza che viene fatta dall’esercito ucraino, un esercito pienamente nazista, ma per un’altra resistenza. Cioè una resistenza che possa essere effettivamente in mano ai lavoratori, agli operai, che sono tanti in Ucraina, che possa essere in mano alle donne, in cui le donne non siano costrette solo a subire o solo a fuggire, ma siano, come in parte è stato nel momento alto della nostra Resistenza antifascista e antinazista in Italia, protagoniste di questa resistenza. 
Perché le donne quando lottano, quando sono effettivamente in prima fila, anche contro la guerra, hanno una marcia in più, sono una forza poderosa, perché portano tutto il peso dell’oppressione, il peso della condizione quotidiana che è attaccata a 360 gradi.
Quindi è questa resistenza che vorremmo. E allora noi siamo con le donne ucraine, sosteniamo le donne ucraine, ma ancora di più le vorremmo sostenere se si comincia una resistenza effettiva che non sia per passare da un imperialismo a un altro imperialismo. Solo questo può fermare secondo noi l’invasione della Russia. La resistenza in corso, l’invio di armi che viene fatto dai nostri governi, serve solo per alimentare questa guerra, per prolungarla, perché sono armi usate dal governo Zelensky, usate da un esercito che chiaramente difende gli interessi sia del governo ucraino che dell’imperialismo Usa e occidentale, che sono interessi di una nuova ripartizione del mondo, per impossessarsi delle fonti energetiche, per una nuova spartizione delle materie prime. Tutte cose che per loro significano profitti, per i lavoratori, per gli operai, per le donne ancor di più significano solo nuovi sacrifici, morte, sofferenze.
E allora noi diciamo: “Quale resistenza?”, “Per quale scopo?”. Se non è per una nuova società, per un’effettiva indipendenza dall’imperialismo, non è quella che serve, non è nell’interesse delle popolazioni, dei proletari Ucraini, di una pace vera.
Le armi... o le armi vanno nelle mani degli operai, dei lavoratori, delle donne, allora servono per fermare la guerra. Altrimenti servono solo per alimentare la guerra e avvicinarci a una huerra mondiale.
Un’ultima cosa. Chiaramente quando ci sono le guerre imperialiste, gli eserciti dei paesi imperialisti, dei governi al loro servizio, per la logica che portano avanti, che è una logica fascista, una logica di supremazia, portano con sé inevitabilmente l’orrenda realtà degli stupri, l’orrenda realtà di torture anche sessuali. Questo l’abbiamo visto in passato, in altre guerre. Le donne in questo senso subiscono in maniera veramente odiosa anche questi aspetti della guerra. 
Ma noi lo abbiamo detto anche in altre occasioni, il problema è che dobbiamo asciugare le lacrime e usare la nostra rabbia, il nostro odio, per essere in prima fila nella lotta contro la loro guerra. 
Al di là che purtroppo dobbiamo sempre fare tara delle notizie che vengono dai giornali, dalle televisioni, su cui bisogna considerare quanto meno un 50 % di fake news, e quindi pur escludendo e ridimensionando queste notizie, non possiamo sorprenderci che anche in questa guerra si stiano verificando stupri e altre forme di violenze da parte dell’esercito russo, come da parte dell’esercito ucraino. 
Quello che però noi diciamo è che non sono certo il governo americano, lo stesso governo italiano, che possono ergersi a nostra difesa! Chi di noi ha un pò più di anni sa bene gli stupri etnici nei Balcani fatti sotto gli occhi e la presenza dell’esercito italiano, quello che anni fa successe in Somalia, in cui i nostri soldati italiani, poi processati ma di fatto assolti, torturarono sessualmente delle donne somale, quello che è succede sempre nelle guerre degli USA, tra cui, una per tutte, ricordiamo le torture sessuali dei prigionieri da parte delle carceriere donne di Abu Ghraib.
Quindi non ci venite proprio voi a denunciare questo! Anche la lotta contro questi stupri, violenze contro le donne o la prendiamo in mano noi, o li denunciamo noi, o non c’è possibilità di lottare contro questa barbarie; anche su questo dobbiamo fare la nostra resistenza".

Importante: IL 6 FEBBRAIO SI AVVIA LA FORMAZIONE MARXISTA, in presenza in una sede, Taranto, e in collegamento on line con altre realta'. Dal blog proletari comunisti

Come pensiamo avverra' la Formazione marxista e i criteri e gli scopi.

Per la Formazione marxista si intende dividere tutto il materiale in tre sezioni di tre trimestri. 

Nel primo trimestre esporre le categorie fondamentali: denaro, capitale, salario; nel secondo trimestre il processo di accumulazione capitalista, questo è il cuore di tutto quanto, perché nel concetto di accumulazione perchè si vede come il rapporto fondamentale non è lavoratore e il singolo capitalista, la società borghese per come si presenta fa apparire come se sono gli individui che scambiano, invece questi individui si muovono secondo determinate leggi sociali. Il capitale appare subito con un rapporto sociale complesso.
Nel terzo trimestre affronteremo la riproduzione del capitale nella circolazione, cioè la realizzazione del plusvalore. Quando il plusvalore si trasforma in profitto e il profitto si trasforma in interesse spariscono gli individui, non vedono più da dove viene il plusvalore, non vedono più neanche le classi.

Ogni trimestre dovrebbe svolgersi cosi': cominciare con una lezione in cui esporre le categorie più importanti, questo sara' fatto dal prof. Di Marco; dopodiché Di Marco segnalera' pezzi scelti su cui lavorare nelle proprie realtà, quindi man mano che escono domande, interventi nell'arco del trimestre, saranno inviate a Di Marco che vi comincera' a lavorare, per fare a fine trimestre una seduta per risponde alle domande, e quindi are la nuova lezione che introduce la fase successiva.
Quindi: introduzione, studio sui pezzi segnalati, risposta alle domande, discussione, che viene dopo che si è "digerita" la lezione. E' importante che la lezione iniziale sia in presenza in una sede, in collegamento con altre realta' e interessati, e che l'appuntamento finale sia in presenza per tutti in un luogo unico.

Ricordando il giovane Marx: non vogliamo dare nuovi principi al mondo ma vogliamo dare nuovi principi al mondo per il mondo successivo traendoli dai suoi stessi principi; questo è l'agire rivoluzionario. 

Noi vogliamo inserire organicamente nel progetto di assemblea proletaria anticapitalista il lavoro teorico e formativo sia come autoformazione delle avanguardie di lotta e dei movimenti sia come lotta teorica, perché senza la lotta teorica non possiamo consolidare un'unità superiore che si traduce in una

18/01/23

Dall'organizzazione femminile rivoluzionaria filippina MAKIBAKA. Per la morte del dirigente Jose Maria Sison.


Makabayang Kilusan di Bagong Kababaihan (MAKIBAKA) | Fronte Nazionale Democratico Delle Filippine
26 dicembre 2022
L'organizzazione femminile rivoluzionaria Makabayang Kilusan ng Bagong Kababaihan (MAKIBAKA) rende il più alto tributo alla vita e alla lotta di un grande insegnante proletario e prezioso rivoluzionario filippino Jose Maria Sison.
Ka Joma è un inestinguibile faro di luce che risplenderà perennemente su generazioni e generazioni di figlie e figli patriottici del popolo, sul fronte interno e persino attraverso vasti oceani dei popoli oppressi del mondo, che derivano dagli scritti politici di Ka Joma e dagli insegnamenti ideologici. Sison è stato una guida inestimabile per analizzare le realtà sociali e percorrere l'onorevole cammino per porre fine all'oppressione dei popoli, sconfiggere l'imperialismo e ogni reazione e dare vita a un nuovo ordine sociale dove ci sia vera libertà per tutti.
La ferma e profonda dedizione di Ka Joma alla causa della liberazione del popolo filippino da ogni forma di oppressione e sfruttamento di classe, il suo spirito indomabile e la forza inesorabile nel dedicare disinteressatamente la sua vita alla ricerca della liberazione della classe operaia, è una fonte inesauribile di ispirazione ai popoli in difficoltà nel mondo, che una società migliore, un mondo migliore, è possibile e già in cammino.
La politica profondamente ricca di Ka Joma attraverso decenni di tempi tumultuosi ha spianato la strada alla formazione di organizzazioni che fungono da aspirazione collettiva dei popoli in lotta per raggiungere la liberazione. Questi includono il Partito Comunista delle Filippine (MLM) da lui fondato, il New People's Army, organizzazioni di massa rivoluzionarie come Makibaka e organizzazioni democratiche legali come la Lega internazionale antimperialista delle lotte popolari. In tutte queste organizzazioni, l'insegnante e guida rivoluzionaria Ka Joma ha contribuito disinteressatamente con analisi politiche molto acute sulla condotta della resistenza e della rivoluzione del popolo.
Per il movimento rivoluzionario delle donne nelle Filippine, l'analisi formidabile e succinta di Ka Joma della questione femminile - che le donne sperimentano una netta oppressione a doppio legame come donne e come membri della loro classe, e che il percorso verso la liberazione delle donne si trova nella partecipazione di donne delle classi contadine, operaie e di altre classi patriottiche nella lotta dei popoli - fornisce chiarezza senza tempo alla lotta politica per la liberazione delle donne che deve essere parte integrante della liberazione del popolo e un importante strumento ideologico contro l'idealismo dei cosiddetti femminismi della seconda ondata del 1970, come il concetto e categoria sociale di "donne" al di sopra delle classi portato avanti dalla reazione e dai controrivoluzionari per far deragliare le donne dall'intraprendere la via rivoluzionaria.
E così da quando Makibaka è stata fondata nel 1971 e fino ad oggi nel millennio successivo, nonostante i numerosi tentativi del tiranno Marcos Sr. e di molti altri simili tiranni e rampolli lungo la strada, di irretire e schiacciare il movimento delle donne e l'intero movimento rivoluzionario nel paese, Ka Joma ha contribuito immensamente ad affinare la dialettica di classe e genere e a creare un'arma ideologica contro le offensive imperialiste alla partecipazione delle donne ai movimenti sociali e alla rivoluzione.
Nella vita e nella sua morte, reazionari e nemici della classe operaia possono perseguitare Ka Joma e tentare di contaminare la sua eredità: lasciamo che provino invano. Per la classe operaia filippina e per i popoli in lotta, la vita e gli insegnamenti di Ka Joma risuonano profondamente perché parlano correttamente delle nostre realtà e delle nostre aspirazioni di liberazione. Ka Joma non è un eroe del popolo, la sua vita e il suo sacrificio sono un contributo immortale alla storia della nostra lotta e della nostra imminente liberazione.

17/01/23

Sabato 14 gennaio a Milano l'incontro tra due manifestazioni: Iran e Afghanistan


Milano


A Milano, continuano le mobilitazioni della comunita' iraniana
l'mfpr è sempre a loro fianco

Combattività, determinazione e molta energia da parte delle ragazze iraniane che hanno guidato il corteo. Va sottolineata purtroppo la scarsa partecipazione degli antagonisti italiani.
La presenza di figure istituzionali è sembrata più un'apparizione in funzione pre-elettorale, individuale e simbolica, senza l'allargamento della mobilitazione alla propria base che una vera presa di coscienza. Le giovani iraniane combattono molto coraggiosamente, ma l'appoggio efficace dall'estero non può limitarsi alle lodi per loro e all'esecrazione del regime iraniano: se i governi, spinti dall'opinione pubblica, non prendono seri provvedimenti contro l'Iran, la presenza di qualche figura istituzionale in piazza è superflua.

Il corteo partito da porta Venezia è terminato in piazza del Duomo, dove ad attenderlo c'erano le donne della comunità afgana a cui di recente è stato proibito l'accesso all'università. Gli interventi delle ragazze afgane hanno messo in evidenza come l'oppressione delle donne riguardi tutto il mondo e non solo i regimi fascisti islamici, in tutto il mondo le donne si trovano a fronteggiare regimi patriarcali, fascisti e oppressivi, quindi in tutto il mondo c'è la lotta delle donne.

Abbiamo preso la parola in piazza per spiegare come sia importante e necessaria essere solidali e di come si faccia sentire ancora troppo poco la solidarietà degli italiani, per questo noi abbiamo promosso una mozione/petizione che stiamo portando in tutti posti di lavoro nelle città in cui siamo presenti come proletari comunisti e come MFPR.
Inoltre pensiamo che sia importante sapere e conoscere ciò che sta succedendo in Iran e, ora, anche alle donne afghane e come anche noi avremo sempre più problemi con questo governo e come non hanno nessuna intenzione di interrompere relazioni.
Sosteniamo il più possibile il coraggio di queste donne coraggiose.


16/01/23

Martedi 17 gennaio ore 19-21: Riunione telematica preparatoria della nuova assemblea proletaria anticapitalista in febbraio a Roma

Iran. La feroce repressione non ferma la rivolta delle donne, giovani, masse popolari. Una importante Dichiarazione internazionalista di Partiti e Organizzazioni marxisti leninisti maoisti

Italia Milano

DICHIARAZIONE INTERNAZIONALE

Viva la rivolta delle donne e del popolo iraniano, 
morte alla Repubblica Islamica dell'Iran

Ai lavoratori, donne, giovani e ai popoli oppressi del mondo

Ai partiti e alle organizzazioni comunisti, ai marxisti-leninisti-maoisti

Appello al sostegno e alla mobilitazione:

La Repubblica Islamica dell'Iran è scossa dallo scorso settembre da una protesta di massa senza precedenti per estensione geografica (di tutto il paese: dal Kurdistan iraniano nel Nord-Ovest, fino al Baluchistan nel Sud-Est passando per il cuore del Paese e dalla capitale Teheran) per estensione sociale (con la partecipazione di ampi settori della classe operaia, studenti e piccola borghesia nelle città e di contadini nelle campagne) e per la sua durata prolungata.

Una protesta innescata dalla crudele repressione patriarcale neo-medievale del regime degli ayatollah che per mezzo della sua "polizia morale" molesta quotidianamente le donne, strumentalizzando la religione con l'imposizione rigida dell'hijab, con l'obiettivo di restringere la presenza femminile nello spazio pubblico e relegare le donne nelle pareti della propria casa, che il regime vorrebbe vedere come madri che sfornano figli, mogli accondiscendenti o ragazze da dare in matrimonio.

L'assassinio brutale di Mahsa Amini ha scatenato inarrestabile la rabbia delle donne, soprattutto delle giovani e giovanissime: dalle scuole, alle università, dai quartieri popolari ai posti di lavoro, sono scese nelle strade dando alle fiamme i propri hijab e la bandiera nazionale, tagliandosi ciocche di capelli e sfidando cosi' apertamente il regime.

Non è bastata la prima ondata repressiva: al contrario si sono uniti alla protesta anche i giovani, gli studenti sino alla classe operaia, che ha organizzato scioperi politici nei principali siti petroliferi e in altri settori come nella fabbrica nazionale di pneumatici. A Theran le principali facoltà sono in mobilitazione, le aule universitarie e liceali sono vuote mentre le strade sono piene di manifestanti. Anche nelle campagne, i contadini si sono mobilitati, nonostante il regime utilizzi una più dura repressione nelle aree agricole. In tutto il mondo la comunità iraniana scende nelle strade contro il regime.

Le masse popolari iraniane non vogliono  fermarsi, nonostante le condanne a morte di giovani, la feroce repressione nelle strade, le torture e assassinii della polizia di regime, le centinaia di morti e migliaia di arresti

In alcuni casi le caserme sono state attaccate a colpi di molotov, e le brutali cariche della polizia antisommossa sono state respinte dai giovani e dalle giovani armati di determinazione e di mezzi occasionali.

La vera novità è quindi la natura prolungata di tale rivolta con un ampio fronte di classe su tutto il territorio della repubblica con rivendicazioni politiche: "donne, vita, libertà", "morte al dittatore" e "morte alla Repubblica Islamica".

La natura profondamente reazionaria del regime degli ayatollah, diretta conseguenza del suo sistema semi-feudale capeggiata da una borghesia burocratica e compradora (l grande borghesia e i latifondisti locali dell'imperialismo), non lascia margine a negoziazioni o a riforme come la ventilata soppressione della "polizia morale", d'altra parte le masse iraniane in lotta, estromettendo dalle proteste i rappresentanti dei partiti politici riformisti, mostrano anch'esse che l'intenzione è di lottare sino alle ultime conseguenze per la caduta del regime.

Tutto ciò indica che tatticamente il movimento delle donne e di protesta in Iran dovrà ancora affrontare la dura repressione del regime iraniano che gode del supporto dei regimi imperialisti russo e cinese, però strategicamente ciò è positivo: le masse in lotta, così determinate, non si stanno sacrificando invano perché con tale determinazione possono far cadere il regime reazionario iraniano, avanzando verso la propria liberazione e favorendo anche la liberazione dei popoli della regione, a partire dall'oppresso popolo curdo, "incatenato e diviso" tra Iran, Turchia, Iraq e Siria. La rivolta del movimento delle donne e del popolo iraniano mostra la via ai popoli oppressi dai regimi sunniti vicini dell'Arabia Saudita, Pakistan e Afghanistan, formalmente contrapposti al regime sciita iraniano, ma nella sostanza simili per la natura semi-feudale e la strumentalizzazione della religione per sottomettere le masse.

L'imperialismo yankee e le potenze occidentali sperano e lavorano perché il regime iraniano cada allo scopo di indebolire il campo avversario rappresentato dall'imperialismo russo in particolare, ma anche dall'imperialismo cinese, con l'obiettivo di sostituire l'attuale regime con un regime fantoccio filo-occidentale, come già successo lo scorso decennio con le rivolte arabe in Tunisia ed Egitto il cui esito fu una vera vittoria di Pirro in cui la caduta di regimi reazionari, in assenza di una direzione proletaria di quelle rivolte, fu sostituita da altrettanti regimi reazionari qui in forma "democratica" (Tunisia) lì apertamente in continuità col regime appena deposto (Egitto). Questa strumentalizzazione dell'imperialismo deve essere quindi denunciata e combattuta ovunque nel mondo.

Allo stesso tempo, facendo tesoro di queste esperienze, la lotta in Iran deve necessariamente elevarsi dallo spontaneismo attuale e raggiungere superiori forme organizzative necessarie per rovesciare il nemico, ispirandosi alle attuali forme rivoluzionarie più avanzate nel mondo: le Guerre Popolari in India e nelle Filippine, sviluppando creativamente la guerra rivoluzionaria adeguata al contesto iraniano contro il regime degli ayatollah.

I partiti e le organizzazioni comuniste ed in particolare i marxisti-leninisti-maoisti hanno il dovere internazionalista di sostenere le masse popolari, la classe operaia iraniana cosi' come i compagni marxisti-leninisti-maoisti iraniani, organizzando il sostegno in ogni Paese, solidarizzando con le comunità iraniane presenti, con tutti i mezzi materiali e politici, unendosi alle mobilitazioni davanti le ambasciate iraniane, denunciando nello stesso tempo i partiti della borghesia imperialista che strumentalizzano tali mobilitazioni con l'obiettivo di espellerli.

Nei Paesi imperialisti in particolare, ma anche in alcuni Paesi arabi, cosi' come in quelli dei BRICS, è necessario opporsi ugualmente agli opportunisti sedicenti "anti-imperialisti" (e in certi casi sedicenti comunisti) che sostengono il regime reazionario iraniano insieme all'imperialismo russo e cinese in chiave anti-americana: non sostenendo le donne e le masse iraniane in lotta mostrano la loro vera natura di classe reazionaria.

In tutti i Paesi del mondo far sentire forte e chiaro l'appoggio al popolo iraniano ed al suo movimento delle donne davanti le ambasciate e i consolati della Repubblica Islamica dell'Iran.

Viva il movimento delle donne liberatore e democratico!

Viva il movimento liberatore e democratico delle masse!

Operai, contadini, donne, studenti iraniani: avanti per la costruzione degli strumenti necessari per la vittoria: il partito, il fronte unito e l'esercito popolare!

Trasformare la rivolta spontanea in Guerra Popolare Rivoluzionaria!

Morte alla Repubblica islamica!

Istaurare la Repubblica Democratica Popolare sotto la direzione della classe operaia!


PRIMI FIRMATARI

Communist Worker Union (mlm) Colombia

Maoist Communist Party – Italy

Red Road of Iran (maoist group)


15/01/23

Femminicidio di Martina, gia' il secondo dall'inizio del 2023

Ancora una volta si tende a rinchiudere la motivazione del femminicidio in una vicenda frutto della gelosia. Ma come si viene a sapere dalle stesse iniziali notizie stampa questo uomo aveva più pistole, si esercitava con le pistole nel poligono di Tor di Quinto chiuso a dicembre dai carabinieri dopo che il titolare aveva fatto la strage di 4 donne a Colle Salario. 
E' un femminicidio principalmente frutto di una concezione fascista, che oggi sempre più viene alimentata.
"...venerdì 13 gennaio, Martina Scialdone, avvocata di 34 anni, è stata uccisa davanti a un ristorante a Roma. Sarebbe stato l’ex compagno, Costantino Bonaiuti, ad aprire il fuoco con una pistola in seguito ad una lite, dopo di cui è fuggito a piedi.
Martina si eraa anche chiusa in bagno per sfuggire all’aggressività del compagno che continuava a sferrare pugni sulla porta. A un certo punto, visto che stavano disturbando i clienti, i due sono stati invitati a lasciare il locale, ma prima di uscire la giovane avrebbe cercato con la scusa di una sigaretta di attirare l’attenzione di un cameriere, che tuttavia non avrebbe colto la sua richiesta di aiuto: Martina sperava forse che qualcuno riuscisse a distrarre il partner il tempo necessario per allontanarsi e rifugiarsi a casa, non lontano dal ristorante. In strada ha provato a correre via, ma è stata raggiunta. poi l’ingegnere le ha esploso un colpo a bruciapelo al petto, uccidendola. Bonaiuti è fuggito braccato dalla polizia che lo ha arrestato,  si è arreso, consegnando la pistola. Ne sono state sequestrate altre tre.
Martina Scialdone era specializzata in diritto di famiglia, ma anche in casi di maltrattamenti sulle donne.
Bonaiuti è un appassionato di armi da fuoco, già campione regionale nel Lazio di tiro a segno con la pistola. Si esercita al poligono di Tor di Quinto: è proprio quello chiuso a dicembre dai carabinieri dopo che Claudio Campiti, l’autore della strage sempre a Colle Salario, si è appropriato di una Glock per uccidere quattro donne". 

14/01/23

17 gennaio ore 19 - riunione telematica preparatoria della nuova Assemblea Proletaria Anticapitalista in febbraio a Roma

Martedi 17 gennaio ore 19-21 

link

https://meet.jit.si/RNN_assprolanticapitalista_17123


LA RIUNIONE PREPARATORIA TELEMATICA

DELL’Assemblea proletaria Anticapitalista 

Chivasso, il Comune, di centrosinistra, sostiene associazione anti aborto. La Regione appoggia. Centrosinistra e destra si uniscono contro le donne

Marrone: "Progetti come Vita nascente non si possono più fermare"

"Una certa sinistra si metta l'animo in pace, le politiche sociali a sostegno della Vita nascente sono ormai un’onda che non si può fermare", ha dichiarato l'assessore alle Politiche sociali della Regione Maurizio Marrone, commentando la scelta del Comune di Chivasso, a guida centrosinistra, di sostenere le attività del locale Centro di Aiuto alla Vita in favore di donne e bambini, sostenute anche dal nuovo fondo regionale.

"In questi mesi abbiamo assistito a scene al limite del ridicolo - dichiara l'assessore Marrone - con siparietti in Consiglio Regionale, improbabili "mobilitazioni" di piazza ed ottusi emendamenti ostruzionistici tesi a farci fare marcia indietro. Tranquillizziamo tutti: mettetevi l'animo in pace perché, non solo il fondo Vita nascente è divenuto realtà in Piemonte, ma anzi è destinato a fare da esempio per la amministrazioni locali, comprese quelle di centrosinistra. Segno che la concretezza del supporto alla maternità e alla vera libertà di scelta della donna supera qualsiasi pregiudizio ideologico", ha concluso Marrone.

13/01/23

Libertà immediata per Lina

Radio Onda Rossa ripercorree la storia di Lina, una donna di 76 anni, che si trova oggi in carcere a seguito della revoca degli arresti domiciliari. Dopo l’arresto Lina ha smesso di mangiare ed è stata ricoverata in ospedale, ma ad oggi nesssuno semba trovare una misura alternativa al carcere o un luogo che la possa ospitare in attesa del processo che iniziera lunedì.

L’appello è a partecioare al presidio che si terrà sotto al  tribunale lunedì 16 e, a seguire la sua vicenda sulle pagine dell’ex caserma rossani occupata.

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Lina Libera!

Siamo amici ed amiche di Lina, una donna di 76 anni, rinchiusa da oltre un mese nel Carcere Femminile di Trani. Ci abbiamo messo un po’ per affrontare collettivamente ed insieme al figlio, incredulità, rabbia e dolore nel pensarla rinchiusa, alla sua età e con i sui acciacchi, nel carcere, lontana dalla sua casa, dai suoi affetti e dalle sue abitudini di donna libera e determinata nel vivere la vita in maniera semplice e genuina.

Lina è una proletaria che vive insieme al figlio in uno dei tanti palazzi del quartiere Libertà di Bari Spesso a Bari le discussioni sono animate e non si sa mai come possono andare a finire; a causa di una di queste discussioni Lina finisce ai domiciliari a seguito di un provvedimento dell’autorità giudiziaria causato da una presunta lite condominiale e dopo alcuni giorni viene portata nel carcere di Trani in quanto considerata “evasa” dai domiciliari che le avevano imposto.

L’avvocato non viene avvisato ed il figlio scopre che la madre è stata portata via dai carabinieri dagli abitanti del quartiere. Lina è stata portata nella discarica sociale del paese Italia; è stata rinchiusa nel carcere femminile di Trani perché lo stato, i servizi sociali, il welfare, la cura e il sostegno che tutti gli anziani di questo paese dovrebbero avere è loro negato, soprattutto se si è poveri, se si vive in un quartiere proletario e se non si dispone del denaro per poter affrontare al meglio i guai della vita.

Lina è una donna anziana, con diverse patologie e con i segni di un’intera vita passata ad affrontare problemi e difficoltà e sappiamo con certezza che saprà ed avrà la forza di affrontare la vita, costretta tra le mura del carcere femminile di Trani (un carcere ‘ospitato’ in una struttura costruita nel 1800, sovraffollato e con carenza di personale, come riportato dall’ultimo report dell’Associazione Antigone) così come noi, i suoi amici e le sue amiche, avremo la forza e la determinazione nel pretendere, per ovvie motivazioni, la sua immediata liberazione dalla costrizione carceraria. Lina va liberata dal carcere immediatamente e va individuata una soluzione alternativa alla detenzione perché è indegno per un paese che si considera moderno e democratico che una donna della sua età e con i sui problemi sia costretta a vivere in carcere.