Dal report dello Slai Cobas sc BG
Sciopero improvviso venerdì 30 dicembre, dalle 11 a fine giornata, contro un vigliacco e pesante nuovo attacco aziendale contro le operaie del reparto imballi in appalto a Mpm alla Beretta di Trezzo. LE OPERAIE IN SCIOPERO SOLIDARIZZANO CON LA LOTTA DELLE DONNE IN IRAN.
I padroni (Beretta e Mpm) per i loro profitti attaccano i diritti delle operaie/i e cercano di scaricarne la colpa sulle operaie dello Slai Cobas che lottano ‘NON LASCIATE IL SINDACATO? VI TOGLIAMO UNA LINEA DI LAVORAZIONE, È SOLO COLPA VOSTRA!’
Parole vigliacche, di ennesimo ricatto, che nascondono una doppia realtà.
- La frustrazione dei padroni che non riescono a corrompere le operaie sindacalizzate, che non riescono a spiegarsi il rifiuto delle delegate Slai Cobas alle loro proposte; delegate che non vogliono vendere la propria dignità e respingono le offerte individuali per aumenti salariali, posti da ‘capette’... in cambio dell’uscita dal sindacato; così come non riescono a spiegarsi la resistenza di un buon gruppo
- Gli appalti nelle fabbriche sono un grande regalo ai padroni, buoni solo per dare paghe da fame con il CCNL MULTISERVIZI per un lavoro da operaie, come strumento di divisione e repressione, per allontanare con più facilità le operaie usurate. Altro non servono. Non c’è ragione produttiva e chi comanda è sempre e comunque la committente. Il Salumificio Beretta non fa eccezione. Quanto avvenuto venerdì mattina è solo l’ultima conferma.
Il cambio appalto di giugno per rifarsi l’immagine commerciale davanti alle indagini della guardia di finanza che ha ipotizzato oltre a frodi fiscali, abusi tramite le cooperative, per avere una riserva di manodopera sottopagata da spostare a piacimento… oltre alla meschina firma della Uil che ha dato copertura formale all’operazione, non ha modificato nell’organizzazione del lavoro la sostanza di quanto avveniva prima.
Nel reparto, con le operaie che lavorano fianco a fianco e intercambiabili, con contratti di lavoro sottoscritti con Beretta, agenzie di somministrazione, agenzie in affitto a Mpm, in appalto a Mpm, CHI COMANDA È BERETTA, L’APPALTO È UNA BUFALA!
Solo così si spiega la linea 5 tolta alle operaie dell’appalto dalla sera alla mattina e occupata da Beretta!
Altra cosa è il piano di ristrutturazione in corso, di parziale e progressiva automatizzazione delle linee, di intensificazione bestiale dei ritmi. Con l’azienda che cerca di obbligare le operaie a non fermare mai le linee, nemmeno davanti alle buste che cominciano ad andare da tutte le parte cadendo dai nastri, costringendole a recuperare quella parte di produzione mentre i nastri trasportatori continuano a vomitare buste al ritmo anche di 100/120 al minuto…. (sulle condizioni di lavoro segue una seconda parte)
Lo sciopero del 30 dicembre, non facile a farsi ma riuscito quindi di buon auspicio per il 2023, è stato tutto questo. È stata la necessaria risposta a questo nuovo attacco, il ratto della linea 5, la reazione alle condizioni della fabbrica peggiorate in questi mesi. È stato le operaie che trovano unità e prospettiva nella resistenza alla ristrutturazione. Una buona giornata che ha rinsaldato il legame e lo spirito collettivo delle lavoratrici organizzate con lo Slai Cobas, che non vogliono tornare indietro e che saranno di nuovo in campo da lunedì!!
Nella situazione attuale le operaie della Beretta rappresentano una parte avanzata nella battaglia contro gli appalti in fabbrica, nella difesa dei diritti delle lavoratrici. Per una lotta che va conosciuta, estesa e sostenuta. Raccogliendo anche il messaggio dell’assemblea operaie Beretta del 28 ottobre ‘LOTTA UNA, LOTTANO TUTTE.
Le operaie in sciopero si sono unite alla grande lotta delle donne in Iran, scatenata per reagire all’uccisione di Mahsa Amini colpevole di aver mostrato una ciocca di capelli da sotto il velo e per questo massacrata dalla polizia religiosa. Lo hanno fatto sottoscrivendo la mozione ‘fermare le esecuzioni, del regime iraniano e le uccisioni della polizia contro le giovani donne, sosteniamo la rivolta sempre più estesa in Iran’. Prendendo un po di forza anche dall’esempio delle donne in Iran in lotta per la libertà, che non si fermano nonostante 500 morti, 30000 arresti, le impiccagioni, perché la repressione non ferma ma alimenta la ribellione delle masse proletarie.
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