04/01/23

Analisi delle tendenze nel movimento femminista in Italia, oggi - Nudm - parte 3


Riprendiamo stralci da un opuscolo dal titolo "360°prodotto nel 2019 in cui abbiamo riportato l'analisi e il dibattito che si svolse tra compagne e lavoratrici in un seminario estivo di quell'anno, e in particolare riprendiamo la sezione Analisi delle tendenze nel movimento femminista in Italia oggi - Nudm che riteniamo valida e attuale nella sua essenza perchè, come abbiamo scritto "...Noi sappiamo tutte le lotte che facciamo, potremmo fare un elenco che non finisce mai, però non parliamo delle tendenze teoriche che influenzano le lotte. Ora, dobbiamo cominciare ad entrare nel merito. L’analisi delle tendenze nel movimento femminista non è per tenerla per noi, ma per fare una battaglia, e non solo nelle realtà femministe organizzate, nelle assemblee, ma verso tutto il movimento delle donne, tutte le donne proletarie. Le donne proletarie devono dare forza alla loro condizione, la loro condizione è una forza di ribellione, ma deve essere una forza anche teorica... 
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parte 

Sciopero globale o sciopero delle donne?
Una delle armi, di fase necessaria sul piano dell' autonomia del femminismo proletario rivoluzionario è lo sciopero delle donne, ma lo sciopero delle donne vero a fronte dell’analisi della realtà concreta che vive nel nostro paese la maggioranza delle donne, a fronte di politiche sempre più oppressive, discriminatorie, (le donne lavoratrici le prime ad essere licenziate, precarizzate, tagli ai servizi sociali, sanitari, scuole, asili, il lavoro di cura sempre più scaricato sulle donne, su cui scaricare doppiamente la crisi del sistema capitalista/imperialista, l’humus sessista e maschilista diffuso dall’alto, legittimazione della violenza dall’alto a livello di massa, l’uso/abuso del potere per usare/abusare delle donne,). 
Uno sciopero reale che si estenda in tante fabbriche, in tante realtà di lavoro, sottolavoro, precariato, in realtà in cui non è difficile che arrivi anche il messaggio: le braccianti, le immigrate ipersfruttate e schiavizzate, ecc. 
Uno sciopero vero in carne e ossa, e non virtuale o simbolico, che partendo dai e nei posti di lavoro si estenda, si allarghi e si intrecci con tutti gli ambiti e aspetti dell’oppressione delle donne, case, scuole, territori martoriati, ecc.. 
Sciopero vero significa sporcarsi le mani, andare alla fonte, dalle lavoratrici, spiegare e diffondere il messaggio dello sciopero delle donne, organizzarlo partendo anche da piccoli numeri ma significativi ed espressione della necessità di una vera rottura; uno sciopero come sfida, che crei “danni” ai padroni, allo Stato, alla “sacra famiglia”; ma anche di rottura nel movimento sindacale e tra gli stessi lavoratori, oscillanti spesso tra sessismo e paternalismo riformista. 
Se è così lo sciopero delle donne è un’arma che ha un impatto non solo economico ma anche ideologico, politico, culturale perché ponendo una denuncia che riguarda l’insieme della maggioranza delle donne mette in discussione tutto, il lavoro e il non lavoro, le discriminazioni che ci sono nei posti di lavoro, il ruolo di oppressione nella famiglia e la stessa “sacra famiglia” come la vuole questa società borghese. In questo senso lo sciopero delle donne non riguarda solo la questione di alcune rivendicazioni, ma è uno strumento di fase. 
Esso, però, non deve sostituirsi alla più ampia lotta rivoluzionaria delle donne divenendo il tutto, come invece viene posto nel movimento odierno. Lo sciopero delle donne è una tappa di un percorso che pone sul tappeto chiaramente la questione della lotta rivoluzionaria e non riformista perché “tutta la vita deve cambiare”, della necessità di una società diversa, di rapporti sociali diversi, fino ai rapporti uomo/donna che non si possono riformare dall’interno di questa società. Significa dire alle donne: siete voi, siete voi donne più sfruttate e oppresse che dovete prendere la vostra vita e la lotta nelle vostre mani! Quindi, un’arma da impugnare che però non deve essere trasformarsi in un rituale annuale “normalizzato” e “normalizzante”. 
Anche la piattaforma elaborata “sul campo” dalle stesse lavoratrici, precarie, disoccupate, immigrate, braccianti, ecc. in anni di lotte, lavoro, iniziative sui posti di lavoro e fuori, nei quartieri, nei caseggiati, esprime tutto questo “…Il valore di questa piattaforma e ciò che la distingue dalle altre è di essere arma di lotta oggi delle donne su tutti i fronti, ma mostrando, nello scontro con questo sistema sociale borghese che non solo nega i diritti alla maggioranza delle donne, soprattutto proletarie, ma sempre più li toglie, anche quelli conquistati con grandi movimenti femministi di lotta, che per ottenere questi obiettivi “normali” per la vita, la dignità, l'autodeterminazione delle donne, occorre una nuova società, una società socialista, in cui le donne abbiamo potere e possano dare l'assalto al cielo e conquistarselo.” - Da un comunicato Mfpr pre 8 marzo. 
Nelle assemblee di NUDM sullo sciopero delle donne, le lavoratrici si citano, se ne parla, si dice che ci deve essere un collegamento tra le femministe e le lavoratrici sfruttate sul lavoro, che si deve cercare di entrare nei posti di lavoro, di fare inchiesta, si fanno anche buone denunce, ma il movimento delle donne l’8 marzo, nella rappresentazione di NUDM, poi nei fatti “dimentica” lo sciopero concreto sui posti di lavoro, e i cortei, presidi, iniziative di piazza, pomeridiane/serali, prendono il posto dello sciopero. 
Lo sciopero delle donne nel movimento femminista piccolo borghese, chiamato “globale” soffoca la questione della lotta di classe, nella maggioranza delle espressioni arriva anche a cancellarla, pone come principale la contraddizione di genere, non una linea/piano di lotta per una vera trasformazione sociale, e quindi si pone alternativo alla rivoluzione. 
Allo sciopero “globale” si aggiunge anche “transfemminista”, si parla di sciopero dei e dai generi. Anche questo concetto depotenzia, sottovaluta la lotta di classe, si resta appunto sul piano sovrastrutturale e sul conflitto di genere. 
In questo discorso del “transfemminismo”, il riferimento è, implicitamente o esplicitamente, ad un femminismo che si è sviluppato negli Stati Uniti negli anni '70, in particolare da parte di collettivi di donne di colore che ponevano la discriminante dell’oppressione di razza, del fatto appunto che essendo di colore non avrebbero potuto combattere la stessa lotta insieme alle femministe bianche; altre dicevano che il genere maschio/femmina è un costrutto socio culturale imposto al momento della nascita; che il concetto è la percezione che ciascuno ha di sé, quindi l’identità di genere, di cui “la donna può essere una delle tante identità del sè..." (dal libro di Anuradha Ghandi).

Una delle frasi del trans-femminismo (queer) afferma: «che 100 nuovi generi nascano». Tutto ruota, quindi, attorno all’identità di genere e si resta circoscritti alla questione della contraddizione sessuale avulsa dalla lotta sul piano della classe; non c’è l’appartenenza di classe (sei un/una proletario/a o un/una borghese capitalista non ci sarebbe differenza), è come se sparissero i ruoli sociali. 
Questo porta anche alla critica alle organizzazioni “identitarie” e rivoluzionarie e di fatto contrasta la questione dell’organizzare collettiva, perché nelle sue estremizzazioni è un processo di individualizzazione, di automizzazione. Tutto questo rafforza la concezione e posizione che è principale la contraddizione di genere, la lotta per i diritti dei generi, non la lotta di classe di cui la lotta delle donne è parte determinante e arricchente. 
Ora anche in questo movimento alcune voci parlano di “intreccio genere e classe”. Ma esso non va inteso in senso di “conciliazione” o di fronte/alleanza tra classe oppressa e genere oppresso; ma deve significare guardare la condizione e la battaglia delle donne con le lenti di classe, comprendendo che la lotta delle donne - che è lotta di classe -in termini ideologici, politici, pratici è una marcia in più per trasformare la terra e il cielo. La “marcia in più” è un principio teorico, che tutte le organizzazioni proletarie, comuniste devono assumere e capirne la sua ricchezza anche pratica. La condizione e lotta delle donne mostra in maniera chiara che non c'è nessun problema, ma proprio nessuno, che si possa risolvere senza rivoluzione.
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Questa valutazione critica del movimento Nudm pone la necessità che il femminismo proletario rivoluzionario stia con un “piede dentro e un piede fuori” in questo movimento - in cui la questione centrale è costruire e rendere forte il “piede fuori” per stare con il piede giusto dentro. E’ importante quello che tu fai autonomamente, che costruisci, il tuo lavoro, questo è importante; perché non si tratta neanche di starci, punto e basta, di starci solo per portare un volantino nel corteo, ma starci sapendo che cos’è questo movimento, capirne la natura, le tendenze, le differenze, quali obiettivi è giusto che abbia, quali sono le linee invece di contro tendenza, stare perché il movimento cresca e diventi rivoluzionario. 
Ci possono essere due atteggiamenti sbagliati: partecipare perchè siamo tutte donne, siamo tutte in lotta, quindi questo basta. Ma questo non va bene perchè alle idee corrispondono pratiche, giuste, o pratiche che non solo non sono giuste ma possono essere dannose, frenare un effettivo movimento di lotta e far andare indietro. 
Un altro atteggiamento sbagliato è dire: va bene, ma tutte quelle sono tutte piccolo borghesi e quindi non ci possiamo avere niente a che fare, le lotte delle donne lavoratrici, precarie, proletarie non possono stare in mezzo alle piccolo borghesi. Ma anche questo atteggiamento sarebbe sbagliato, uno, perchè sarebbe superficiale – che significa liquidarle dicendo solo “sono piccolo borghesi”? Devi fare una critica a quelle teorie, allora devi conoscerle e analizzarle criticamente, e farlo apertamente; due, perchè noi non possiamo dire: “piccolo borghesi” e poi ci sono 200mila donne in piazza. Se ci sono 200mila donne in piazza le donne proletarie, le donne rivoluzionarie lì ci devono stare e assumere tutte le battaglie, non solo quelle più immediate, per il lavoro, le sue condizioni, per il salario, perchè ci vogliono togliere le ore..., perchè queste sono solo una parte, contro le donne c'è l'attacco all'aborto, alle conquiste che sembravano consolidate, c'è l’attacco ideologico sessista, c'è la violenza sessuale (di cui le donne proletarie spesso sono ben vittime)... Il femminismo proletario rivoluzionario, le donne proletarie organizzate e in lotta che rappresentano il settore più sfruttato e oppresso delle donne, maggioritario anche in una società imperialista, che si occupano già e intervengono su tutto - dalla condizione delle detenute politiche nelle carceri, alle migranti dei ghetti, ecc. - sta nel movimento femminista. Qui interviene, lotta, comprende, fa la lotta di posizione, lavora ad unire l’area combattiva, ribelle, portando sempre avanti una battaglia di classe e rivoluzionaria.

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