31/12/21

L'anno che vogliamo: essere pericolose per padroni, governo, Stato, uomini che odiano le donne - Il nostro augurio a tutte le donne

Da una lavoratrice di Palermo nell'assemblea del 4 dicembre:
"L’ambiente della fabbrica era comunque pesante, mia madre lavorava alla catena e me lo raccontava, però devo dire che ora c'è questo ritorno al passato, ad un brutto, pessimo passato, sia dal punto di vista dei diritti dei lavoratori in genere, sia, in particolare, delle lavoratrici, anche dal punto di vista della condizione della donna. Noi donne della mia generazione abbiamo potuto usufruire serenamente dei consultori, ci si andava senza appuntamento. Ora invece è tutto più difficile con la privatizzazione di tutta la sanità. E poi c'è la questione dell’aborto, che comunque è una condizione di sofferenza della donna, che oltre a ciò deve confrontarsi con gli obiettori di coscienza. Quindi c’è questo rischio di tornare indietro, perché comunque questi problemi rimangono sempre pressanti. Alle donne la prima violenza che viene fatta è quella legata al tempo che viene loro tolto, le donne hanno una buona fetta del loro tempo che devono dare gratuitamente alla società, alla famiglia, ai maschi, alla cura degli altri. Quindi questo forse è il motivo per cui le donne non partecipano molto alle attività politiche o sindacali, le donne hanno poco tempo. Quindi la prima cosa che dobbiamo fare è riprendercelo"
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Le lavoratrici quest'anno hanno lottano anche duramente, portando nella lotta pure tutte le contraddizioni che viviamo come donne; ora questa lotta vogliamo che invada tutti i campi e che diventi sempre più visibile, e che siano le donne proletarie a determinare la rotta della nostra battaglia, perché o la determinano le donne proletarie o la determinano le donne della piccola borghesia, le donne borghesi ecc..
Per questo noi diciamo alle lavoratrici che lottano: “rafforziamo, costruiamo, entriamo nel movimento femminista proletario rivoluzionario”, rafforziamo il fronte di lotta proletario rivoluzionario delle donne, perché se non ci rafforziamo va avanti una linea che può anche portare una visibilità maggiore ma non cambia la situazione. C'era uno slogan nella manifestazione del 27 che diceva “siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce”; il grido altissimo c’è stato sicuramente in questa manifestazione, ma feroce non tanto, perché per essere feroce deve portare a delle rotture, a delle ribellioni che continuano, a una lotta che avanza. Non è feroce se invece una pur grandissima manifestazione non riesce a cambiare i rapporti di forza che per esempio impediscano al governo borghese di fare delle leggi che sono un'offesa verso le donne.
Noi come donne proletarie, vogliamo essere feroci, vogliamo che i padroni, i governi, gli uomini che odiano le donne comincino ad avere paura.
In alcuni momenti questo c'è stato, e guardate che quando c'è stato anche le uccisioni delle donne sono diminuite, gli stupri sono diminuiti, perché anche gli uomini che odiano le donne hanno cominciato a temere la forza collettiva delle donne. Però solo la forza delle donne che vivono tutte le oppressioni, che hanno tutte le catene da spezzare, può essere in grado di fare paura e si può parlare di un cambiamento totale, rivoluzionario di questa società, di questo sistema capitalista da "moderno medioevo" per le donne. 
Questo nostro "esercito" è ancora piccolo, ancora debole, e noi dobbiamo rafforzarlo, per questo è necessario che noi in ogni dove, soprattutto dove ci sono le lotte, rafforziamo o costruiamo dove non c'è il movimento femminista prioletario rivoluzionario, che entra in ogni campo, entra nel campo di come si deve fare il lavoro rivoluzionario, di come si deve fare il partito rivoluzionario, di come si deve fare il sindacato di classe ecc., e non sta ai margini, non sta a guardare, per poi al massimo a dire: ma quello non va bene. 
La lavoratrice di Palermo diceva: “dobbiamo riprenderci tempo”. Questo è importante! Noi ce lo riprendiamo se comprendiamo come è assolutamente necessario cambiare tutta la vita! 
Perché, chi l'ha detto che noi dobbiamo spendere anche il 40, il 30 % delle nostre energie, della nostra giornata a fare lavori domestici? Ci può essere una società in cui per esempio la gran parte di questi lavori domestici è socializzata? Sì, ci può essere, c'è stata, ci sono stati degli esempi nella storia, e allora le donne hanno tempo! Chi l'ha detto che i figli devono essere per tutto il tempo o prevalentemente a carico delle donne? Ci può essere una società in cui invece uno Stato proletario si prenda bene cura dei bambini senza che uno debba spendere migliaia di soldi? Sì, ci può essere! 
Allora noi, in questa prospettiva, ce lo dobbiamo prendere il tempo, anche questa è una ribellione! E' una ribellione al fatto che ci tolgono il tempo, la vita stessa, che ci schiacciano con il lavoro, il non lavoro, con tutti i problemi, la famiglia, i carichi di servizi, eccetera. Noi ci dobbiamo ribellare, dobbiamo prenderci il nostro tempo. Per che cosa? Il tempo per la lotta, il tempo per la lotta necessaria, che già in parte si fa, ma che ce ne deve essere molta, ma molta di più e ovunque, e non solo in alcuni momenti. 
Ma ci deve essere anche tempo perché noi comprendiamo le questioni. Noi abbiamo fatto delle assemblee anche di formazione rivoluzionaria delle donne per capire perché c'è l'oppressione delle donne, da dove ha avuto origine questa oppressione, è un fatto inevitabile che deve durare sempre? O invece può cessare? Perchè il grande lavoro domestico che facciamo è sfruttato da questa società ma non viene considerato produttivo per dare profitto al capitale, in un'altra società sarà lo stesso? ecc.
Ecco, le donne si devono prendere il loro tempo anche per questo, per prenderci la nostra vita nelle mani e lottare per una nuova società in cui le donne non siano più "vittime" ma protagoniste.
Quindi prendiamoci anche questo tempo!

30/12/21

Il MFPR fa appello a sostenere la campagna di solidarietà ai prigionieri politici in India - firmate la petizione, fate girare l'appello, partecipate alle iniziative

Il Movimento Femminista proletario rivoluzionario aderisce alla campagna e invita lavoratrici, compagne, intellettuali, organizzazioni sindacali, associazioni solidali con i prigionieri politici a partecipare

1 gennaio 2022 - aderiamo alla campagna nazionale e internazionale in tutte le forme possibili
prepariamo una azione a sorpresa nei prossimi giorni all'ambasciata a Roma e al consolato India a Milano

Fermare la repressione scatenata dal governo indiano!

Solidarietà con prigionieri politici in India!

Rilascio immediato di tutti coloro che sono stati illegalmente arrestati per il caso Bhima Koregaon!

Comitato Solidarietà India ha lanciato questa petizione anche in change.org e l'ha diretta a La Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH)
ambasciata indiana a Roma, consolato India a Milano, Ministero degli esteri e Ministero della giustizia Italia, stampa nazionale

è pubblicata in https://chng.it/9KkyJnCD2n

Negli ultimi anni a livello internazionale è cresciuto in diversi paesi e nella stessa india un movimento di solidarietà per il rilascio incondizionato del leader del Fronte Democratico Rivoluzionario (RDF), Prof. Saibaba, l’intellettuale Prof. Anand Teltumbde, lo scrittore rivoluzionario Varavara Rao e i tanti altri attivisti ingiustamente imputati nel caso Bhima Koregaon (BK-16).
Il 5 luglio scorso c’è stato l’omicidio di Stato di padre Stan Swamy, uno degli accusati nell’infame montatura Bhima Koregaon, a cui sono state cinicamente negate le cure mediche di cui necessitava.
Alcuni prigionieri politici maoisti sono stati uccisi in custodia e tanti altri ancora sono stati torturati.
Quella di Bhima Koregaon e del presunto piano per uccidere Modi non è che una montatura nell’interesse dei politici Hindutwa al potere e per coprire i criminali fascisti al loro servizio.
Sentiamo come nostra responsabilità difendere tutti gli attivisti sociali e oppositori politici falsamente accusati e imprigionati. Il solo loro crimine è essersi battuti e continuare a battersi per la democrazia e per tutti gli oppressi: i dalit, le minoranze tribali e religiose, le donne.
Varavara Rao, ottantenne, è stato rilasciato su cauzione per motivi di salute, ma il tribunale non gli ha concesso di vivere insieme alla sua famiglia nella sua residenza. Non è che un modo per mantenerlo sotto un altro tipo di detenzione.
Gowtam Navlakha e Sudha Bharadwaj soffrono gravi problemi di salute e hanno chiesto la libertà su cauzione ma il tribunale si è pronunciato a favore della polizia e non gliel’ha concessa. Giuristi di tutto il paese e all’estero hanno criticato questa decisione definendola niente di meno di un insulto alla Costituzione indiana.
Negli ultimi 20 quasi 2000 persone sono state uccise in custodia dalla polizia in tutta l’India. Ma solo 26 poliziotti sono stati riconosciuti colpevoli di questi omicidi. Da quando il giudice Agarwal ha rivelato il suo rapporto, accusando la polizia dei massacri di Sarkenguda e Edsametta, in Chhattisgarh, sono trascorsi anni senza che un solo poliziotto sia stato arrestato.
Il mondo intero, la stessa ONU, ha condannato l'omicidio di padre Stan Swamy ma il governo indiano non ha intrapreso alcuna azione nei confronti dei responsabili.
Il Presidente della Corte Suprema dell'India, L. V. Ramana, ha dichiarato apertamente che gli articoli della Sezione 124A (sulla sedizione) sono obsoleti e che gli organi legislativi devono abrogare quella norma. Ma i legislatori non se ne curano.
Grazie a queste leggi draconiane posso mettere dietro le sbarre tutte le voci che contestano e si oppongono ai governi. Gli accusati sono richiusi in cella di isolamento, dette Anda.
Molte organizzazioni giornalistiche, tra cui Press Club of India, Editors' Guild of India, Press Association, Indian Women Press Corps e Delhi Union of Journals hanno condannato le accuse di sedizione mosse contro giornalisti e intellettuali e si stanno battendo per l’abrogazione della legge UAPA e simili.
A dicembre Ganatantrik Adhikar Suraksha Sangathan si è fatto avanti condannando il linciaggio del leader della "Unione degli studenti Asom" Animesh Bayan. La legge sui poteri speciali delle forze armate del 1958 è in vigore da decenni in Nagaland, Asom, Manipur e Arunachal Pradesh e negli ultimi decenni ha consentito omicidi, atrocità e torture impunite contro il popolo della regione per mano dell'esercito indiano.
Il 5 dicembre, 13 persone sono state uccise in uno sparatoria nel villaggio di Voting, distretto di Mone, in Nagaland. L’incidente ha innescato una nuova ondata di proteste e lotta per la revoca della legge.
In questa situazione, tutte le forze democratiche a livello internazionale devono mobilitarsi per la liberazione immediata e incondizionata di tutti gli imputati nel caso Bhima Koregaon e per l’archiviazione della montatura giudiziaria contro di loro, per la fine delle operazioni repressive contro ogni voce di dissenso, la liberazione dei prigionieri politici e l’abrogazione delle leggi draconiane che danno “legalità” alla caccia alle streghe!

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info csgpindia@gmail.com

info mfpr.naz@gmail.com

info srpitalia@gmail.com

disponibili testi, materiali foto video per ogni tipo di iniziativa

29/12/21

“Non siamo le stesse donne di vent’anni fa e non resteremo in silenzio”, “Vogliamo lavoro, cibo e libertà” - Ascoltiamo e facciamo nostre queste parole, solidarietà alla lotta delle donne afghane!

Dopo l'iniziale annuncio di alcuni provvedimenti di apparente apertura verso le donne con l’obiettivo di ottenere legittimità internazionale, i divieti per le donne introdotti negli ultimi quattro mesi e mezzo dal governo dei talebani in Afghanistan sono stati diversi, con moltissimi diritti negati, come quello al lavoro e all’istruzione.

L'ultima norma, approvata dal ministero per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio, ha proibito alle donne di viaggiare senza un accompagnatore maschio per più di 72 chilometri. Oltre a vietare alle donne di viaggiare da sole, la norma vieta ai tassisti di far salire sulle proprie auto donne senza velo e impone a chiunque, uomo o donna, di non ascoltare musica in macchina.

E’ in corso quindi una nuova fase di attacco alle donne, e la risposta delle donne è stata immediata e coraggiosa

In decine hanno manifestato a Kabul contro le misure discriminatorie decise dai talebani, da agosto di nuovo padroni dell’Afghanistan. Lo hanno fatto sfidando coraggiosamente la repressione delle forze dell’ordine, che hanno sparato sul corteo per disperderlo, chiedendo giustizia sociale, istruzione, lavoro e libertà. Dicono di rappresentare metà della società e vogliono che la comunità internazionale non le dimentichi.

Le foto che ritraggono le manifestanti ora hanno fatto il giro del mondo, nonostante la censura della polizia che ha confiscato le macchine fotografiche ai giornalisti.

Ma dai paesi imperialisti non possiamo aspettarci nulla di buono senza una lotta radicale, anticapitalista e internazionalista delle donne anche in quei paesi.

Contro gli imperialisti e i talebani non vogliamo né interventi né accordi delle potenze imperialiste. “Le donne devono imporre i loro diritti con la forza”, lo abbiamo scritto nel 2001 e nell’agosto 2021. Lo riaffermiamo oggi, esprimendo la massima solidarietà alla lotta delle donne afghane.

Come nel 2001 le donne dissero: "Noi che odiamo così tanto il burqa, non permetteremo che sia l'imperialismo occidentale a togliercelo. Sarebbe come uno "stupro", anche oggi sono le masse popolari afghane, le donne in prima fila che devono liberarsi dai talebani e dagli imperialisti con la loro lotta.

Siamo noi donne, compagne di tutti i paesi, la comunità internazionale che non deve dimenticare le donne afghane e che deve impedire all’imperialismo dei propri paesi, Italia in testa, di strumentalizzare la terribile condizione delle donne in Afghanistan per i propri interessi economici e geostrategici, fino anche a sostenere il regime medioeval-feudale dei talebani.

“Non siamo le stesse donne di vent’anni fa e non resteremo in silenzio”, “Vogliamo lavoro, cibo e libertà”, ecco cosa ci dicono oggi le donne afghane.

Ascoltiamo e facciamo nostre queste parole!

Nell’assemblea in presenza delle donne/lavoratrici del 4 dicembre a Milano, abbiamo sottolineato l’importanza dell’aspetto internazionale e internazionalista assunto nella manifestazione contro la violenza sulle donne a Roma del 27 novembre, in particolare con l'azione del Mfpr.

Riportiamo, di seguito, alcuni appunti sulla situazione internazionale delle donne di cui si è discusso in quell’assemblea:

“… un altro aspetto importante che c'è stato nella manifestazione del 27 è quello dell'aspetto internazionale e internazionalista, perché la violenza sulle donne non è una questione che riguarda solo le donne di questo paese, le donne italiane, ma riguarda le donne di tutto il mondo, e in particolare poi ci sono dei paesi in cui le donne subiscono una violenza che non ci sono aggettivi sufficienti per poterla descrivere. 

Di recente è stata lanciata una giornata internazionale di sostegno alle masse popolari che in India stanno facendo la guerra popolare, lottando contro un governo genocida, un governo fascista come quello indiano, dove c’è Modi al governo, uno dei potenti del mondo che è venuto qui in Italia proprio al G20 e che è stato a braccetto con Draghi e con tutti gli altri potenti del mondo. E a questa giornata di sostegno alle lotte che stanno portando avanti in India, lanciata in tutto il mondo dal Comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in India, noi come mfpr abbiamo contribuito e fatto anche delle iniziative di controinformazione, scritte, striscioni, pannelli. A Milano si è fatto anche un presidio al consolato indiano, dove hanno partecipato pure le compagne del Mfpr per portare un saluto rivoluzionario, in generale a tutto il popolo indiano, ma in particolare alle donne e alle compagne indiane che stanno portando avanti, appunto, questa lotta rivoluzionaria. L'India è uno dei paesi in cui le donne subiscono una doppia, tripla, quadrupla violenza. Una violenza che è legata anche al sistema feudale di caste che c'è in quel paese, alla questione religiosa, alle misure di isolamento e militarizzazione imposte dal governo per sradicare i maoisti.

In India le donne vengono stuprate fin da piccole. Di tante bambine stuprate, violentate, neanche si parla in televisione; a volte invece si è visto che violenze atroci subite da ragazze anche nelle città, hanno suscitato la rabbia popolare contro queste atrocità con  manifestazioni di massa contro queste violenze, che sono veramente atroci: donne bruciate, donne che se rimangono vedove poi sono sottoposte a una condizione di oppressione allucinante. Ci sono dei paesi in cui le donne che rimangono vedove vengono messe in dei grandi campi di concentramento e devono vivere lì con un minimo di sussidio, abbandonate da tutto, socialmente invisibili.

…abbiamo portato questo messaggio nella manifestazione del 27, ma c’è stata anche una delegazione delle donne palestinesi che hanno affermato che in Palestina le donne devono lottare contro due cancri: il regime di apartheid israeliano e una struttura sociale, anche interna alla Palestina, che le vuole sottomettere; c'erano inoltre anche degli striscioni con fotografie delle donne curde, perseguitate, incarcerate, uccise dal regime fascista di Erdogan.

Questo aspetto di unità internazionale è importante, perché tutte abbiamo la necessità di fare alcune battaglie insieme. Ci sono le questioni dei femminicidi, degli stupri, la questione sull’aborto, ed è chiaro che su questo terreno noi dobbiamo costruire una forza internazionale che va dal Texas alla Polonia, dove ora vogliono negare totalmente l'aborto, all'Italia dove i tentativi pratici e ideologici di mettere in discussione l'aborto sono meno eclatanti, ma vogliono arrivare allo stesso scopo. In Italia ad esempio, stanno presentando la nuova misura dell'assegno unico per incitare, stimolare le donne a fare figli perché sono troppo pochi, perché i padroni vogliono carne fresca ecc., e questo l'hanno detto le ministre, l’ha detto Bonomi presidente degli industriali, lo hanno detto altre parti del parlamento. A parte il fatto che è ridicolo pensare di incentivare la natalità con qualche soldo in più, tra l'altro preso da altre parti del salario, dalle detrazioni fiscali, ecc., dietro questo discorso di fare figli appare l'ombra nera dell’attacco al diritto di aborto. Diritto all’aborto che sarebbe da migliorare, non togliere, per la questione per esempio degli obiettori di coscienza.

Ecco, questo problema, questa lotta, necessita anche di un legame internazionale.

D'altra parte questo legame internazionale è importante non solo sotto l'aspetto della necessità della lotta CONTRO, ma anche per agire la lotta PER, nel senso che in alcuni questi paesi, vedi l’India, c'è un grandissimo movimento delle donne, migliaia sono state in prima linea nella grande lotta dei contadini, e una parte in questo movimento è in prima fila nella guerra di popolo per costruire una nuova società, una società in cui il potere sia in mano alle masse popolari, in cui le donne possano decidere della vita e di tutto. E questo è un messaggio non solo per l'india, ma anche per noi che siamo nei paesi imperialisti."

Un augurio di lotta e di solidarietà militante alle donne in carcere per essersi ribellate, per aver lottato, alle prigioniere politiche rivoluzionarie

(Dall'intervento di una compagna de L'Aquila nell'assemblea del 4 dicembre)
Il 27 novembre, alla manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne, abbiamo portato anche la voce, la denuncia e la lotta contro una violenza che è istituzionale, contro la repressione, contro la violenza di Stato che subiscono in generale le donne proletarie e in particolare le donne migranti, con i decreti sicurezza, la negazione dei documenti, del diritto alla residenza, alla cittadinanza, alla casa. Abbiamo portato in piazza la voce delle detenute in lotta che quest'anno hanno fatto anche sciopero l'otto marzo, ma anche al fianco delle resistenti detenute del carcere di Torino che hanno programmato proprio per dicembre un nuovo "sciopero del carrello" con rifiuto il sopravitto per rivendicare la liberazione anticipata anche per coloro, che pur avendo tenuto una buona condotta, continuano ad essere sottoposte all’articolo 4 bis perchè condannate per "terrorismo". 
Nella piattaforma che abbiamo portato in piazza per le donne proletarie detenute chiediamo libertà e accesso alle misure alternative come tutela sia del diritto alla salute e della genitorialità, sia come difesa dalle violenze, dagli abusi sessuali che subiscono anche in carcere soprattutto le soggettività trans, e non è infrequente che molte si suicidano. Abbiamo detto nessuna repressione delle donne proletarie in lotta e anche delle donne che si difendono dalla violenza maschile. Molte donne sono in carcere per perché appunto si sono ribellate alla violenza maschile, alla violenza del fidanzato, dell'ex compagno, del marito o del padrone; alcune sono condannate per tentato omicidio, perché si sono difese fisicamente dalla violenza maschile. 
Siamo scese in piazza anche in solidarietà con tutte le prigioniere politiche, a livello internazionale come nel nostro paese. In Italia Nadia Lioce è l'unica prigioniera politica da 16 anni in 41 bis, che è una forma vera e propria di tortura il cui unico scopo è l’annientamento totale dell’individuo. Perché cosa si chiede a Nadia Lioce per la fine di questo trattamento? Si chiede l'abiura delle proprie convinzioni politiche, ma  Nadia Lioce è una compagna che è rimasta coerente nella sua battaglia contro lo Stato del capitale, e quindi non si è né pentita né dissociata. 
La lotta contro la repressione, contro la tortura, in difesa delle condizioni di vita di tutte le prigioniere politiche, debba rientrare anche nella lotta più generale delle donne contro la violenza, che sia essa maschile, padronale o di Stato.

Montello: alla vigilia di natale il "regalo" dei padroni alle operaie - Ma le operaie dicono NO - ora la LOTTA!

CAMBIO APPALTO MONTELLO SPA. CGIL A TUTTO CAMPO PER I PADRONI FAVORISCE LA COOP SELECTION CHE SE NE VUOLE ANDARE DOPO ANNI MILIONARI LASCIANDO AI LAVORATORI UNA MISERA CONCILIAZIONE DI 400 EURO, SOTTO LA PRESSIONE DELLA NUOVA ASSUNZIONE, DIFENDE L’APPALTO PER MONTELLO, QUANDO LA COOPERATIVA È PURA INTERMEDIAZIONE DI MANODOPERA, SENZA SCOPO INDUSTRIALE, UN ESEMPIO DI MODERNO CAPORALATO.

LA CGIL HA FIRMATO UN ACCORDO AZIENDALE APPLICANDO LIVELLI PIÙ BASSI, TAGLI DI PAGA, DIVENTANDO IL POLIZIOTTO DELLA FABBRICA CONTRO I LAVORATORI.

UN ACCORDO SINDACALE AZIENDALE SENZA IL VOTO DEI LAVORATORI

DOVE LE COSE IMPORTANTI SONO STATE DECISE TETE' A TETE' SOLO CON IL PADRONE (CON I DELEGATI CHE HANNO FIRMATO) AI LAVORATORI È CONCESSA SOLO LA SCELTA INDIVIDUALE DEL PUNTO 2, CHE DOVREBBE ESSERE INVECE COLLETTIVA, PERCHÈ COSÌ FINIRA’ PER ROMPERE L’UNITÀ DI CLASSE E PER INDEBOLIRE GLI OPERAI.

MENTRE IL RESTO DELL’ACCORDO È BLINDATO!

Sono in corso le iniziative dello Slai Cobas sc, prima di tutte assemblea unitaria operaia in fabbrica, per compattare le operaie e gli operai contro l'accorso aziendale,  contro il moderno caporalato in fabbrica, contro lo sfruttamento che consuma le lavoratrici fino ad essere licenziate volontariamente per esaurimento, per poche migliaia di euro con accordo sindacale, come già fatto dalla Cgil nel 2020.

Ancora un brutta situazione di monopolio sindacale, retto sull’intesa padrone/Cgil, che l’opposizione di classe in fabbrica non è ancora riuscita a rovesciare e quindi continua a dare i suoi frutti avvelenati.

Dopo due anni di resistenze dei soci lavoratori segnati dalla clamorosa l’assemblea a fine 2019 con la massa dei soci lavoratori trascinati dal gruppo combattivo delle operaie Slai Cobas sc, che hanno bocciato per acclamazione l’odg della coop per la sua trasformazione in spa, ora i piani aziendali avanzano agevolati da un accordo di cambio appalto gestito solo dall’apparato della Cgil e annunciato a cose fatte.

Per la cronaca due giorni fa la squadra dei delegati Cgil ha aderito all’accordo firmandolo.

Approfittando del cambio appalto, con il verbale per il passaggio tra le cooperative, la Cgil ha colto l’occasione nell’ignoranza generale, per far passare e

firmare un Verbale di Accordo Collettivo in Fabbrica, (accordo aziendale) che abbassa il livello degli inquadramenti, peggiorando anche alcuni termini dell’infame CCNL Trasporti e Logistica, rendendo ancora più conveniente assumere i nuovi lavoratori rispetto a quelli anziani, favorendo inevitabilmente nuovi esuberi.

Taglia direttamente il salario concordando le fermate strutturali, come permessi non retribuiti.

Naturalmente viene istituito il fondo Saniliog, sanità integrativa a pieno interesse sindacale.

È un accordo mirato alla difesa della produttività e del profitto, con 10 euro lordi per saltare il giorno di riposo; trasforma i firmatari in poliziotti della fabbrica, a caccia dei lavoratori che si ammalano. Attacca l’uso della malattia ma nulla dice per le sicurezza, per la difesa della salute e delle operaie, niente contro il distruttivo lavoro di selezione sulle linee per le operaie, molte già segnante dall’usura del profitto e dalla pesantezza dei ritmi di lavoro. Tagli economici e controllo poliziesco per chi non riesce ad andare in fabbrica per il mal di schiena. I lavoratori che fanno malattia diventano criminali, i padroni che rovinano e ammazzano di lavoro lasciati liberi di agire.

Non poteva mancare la redditizia conciliazione tombale. Per coprire le responsabilità in solido del padrone della Montello, ai lavoratori chiamati a firmare il nuovo contratto di assunzione, verrà sottoposta per una libera adesione in cambio di 400 euro, la cancellazione di ogni pretesa verso le aziende, firmando la rinuncia a qualsivoglia azione legale risarcitoria per danni economici, fisici o morali.

Da sottolineare che in una assemblea informativa di pochi giorni fa, fatta fuori dall’orario di lavoro, quindi con le operaie che a piccoli gruppi si fermavano all’esterno della portineria per ascoltare le spiegazioni del sindacalista in merito, senza ovviamente avere la possibilità di decisione collettiva, o di voto, era stato dichiarato che il passaggio sarebbe stato diretto.

Dopo che un forte malumore si è alzato tra le file dei tesserati Cgil ‘non firmiamo niente, solo il nuovo contratto’, le nuove disposizioni ufficiali sindacali, ci dicono che la proposta di conciliazione tombale verrà esibita contestualmente alla firma dell’assunzione, rappresentando oggettivamente una forma di pressione verso i lavoratori.

Una conciliazione che anche dal punto di vista formale tradisce la commistione tra padroni e appalto e padroni e Cgil: il verbale che dovrebbe riguardare una intesa (comunque negativa) tra socio lavoratore e cooperativa, in realtà è scritta a difesa di Montello spa.

I vertici sindacali con la squadra di delegati, ancora una volta, come già nel 2012 quando annullarono persino gli effetti di un ricorso, mettono nero su bianco che l’appalto non si tocca, l’internalizzazione delle operaie e operai, interesse e aspirazione per molti, non è per la Cgli una rivendicazione.

C’è un ultimo aspetto che tradisce tutta l’ipocrisia dei sindacalisti. Davanti ad un accordo aziendale verticistico, blindato, coperto dal cambio appalto, tentano la mascheratura con ‘l’operazione democrazia’, dicendo ai lavoratori che solo al punto 2, - scelta tra socio lavoratore e dipendente- sono liberi di scegliere, quando non hanno nemmeno a disposizione lo Statuto, il Regolamento Interno (vedi sotto), ma soprattutto dovrebbe essere una decisione collettiva presa in assemblea sindacale, con il sindacato, per mantenere l’unità e la forza degli operai in fabbrica.

Lo statuto

E’ l’atto che, per legge, disciplina l’organizzazione e l’attività di ogni cooperativa. Nello statuto principalmente sono enunciati gli "scopi sociali" per cui la cooperativa esiste; in secondo luogo trovano posto svariate norme che riguardano i compiti ed il funzionamento degli organi sociali (che sono assemblea dei soci, consiglio d’amministrazione, collegio dei sindaci –questi ultimi hanno funzioni simili ai revisori dei conti-). Ulteriori articoli dello statuto riguardano il capitale sociale e le modalità di scioglimento della cooperativa.

Il regolamento interno

Il regolamento interno è rivolto ai soci lavoratori della cooperativa; anche in questo caso naturalmente ci troviamo di fronte ad un insieme di regole. Esse vengono stabilite dalla cooperativa e riguardano diversi aspetti del rapporto che si instaura tra di essa ed il socio. Per esempio qui possono essere indicate le modalità di assunzione, i criteri per i rimborsi per spostamenti in servizio, l’inquadramento funzionale dei soci lavoratori , la retribuzione, le ferie, le sanzioni disciplinari.

22/12/21

Femminismo proletario rivoluzionario: lotta in tutti i campi, per cambiare la terra e il cielo

Dall'intervento del MFPR all'assemblea del 4 dicembre

Anche in questi giorni il governo, i padroni stanno portando avanti un ulteriore peggioramento della condizione della maggioranza delle donne. 
Questo chiama nel nuovo anno alla necessità di un rafforzamento della lotta delle donne, ponendo una differenza tra la lotta delle donne proletarie, e quella del femminismo piccolo borghese.
La manifestazione del 27 novembre a Roma è stata una grossa manifestazione e non era affatto scontato. Essa è stata importante anche per la fase. Siamo sempre in una fase di pandemia che per un anno e mezzo, se non di più, ha portato il governo, le prefetture a vietare le manifestazioni, e ogni volta che, comunque, le lotte le abbiamo fatte abbiamo dovuto fare una battaglia con la polizia, la questura per i permessi ecc. Anche in questi mesi, lo Stato, il governo hanno messo molti bastoni tra le ruote, voleva che i cortei non ci fossero ma solo sit-in stanziali, la CGS ha, oltrepassando anche i suoi compiti già fortemente limitanti, vietato scioperi in interi settori lavorativi proprio quelli a maggioranza donne, scuola, sanità.
Quindi non era una manifestazione scontata e facile. E invece c'è stata, e anche quest'anno è stata la più grande manifestazione, non solo di tutte quelle che ci sono state in questo periodo, in questi mesi - e ce ne sono state, c'è stato il G20 a Roma, ci sono state le manifestazioni, gli scioperi dell’11 ottobre, ci sono state le manifestazioni al sud, quelle degli studenti, ecc.
Quando le donne scendono in piazza sono tantissime. Quindi era importante starci, e noi ci siamo state! Perché quando ci sono 50mila e forse più donne in piazza, noi non ce ne dobbiamo stare a casa solo perché quelle lotte non sono proprio espressione di quelle che facciamo ogni giorno, di quelle che fanno le lavoratrici. 
La questione bella, a parte la quantità, è stata la presenza in questa manifestazione di tante ragazze, tantissime, giovanissime studentesse e anche ragazzi. Ed erano quelle che esprimevano più ribellione, più vivacità, più determinazione, anche negli slogan, che esprimevano le cose più giuste, come legare la violenza sessuale, i femminicidi a tutte le violenze, a tutte le oppressioni, sfruttamento, che noi donne viviamo, che quindi non è solo una violenza, ma la violenza sessuale è la punta di iceberg dell’insieme delle violenze che viviamo quotidianamente, sia sul lavoro, sul non lavoro, sia in casa, sia nei quartieri, nelle scuole, ecc. Ed erano proprio queste giovanissime, che non hanno ancora l’esperienza di attacco sul lavoro, che legavano il femminismo alla lotta di classe, alla lotta contro l'intero sistema di classe dei padroni, l'intero sistema di governi, dello Stato borghese.
Le studentesse fra l'altro ponevano anche in altri spezzoni un'altra questione, che noi in particolare abbiamo portato sia nel volantino, sia negli slogan, ecc., che il problema non è neanche di una lotta che si fa solo per il 25 novembre, o che si fa solo l'8 marzo ecc. Questi sono due momenti molto importanti per la nostra storia, per la prospettiva della nostra battaglia, per la nostra unità internazionale con tutte le donne oppresse, tutte le donne sfruttate, però anche in questo corteo c'è chi, come le lavoratrici, e spesso anche le ragazze nelle scuole, lotta tutti i giorni, non aspetta di lottare alle date canoniche, e chi invece aspetta solo le date canoniche per lottare, quando è tutti i giorni che noi veniamo attaccate. 
Noi lottiamo ogni giorno per fare battaglie immediate, ma abbiamo un obiettivo di lunga durata, quello di fare la rivoluzione, di cambiare questo sistema. Per esempio nella piattaforma dello sciopero delle donne, quella dell'otto marzo, abbiamo sintetizzato una serie di istanze, di bisogni. Noi lavoratrici, noi donne, siamo per esempio chiamate a lottare per il lavoro, perché il lavoro per le donne vuol dire anche indipendenza economica e quindi ha un valore oggettivamente emancipativo, e in tante realtà su questo facciamo una lotta quotidiana. Però quando facciamo le battaglie quotidiane non ci illudiamo, perchè anche se otteniamo delle cose, dei risultati, poi alla radice il problema resta. La borghesia, grazie alle lotte, concede qualcosa, ma deve rimanere per noi la visione strategica dell'obiettivo di lunga durata. 
Qui sta la differenza principale con Nudm, col femminismo piccolo borghese. 
La situazione sta diventando sempre più difficile. Noi donne dobbiamo lottare anni per avere il diritto elementare al lavoro, al salario, perché spesso ci vengono negati... “tanto c'è il marito che lavora”! Ci vogliono anni di lotta per avere anche la miseria di 15 giorni di lavoro, e questa è già un'ingiustizia inaccettabile; così come contemporaneamente tante operaie vengono licenziate! Come alla Saga Coffee, o come a Taranto ci sono le operaie di una fabbrica, la Tessitura di Mottola in cui almeno un terzo sono donne, che sono state messe fuori dal loro posto di lavoro, una fabbrica che ha avuto tanti fondi pubblici però ora i padroni se ne vanno perché fanno più profitti in Egitto, o nella Repubblica Ceca, e delle operaie che ha sfruttato fino all'osso non gliene importa più niente.
Non solo, proprio in questi giorni sono venute fuori le soluzioni che il governo vuole prendere per frenare i femminicidi. Ma ancora una volta queste non sono “soluzioni” ma aggiungono problemi a problemi. Addirittura si parlava di dare la scorta alle donne, ora pare che abbiano ritirata questa proposta e parlino solo di “vigilanza”, ma non sono certo queste le soluzioni che servono alle donne! Poi c'è stata l’altra proposta vergognosa del “reddito di libertà per le donne” che sono state vittime di violenza, un’elemosina di 400 euro al mese, e non per tutte, con cui non ci paghi neanche l'affitto di casa!
D’altra parte, se tu licenzi delle donne, è chiaro che queste diventano più subordinate, dipendenti, devono tornare in famiglia, non possono rompere dei legami, o se li rompono poi spesso non possono andarsene in un'altra casa, ecc. Quindi il governo non risolve questi problemi di fondo, questi problemi di vita quotidiana e vorrebbe metterci la vigilanza... E di chi? Di poliziotti e carabinieri che se ne sono fregati fino all'altro giorno nonostante le denunce? Che hanno permesso che mariti già segnalati continuassero liberamente a girare, ad avvicinarsi alle donne? Di poliziotti che hanno essi stessi una concezione fascista delle donne e non poche volte sono loro stupratori. Ma di che parliamo? Di che ci dovremmo fidare?
Per non parlare di altre questioni importanti, come l'aborto. E’ come un'onda nera che dagli USA, dalla Polonia, via via si sta avvicinando anche a noi e fra un pò diranno apertamente anche in Italia che dobbiamo restringere questo diritto! Per non parlare del caro vita, che chiaramente si scarica essenzialmente su noi donne.
Quindi la situazione è effettivamente più difficile, e c'è la necessità di una lotta, di una lotta di tutti i giorni, le grosse manifestazioni servono però poi bisogna ogni giorno lottare e organizzare la lotta, altrimenti si torna indietro. E fanno di tutto per farci tornare indietro, per farci perdere quel poco di diritti che abbiamo conquistato con le lotte. Dobbiamo continuare a lottare, dobbiamo diventare, come diciamo noi in uno slogan, "pericolose, per gli uomini, per i padroni, per i governi, per gli stati che odiano le donne". Serve una lotta di classe, perché non siamo tutti nella stessa barca, anche tra le donne ci sono le donne borghesi e ci sono le donne proletarie e quindi non siamo tutte nella stessa condizione, né, chiaramente, le donne borghesi vogliono ribellarsi come invece si ribellano le lavoratrici, le ragazze ecc..
Anche nella manifestazione di Nudm - in cui chiaramente era giusto starci, era giusto portare la voce delle lavoratrici, delle donne più sfruttate e oppresse, e chi non l’ha fatto ha sbagliato - da un lato c'è il femminismo piccolo borghese, che è maggioritario, che denuncia, fa anche iniziative, però alla fin fine, vedi nelle richieste, es. cav, piano antiviolenza ecc., sfocia nel riformismo, vuole eliminare soltanto gli aspetti più oppressivi, patriarcali, vuole migliorare ma non rovesciare questo sistema; dall’altro ci sono le lavoratrici, le donne proletarie, le disoccupate, che non hanno una catena ma le hanno tutte e che non devono romperne solo una o migliorare la situazione, ma devono rompere tutte le catene.
Per questo, con le Assemblee nazionali Donne/Lavoratrici, con la presenza di varie realtà, di varie lotte, quello che vogliamo vada avanti è l’unità, l’organizzazione, la lotta delle donne proletarie prima di tutto. 
Il femminismo è importante, il femminismo ha cambiato e deve cambiare la condizione delle donne, deve imporre la visibilità della lotta delle donne, però questo movimento femminista deve servire per trasformare, per fare la rivoluzione, non per migliorare, aggiustare, ma per fare una rivoluzione che rovesci questo sistema di oppressione, di doppio sfruttamento, di attacchi ai diritti, per cambiare la terra e il cielo. Perché non basta fare una rivoluzione, per costruire un potere totalmente diverso, un potere proletario, occorre continuare la rivoluzione socialista, per cambiare anche le idee, la cultura, la sovrastruttura, le scuole, quello che si insegna nelle scuole e come, la famiglia, ecc. Quindi occorre fare una rivoluzione nella rivoluzione.
Ora questo femminismo proletario rivoluzionario è ancora piccolo, è ancora debole e si deve rafforzare, deve "farsi le ossa". Le nostre ossa principali sono soprattutto le lotte, le lotte concrete, che ogni giorno facciamo nelle varie nostre situazioni, nelle varie città; e queste lotte devono moltiplicarsi, perché i motivi per lottare ogni giorno diventano tanti, si raddoppiano, si triplicano. Se non ci sono lotte è perché spesso le lavoratrici non sanno a chi rivolgersi, e allora noi dobbiamo essere visibili, ci dobbiamo essere.
Quindi questo femminismo proletario rivoluzionario deve farsi le ossa nelle lotte delle proletarie; però deve avere una forza, un riconoscimento anche nell’insieme del movimento delle donne.
Noi dobbiamo puntare al fatto che per esempio in una prossima manifestazione grande delle donne, le lavoratrici siano unite, siano visibili, siano determinanti, non siano alla coda del femminismo piccolo borghese, che appunto vuole solo cambiare alcune catene e non tutte. 
E’ una battaglia locale, lì dove stiamo, per sviluppare sempre più lotte, perché ce n’è bisogno, perché la lotta dà forza, dà fiducia, l'unità con altre lavoratrici ci incoraggia ad andare avanti, ma dobbiamo anche essere una realtà nazionale, una realtà che unisce. Che le lotte delle lavoratrici si facciano a Bergamo o a Palermo, devono unirsi, devono collegarsi, una deve incoraggiare l'altra, anche quelle che non sono fatte da noi, se le donne lottano quelle donne sono le "nostre" donne, sono le nostre sorelle.
Quindi noi dobbiamo anche costruire una forza nazionale di queste realtà, perché vogliamo trasformare una situazione difficile su tutti i terreni, non solo sul problema delle lotte sindacali, ma sul terreno dei femminicidi, sul problema delle leggi che fanno che invece che essere una soluzione diventano un nuovo problema, sulla questione del diritto d'aborto che lo vogliono attaccare ecc.. Le lavoratrici proletarie, proprio perché hanno non un’oppressione ma tutte le oppressioni, l'oppressione senz'altro abbiamo detto, devono essere attive su tutti i fronti e non solo sulle questioni lavoro, attacco al salario, eccetera.

Ma noi diciamo anche qualcosa in più. La nostra storia in Italia, la storia comunista, della Resistenza antifascista, di tutte le lotte degli anni ’70, hanno posto la questione che non basta solo la lotta sindacale per cambiare radicalmente la situazione, rovesciare questo sistema barbaro, ma occorre la lotta politica e per la lotta politica occorre l'organizzazione politica, non basta solo l'organizzazione sindacale.
Allora noi chiediamo: ma perché mai le donne, che sono più del 50% dell'umanità, le donne che portano una marcia in più nelle lotte proprio perché vivono tutte le oppressioni, perché queste donne, sul fronte della organizzazione sindacale di classe, sul fronte dell'organizzazione del partito rivoluzionario non devono portare la loro “marcia in più”?
Ecco, noi chiamiamo le lavoratrici a portare avanti anche questa battaglia. Perché purtroppo noi l'esperienza l'abbiamo! Noi abbiamo sindacati di base, anche di classe, molto combattivi, che però sul fronte delle lavoratrici, delle donne, non ci sentono e non ci vedono, al massimo ci riservano un punto in una mega piattaforma, ma non è questo che ci basta. Ne ci deve stare bene che le donne, le lavoratrici siano visibili solo quando fanno le lotte sindacali o quando lottano e fanno gli scioperi insieme ai lavoratori, però non hanno voce nelle decisioni, non hanno voce su come gestire la lotta, non hanno voce spesso nelle assemblee o hanno una voce flebile anche nei sindacati che invece dovrebbero essere di classe. 
Così rispetto al partito rivoluzionario. Perché noi non ci dovremmo mettere il becco in una questione così importante, vitale e strategica di un partito che deve fare la rivoluzione? Che partito vuoi fare compagno? Vuoi fare un partito "comunista" in cui le compagne continuino ad essere delle aggregate o un partito comunista rivoluzionario che pone come principio costitutivo il fatto che le donne sono determinanti, sono una marcia in più, sono quelle che pongono da subito la necessità di una rivoluzione a 360°, di una rivoluzione, appunto, che tocchi la terra e cielo, di una rivoluzione nella rivoluzione? 
Ecco, noi vogliamo sfidare tutto questo, noi vogliamo entrare in tutti i campi che riguardano la nostra vita, la nostra battaglia, sia di oggi, ma sia, soprattutto, per cambiare la società. Perché se non lo facciamo che tipo di società poi andiamo a costruire? Una società in cui il governo non si chiamerà “Draghi”, ma si chiamerà “compagno”, però rispetto alla questione di un'effettiva costruzione del nuovo potere proletario, della trasformazione contro tutte le oppressioni e del ruolo decisivo delle donne in questa nuova società, non cambi tutto?
Su questo noi chiamiamo le lavoratrici, le donne proletarie a parlare. Facciamo anche questa discussione e questa battaglia, con il nostro coraggio, la nostra determinazione, con la nostra ribellione, con la nostra felicità di lotta.

20/12/21

Le donne che denunciano maltrattamenti e abusi in famiglia, " esagerano"! Per questo stato borghese, maschilista che ci fa ormai apertamente la guerra, noi dobbiamo rispondere con la nostra ribellione e la lotta!


A cura di Natascia Alibani
Pubblicato il 20 Dicembre 2021


Una pm archivia una richiesta per abusi sessuali spiegando che "il marito deve vincere le resistenze della moglie" e che i fatti carnali "vanno ridimensionati

Siamo a Benevento, nell’aprile di quest’anno: una donna denuncia il marito per abusi domestici, dichiarando di essere stata costretta ad avere rapporti sessuali con lui, nonostante abbia opposto resistenza. E aggiunge di essere stata minacciata con un coltello in un’occasione. La pm incaricata del caso, però, procede con la richiesta di archiviazione.

La donna che ha sporto denuncia, come spiega Il Fatto Quotidiano che per primo ha riportato la vicenda, parla precisamente “di pressione esercitata dal marito che la faceva sentire obbligata ad avere rapporti sessuali con lui”, rapporti subiti per non svegliare il figlio; dice anche che, durante un servizio del tg sui femminicidi, una sera, il marito le avrebbe puntato un coltello alla gola dicendole che ci sarebbe finito pure lui, una volta o l’altra, in uno di quei servizi. Ma per la magistrata quel gesto non sarebbe stato che uno scherzo, da inserire nel “contesto in cui è avvenuto, ossia, la preparazione familiare della cena di una festa, dinanzi a testimoni”.
Insomma, una burla o poco più, sostiene la pm; che ha anche aggiunto che la moglie, probabilmente, ha mal intrerpretato gli approcci sessuali insistenti del marito, scrivendo che “I fatti carnali devono essere ridimensionati nella loro portata, non avendo la stessa descritto espressioni di minaccia o di costrizione fisica, né di abuso di autorità”. Per la magistrata la decisione di separarsi, che la donna stava meditando, avrebbe inoltre rappresentato un’ulteriore evidenza della sua malafede: “Non nutrendo più i sentimenti e la stima di un tempo nei confronti del marito, non era più incline a congiungersi con lui ma per motivi che ella stessa sostiene non avrebbe avuto il coraggio di esprimere”.

In conclusione:

Considerato la sussistenza di un rapporto di coniugio, appare arduo sostenere che sia provata la consapevolezza in capo [al marito] della non consensualità al rapporto sessuale, considerato anche comune negli uomini dover vincere quel minimo di resistenza che ogni donna, nel corso di una relazione stabile e duratura, nella stanchezza delle incombenze quotidiane, tende a esercitare quando un marito, particolarmente amante della materia, tenta un approccio sessuale.

Una decisione che ha indignato molti, soprattutto perché può ricordare il cosiddetto stupro coniugale, a oggi punito secondo l’articolo 609-bis del Codice penale, grazie anche alla sola dichiarazione della donna (sentenza della Corte di Cassazione, terza sezione penale, 16608/2017).

“Un ragionamento che lascia attoniti e perplessi” così ha commentato infatti il legale della protagonista di questa vicenda, Michele Sarno,  precisando: “Non sono aduso impugnare i provvedimenti ma in questo mi è sembrato necessario”. La risonanza mediatica sul caso è stata tanta che è intervenuto anche il Procuratore capo di Benevento, Aldo Policastro, il quale ha specificato che la decisione definitiva sul caso avverrà “all’esito dell’esame degli atti e dell’opposizione, pur tenendo conto dell’autonomia del magistrato assegnatario del procedimento”.

Policastro ha spiegato che gli accertamenti svolti devono aver portato la pm a sostenere “che non ricorresse il quantum probatorio necessario a ritenere sussistenti gli elementi costitutivi dei reati contestati”, ma si dichiara tuttavia “assolutamente estraneo alla prassi e agli orientamenti di tutto l’ufficio ogni e qualsiasi sottovalutazione del seppur minimo approccio costrittivo nei rapporti interpersonali tra uomo e donna, in quelli che involgano la libertà in generale e quella sessuale in particolare

Bologna - Presidio per Adelina Sejdini

Verità e giustizia per Adelina!

Nella giornata internazionale dei diritti del migrante e del rifugiato si è tenuto a Bologna il presidio di denuncia per il suicidio di Stato di Adelina Sejdini. Adelina si era ribellata a un destino di tratta delle donne migranti a fini di prostituzione: le più esposte, le più facilmente assoggettabili.

Indomitamente lei non aveva mai smesso di denunciare l’orrore del racket facendo arrestare diversi esponenti della mafia albanese. Avrebbe voluto ottenere la cittadinanza italiana per non vivere con la spada di Damocle di un rimpatrio in Albania.

A gran voce si è chiesto verità e giustizia per Adelina.

Paradossalmente la questura di Bologna ha spostato il presidio delle donne su uno dei viali di Bologna in un tratto in cui c’è essenzialmente traffico automobilistico perché in concomitanza si teneva in centro città, in piazza dell’Unità, dove originariamente si doveva tenere il presidio, la manifestazione dei no vax: ciò non ha mancato di suscitare rabbia anche al pensiero del peggioramento delle condizioni che le donne hanno subito proprio durante e a causa della pandemia.

Sentita tra le donne, le compagne la condanna della tratta per prostituzione delle donne, la necessità di denunciare che non di libera scelta si tratta.

Diremmo noi che la prostituzione è parte di questo sistema e solo la sua trasformazione radicale può mettere fine all’orrore senza fine per le donne.

Le compagne del mfpr e dell’Assemblea nazionale donne/lavoratrici che hanno partecipato al presidio.

19/12/21

Intervista alle operaie della Tessitura di Mottola: "soprattutto donne al presidio... lottiamo perchè vogliamo continuare ad essere indipendenti..."

Invitiamo a far girare questo video per far conoscere questa lotta, di cui purtroppo poco si parla, ma che è importante anche per il ruolo attivo che hanno le operaie nel portarla avanti. 
Facciamo appello soprattutto alle operaie di altre fabbriche - dalle fabbriche tessili sempre in provincia di Taranto che da un giorno all'altro chiudono sempre per delocalizzazione, alle fabbriche in lotta come la Saga Coffee, a tante altre - a contattarci. Ora più che mai serve unire le nostre forze.
Per noi donne il lavoro è anche indipendenza, per questo siamo e dobbiamo essere sempre più determinate
A gennaio vogliamo organizzare un'assemblea telematica nazionale delle operaie in lotta contro le delocalizzazioni, i licenziamenti, l'attacco al salario, le condizioni di lavoro che vanno peggiorando. 
Per contatti: slaicobasta@gmail.com
 
 

(L'intervista è stata fatta nel giorno dello sciopero generale; purtroppo l'audio è disturbato per il forte vento che vi era al presidio davanti alla fabbrica)