Le lavoratrici di RGIS - Rgis è un’azienda multinazionale che detiene il quasi-monopolio degli inventari nei negozi e nei supermercati. Una realtà lavorativa centrata sulle condizioni lavorative ultraprecarie del “job on call”, il lavoro a chiamata.
I lavoratori e le lavoratrici hanno iniziato a lottare contro il supersfruttamento.
Cosa fa un’inventarista? Le grandi catene della GDO esternalizzano i servizi di inventario a RGIS, l’acronimo di Regional Grocery Inventory Specialist.
La multinazionale è presente in tutti i continenti, come anche in Italia da una decina di anni, dove ha distretti e squadre nelle maggiori città.
Lavorano per RGIS molti giovani. Per molte persone il lavoro con RGIS costituisce l’unica entrata necessaria alla sopravvivenza.
Il regime di precarietà lavorativa e l’ambiguità del contratto “job on call” (lavoro a chiamata) di RGIS hanno portato le lavoratrici e i lavoratori ad una critica sulla qualità e la modalità di lavoro all’interno dell’azienda che ha portato a un percorso di lotta.
Il lavoro in RGIS consiste nel fare inventari, cioè nel contare la merce espressa in pezzi all’interno di un negozio, attraverso una macchinetta sparalaser. Ci si occupa anche di allestimento di supermercati per apertura o cambio gestione, scaffalature e rilevamento prezzi.
Un lavoro pesante: i lavoratori e le lavoratrici, arrivano in negozio un po’ prima della chiusura serale o un po’ prima dell’apertura mattutina ed iniziano a contare. Non hanno orario e non sanno mai quando finiranno.
Gli inventari non si fanno quasi mai nelle città di provenienza delle lavoratrici o dei lavoratori, ma l’azienda non li riconosce come trasfertisti ordinari, con conseguente mancata retribuzione della diaria.
Le trasferte, spesso anche molto lunghe, sono effettuate con mezzi noleggiati dall’azienda e guidati per lo più da maestranze e chi ha ruoli di maggiore responsabilità, nei periodi di maggior lavoro, arriva a lavorare anche sette giorni su sette e anche per molto più di tredici ore al giorno. In tutto questo si guida anche, con il rischio di fare incidenti per stanchezza o anche per una cattiva manutenzione del mezzo a noleggio.
La lista delle violazioni o irregolarità contrattuali, però, è appena all’inizio: anche l’inquadramento contrattuale non è corretto. Inventaristi e inventariste vengono inquadrati come operai di sesto livello, quello più basso, e ciò avviene anche per chi ha ruoli di responsabilità, come chi guida i mezzi, chi gestisce le squadre o chi supervisiona l’inventario.
Le ore di lavoro notturno non vengono retribuite come da contratto nazionale, ma con un forfettario di un euro, le pause non vengono pagate, chi lavora ha uno standard di pezzi da contare all’ora sulla base del quale l’azienda stabilisce una sorta di ranking, ma il ricatto si concretizza nella tipologia di contratto. Hanno quasi tutti contratti a chiamata che prevedono la conversione del contratto in un full time a tempo indeterminato una volta raggiunte le 400 giornate lavorative nel corso di tre anni consecutivi ma Rgis fa in modo che a questa soglia non ci si arrivi: in prossimità del loro raggiungimento, l’azienda rallenta o interrompe le chiamate, lasciando chi lavora in un limbo dove non si guadagna più nulla o non si guadagna a sufficienza per alcunché. A pochissime persone viene concesso un contratto part time a 600 ore. Quando le 600 ore vengono superate non è infrequente che l’azienda somministri adeguamenti contrattuali retrodatati per non pagare gli straordinari».
Molto del lavoro correlato non è retribuito adeguatamente e molto non è retribuito affatto. Le pause non sono pagate.
La multinazionale è presente in tutti i continenti, come anche in Italia da una decina di anni, dove ha distretti e squadre nelle maggiori città.
Lavorano per RGIS molti giovani. Per molte persone il lavoro con RGIS costituisce l’unica entrata necessaria alla sopravvivenza.
Il regime di precarietà lavorativa e l’ambiguità del contratto “job on call” (lavoro a chiamata) di RGIS hanno portato le lavoratrici e i lavoratori ad una critica sulla qualità e la modalità di lavoro all’interno dell’azienda che ha portato a un percorso di lotta.
Il lavoro in RGIS consiste nel fare inventari, cioè nel contare la merce espressa in pezzi all’interno di un negozio, attraverso una macchinetta sparalaser. Ci si occupa anche di allestimento di supermercati per apertura o cambio gestione, scaffalature e rilevamento prezzi.
Un lavoro pesante: i lavoratori e le lavoratrici, arrivano in negozio un po’ prima della chiusura serale o un po’ prima dell’apertura mattutina ed iniziano a contare. Non hanno orario e non sanno mai quando finiranno.
Gli inventari non si fanno quasi mai nelle città di provenienza delle lavoratrici o dei lavoratori, ma l’azienda non li riconosce come trasfertisti ordinari, con conseguente mancata retribuzione della diaria.
Le trasferte, spesso anche molto lunghe, sono effettuate con mezzi noleggiati dall’azienda e guidati per lo più da maestranze e chi ha ruoli di maggiore responsabilità, nei periodi di maggior lavoro, arriva a lavorare anche sette giorni su sette e anche per molto più di tredici ore al giorno. In tutto questo si guida anche, con il rischio di fare incidenti per stanchezza o anche per una cattiva manutenzione del mezzo a noleggio.
La lista delle violazioni o irregolarità contrattuali, però, è appena all’inizio: anche l’inquadramento contrattuale non è corretto. Inventaristi e inventariste vengono inquadrati come operai di sesto livello, quello più basso, e ciò avviene anche per chi ha ruoli di responsabilità, come chi guida i mezzi, chi gestisce le squadre o chi supervisiona l’inventario.
Le ore di lavoro notturno non vengono retribuite come da contratto nazionale, ma con un forfettario di un euro, le pause non vengono pagate, chi lavora ha uno standard di pezzi da contare all’ora sulla base del quale l’azienda stabilisce una sorta di ranking, ma il ricatto si concretizza nella tipologia di contratto. Hanno quasi tutti contratti a chiamata che prevedono la conversione del contratto in un full time a tempo indeterminato una volta raggiunte le 400 giornate lavorative nel corso di tre anni consecutivi ma Rgis fa in modo che a questa soglia non ci si arrivi: in prossimità del loro raggiungimento, l’azienda rallenta o interrompe le chiamate, lasciando chi lavora in un limbo dove non si guadagna più nulla o non si guadagna a sufficienza per alcunché. A pochissime persone viene concesso un contratto part time a 600 ore. Quando le 600 ore vengono superate non è infrequente che l’azienda somministri adeguamenti contrattuali retrodatati per non pagare gli straordinari».
Molto del lavoro correlato non è retribuito adeguatamente e molto non è retribuito affatto. Le pause non sono pagate.
La nascita di un percorso di auto-organizzazione e di lotta
Le maestranze hanno iniziato quest’anno a organizzarsi e mobilitarsi perché la maternità, su richiesta delle lavoratrici, possa essere estesa fino al settimo mese del bambino, come per tutti i lavori che comportano salire su scale, trasferte, lavoro notturno e movimentazione di merci. Lavoratori e lavoratrici lottano anche perché le persone disabili non vengano penalizzate in un lavoro che esalta la produttività e la performatività all’ennesima potenza (hanno uno standard di pezzi contati all’ora da raggiungere, e il raggiungimento di questo obiettivo determina la frequenza delle chiamate).
Negli ultimi mesi, la federazione di USB ha iniziato a dare supporto alle lavoratrici e lavoratori ed è iniziato un percorso di sindacalizzazione, nonostante il clima di forte precarietà, alimentato dal largo uso di contratti a chiamata, che come detto rendono difficile sia raggiungere una stabilità lavorativa (in particolare per i moltissimi dipendenti giovani) sia mettersi in posizione di far valere i propri diritti. Un sistema per certi versi simile a quello dei rider, anche se in mancanza di un’app.
Dinamiche, queste, che permettono all’azienda di fare il bello e il cattivo tempo e rendono la lotta fragile: è soprattutto nel caso di settori operai ancora così frammentati e precari che la solidarietà attiva e l’unità nella lotta acquista un significato pratico immediato.
Anche nelle condizioni di lavoro più incerte e instabili, l’unità e l’organizzazione collettiva dei lavoratori sono il sentiero da percorrere, e l’intersezione tra le questioni di genere è di classe è una potente arma in mano a tutte, innanzitutto alle lavoratrici, e in questo l’impegno di alcuni nodi territoriali di Non Una Di Meno nel sostenere la mobilitazione RGIS è positiva e tangibile, alternativa all’agenda interclassista a traino del Partito Democratico che, specie ora in tempo di elezioni, caratterizza altri settori.
La situazione in RGIS è una delle tante nel paese dove si tocca con mano cosa significa lavorare con contratti-pirata che non si avvicinano nemmeno ai pur magri inquadramenti dei contratti collettivi che rispondono a queste categorie di salariati.
Emerge chiaramente come la contrapposizione, invocata dal segretario CGIL Landini, tra i contratti nazionali e un livello salariale minimo garantito per tutti, è falsa, perché la lotta dev’essere per migliorare le condizioni lavorative di tutte e tutti, non una cosa alla volta né una categoria alla volta.
Ylenia Gironella
La situazione in RGIS è una delle tante nel paese dove si tocca con mano cosa significa lavorare con contratti-pirata che non si avvicinano nemmeno ai pur magri inquadramenti dei contratti collettivi che rispondono a queste categorie di salariati.
Emerge chiaramente come la contrapposizione, invocata dal segretario CGIL Landini, tra i contratti nazionali e un livello salariale minimo garantito per tutti, è falsa, perché la lotta dev’essere per migliorare le condizioni lavorative di tutte e tutti, non una cosa alla volta né una categoria alla volta.
Ylenia Gironella
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