22/12/21

Femminismo proletario rivoluzionario: lotta in tutti i campi, per cambiare la terra e il cielo

Dall'intervento del MFPR all'assemblea del 4 dicembre

Anche in questi giorni il governo, i padroni stanno portando avanti un ulteriore peggioramento della condizione della maggioranza delle donne. 
Questo chiama nel nuovo anno alla necessità di un rafforzamento della lotta delle donne, ponendo una differenza tra la lotta delle donne proletarie, e quella del femminismo piccolo borghese.
La manifestazione del 27 novembre a Roma è stata una grossa manifestazione e non era affatto scontato. Essa è stata importante anche per la fase. Siamo sempre in una fase di pandemia che per un anno e mezzo, se non di più, ha portato il governo, le prefetture a vietare le manifestazioni, e ogni volta che, comunque, le lotte le abbiamo fatte abbiamo dovuto fare una battaglia con la polizia, la questura per i permessi ecc. Anche in questi mesi, lo Stato, il governo hanno messo molti bastoni tra le ruote, voleva che i cortei non ci fossero ma solo sit-in stanziali, la CGS ha, oltrepassando anche i suoi compiti già fortemente limitanti, vietato scioperi in interi settori lavorativi proprio quelli a maggioranza donne, scuola, sanità.
Quindi non era una manifestazione scontata e facile. E invece c'è stata, e anche quest'anno è stata la più grande manifestazione, non solo di tutte quelle che ci sono state in questo periodo, in questi mesi - e ce ne sono state, c'è stato il G20 a Roma, ci sono state le manifestazioni, gli scioperi dell’11 ottobre, ci sono state le manifestazioni al sud, quelle degli studenti, ecc.
Quando le donne scendono in piazza sono tantissime. Quindi era importante starci, e noi ci siamo state! Perché quando ci sono 50mila e forse più donne in piazza, noi non ce ne dobbiamo stare a casa solo perché quelle lotte non sono proprio espressione di quelle che facciamo ogni giorno, di quelle che fanno le lavoratrici. 
La questione bella, a parte la quantità, è stata la presenza in questa manifestazione di tante ragazze, tantissime, giovanissime studentesse e anche ragazzi. Ed erano quelle che esprimevano più ribellione, più vivacità, più determinazione, anche negli slogan, che esprimevano le cose più giuste, come legare la violenza sessuale, i femminicidi a tutte le violenze, a tutte le oppressioni, sfruttamento, che noi donne viviamo, che quindi non è solo una violenza, ma la violenza sessuale è la punta di iceberg dell’insieme delle violenze che viviamo quotidianamente, sia sul lavoro, sul non lavoro, sia in casa, sia nei quartieri, nelle scuole, ecc. Ed erano proprio queste giovanissime, che non hanno ancora l’esperienza di attacco sul lavoro, che legavano il femminismo alla lotta di classe, alla lotta contro l'intero sistema di classe dei padroni, l'intero sistema di governi, dello Stato borghese.
Le studentesse fra l'altro ponevano anche in altri spezzoni un'altra questione, che noi in particolare abbiamo portato sia nel volantino, sia negli slogan, ecc., che il problema non è neanche di una lotta che si fa solo per il 25 novembre, o che si fa solo l'8 marzo ecc. Questi sono due momenti molto importanti per la nostra storia, per la prospettiva della nostra battaglia, per la nostra unità internazionale con tutte le donne oppresse, tutte le donne sfruttate, però anche in questo corteo c'è chi, come le lavoratrici, e spesso anche le ragazze nelle scuole, lotta tutti i giorni, non aspetta di lottare alle date canoniche, e chi invece aspetta solo le date canoniche per lottare, quando è tutti i giorni che noi veniamo attaccate. 
Noi lottiamo ogni giorno per fare battaglie immediate, ma abbiamo un obiettivo di lunga durata, quello di fare la rivoluzione, di cambiare questo sistema. Per esempio nella piattaforma dello sciopero delle donne, quella dell'otto marzo, abbiamo sintetizzato una serie di istanze, di bisogni. Noi lavoratrici, noi donne, siamo per esempio chiamate a lottare per il lavoro, perché il lavoro per le donne vuol dire anche indipendenza economica e quindi ha un valore oggettivamente emancipativo, e in tante realtà su questo facciamo una lotta quotidiana. Però quando facciamo le battaglie quotidiane non ci illudiamo, perchè anche se otteniamo delle cose, dei risultati, poi alla radice il problema resta. La borghesia, grazie alle lotte, concede qualcosa, ma deve rimanere per noi la visione strategica dell'obiettivo di lunga durata. 
Qui sta la differenza principale con Nudm, col femminismo piccolo borghese. 
La situazione sta diventando sempre più difficile. Noi donne dobbiamo lottare anni per avere il diritto elementare al lavoro, al salario, perché spesso ci vengono negati... “tanto c'è il marito che lavora”! Ci vogliono anni di lotta per avere anche la miseria di 15 giorni di lavoro, e questa è già un'ingiustizia inaccettabile; così come contemporaneamente tante operaie vengono licenziate! Come alla Saga Coffee, o come a Taranto ci sono le operaie di una fabbrica, la Tessitura di Mottola in cui almeno un terzo sono donne, che sono state messe fuori dal loro posto di lavoro, una fabbrica che ha avuto tanti fondi pubblici però ora i padroni se ne vanno perché fanno più profitti in Egitto, o nella Repubblica Ceca, e delle operaie che ha sfruttato fino all'osso non gliene importa più niente.
Non solo, proprio in questi giorni sono venute fuori le soluzioni che il governo vuole prendere per frenare i femminicidi. Ma ancora una volta queste non sono “soluzioni” ma aggiungono problemi a problemi. Addirittura si parlava di dare la scorta alle donne, ora pare che abbiano ritirata questa proposta e parlino solo di “vigilanza”, ma non sono certo queste le soluzioni che servono alle donne! Poi c'è stata l’altra proposta vergognosa del “reddito di libertà per le donne” che sono state vittime di violenza, un’elemosina di 400 euro al mese, e non per tutte, con cui non ci paghi neanche l'affitto di casa!
D’altra parte, se tu licenzi delle donne, è chiaro che queste diventano più subordinate, dipendenti, devono tornare in famiglia, non possono rompere dei legami, o se li rompono poi spesso non possono andarsene in un'altra casa, ecc. Quindi il governo non risolve questi problemi di fondo, questi problemi di vita quotidiana e vorrebbe metterci la vigilanza... E di chi? Di poliziotti e carabinieri che se ne sono fregati fino all'altro giorno nonostante le denunce? Che hanno permesso che mariti già segnalati continuassero liberamente a girare, ad avvicinarsi alle donne? Di poliziotti che hanno essi stessi una concezione fascista delle donne e non poche volte sono loro stupratori. Ma di che parliamo? Di che ci dovremmo fidare?
Per non parlare di altre questioni importanti, come l'aborto. E’ come un'onda nera che dagli USA, dalla Polonia, via via si sta avvicinando anche a noi e fra un pò diranno apertamente anche in Italia che dobbiamo restringere questo diritto! Per non parlare del caro vita, che chiaramente si scarica essenzialmente su noi donne.
Quindi la situazione è effettivamente più difficile, e c'è la necessità di una lotta, di una lotta di tutti i giorni, le grosse manifestazioni servono però poi bisogna ogni giorno lottare e organizzare la lotta, altrimenti si torna indietro. E fanno di tutto per farci tornare indietro, per farci perdere quel poco di diritti che abbiamo conquistato con le lotte. Dobbiamo continuare a lottare, dobbiamo diventare, come diciamo noi in uno slogan, "pericolose, per gli uomini, per i padroni, per i governi, per gli stati che odiano le donne". Serve una lotta di classe, perché non siamo tutti nella stessa barca, anche tra le donne ci sono le donne borghesi e ci sono le donne proletarie e quindi non siamo tutte nella stessa condizione, né, chiaramente, le donne borghesi vogliono ribellarsi come invece si ribellano le lavoratrici, le ragazze ecc..
Anche nella manifestazione di Nudm - in cui chiaramente era giusto starci, era giusto portare la voce delle lavoratrici, delle donne più sfruttate e oppresse, e chi non l’ha fatto ha sbagliato - da un lato c'è il femminismo piccolo borghese, che è maggioritario, che denuncia, fa anche iniziative, però alla fin fine, vedi nelle richieste, es. cav, piano antiviolenza ecc., sfocia nel riformismo, vuole eliminare soltanto gli aspetti più oppressivi, patriarcali, vuole migliorare ma non rovesciare questo sistema; dall’altro ci sono le lavoratrici, le donne proletarie, le disoccupate, che non hanno una catena ma le hanno tutte e che non devono romperne solo una o migliorare la situazione, ma devono rompere tutte le catene.
Per questo, con le Assemblee nazionali Donne/Lavoratrici, con la presenza di varie realtà, di varie lotte, quello che vogliamo vada avanti è l’unità, l’organizzazione, la lotta delle donne proletarie prima di tutto. 
Il femminismo è importante, il femminismo ha cambiato e deve cambiare la condizione delle donne, deve imporre la visibilità della lotta delle donne, però questo movimento femminista deve servire per trasformare, per fare la rivoluzione, non per migliorare, aggiustare, ma per fare una rivoluzione che rovesci questo sistema di oppressione, di doppio sfruttamento, di attacchi ai diritti, per cambiare la terra e il cielo. Perché non basta fare una rivoluzione, per costruire un potere totalmente diverso, un potere proletario, occorre continuare la rivoluzione socialista, per cambiare anche le idee, la cultura, la sovrastruttura, le scuole, quello che si insegna nelle scuole e come, la famiglia, ecc. Quindi occorre fare una rivoluzione nella rivoluzione.
Ora questo femminismo proletario rivoluzionario è ancora piccolo, è ancora debole e si deve rafforzare, deve "farsi le ossa". Le nostre ossa principali sono soprattutto le lotte, le lotte concrete, che ogni giorno facciamo nelle varie nostre situazioni, nelle varie città; e queste lotte devono moltiplicarsi, perché i motivi per lottare ogni giorno diventano tanti, si raddoppiano, si triplicano. Se non ci sono lotte è perché spesso le lavoratrici non sanno a chi rivolgersi, e allora noi dobbiamo essere visibili, ci dobbiamo essere.
Quindi questo femminismo proletario rivoluzionario deve farsi le ossa nelle lotte delle proletarie; però deve avere una forza, un riconoscimento anche nell’insieme del movimento delle donne.
Noi dobbiamo puntare al fatto che per esempio in una prossima manifestazione grande delle donne, le lavoratrici siano unite, siano visibili, siano determinanti, non siano alla coda del femminismo piccolo borghese, che appunto vuole solo cambiare alcune catene e non tutte. 
E’ una battaglia locale, lì dove stiamo, per sviluppare sempre più lotte, perché ce n’è bisogno, perché la lotta dà forza, dà fiducia, l'unità con altre lavoratrici ci incoraggia ad andare avanti, ma dobbiamo anche essere una realtà nazionale, una realtà che unisce. Che le lotte delle lavoratrici si facciano a Bergamo o a Palermo, devono unirsi, devono collegarsi, una deve incoraggiare l'altra, anche quelle che non sono fatte da noi, se le donne lottano quelle donne sono le "nostre" donne, sono le nostre sorelle.
Quindi noi dobbiamo anche costruire una forza nazionale di queste realtà, perché vogliamo trasformare una situazione difficile su tutti i terreni, non solo sul problema delle lotte sindacali, ma sul terreno dei femminicidi, sul problema delle leggi che fanno che invece che essere una soluzione diventano un nuovo problema, sulla questione del diritto d'aborto che lo vogliono attaccare ecc.. Le lavoratrici proletarie, proprio perché hanno non un’oppressione ma tutte le oppressioni, l'oppressione senz'altro abbiamo detto, devono essere attive su tutti i fronti e non solo sulle questioni lavoro, attacco al salario, eccetera.

Ma noi diciamo anche qualcosa in più. La nostra storia in Italia, la storia comunista, della Resistenza antifascista, di tutte le lotte degli anni ’70, hanno posto la questione che non basta solo la lotta sindacale per cambiare radicalmente la situazione, rovesciare questo sistema barbaro, ma occorre la lotta politica e per la lotta politica occorre l'organizzazione politica, non basta solo l'organizzazione sindacale.
Allora noi chiediamo: ma perché mai le donne, che sono più del 50% dell'umanità, le donne che portano una marcia in più nelle lotte proprio perché vivono tutte le oppressioni, perché queste donne, sul fronte della organizzazione sindacale di classe, sul fronte dell'organizzazione del partito rivoluzionario non devono portare la loro “marcia in più”?
Ecco, noi chiamiamo le lavoratrici a portare avanti anche questa battaglia. Perché purtroppo noi l'esperienza l'abbiamo! Noi abbiamo sindacati di base, anche di classe, molto combattivi, che però sul fronte delle lavoratrici, delle donne, non ci sentono e non ci vedono, al massimo ci riservano un punto in una mega piattaforma, ma non è questo che ci basta. Ne ci deve stare bene che le donne, le lavoratrici siano visibili solo quando fanno le lotte sindacali o quando lottano e fanno gli scioperi insieme ai lavoratori, però non hanno voce nelle decisioni, non hanno voce su come gestire la lotta, non hanno voce spesso nelle assemblee o hanno una voce flebile anche nei sindacati che invece dovrebbero essere di classe. 
Così rispetto al partito rivoluzionario. Perché noi non ci dovremmo mettere il becco in una questione così importante, vitale e strategica di un partito che deve fare la rivoluzione? Che partito vuoi fare compagno? Vuoi fare un partito "comunista" in cui le compagne continuino ad essere delle aggregate o un partito comunista rivoluzionario che pone come principio costitutivo il fatto che le donne sono determinanti, sono una marcia in più, sono quelle che pongono da subito la necessità di una rivoluzione a 360°, di una rivoluzione, appunto, che tocchi la terra e cielo, di una rivoluzione nella rivoluzione? 
Ecco, noi vogliamo sfidare tutto questo, noi vogliamo entrare in tutti i campi che riguardano la nostra vita, la nostra battaglia, sia di oggi, ma sia, soprattutto, per cambiare la società. Perché se non lo facciamo che tipo di società poi andiamo a costruire? Una società in cui il governo non si chiamerà “Draghi”, ma si chiamerà “compagno”, però rispetto alla questione di un'effettiva costruzione del nuovo potere proletario, della trasformazione contro tutte le oppressioni e del ruolo decisivo delle donne in questa nuova società, non cambi tutto?
Su questo noi chiamiamo le lavoratrici, le donne proletarie a parlare. Facciamo anche questa discussione e questa battaglia, con il nostro coraggio, la nostra determinazione, con la nostra ribellione, con la nostra felicità di lotta.

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