29/05/18

Sulle manifestazioni del 26 nell'anniversario L. 194 - Dalle compagne MFPR/Milano

In Italia in questi giorni ricorre il 40° della L.194 questo anniversario si è intrecciato e si è unito alle donne che in Irlanda hanno lottato e vinto il referendum per abrogare l’ottavo emendamento, una legge che criminalizzava l’aborto e puniva con il carcere. In tante parti del mondo le donne lottano per il diritto d’aborto e la vittoria del sì in Irlanda- accolto con gioia non solo dalle irlandesi, ma da tutte le donne che hanno sostenuto questa battaglia - è in continuità con il movimento di lotta delle donne che si sta sviluppando poderoso in tanti paesi, dal Cile, all'Argentina, al Messico, in Spagna, in Italia, ecc., e  oggettivamente rafforza, ispira e aiuta la lotta delle donne nei paesi in cui l'aborto è ancora vietato.

A Milano, come in tante altre città, si è tenuta una iniziativa promossa da NUDM. Anche noi come compagne dell’mfpr, all’interno delle iniziative da noi portate avanti in questi giorni - volantinaggi in quartiere e verso lavoratrici in lotta “in effetti c’è anche questo per cui lottare” il commento di una lavoratrice; affissioni - abbiamo partecipato ad una parte della giornata al parco della Guastalla con il nostro volantino, i nostri materiali e striscione.
Avremmo preferito, come previsto nel programma iniziale, che si tenesse l’assemblea pubblica “molto più di 194”. Questo passo indietro di NUDM, è frutto di una non adeguata comprensione della situazione concreta oggi sul fronte dell’attacco al diritto d’aborto ed è comunque un rinchiudersi invece che allargare e favorire la partecipazione delle donne che sulla loro pelle subiscono gli aspetti più brutali di oppressione in tutti gli ambiti, il peggioramento della loro condizione complessiva. Servono mobilitazioni, iniziative che rafforzino, unifichino, permettano di amplificare lotte e percorsi diversi delle donne; invece, ci sembra sempre più un agire come una sorta di inter gruppi.
 
Abbiamo invece molto apprezzato la scelta simbolica di fare l’iniziativa nei pressi della Mangiagalli. Questa clinica da un lato è stata amata da tantissime donne che vi hanno trovato sostegno, possibilità di praticare l’IVG, tra le prime ad introdurre l’aborto farmacologico e in cui l’obiezione di coscienza non raggiunge livelli proibitivi. Una situazione migliore di altre, ma frutto delle lotte delle donne che hanno saputo imporre i loro bisogni e hanno conquistato sanitari sensibili.
Dall'altro lato, però, come giustamente sottolineato da NUDM, è stata anche la prima clinica a Milano ad ospitare gli antiabortisti del centro di aiuto alla vita. Per questo, nell’arco della giornata del 26/5, in concomitanza con l’iniziativa al parco Guastalla, abbiamo volantinato alla Mangiagalli.
La presenza più che visibile di polizia e carabinieri nell’area ha indignato varie donne.

Siamo uscite da questa giornata con la considerazione che c’è tanto da fare nel movimento delle donne perché cresca e si consolidi la necessaria lotta e un reale protagonismo delle donne

28/05/18

26 maggio - molto più di 194


In migliaia a Roma sabato 26 maggio. A 40 anni dalla legge 194 che ha depenalizzato e regolato l’interruzione volontaria di gravidanza, il movimento femminista Non Una di Meno torna nelle piazze di tutta Italia per rimettere al centro del dibattito pubblico l’autodeterminazione delle donne e la libertà di scelta.
In Italia il 70 per cento dei medici è obiettore di coscienza con punte fino al 90 per cento in alcune regioni.
A farne le spese sono le donne più povere e precarie, quelle più giovani e quelle senza documenti di soggiorno, quelle che vivono fuori dalle norme eterosessuali.
Siamo qui per gridare con forza che vogliamo gli obiettori fuori dalle strutture sanitarie pubbliche e dalle farmacie. Vogliamo l’accesso alla contraccezione gratuita, alla RU486 e ai servizi sanitari per la gravidanza e il parto, indipendentemente dal possesso di documenti. Vogliamo più consultori laici e aperti alle assemblee delle donne.
Il 26 maggio siamo scese in piazza anche per difendere la libertà delle donne e la @Casa Internazionale delle donne, simbolo delle battaglie femministe a Roma, minacciata di chiusura.


Roma: L’ipocrisia della «legalità» contro la Casa internazionale delle donne

L’autonomia di queste imprese politico-culturali dalla governance delle istituzioni e dei mercati va difesa a oltranza. In tutta Italia, dopo gli sgomberi dei sindaci è sempre seguito un deserto di iniziative che a stento ha nascosto un vero e proprio furto proprietario
L’attacco sferrato dalla giunta pentastellata di Roma contro la Casa internazionale delle donne è il segnale inequivocabile di che cosa ci dobbiamo attendere: una guerra senza quartiere contro ogni forma di autogestione e autorganizzazione.
Questo si cela dietro la bandiera della «legalità» che costituisce il collante più forte tra le due forze politiche che si accingono a governare il paese.
Non è un caso che il capitolo dedicato all’ordine pubblico, alla repressione, all’inasprimento delle pene e allo smantellamento di ogni cultura garantista rappresenti la parte più concreta e dettagliata del contratto di governo.
IL PRIMO PASSO consiste nel ricondurre alla categoria burocratico-amministrativa di «servizi alla cittadinanza» esperienze e pratiche politiche che non si limitano a soddisfare in forma sussidiaria una domanda esistente, ma creano e alimentano desideri e potenzialità fino a quel momento inespresse.
E per farlo non possono che forzare il quadro delle procedure legali stabilite.
Non vi è, insomma, «bando» adeguato a svolgere una simile funzione che solo la storia materiale dei movimenti è in grado di generare incidendo per via diretta sui rapporti sociali dati. Non è certo compilando moduli e stilando preventivi «convenienti» che si possono introdurre nuove forme della politica e della socialità.
IL SECONDO PASSO, in piena sintonia con l’ortodossia liberista, consiste nel sottomettere al calcolo costi/benefici e dunque al mercato quella produzione di relazioni e ricchezze extraeconomiche che, per definizione, gli si dovrebbero sottrarre. Il tema degli «sprechi» accomuna singolarmente le vecchie vestali dell’austerità e i nuovi moralizzatori della vita pubblica.
Due elementi sottendono questo processo di normalizzazione.
Il primo consiste nell’evidente volontà di canalizzare e controllare attraverso precise procedure di partecipazione decise dall’alto bisogni e conflittualità che attraversano il corpo sociale, in una versione caricaturale della democrazia diretta on e off line.
Il secondo elemento è rappresentato da una sorta di formalismo giuridico, privato però del rigore logico e delle aspirazioni universalistiche che gli sono proprie, e consegnato paradossalmente a quell’arbitrio ideologico dal quale la «dottrina pura del diritto» aveva la pretesa di difenderci.
In buona sostanza ogni elemento di trasformazione sociale finisce sottoposto a una politica dirigista che ben si accompagna con la ritrovata passione per lo stato nazionale.
Tutto quello che ricade al di fuori di questi criteri in quanto prodotto da una storia di culture, conflitti e autonomie estranee alle trafile burocratico-amministrative è dichiarato illegale, nemico, da cancellare.
Bisognava pur aspettarsi che le minacce ripetutamente rivolte alle realtà occupate e autogestite presto sarebbero state estese, nelle parole e nei fatti, anche a chi si era conquistato una qualche patente di riconoscimento politico e istituzionale.
Gli sgomberi, nei quali le amministrazioni del Pd da Roma a Bologna non hanno mancato di mettersi in luce (salvo la vigliaccheria dei sindaci che non sapevano, non volevano o non potevano farci nulla) sono la conseguenza pratica e militare dell’ideologia «legalitaristica» e delle regole di mercato che la ispirano.
AGLI SGOMBERI NON SEGUE altro che il ritorno al silenzio e all’abbandono dei luoghi che gli occupanti avevano fatto rivivere e aperto alla città. Due soli esempi, tra tanti possibili, per restare nella capitale: il teatro Valle e il cinema America.
Tra finte trattative, false promesse, fantasmatici progetti di restauro e riqualificazione, gli sgomberi non sono stati altro, possiamo ben dirlo a distanza di anni, che la riaffermazione astratta del principio di proprietà libero da ogni riferimento all’utilità sociale o anche solo al semplice valore d’uso.
Da queste vicende converrebbe trarre qualche insegnamento.
Gli spazi autogestiti devono essere difesi materialmente e in prima persona perché rappresentano un punto di rottura tra logiche confliggenti.
Quella di una storia politica autonoma generatrice di idee e relazioni proprie e quella dei «servizi» messi a bando, o della concessione amministrativa, come se si trattasse di lucrosi stabilimenti balneari.
Per la medesima ragione conduce a sicura disfatta il carosello dei distinguo, la competizione sui meriti culturali e sulla rispettiva utilità sociale, alla rincorsa di una amnistia normalizzatrice. Laddove la difesa del proprio prevale su quella del comune principio di autorganizzazione.
PER LORO NATURA QUESTE imprese politico-culturali devono sapersi però rinnovare, non certo nel senso di una razionalizzazione concordata tra governance e mercato, ma in quello di una riformulazione della propria autonomia attraverso il mutare dei contesti, riaffermando le ragioni di una rottura e di una diversità capaci di mettere in campo nuove idee e giovani energie.
Con le ruspe è problematico discutere, ma non mancano gli strumenti per spaventare chi le guida e fargli cambiare strada.
Marco Bascetta
da il manifesto

Argentina - Campagna internazionale per il diritto delle donne all'aborto sicuro

Qui per firmare la petizione

ARGENTINA - SOLIDARIDAD INTERNACIONAL PETICIÓN : FIRME POR FAVOR INTERNATIONAL SOLIDARITY PETITION : PLEASE SIGN From: International Campaign for Women's Right to Safe Abortion
Ref. Apoyo al proyecto de ley de legalización del aborto en Argentina
21 de mayo de 2018
Sr. Diputado Daniel Lipovetzky
Presidente de la Comisión de Legislación General
dlipovetzky@hcdn.gob.ar
Sra. Diputada Carmen Polledo
Presidenta de la Comisión de Acción Social y Salud Pública
camorimu@hcdn.gob.ar
Sra. Diputada Alejandra Martinez
Presidenta de la Comisión de Familia, Mujer, Niñez y Adolescencia
samartinez@hcdn.gob.ar
Sra. Diputada María Gabriela Burgos
Presidenta de la Comisión de Legislación Penal
mburgos@hcdn.gob.ar
cc. Dr. Guillermo Triantafilo
Secretario Administrativo de la Comisión de Legislación General
clgeneral@hcdn.gob.ar
De nuestra consideración:
Esta carta es en apoyo del amplio proceso de debate ciudadano que se lleva adelante en las reuniones plenarias de las Comisiones a su cargo, que esperamos pueda conducir a las Diputadas y Diputados de la Nación a votar favorablemente el proyecto de ley de legalización del aborto en la Argentina.
La modificación de las regulaciones restrictivas vigentes en materia de interrupción del embarazo son una demanda del movimiento de mujeres y de derechos humanos en Argentina y en toda la región. Además, la reforma de la legislación que restringe la autonomía de las mujeres, niñas y adolescentes y condiciona el ejercicio de sus derechos sexuales y reproductivos, es un imperativo de derechos humanos, de acuerdo con los compromisos asumidos por la República Argentina.
Las organizaciones, agrupaciones, activistas y referentes de derechos humanos y de organizaciones de mujeres que suscribimos esta nota de apoyo a la legalización del aborto en Argentina seguimos con entusiasmo y esperanza este debate. Confiamos que el resultado de este proceso llevará a los Sres. y Sras. Diputados a votar de acuerdo con los estándares de derechos humanos que con tanta contundencia se han expuesto en las reuniones informativas, y que fueran recientemente reiterados en la Audiencia celebrada por la Comisión Interamericana de Derechos Humanos, el 9 de mayo de 2018.
Reciban un atento saludo,
POR FAVOR, FIRME ABAJO
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Re: We want to express our support for the bill to make abortion legal in Argentina
This letter is to express our strong support for the comprehensive and democratic debate that is taking place in the Representatives of the four Commissions of the Argentinian Congress. We sincerely hope that the members will vote in favor of the bill.
Reform of the current, restrictive law and regulations has for many years been a demand of the women´s and human rights movements in Latin America and in Argentina. Moreover, reforming laws that restrict girls’, adolescents’ and women’s autonomy and prevents them from exercising their sexual and reproductive rights is a human rights issue, in line with the international commitments already made by Argentina.
The organizations, institutions, human rights leaders and women’s groups that have signed this letter have done so with enthusiasm and hope for a favourable outcome to this debate. We trust that this process will lead the Representatives to vote according to the human rights principles that have been shared in the informative meetings and were articulated by the InterAmerican Human Right Commission on 9 May 2018.
Respectfully,
PLEASE SIGN BELOW

Il nuovo governo e le donne - prepariamoci a combatterlo


"...Il programma di Lega/M5S non è in contrasto con una logica e politica fascio-populista anche in quello che sembra dare. Prendiamo, tra gli altri, una parte che in generale non viene citata e che invece è esemplare. I punti che riguardano le donne. C’è l’innalzamento dell’indennità di maternità, un premio a maternità conclusa per le donne che tornano al lavoro. Ora non ci dimentichiamo che durante il fascismo Mussolini diede una serie di agevolazioni alle lavoratrici madri con la legge n. 1347/34. Nello stesso tempo si parla di asili gratis per le sole famiglie italiane, negandoli per i figli delle immigrate. Una operazione chiaramente razzista che punta ad unire le donne italiane contro le donne straniere. Sempre sulle donne si parla di aumento delle pene per le violenze sessuali. Pure questa è un’operazione subdola che sembra rispondere ad un problema reale, anche richiesto dalle donne, ma nella logica della Lega/M5S ha il segno da un lato di un rafforzamento/accettazione di una politica in generale reazionaria, dall’altro è interna alla logica, vista in atto per Macerata, della difesa delle “nostre donne”.

Come poi giustamente scriveva ieri Il Manifesto nel suo editoriale: "Anche il leghista Giorgetti farà parte della squadra, così avremo al governo un esponente del fronte antiabortista militante".

Che il movimento delle donne, come è stato avanguardia nell'opposizione ad ogni strumentalismo elettorale, come
con lo sciopero delle donne e le manifestazioni dell'8 marzo, è stata la prima lotta che si sono trovati di fronte i fascio populisti usciti "vincenti" dalle elezioni, sia ora una grande opposizione contro un governo che  vuole essere sempre più razzista, sessista, patriarcale, e che sdoganerà ancora di più forze neo naziste, integraliste che vogliono attaccare i diritti delle donne.

MFPR

27/05/18

SEMPRE AL FIANCO DI FLAVIA/LAVINIA! ORA E SEMPRE ANTIFASCISTE!


A processo la maestra precaria antagonista di Torino


Oltraggio a pubblico ufficiale. E' questa l'accusa per la quale l'insegnante precaria che insultò i poliziotti durante il corteo di Casa Pound a febbraio ora rischia il processo. La procura ha chiesto il rinvio a giudizio per Flavia Cassaro, 38 anni, insegnante nella scuola elementare all'istituto comprensivo Da Vinci di Torino. Ripresa dalle telecamere la sera del 22 febbraio mentre urlava ai poliziotti "Dovete morire" venne identificata il giorno successivo diventando un caso nazionale. Con in campo anche i genitori della scuola in cui insegnava da precaria: "Non la vogliamo per i nostri figli".
Cassaro si difese, spiegando di essere“una buona maestra”, ma non si pentì mai per quelle frase indirizzate ai poliziotti durante il corteo organizzato dagli antagonisti per le vie di Torino (conclusisi con scontri con la polizia, durante i quali fu ferito in modo serio un agente) per protestare contro l'arrivo in città, per un comizio, del leader dell'organizzazione dell'ultradestra Casa Pound. Fu anche sospesa a scuola. Adesso dovrà risponderne davanti al giudice. Finiranno a processo anche altri sei antagonisti fermati quella sera stessa e considerati responsabili di atti di violenza nei confronti delle forze dell'ordine.

CONTRO LA VIOLENZA MASCHILISTA E LO STATO CHE LA ALIMENTA E LA COPRE - RIBELLIONE DELLE DONNE!

Un'altra donna, Elisa, è stata uccisa dal suo fidanzato a San Miniato, nel Pisano. Dopo le altre donne uccise nei giorni scorsi dal marito/padre in provincia di Chieti, dopo..., ecc. ecc.Ugualmente stanno diventando all'ordine del giorno gli stupri, sempre più fatti da branchi di uomini. 


DICIAMO BASTA! FACCIAMO SENTIRE LA NOSTRA VOCE! 



Lo Stato borghese, con la sua polizia, la sua magistratura o è volutamente sordo di fronte alle denunce delle donne, o alimenta, con la sua sub/ideologia, la sua marcia miseria sociale, il maschilismo, il sessismo, o mette le donne "sotto processo", o con i suoi uomini in divisa ne è direttamente protagonista. 


LA RISPOSTA, LA SOLA, STA NELLA NOSTRA RIBELLIONE, NELLA LOTTA DELLE DONNE!


UNA LOTTA ESTESA, IN OGNI LUOGO E NAZIONALE CHE ALLA GUERRA DI BASSA INTENSITA' CONTRO LE DONNE, RISPONDA CON LA FORZA DELLA FURIA PODEROSA DELLE DONNE!


MFPR

IRLANDA - HANNO VINTO PRIMA DI TUTTO LE DONNE


Al referendum sull'aborto la maggioranza dei votanti, il 68%, ha scelto di abrogare l'art. 40.3.3 della Costituzione (conosciuto come l’ottavo emendamento) che pone il divieto quasi totale di interrompere volontariamente una gravidanza - una delle leggi più restrittive in Europa sull'interruzione volontaria di gravidanza, secondo cui l''aborto in Irlanda è punibile con quattordici anni di carcere, se non nel caso in cui la donna sia a rischio concreto di vita.

Ora, la battaglia delle donne non è finita.
L'abrogazione dell'articolo va di pari passo con la sua sostituzione con un nuovo articolo che permetta al parlamento irlandese di legiferare sulla questione; inoltre resta il fatto che questo referendum è stato proposto dal primo ministro leader del partito di centrodestra, che l'ha dovuto promuovere a fronte del clamore popolare creatosi per la morte di una donna di origine indiana incinta, la dentista Savita Halappanavar, morta per setticemia dopo che le era stata negata dai medici un'interruzione di gravidanza.
Tutto questo crea una pesante ipoteca su quale nuova legge vorranno far passare.
Ma questo della vittoria del referendum è un primo passo che aiuta la lotta delle donne. 

"LA DONNA NON E' UN'INCUBATRICE..."

NELL'ANNIVERSARIO DELLA L. 194 - RIPROPONIAMO ALLE DONNE, SOPRATTUTTO ALLE RAGAZZE, ALLE STUDENTESSE, UN IMPORTANTE OPUSCOLO INFORMATIVO


A RICHIESTA, in PDFon line
scrivere a: mfpr.naz@gmail.com

23/05/18

40° della 194 - Roma si prepara alla manifestazione del 26

Oggi per i 40 anni della 194 non abbiamo niente da festeggiare.
L'obiezione di coscienza rende l'aborto un percorso ad ostacoli. Nel Lazio l'obiezione è arrivata al 80% e in alcune regioni tocca il 90%. Mentre le organizzazioni cattoliche controllano sempre più strutture e fondi della sanità pubblica.
Oggi chiediamo molto di più: educazione sessuale, contraccezione gratuita, ru486, basta obiezione, sanità laica, gratuita e pubblica.
Sulle nostre vite decidiamo noi!

Verso il corteo di sabato 26 maggio h.17.00 a piazza dell' Esquilino


TARANTO: PARLARE DELLA BATTAGLIA SULL'ABORTO TRA LE STUDENTESSE

Volantinaggio-capannelli informativi del Mfpr questa mattina tra le studentesse delle scuole Cabrini e Vittorino a Taranto

E' stato importante l'intervento fatto dalle compagne del Mfpr tra le studentesse delle due scuole - che già l'8 marzo scorso in gran numero avevano partecipato allo sciopero delle donne. E' emerso che c'è interesse, necessità, per un'informazione sia storica che attuale sulla grande battaglia fatta dal movimento delle donne per il diritto d'aborto e sul perchè oggi occorre riprendere la lotta per la libertà di scelta e i diritti delle donne che sempre più sembrano tornare ad un "moderno medioevo". 
C'è un forte vuoto di informazione tra le ragazze - la scuola, le insegnanti donne, anche nel 40° anniversario della legge 194, non hanno speso una parola - che si unisce a un ritorno di concezioni che la lotta aveva superato e che oggi soprattutto la nuova lotta delle ragazze può far superare ("siamo contrarie all'aborto perchè così si uccide un bambino", ecc.).
Ma la voglia di capire, di parlare è tanta. 
E l'Mfpr ha solo aperto una strada che continuerà con altre iniziative. 
 
 
 IL VOLANTINO DIFFUSO
 
 

22/05/18

22/5/78 - 22/5/18: 40° della L.194. Milano striscioni verso scuola e quartiere x il diritto d'aborto


40° ANNIVERSARIO DELLA LEGGE 194 - ABBIAMO TANTO ANCORA DA LOTTARE - E' LA LIBERTA' DI SCELTA DELLE DONNE CHE FA PAURA A STATO, GOVERNO, FASCISTI-SESSISTI

Indietro non si torna! Il diritto di aborto non si tocca! Palermo


dal volantino del Mfpr "...La questione della libertà di scelta delle donne in tema di maternità e gli attacchi ripetuti ad essa alludono sempre alla libertà di scelta delle donne in ogni ambito della vita. E' questo che fa paura. E per questo, a fronte di una ripresa grande del movimento delle donne, ora spandono a piene mani un humus reazionario, concezioni oscurantiste che vogliono ricacciare le donne in un Moderno Medioevo, e che portano all’aumento delle violenze contro le donne, sino alle uccisioni..."





19/05/18

Roma, corteo di donne affronta militanti CasaPound: "Qui i fascisti non li vogliamo"


Un gruppo di donne del quartiere romano San Paolo è sceso in strada in corteo di protesta  contro un gazebo di alcuni militanti di CasaPound. Intonando a gran voce "Bella Ciao", le donne hanno manifestato il loro dissenso circa la presenza con attività di volantinaggio del gruppo di estrema destra.

San Paolo è storicamente uno dei quartieri più rossi della capitale, le donne che hanno deciso di manifestare sono tutte abitanti della zona che per la prima volta si sono ritrovate bandiere e stendardi di CasaPound in una delle principali strade del quartiere, nei pressi della stazione metro. "Uscendo di casa molti di noi hanno trovato questo banchetto che ci ha subito allarmate", ha detto una delle donne che hanno preso parte alla protesta, "Noi donne ci siamo quindi messe d'accordo per venire qui e dire ad una forza maschilista e machista che siano le donne a portare le ragioni antifasciste e antirazziste in questo quartiere".


di Martina Martelloni, da Repubblica TV

INDIETRO NON TORNIAMO! ABBIAMO TANTO ANCORA DA LOTTARE




INDIETRO NON TORNIAMO! ABBIAMO TANTO ANCORA DA LOTTARE
PER DIFENDERE IL DIRITTO D'ABORTO, PER CAMBIARE LA NOSTRA VITA!

Il 22 maggio ricorre il  40° dall’approvazione della L.194. Una legge frutto di anni di straordinaria mobilitazione e lotta delle donne. Fu certamente una vittoria parziale, tanto che alla vigilia e in seguito alla sua approvazione, il movimento delle donne denunciò fortemente il compromesso che sul corpo delle donne fu commesso - consentendo l'obiezione di coscienza ai medici, le condizioni limitative e il percorso a cui si dovevano sottoporre le donne - rispetto alle parole d’ordine chiare del movimento: CONTRACCETIVI PER NON ABORTIRE- ABORTO LIBERO PER NON MORIRE.
Uno straordinario movimento delle donne che denunciò fortemente l’ipocrisia, l’odiosa oppressione di Stato, dei governi, del Vaticano che punivano le donne costrette a ricorrere all’aborto clandestino.
La battaglia per l'aborto fu una battaglia di classe: perché erano soprattutto le proletarie che erano costrette a fare l'aborto con metodi e in condizioni terribili che procuravano mutilazioni, atroci sofferenze, sino alla morte.

In questi anni sia nel nostro paese sia in Europa e nel mondo insieme al peggioramento della possibilità di abortire, sta emergendo un nuovo attacco al diritto d'aborto, con nuove leggi restrittive che colpiscono ancora una volta la maggioranza delle donne, ragazze delle masse popolari, e in particolare le migranti, costringendo le donne a interventi pericolosissimi per la salute e la vita stessa. In Spagna lo hanno denunciato fortemente le donne in lotta contro il progetto di legge Gallardon, che hanno giustamente gridato “le ricche abortiscono, le povere muoiono”. Tutto questo si accompagna a sporche campagne sia istituzionali sia della destra-fascisti-integralisti di virulenta propaganda, e spesso iniziative, anti abortiste, contro le donne.

Nel nostro paese va avanti sempre più l'aumento dell’obiezione di coscienza che in intere regioni rende impossibile il ricorso all’IVG e determina il fenomeno del pendolarismo in altre regioni o addirittura il ritorno dell'aborto “fai da te”. L'obiezione di coscienza raggiunge oggi una media nazionale del 70% con interi reparti, soprattutto al sud Italia, in cui la totalità dei medici è obiettore; nello stesso tempo la politica del governo, delle Regioni sta portando al taglio di strutture ospedaliere e soprattutto proprio dei reparti in cui si poteva praticare l'aborto.
Ma a questo, anche in Italia, si accompagna una ripresa di oscene campagne di “condanna delle donne che abortiscono”.

La questione della libertà di scelta delle donne in tema di maternità e gli attacchi ripetuti ad essa alludono sempre alla libertà di scelta delle donne in ogni ambito della vita. E' questo che fa paura. E per questo, a fronte di una ripresa grande del movimento delle donne, ora spandono a piene mani un humus reazionario, concezioni oscurantiste che vogliono ricacciare le donne in un Moderno Medioevo, e che portano all’aumento delle violenze contro le donne, sino alle uccisioni.
Lo vediamo in questi giorni con lo striscione alla Casa internazionale delle donne di Roma dei neonazi di FN “194, strage di stato” e i manifesti dei pro life di Citizen Go, comparsi sempre a Roma: “l’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo”; come i manifesti di Casa pound a Genova, difesi dal sindaco di centro-destra. Si tratta di pericolosi prodromi di un forte attacco al diritto d’aborto che il prossimo governo fascio-leghista favorirà, come già preannuncia. Attacco funzionale in una fase di crisi, di tagli a servizi in cui per prime le donne vengono ricacciate a casa, sia perché sono le prime ad essere licenziate, sia perché si scarica su di esse il ruolo di “supplente” dei servizi di cura sempre più carenti.
Per questo oggi – in cui anche femministe borghesi, donne delle istituzioni, stampa, televisione, parleranno di difesa della L.194 – noi diciamo, invece, che si tratta di difesa e miglioramento del diritto d’aborto con in primis l'eliminazione dell'obiezione di coscienza, di difesa delle condizioni di vita generali delle donne più sfruttate e oppresse, di difesa della libertà di scelta.

SIAMO PRONTE ALLA LOTTA! CONTRO GOVERNO, STATO, FASCISTI-SESSISTI! CONTRO L'INTERO SISTEMA SOCIALE BORGHESE!

Movimento femminista proletario rivoluzionario 

Violenza maschile contro le donne, il 21 maggio un'iniziativa a L'Aquila





18/05/18

Violenza a 5 Stelle sulla Casa Internazionale delle donne di Roma


Contro il moderno fascismo che avanza sui diritti delle donne
partigiane sempre!
Solidarietà alla casa dal MFPR

Dalla Casa delle donne di Roma:

Consiglio Comunale: in scena l’arroganza, la malafede e la violenza a 5Stelle
Con il voto di oggi il Consiglio Comunale ha dichiarato guerra alle donne e a quanti /e sono impegnate nel sociale per rendere vivibile la città. Con l’approvazione della mozione Guerrini, abbiamo visto che, di fronte alle questioni delle donne, per questa amministrazione la democrazia non esiste più.
La mozione impegna la sindaca e la giunta a togliere alla Casa delle Donne la sede del Buon Pastore, non si sa per farne cosa, cancellando un’esperienza importantissima per le donne e la città, una realtà viva della cultura, del femminismo e dei movimenti.
La mozione è stata votata:
1) rifiutando il rinvio richiesto a gran voce, data anche la riconvocazione del tavolo di confronto per lunedì, tra giunta e Casa Internazionale delle Donne
2) Impedendo l’intervento nel Consiglio Comunale di una rappresentante della Casa
3) Negando all’opposizione la documentazione necessaria
4) Negando il diritto di replica alle opposizioni

Una pessima giornata per il Consiglio Comunale e per Roma.
Noi certo dal Buon Pastore non ce ne andiamo e continuiamo il nostro impegno con le donne e per la città.
#giùlemanidallecasa
  #lacasasiamotutte

17/05/18

Prima di tutto italiana, la merda nera che vuol riportare le donne di almeno 40 anni indietro



La feccia anti abortista impesta anche i muri di Genova.
Il sindaco della coalizione di centro-destra composta da Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, Direzione Italia, rifiuta di rimuoverlo come successo a Roma.
L'area fetida del nuovo governo fascio-populista che si prepara fa tornare la feccia antiabortista.
Nel 40° anniversario della Legge 194 queste nere avvisaglie non sono a caso, preannunciano una ripresa dell'attacco al diritto d'aborto, a cui il movimento delle donne saprà ben rispondere.
Questi manifesti vanno tolti comunque! O li tolgono i sindaci o li strappiamo noi!

MFPR

Manifesto anti aborto a Genova, Bucci: "C'è libertà di espressione"


mercoledì 16 maggio 2018

GENOVA - "C'è la libertà di pensiero e di espressione in Italia, cosa che talvolta a me negano, ma andiamo avanti lo stesso, c'è la libertà, quindi non mi sembra il caso che noi interveniamo su queste cose". Il sindaco di Genova Marco Bucci fa sapere che l'amministrazione comunale non ha alcuna intenzione di intervenire in merito al cartellone pubblicitario anti-aborto dell'associazione ProVita che ha fatto scoppiare tante polemiche in città.

Dopo la levata di scudi di Pd e Cgil, che già ieri avevano chiesto l'intervento del garante dell'infanzia e del difensore civico e criticato il contenuto del manifesto, oggi su Change.org il comitato "Lo decido io" ha lanciato una petizione per chiedere al sindaco di far rimuovere il manifesto.

Nelle ultime ore, sul tema, si sono espresse anche Forza Nuova e Lega. Il movimento di estrema destra, che in passato è stato più volte associato a ProVita, ha invitato a prendere esempio "da chi non accetta sudditanze alle lobbies abortiste e antipopolari di Bruxelles" e invita la Cgil "a preoccuparsi della difesa dei diritti delle madri piuttosto che a rimuovere un manifesto".

Mentre la Lega, con la presidente della commissione Pari opportunità in Comune Francesca Corso afferma di non capire "dove stia l'offesa nell'affiggere un manifesto che oltretutto non dichiara nulla di falso, preso atto dell'evidente messaggio di invito alla riflessione prima di compiere un gesto estremo come quello dell'aborto".

Interviene anche l'associazione Luca Coscioni: "Rispettiamo la libertà di pensiero, ma la legge italiana sull'aborto ha rappresentato una riforma irreversibile ratificata dal volere popolare - dicono Filomena Gallo segretario dell'associazione Luca Coscioni, Mirella Parachini ginecologa e membro di direzione della stessa associazione e Anna Pompili, fondatrice di Amica (Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto) - prova ne è il fatto che in 40 anni nessun governo ha provato a cancellarla e la Corte Costituzionale, che spesso vede arrivare nuovi incidenti di costituzionalità, conferma il dettato senza modifiche".

Le due associazioni riportano anche un dato ricavato dal ministero della Salute: in Liguria i ginecologi ospedalieri sono 87 di cui il 63.5% obiettori. Infine denunciano quelle che definiscono "le tre bugie sull'aborto diffuse da ProVita", che nei suoi documenti parla di complicazioni fisiche legate alle interruzioni di gravidanza, della correlazione, smentita dall'organizzazione mondiale per la sanità, tra aborto volontario e problemi di salute mentale delle donne e la "sindrome post-aborto", che allo stato attuale non è riconosciuta da alcuna società scientifica.

Prima di tutto gli italiani - I maiali in divisa stupratori e razzisti



Da Infoaut

Violenze, molestie e razzismo al raduno nazionale degli Alpini a Trento


Trento, 91° raduno nazionale degli Alpini, tre giorni e tre notti di inferno per le donne che ci sono capitate.

Fiumano le testimonianze spontanee di donne che, per lavoro o perché semplicemente si trovavano nella loro città, hanno subito molestie sessuali e razziste di ogni genere da parte della folla maschile di militari e simpatizzanti ritrovatisi nella località trentina per la loro festa. E sottolineiamo la loro, erano circa 600.000.


Nei giorni precedenti, l’università di sociologia era stata occupata e aveva ospitato delle iniziative contro la presenza della celebrazione e l’arrivo di migliaia di alpini da tutta Italia.


Non una di meno- Trento  e altre associazioni, attraverso la pubblicazione delle testimonianze delle donne presenti, stanno aiutando a far emergere la verità: quei giorni è successo di tutto ma l’alcool e la musica sono bastati per silenziare momentaneamente le violenze sessuali perpetrate dai militari.
Fra queste violenze, quella più pubblica è stata la serata “Miss Alpina Bagnata”, in cui gli uomini erano invitati a votare la loro alpina preferita lanciandole addosso della birra. Non c’è nient’altro da scorgere oltre a un gesto pubblico di umiliazione.


Le violenze meno esplicite sono state però anche le più gravi e ora l’ ANA (Associazione Nazionale Alpini) dichiara di cadere dalle nuvole visto che 400 alpini erano in servizio il giorno - una grande rassicurazione essere protette dai propri molestatori!


“Che bela moreta, fammi un pompino”, “non mi faccio servire da una marocchina” sono alcuni degli insulti rivolti a una studentessa mulatta che ha deciso di raccontare il suo estenuante turno di lavoro.
"Scappate scappate che tanto primo poi vi ritrovate il nostro uccello in bocca", inseguimenti, palpeggiamenti, minacce.


Le donne sono un terreno su cui si giocano tutte le campagne securitarie, creando nuove paure e celebrando le forze dell’ordine come la possibile soluzione. Ma quei giorni, in cui un’intera città è rimasta sotto lo scacco dei militari alpini, proprio nessuna si è sentita al sicuro. Violenze sessuali agite come se fossero naturali apprezzamenti, commenti sessisti cammuffati in libertà d’espressione e la donna diventa oggetto di tutte le fantasie di violenza.
La vera terra di nessuno è quella dove festeggiano gli Alpini.

 Da Non una di meno - Trento alcune testimonianze:

" Stavo tornando da lavoro, erano le sei di sera, una sera molto luminosa eppure non mi sentivo sicura O meglio, sentivo che il mio corpo mi voleva dire qualcosa... Ho la fortuna di abitare vicino all'ufficio dove lavoro, per tutto il giorno ho sentito gli schiamazzi di sottofondo, un giorno feriale eh? Maschi... urla, risate sguaiate, bestemmie. Fino a quando mi trovavo nel mio ufficio al terzo piano queste voci sono state solo uno sgradevole mormorio.. ma quando mi sono trovata per strada, mi sono sentita veramente in balia di una minaccia indefinibile.
Ero nel vicolo, largo circa 4 metri e lungo 200 metri circa a piedi, che interseca due strade più grandi. Verso la metà c'è la porta del condominio, le cale, il mio mini.
Mentre lo percorrevo la mia pelle sembrava reagire staccata dalla mia mente ancora immersa nel mio lavoro, il mio stesso corpo lentamente si mise in allarme e alla fine anche la mia mente si è focalizzata: erano dietro di me e mi seguivano, erano sei con un sorriso osceno che gli colava dalla faccia. La mia pelle, il mio corpo di donna li aveva avvertiti prima dei miei sensi coscienti. Quello che si sente poi, la paura la conoscete, la conosciamo tutte purtroppo. Quando misi le mani nella borsa per prendere le chiavi mi resi conto che tremavano... sento mormorii da quei sei che si avvicinano e cerco di ignorare. Hanno quattro metri a disposizione, eppure vengono sul marciapiede dalla mia parte e si avvicinano. Cerco di mettere la chiave nella toppa più velocemente possibile. Probabilmente annusano la mia paura e si fanno più baldanzosi, uno di loro comincia a dire in un dialetto simile al trevigiano "gheto paura cea? No te femo miga niente" "semo bravi tosati noialtri, mica come quei negratti de merda...che fa a tochi e fie... ni altri savemo farle godere e done... ni altri, seto" e giù risate oscene.
Io sorrido forzatamente mentre vorrei sputargli in faccia a quello che ha parlato, piccoletto, tarchiato, tutto in lui mi dava senso di sporco anche quel cappello ridicolo logoro pieno di cianfrusaglie... ma ho sorriso..invece. Per paura, per cercare di non far trasparire il ribrezzo che avevo per lui e il suo branco, come se un atto ostile da parte mia mi avesse fatto perdere il diritto alla mia incolumità a poter girare nella mia città senza avere paura. Addirittura saluto.. veloce chiudo il portone dietro di me. E lì c'è il picco di paura, per un istante immagino di non riuscire a chiuderlo perchè magari qualcuno me lo impedisce. Invece lo chiudo e ricomincio a respirare di nuovo.
Mi vergogno ancora per questo. Avrei dovuto dirgli di tenersi lontano, di non molestarmi, che stavo per chiamare la Polizia... si.. la polizia.... e invece ho sorriso, ho salutato...
Mentre mi lavavo ho avuto come un flash, un pensiero strano: in questo mondo a misura di maschio, a misura di stupro, la mia pelle, il mio corpo di donna è più vivo e vigile della mia mente, piegata, educata alla sottomissione a sorridere anche di fronte alla violenza. Devo partire da questo corpo per liberare la mia mente."


"Ciao, anch'io come le altre ragazze ho subito molestie durante l'adunata degli alpini. Ho lavorato in un bar del centro in quei giorni. Per chiamarmi gli appellativi erano spesso "donna" "bambolina" "mona" " gnocca" "cameriera, fai la brava". Le molestie fisiche sono state ancora peggio: strusciamenti da dietro, mani sui fianchi che scendevano finché spinavo birre, baci sulla guancia non graditi né richiesti, prese per i fianchi finché portavo vassoi per fare una foto con me, sguardi perversi e insistenti sul mio seno, a pochi cm di distanza, al punto che sento ancora la puzza di alcool del loro fiato. Il tutto mentre io lavoravo, mentre correvo su e giù per i tavoli per circa 11h al giorno, per servirli e sentirmi i loro commenti sessisti, omofobi, e razzisti. Li ho visti cacciare a suon di insulti tutte le donne e gli uomini di colore che passavano. Uno di loro mi ha detto che se l'anno prossimo tornava, e scopriva che ero ancora fidanzata, mi avrebbe "legnata". Erano tutti ubriachi fradici, fin dal mattino. Ho sofferto doppiamente perché ho reagito solo in parte, mi sentivo con le mani legate, impotente. Non potendo rischiare di perdere un lavoro ho reagito con stizza alle loro provocazioni, allontanandomi e cercando di tenerli a distanza per quel che potevo (la sera, quando mi sono trovata a spinare birra da sola, anche a spintoni e gomitate). Ma la rabbia è montata dentro di me, e ho realizzato solo ieri di quanto sia uscita ferita da questi tre giorni, ieri ho pianto più volte per la frustrazione provata. Se avete intenzione di scrivere altri comunicati, o di fare una manifestazione per smuovere le coscienze, finché i fatti sono ancora recenti, io ci sono"


"ESSERE DONNA E MULATTA IN TEMPI DI ADUNATA-riflessioni dal margine
Maggio 2018. Trento, sicura, silenziosa, regina di decoro urbano si prepara ad accogliere 600000 militari e simpatizzanti smaniosi di sfilare per giorni a passo di marcia.
Da settimane la città è in fermento, i camion di bitume rompono i silenzi notturni, squadre di pompieri vengono arruolate per onorare la patria e adornare la le facciate di bandiere tricolore, anche la bella e ormai succube sede di sociologia si veste a festa e da il ben venuto agli alpini. Allora via le bici, disinfetta i parchi da migranti e accattoni, scattano ordinanze su ordinanze speciali. 10 maggio è tutto pronto.
La città è luccicante e disposta a delegare interamente l’ordine pubblico all’organizzatissimo Corpo degli Alpini, legittimati in ogni loro azione dal semplice essere forze dell’ordine e di conseguenza affidabili, solidali, caritatevoli rappresentanti dell’ordine costituito.
Il capoluogo si trasforma in cittadella dell’Alpino, come per ogni grande evento il capitalismo si traveste per l’occorrenza e subdolo si appropria di ogni cosa. Chiudono le università, chiudono le biblioteche, chiudono gli asili nido. Ogni via si riempie di uomini in divisa, penne nere, fiumi di alcol, cori e trombe. Diventa labirinto inaccessibile e sala di tortura per qualsiasi corpo che non risponda alle prerogative di maschio, bianco, eterosessuale. (ah, non deve avere coscienza critica, questo è chiaro)
Diventa impraticabile e pericolosa per me che sono donna e mulatta. Esposta in maniera esponenziale a continue aggressioni verbali e fisiche che intersecano razza e genere, dando vita ad una narrativa vissuta e rivissuta mille volte nei più svariati contesti. A chi importa il tuo vissuto, a chi importa da dove vieni, a chi importa chi sei, chi si ricorda di avere davanti una persona, a chi importa?
Il colore della tua pelle, i ricci ribelli, i lineamenti, l’espressione di genere sono un pass par tout per aprire le fogne , etichette incollate su ogni parte del mio corpo che legittimano qualsiasi forma di violenza razzista e sessista. Non serve altro, il discorso d’odio è servito, è tutto normale, dall’alto del privilegio maschio e occidentale è tutto consentito. Ogni angolo di quell’immenso e pericoloso formicaio era per me trappola e luogo di resistenza, i miei tratti somatici mi tradivano in continuazione, l’autodifesa mi teneva in vita, sempre vigile e attenta.
Al tavolo di ogni bar, ad ogni incrocio si potevano captare l’affanno delle poche sinapsi di branchi di energumeni messe sotto sforzo, per portare avanti una discussione che puntualmente veniva condita da una frase come: “sti negri de merda”, “non sono razzista, ma…”, “andassero tutti a casa loro”, “gli ammazzerei tutti”, ”tira fuori le tette”, “bella gnocca vieni qua” ,qualche camionata di insulti a venditori ambulanti, che corazzati da anni di resistenza continuavano imperterriti il loro lavoro, e poi via, un altro rosso , prego, che la festa continui!
Mi sono sentita ingiustamente violentata ed impotente, violentata dagli sguardi, dai commenti sessisti, dalle palpate, dal esotizzazione continua del mio corpo trasformato in oggetto sessuale che risveglia profumi di violenza tropicale, nostalgie coloniali.
Nessuno ha chiesto il mio consenso, nessuno si è sentito in dovere di farlo, nessuno si è sentito responsabile per quello che stava accadendo nello spazio pubblico che lo circondava, nessuna delle “loro (bianche) donne” mi è stata solidale. Le istituzioni complici, si sono girate dall’altra parte e con tranquillità si sono fatte servire un vino, al tavolo dell’aggressore.
Nessuno si è chiesto se fosse normale che una cameriera sottopagata dovesse sopportare per ore frasi del tipo “Che bela moreta, fammi un pompino” o semplicemente, “non mi faccio servire da una marocchina” tutto normale , tutto concesso, nobilitato dalla posizione di “salvatore della patria”, corpo solidale in caso di calamità naturale. Tutti sembravano non voler ricordare che machismo e razzismo vengono esercitati da qualsiasi corpo, tanto più se privilegiato e paramilitare.
Questi quattro giorni sono stati la cartina torna sole dell’aria che si respira a livello nazionale, dell’ansia che ogni corpo di donna o di negra sente quotidianamente nell’attraversare lo spazio pubblico, delle ondate razziste e sessiste che attraversano il paese, ma non lo scuotono, che si insinuano silenziose nel discorso politico istituzionale di ogni giorno.
Io, come moltissime altre, non ci sto! non sono disposta a dover lasciare la città perchè non è per me spazio sicuro, non sono disposta a delegare la mia sicurezza a gruppi di militari maschi e testosteronici , non sono disposta a sorridere e lasciare correre “perché in fondo si scherza”, non sono disposta ad essere complice della vostra lurida violenza quotidiana con il mio silenzio, non sono disposta a tutelare il buon costume della vostra civiltà, rispettosa solo con chi rientra nei canoni imposti. Non sono più disposta ad agognare sanguinante e invisibile perché voi possiate marciare in pace sul mio corpo e onorare la vostra patria. Siamo stanche e arrabbiate, non ci sarà più nessuna aggressione senza risposta, nessun silenzio complice."