Da il fatto quotidiano:
Nella comunicazione vige una regola aurea: se un commento, un articolo o un’esternazione sono troppo stupidi, patetici e soprattutto in malafede
per essere commentati, la scelta migliore è lasciarli senza risposta,
affinché cadano nel dimenticatoio il più presto possibile. L’articolo di Vittorio Feltri sui compensi delle donne e delle madri, pubblicato sul quotidiano Libero, rientrava senz’altro in questa casistica, con l’aggravante di una scrittura da bambino delle medie.
Tuttavia, siccome il signore in questione, le cui argomentazioni sul
rapporto tra i sessi e le donne hanno purtroppo grande seguito tra gli
uomini, è il direttore di un giornale, nonché giornalista assai presente
nelle trasmissioni tv, vale il caso di spendere qualche parola
sulla sua complessa, sofisticata e brillante argomentazione. Che è la
seguente: le donne guadagnano meno, ma il motivo è che fanno figli, e
facendo figli si devono assentare dal lavoro e siccome
quando si assentano dal lavoro non prendono soldi allora è normale che
guadagnino di meno. In più, scrive l’acuta penna, fare figli non è un obbligo ma un hobby
come coltivare le patate, per questo le donne – “matrone che sfornano
figli” – non possono pretendere, se fanno bambini, di essere retribuite
come gli uomini che fanno lavori “veri”, né tantomeno chiedere uno
stipendio se vogliono fare le casalinghe. Fine del profondo
ragionamento. Che imbarazzerebbe, quanto a connessioni logiche, e
soprattutto informazioni sulla realtà, anche un’insegnante di una classe
di adolescenti. Ah, dimenticavo, la base finemente filosofica del pezzo
di Feltri è che “la natura non è democratica” e quindi le donne devono accettare le asimmetrie senza fiatare.
La prima riflessione da fare su questa non-riflessione è che
ovviamente è in totale malafede. Com’è noto Feltri ha figli, maschi e
femmine, e nipoti, e non crediamo, ma le interessate ci scrivano se
sbagliano, che Feltri consideri le proprie figlie e nuore “matrone
sforna figli” e che protesti vivamente, ad esempio telefonando ai loro
datori di lavoro, affinché le sottopaghino rispetto agli uomini.
Né crediamo consideri i propri nipoti meno che nulla, come invece
sembra valutare i figli delle donne comuni, anzi probabilmente sarà un
nonno che stravede per i suoi bambini, mentre sembra invece considerare
ininfluente che esistano o non esistano i bambini di altri. È la solita miopia dei potenti,
nella storia ce ne sono stati a milioni così. Affettuosi e amorevoli
con i propri amati, sprezzanti verso il popolo senza nome né volto.
Ma veniamo all’ “argomentazione”. Non essendo ancora possibile per le donne autofecondarsi è del tutto evidente che un figlio si faccia in due.
Ora non è chiaro perché la donna che deve portare avanti la gravidanza
dovrebbe essere penalizzata a scapito dell’altro genitore che ci ha
messo solo il seme. Il “ragionamento” di Feltri è che la natura è
antidemocratica e che quindi bisogna accettare che chi porta la pancia sia penalizzato.
Ma si tratta di una tesi che è eufemistico definire rischiosa. Se
infatti vogliamo azzerare la scienza e la cultura, che servono appunto a
compensare le iniquità della natura, proteggendo i più deboli e
portando eguaglianza di diritti e di opportunità, dobbiamo immaginare un mondo selvaggio dove non esista alcuna legge né diritto,
e il più forte prevalga sul più debole. Non credo che questo convenga
al direttore di Libero, il quale, essendo anziano e dunque debole,
sarebbe prontamente spazzato via dalla prima belva, ma che dico,
belvetta. Viceversa si tratta del solito vecchio vizio di giocarsi le
carte, in questo caso quella della natura, solo quando fanno comodo
e sono a proprio favore, salvo riporle dentro la tasca quando invece
potrebbero risultare scomode o a sfavore. Il meno che si possa dire è
che si tratti o di ipocrisia o di ignoranza.
Ma parlando di ignoranza. A Feltri manca qualche elementare nozione di diritto del lavoro. Perché
dovrebbe sapere che quando una donna va in maternità esiste un istituto
di previdenza che paga il suo stipendio al datore di lavoro, mentre la
donna riceve uno stipendio, sempre pagato anche con suoi contributi.
Tutto questo serve proprio a garantire una continuità sia al datore di lavoro che alla donna,
che quando ritorna dovrebbe trovare lo stesso posto e lo stesso
stipendio di prima. Non è chiaro dunque perché la paga della donna che
fa figli dovrebbe essere inferiore a quella di un uomo di identica
mansione che i figli li fa, ma senza andare in maternità. O forse la
carriera si gioca tutta in quei pochi mesi – trovatemi una donna che
oggi va in maternità per anni – in cui una madre è assente? Invece
Feltri ci dovrebbe spiegare, ma ovviamente non è in grado, perché a
parità di mansione le donne, tranne che nei settori pubblici o molto
protetti, guadagnino meno degli uomini, perché inoltre abbiano stipendi molto più precari, perché prendano pensioni ridicole
in confronto a quelle degli uomini. E tutto questo, anche senza figli
(oggi una su due donne resta senza) o facendo uno – uno! – solo. L’unica
spiegazione possibile è che le donne italiane sono penalizzate sui
luoghi di lavoro esattamente in quanto donne, e non a
caso tutti gli indicatori internazionali ci mettono agli ultimi posti
quanto a gender gap (che per Feltri non esiste), retribuzioni femminili,
povertà femminile e insieme, paradossalmente, numero di figli.
E veniamo all’ultima argomentazione. Da quanto dice Feltri, i figli in sé non sono un valore. Che ci siano o meno non cambia nulla.
Che le donne li facciano o meno non cambia nulla. Sono un hobby come il
suo, quello dell’orto, solo una questione privata. Evidentemente, il
direttore di Libero ignora l’esistenza di una disciplina che si chiama demografia.
E che misura la salute di una società proprio in base alla questione
del ricambio tra generazioni. L’Italia è in una situazione gravissima,
perché si trova in una sorta di piramide rovesciata, dove a pochi giovani corrispondono tantissimi anziani.
Detto in soldoni, questo significa che tra poco per dieci anziani che
prendono pensione e hanno bisogno di qualcuno che li curi ci saranno
molti meno giovani di quelli che sarebbero necessari. Vorrebbe Feltri
essere uno di quelli a cui non capita l’assistenza, e quindi rimanere
sia senza pensione sia senza qualcuno che gli pulisca la bava quando non
potrà farlo da solo? Non credo. Dovrebbe essere grato a quella donna che ha partorito quel figlio
che presto lo imboccherà? Credo di sì. E credo, anzi sono sicura, che
fare quel figlio non sia una questione privata, appunto, ma pubblica. Ma
se è pubblica lo Stato deve mettere le donne in condizioni di fare
figli, oltre che favorirle il più possibile quando intendano farlo,
come d’altronde in tutti i paesi civili del mondo. E tutto questo solo
da un punto di vista utilitaristico, al netto cioè della felicità che un
figlio porta a livello individuale e collettivo.
L’ultima battuta è sul “lavoro vero”, l’unico che secondo Feltri
dovrebbe essere pagato. C’è da chiedersi se sia più vero il lavoro di un
giornalista che se ne sta comodo sulla sua sedia a scrivere commenti
come questo, peraltro riccamente finanziato da fondi pubblici,
o quello di una madre precaria che oltre a lavorare, magari andando
alle sei del mattino a pulire le scale del Feltri-condominio, tira su due figli che presto saranno utili alla società.
Ma su questo spero che i commentatori di questo blog non abbiano dubbi.
Possiamo avere parere diversi sui ruoli dell’uomo e della donna e sulle
istanze delle femministe. Ma dovremmo invece avere opinioni identiche
sui deliri di un giornalista al quale bisognerebbe obiettare una cosa
sola: mi scusi, ma lei che cazzo sta dicendo?
Nessun commento:
Posta un commento