Non si ferma la campagna ideologica e pratica contro il diritto
d'aborto. Dopo la Spagna, la Svizzera
CI TOLGONO DIRITTI E DIGNITA' MA NOI VOGLIAMO LA NOSTRA LIBERTA'!
CI TOLGONO DIRITTI E DIGNITA' MA NOI VOGLIAMO LA NOSTRA LIBERTA'!
Non è solo la Spagna di Mariano Rajoy a
voler compiere passi
indietro nella legge sull’aborto. Anche la Svizzera
corre il rischio di seguire il medesimo percorso.
Domenica 9 febbraio i cittadini della
Confederazione sono
infatti chiamati ad esprimersi su una proposta di legge popolare
che si propone
di escludere l’interruzione volontaria di gravidanza
e l’embrioriduzione
dall’elenco delle prestazioni coperte dall’assicurazione
sanitaria
obbligatoria. Se passasse il referendum, le donne,
salvo casi
rarissimi, dovrebbero provvedere di tasca propria per coprire le
spese di un
aborto, rendendolo di fatto impossibile per le pazienti meno
facoltose.
I PROMOTORI
Secondo Peter Föhn, co-presidente del comitato “Aborto
questione privata”
che ha proposto il referendum e appartenente al partito
conservatore di
ultradestra popolare svizzero (Svp), “molte cittadine e cittadini
non sanno che
con i loro premi della cassa malati sono chiamati a finanziare gli
aborti. Ma
l’aborto non è una malattia”, e per questa
ragione sarebbe
necessario chiedere lo stralcio del finanziamento dell’aborto dal
catalogo
delle prestazioni dell’assicurazione malattie
obbligatoria.
“Nessuno deve essere obbligato a cofinanziare gli aborti degli
altri – spiega
Föhn – La possibilità di abortire non viene messa in discussione
con questa
iniziativa”. L’approvazione dell’iniziativa popolare (secondo i
suoi
sostenitori porterebbe a una riduzione dei costi
dei premi
assicurativi e, in ultima istanza, rafforzerebbe i diritti
dei genitori:
“Le ragazze under 16 non potrebbero più essere
spinte a un
aborto all’insaputa dei genitori”.
IL GOVERNO
Contrari all’iniziativa tutti i livelli istituzionali che hanno
raccomandato
ai cittadini di respingerla. In un messaggio pubblico la
consigliera federale Eveline
Widmer-Schlumpf del Partito borghese democratico
(Pbd) ha
aspramente criticato la proposta, spiegando che “si tratta di un’iniziativa
pericolosa” perché “con il pretesto degli sgravi
finanziari
si vorrebbe fare marcia indietro rimettendo in discussione
un’importante conquista
sociale” e, ancora: “Una donna che riflette su
un’interruzione di
gravidanza si trova di fronte a una decisione estremamente grave
che non deve
essere resa ancora più difficile da considerazioni di carattere
economico. Il
sistema attuale funziona bene e consente un’assistenza
ottimale
delle gestanti”.
L’ABORTO IN SVIZZERA
In Svizzera l’aborto è legale solo dal 2002, quando con un
referendum che
raccolse i voti favorevoli del 72% dei votanti, venne modificato
il codice
penale, introducendo la possibilità dell’interruzione
di gravidanza
entro la dodicesima settimana di gestazione. La
Svizzera,
ancora oggi, resta uno dei paesi con il più basso tasso
di
aborti (6,8 per mille nel 2011, contro una media mondiale stimata
al 28 per
mille secondo i dati di Amnesty international). Un dato che
secondo gli
analisti si deve anche al facile reperimento della pillola
del giorno
dopo che (sempre dal 2002) è acquistabile senza
ricetta medica
(non esistono dati ufficiali sulla vendite di questo prodotto, le
stime di
mercato parlano di 100mila confezioni l’anno).
LE DONNE A FAVORE
La maggior parte delle donne che hanno sostenuto pubblicamente
l’iniziativa “Aborto,
questione privata” sono esponenti di partiti
conservatori che si
ispirano a valori “cristiani”, come il Partito popolare
svizzero
(Svp), omologo dell’italiano Unione democratica di centro
(Udc), il Partito popolare democratico o il Partito
evangelico
svizzero (Pev). Le loro dichiarazioni campeggiano su
siti e
materiale di propaganda accanto a foto sorridenti e immagini di
neonati: è il
caso della consigliera nazionale Sylvia Flückiger (Udc)
che
ha dichiarato: “Non voglio essere obbligata a contribuire al
finanziamento
di una cosa che non è conciliabile con la mia coscienza”; o
dell’altra
consigliera nazionale del Pev Marianne StreiffFeller che
sostiene
come “l’uccisione di vite umane” non rientri nelle prestazioni di
un’assicurazione di base obbligatoria; o, ancora, di Elvira
Bader,
ex consigliera nazionale del Ppd, che sostiene come “il compito
dell’assicurazione sulla malattia dovrebbe essere quello di guarire
e
salvare vite, non di sopprimerle”. L’elenco delle
sostenitrici
comprende anche Yvette Estermann, che oltre a
essere una
consigliera nazionale in quota Udc è anche medico: “Come
donna
voglio risparmiare a tutte le donne il percorso doloroso di un
aborto. Come avversaria
dell’aborto voglio che le persone che condividono la
mia opinione non
siano più costrette ad assumerne anche i costi economici”.
SONDAGGI E CONTRARI
Il fronte dei contrari è ampio. Gli ultimi sondaggi parlano di
una vittoria
dei ‘no’ con il 58 per cento delle preferenze, contro
il 36 per cento
dei ‘sì’ e il 6 per cento di indecisi.
Un
esito che scongiurerebbe l’introduzione nell’ordinamento elvetico
di una norma
lesiva dei diritti e delle conquiste sociali
delle donne
svizzere. Contro l’iniziativa si è espressa anche Amnesty
international che
parla di “minaccia ai diritti fondamentali”. Secondo
l’organizzazione
l’iniziativa svizzera mette in pericolo il diritto di tutte le
donne di
beneficiare del miglior stato di salute possibile
e il diritto
di non essere vittime di discriminazione. “Il
diritto di tutte
le persone di beneficiare del miglior stato di salute possibile,
come è
definito dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), si
applica anche alla
sessualità, alla gravidanza e
alla maternità
– ha spiegato Stella Jegher, coordinatrice della
sezione
svizzera di Amnesty su diritti delle donne e questioni di genere –
Ogni Stato
ha il dovere di garantirlo. Nessuno può essere oggetto di
discriminazione nella
sua applicazione. L’iniziativa compromette proprio questo
diritto”.
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