Ma hanno
anche indicato la strada di lotta: un nuovo più vasto sciopero
delle donne.
Si conferma in pieno l'analisi fatta nell'opuscolo "S/Catenate: lavoro - non/lavoro delle donne".
Da allora, la situazione è peggiorata in tutti i sensi, come dimostra questa inchiesta pubblicata il 4 dicembre dal giornale 'La Stampa' - di cui riportiamo le parti principali:
MFPR
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"...Un’italiana su due non lavora. In Europa solo Malta sta peggio dell’Italia nella classifica dell’occupazione femminile: una perdita di prodotto interno lordo del 15% valutata dal Fondo monetario internazionale. Il 30% delle donne dopo la nascita del figlio lascia il lavoro. E nel Mezzogiorno il dato negativo è doppio rispetto al Nord.
Tra i 38 Paesi analizzati nell’ultimo rapporto Ocse, l’Italia è uno dei pochissimi Stati in cui la quota di occupazione delle madri diminuisce invece di aumentare quando il figlio supera i tre anni.
Secondo gli
ultimi dati Eurostat, il tasso di inattività delle donne è di 20
punti superiore a quello degli uomini (45,9% contro 25,9%). Un
«gender gap» che solo a Malta è maggiore (27 punti di
differenza)...
Dal punto di
vista dell’occupazione femminile, dunque, l’Italia è in fondo
alla classifica europea. Eppure le donne si laureano di più,
prima e con voti migliori. In Italia il 60,3% dei laureati è
donna. In media il loro voto di laurea è di due punti superiore
a quello degli uomini, eppure guadagnano mediamente 200 euro al
mese in meno...
Anche quando la donna è occupata, svolge la gran parte dei lavori domestici. E rispetto agli altri paesi sviluppati, in Italia si pulisce casa più spesso, si preparano più pasti, si stira di più...
Contratti svantaggiosi
In Italia la
percentuale delle donne che non hanno un impiego tra i 25 e i 54
anni (cioè il periodo in cui si dovrebbe essere più attive sul
mercato, come occupate o in cerca di impiego) è del 34,1%, a
poca distanza da Malta con il 34,2%, a fronte dell’11,4% in
Slovenia e dell’11,6% in Svezia. «Accanto alle aspettative
rispetto alla famiglia, persiste una cultura aziendale
largamente maschilista, che ritiene le donne inaffidabili, o
meno competenti degli uomini e che considera la necessità di
conciliare lavoro e responsabilità famigliari un’interferenza
fastidiosa o non accettabile», analizza Chiara Saraceno. Dati di
Almalaurea mostrano che la discriminazione, a parità di titolo
di studio, inizia già prima che i giovani laureati maschi e
femmine creino una famiglia, incidendo sia sui tassi di
occupazione, sia sui tipi di contratto, sia sui livelli di
remunerazione. Queste differenze diventano ancora maggiori a
cinque anni dalla laurea.
Quando si rinuncia a cercare lavoro è perché paradossalmente un’occupazione può trasformarsi in una perdita economica. E’ il caso di Ilenia Cardinale Franco, 34 anni. «In vita mia ho sempre lavorato, ma ora con rette dell’asilo da 450 euro al mese mi conviene restare a casa»... I posti disponibili sono pochissimi, se lavoro anch’io saliamo di fascia di reddito e siamo tagliati fuori dagli istituti pubblici. Quelli privati sono così costosi che diventa più conveniente occuparmi a tempo pieno della bimba finché non andrà alle elementari»...
Al Sud le
donne in età da lavoro ma inattive sono il 60,7%, quasi il
doppio rispetto al Nord (37,3%) ...
Maternità come ostacolo
...«A fronte
di un incremento della retribuzione, derivante da una tassazione
minore, le donne tendono a lavorare più degli uomini - evidenzia
De Romanis -. Ciò darebbe luogo ad una migliore distribuzione
tra l’uomo e la donna delle mansioni da svolgere in ambito
familiare. Oggi, l’80% del lavoro familiare è a carico delle
donne»...
In gravissimo
ritardo in Italia è anche la comunicazione sulla maternità. «In
base ai dati Ocse, l’Italia registra il tasso di occupazione
minore tra le donne con almeno due figli»...
Intanto il
«gender gap» è in crescita: su 144 paesi analizzati, l’Italia è
al 50°posto in classifica, in calo di 9 posizioni rispetto al
41° posto del 2015. Nelle opportunità economiche e nella
partecipazione, il divario è passato dal 60% del 2015 al 57% del
2016. Sulla differenza di salario l’Italia è scesa dal 109°
posto al 127°. Rispetto allo scorso anno, calano anche i ruoli
manageriali e tecnici ricoperti dalle donne (dall’85° all’87°
posto)...
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