Per portare la solidarietà alla ragazza stuprata scrivere a romantikpunx@gmail.com
Di seguito, dal sito Abbatto i muri, una sintesi di come si sono svolti i fatti e più avanti, i comunicati di solidarietà che ci sono pervenuti:
Sicuramente ricorderete la vicenda di Parma,
su alcuni ragazzi accusati di stupro di gruppo dentro uno spazio
autogestito e “antifascista” ai danni di una ragazza che era del tutto
incosciente. Il processo che vede imputati i ragazzi scaturisce
dall’indagine su un video in cui si vede quello che era successo e che è
diventato prova per una accusa di stupro di gruppo. A margine della
vicenda che vede la ragazza abbastanza sola ad affrontare le udienze c’è
l’indifferenza o, peggio, la banalizzazione da parte di compagni e
compagne che fanno muro a difesa degli accusati invece che a difesa
della “presunta” vittima. A rompere il silenzio sono intervenute
alcune realtà (Generiot, ArtLab Occupato, Casa Cantoniera Autogestita, Rete Diritti in Casa, Parma Antifascista).
Un’altra realtà prende la parola oggi con questo comunicato [QUI il pdf che eventualmente potete stampare e fare leggere nelle vostre realtà] firmato come Romantic Punx assieme ad un gruppo di Guerriere Sailors. Stanno raccogliendo adesioni e se avete voglia di aderire potete scrivere all’indirizzo mail: romantikpunx@gmail.com
Un abbraccio alla donna che sta affrontando un processo sulla
propria pelle, in termini giudiziari e sociali, fino all’ostracismo nei
suoi confronti in sedi e ambienti politici. Un abbraccio a chi riflette
sul sessismo nei movimenti perché è necessario guardarlo a fondo per
combatterlo. Buona lettura!
- Il comunicato di Amazora
Solidarietà
alla donna offesa e condanna dell’omertà dei “compagni”
Come gruppo di autodifesa femminista e lesbica partiamo
dal presupposto che in questo momento storico non ci sono differenze tra una
discoteca a Rimini o a L’Aquila, una strada di Porto Salvo in Calabria e il Raf
di Parma. Perché in una società organizzata sul dominio del sistema patriarcale
sulle donne, nessuno spazio può essere considerato alternativo anche se si
dichiara “antisessista” , “antifascista”, “antirazzista”.
Non servono le etichette, non bastano i cartelli
all’ingresso degli spazi, anzi, questi sono illusioni pericolose che inducono
le donne che li frequentano ad abbassare la guardia, credendo di stare in un
luogo sicuro tra “compagni”. Sappiamo bene che non è interesse di tutti
combattere il sessismo perché vorrebbe dire rinunciare al privilegio e al
vantaggio sociale di essere “uomini”.
Come dovremmo quindi chiamare queste merde che la
violenza l’hanno agita, filmata, condivisa, chi ha riso usando dei nomignoli e
ha minacciato e cacciato da alcuni spazi di movimento lei che è sopravvissuta a
tutto quest’orrore dandole dell’infame? Che nome hanno queste azioni?
Per noi gli infami
sono loro: gli stupratori Francesco Cavalca,
Francesco Concari, e Valerio Pucci insieme ai/alle loro complici che hanno
denigrato e continuano a giudicare lei. Riconosciamo in questo stupro la stessa
brutalità e tortura di quello del militare Francesco Tuccia all’Aquila e di tutti
gli altri, in divisa e non, legittimati da questa società patriarcale a violare
il corpo delle donne. Identifichiamo, con modalità diverse, il loro stesso
privilegio di essere creduti, difesi e presenti nello spazio pubblico come se
nulla fosse successo!
Pare che non siano bastati i 6 anni
di silenzio, ora si condanna pure la mancanza di fermezza ideologica da parte
di lei, quando il movimento nei suoi confronti ha reagito nel peggior modo,
lasciando che fossero gli sbirri a scoprire lo stupro attraverso il video che
si divertivano a girare gli stupratori e i/le loro complici!
Perché si dubita sempre di quelle
che la violenza l’hanno subita? Come mai non si è fermi/e e compatti/e contro
gli stupratori? Gli uomini non subiscono la stessa violenza che subiamo noi
donne e questo episodio, come tutti gli altri, è la radiografia di un corpo
sociale organizzato sulla prevaricazione maschile come forma di potere.
La solidarietà alle donne
sopravvissute a uno stupro noi la diamo a priori, senza sé e senza ma. Continuiamo
a costruire reti di solidarietà tra donne che spezzino l’omertà che si crea intorno
ai maschilisti, continuiamo ad autodifenderci senza alcuna delega, contro ogni
ideologia, senza maschi, né sbirri, né “compagni”. Auto-organizziamoci per cacciarli: invece di
far girare i loro video di merda, scambiamoci le foto e i nomi degli
stupratori, molestatori e sessisti che attraversano e respirano la nostra
stessa aria negli spazi, facciamoli vergognare di quello che sono e quello che
fanno! Ribadiamo che sono loro che devono essere isolati e non noi donne.
Noi pensiamo che i veri posti
sicuri siano solo quelli di donne, organizziamoci per crearne di nuovi, per
rafforzarci contro la violenza maschile e per continuare a costruire reti di
solidarietà tra donne. Unite siamo più forti. Organizziamoci per andare sotto
il tribunale; e non perché siamo d’accordo con un
processo, piuttosto perché siamo consapevoli che le donne vengono attaccate
anche dal sistema giudiziario e non solo dagli amici degli stupratori, che le
minacciano fuori dai tribunali.
Invitiamo tutte a dare solidarietà
alla ragazza alla prossima udienza che si terrà il 19 dicembre mattina al Tribunale di Parma.
Trasformiamo la paura in rabbia, la
rabbia in forza, la forza in lotta!
Amazora, autodifesa femminista e
lesbica a Bologna
- dal MFPR:
Tutta la solidarietà
da parte delle compagne del MFPR e un forte abbraccio alla
"nostra" ragazza di Parma.
Al fianco di tutte le compagne, donne, da Parma a Bologna a
Polignano, ecc. che lottano per mettere fine all'orrore senza fine
di questo barbaro sistema sociale.
MFPR
MFPR
- da radio onda rossa:
Circa un anno e mezzo fa ci eravamo trovate e trovati a commentare dai nostri microfoni una vicenda che ci coinvolge tutte e tutti: lo stupro di una ragazza dentro uno spazio "di movimento", avvenuto cinque anni prima a Parma, dentro una sede allora gestita dalla Rete Antifascista di Parma. Un fatto emerso solo dopo molto tempo, e rimasto troppo a lungo avvolto in un silenzio preoccupante che abbiamo anche noi sottovalutato.
Oggi, attraverso la presa di parola di compagne e compagni solidali con la ragazza (https://abbattoimuri.
Non c’è antifascismo senza antisessismo. come non c'è lotta di classe senza lotta a ogni forma che il patriarcato, dentro il capitalismo, assume. L'antisessismo non è uno slogan e il patriarcato non è una "cultura" ma oppressione materiale e sfruttamento; rendersene attori e complici, fino alla sua più schifosa espressione, lo stupro, significa essere complici e portatori dell'oppressione di genere e di classe.
Ma gli antifascisti e le antifasciste - o almeno chi si dichiara tale - hanno davvero assunto queste affermazioni? Di sicuro non se le sono assunte gli uomini che hanno violentato una ragazza di 18 anni, in un evidente stato confusionale, per di più filmando l'atto di violenza e facendo poi circolare il video.
Ma ci chiediamo anche se chi ha permesso che il video della violenza girasse indisturbato, di telefonino in telefonino, senza nemmeno riconoscere in quelle scene una violenza, davvero riconosce nell’antisessismo una prerogativa necessaria della lotta antifascista. E chi ha giudicato, scherzato con quelle immagini, deriso la ragazza, fatto sentire complicità agli stupratori, quelli e quelle sono antifascisti?
E ancora, chi negli anni che sono seguiti allo stupro ha isolato la ragazza additandola come “spia delle guardie”, togliendole ogni agibilità, impedendole di frequentare gli spazi sociali, ha una responsabilità minore?
Ci sono vari livelli di violenza in questa storia: lo stupro di gruppo, la diffusione delle immagini, la derisione, le minacce e infine la condanna, l’isolamento, l'emarginazione della ragazza. Cerchi concentrici in cui il “gruppo” delle persone coinvolte è sempre più grande.
Abbiamo letto comunicati di dissociazione, altri di strumentalizzazione, altri che raccontavano di quanto questo “episodio” abbia distrutto la politica a Parma. Comunicati che hanno dimostrato – e continuano a dimostrare dopo cinque anni - l'assoluta incapacità di prendere una posizione chiara e inequivocabile sulla violenza maschile: troppi se e troppi ma hanno attraversato le dichiarazioni uscite negli ultimi due anni, dopo il già vergognoso silenzio dei tre precedenti.
Noi, redazione di Radio Onda Rossa, vogliamo innanzitutto esprimere la nostra solidarietà alla ragazza e ribadire che giudicare una donna stuprata sulla base dei suoi comportamenti in merito è violenza, un’altra violenza aggiunta a quella già subita: è quello che già fanno i tribunali nei processi per stupro, che finiscono sempre per mettere sul banco degli inputati, sotto la gogna degli inquisitori, le donne che la violenza l’hanno subita.
Vogliamo ribadire, invece, che l'omertà sulla violenza maschile sulle donne accompagna da sempre il perpetuarsi della cultura dello stupro e, come antifasciste e antifascisti, vogliamo comunicare il nostro sgomento e la nostra rabbia nel vedere che la cultura dello stupro, dell’omertà, della pacca sulla spalla tra maschi permane in spazi che si ritengono antagonisti. In spazi che si vorrebbero liberati nulla si fa per scardinare luoghi comuni e atteggiamenti tipici dei "processi per stupro", anzi ci si rende complici nello svilire e isolare una donna stuprata all’interno degli stessi spazi sociali e politici.
Complice non è solamente chi difende esplicitamente lo stupratore, ma anche chi, uomo o donna, istillando dubbi, diffondendo voci, delegittimando la parola delle donne, crea un clima in cui gli stupratori continuano ad avere agibilità e a muoversi tranquilli.
Complice è anche chi, pensando di salvaguardare in qualche modo i propri spazi "politici", giustifica di fatto lo stupro lasciando inalterate le condizioni, i luoghi, le dinamiche, in cui è avvenuto.
Complice è chi, in nome di una ridicola e disonesta purezza, asserisce di condannare lo stupro ma al contempo condanna anche la ragazza in quanto sarebbe stata inaffidabile perché – sotto il torchio delle guardie – non ha protetto i suoi stupratori e le persone intorno a loro.
Oggi, ancora con sgomento e rabbia, ci chiediamo dove è stato il movimento in tutti gli anni del silenzio su questa vicenda. Come è stato possibile che un video come quello girasse senza che ci si accorgesse della gravità dell'atto compiuto o per lo meno senza che si sentisse la necessità di prendere parola? Come è stato possibile
arrivare a minacciare la ragazza stuprata fuori dal tribunale?
La nostra solidarietà va a lei e a quei pochi e poche che in questi anni non l'hanno lasciata sola.
Il nostro schifo va a tutto il resto... senza se e senza ma.
La Redazione di Radio Onda Rossa
Nessun commento:
Posta un commento