Libere di scegliere sul nostro corpo.
Fuori la giunta fascista dalla regione Umbria!
Fuori la giunta fascista dalla regione Umbria!
Mentre una pesante crisi aggrava la situazione del paese e il periodo dopo
Covid si annuncia molto duro per la
vita economica e sociale delle donne e di tutt*, la giunta della destra
leghista di Donatella Tesei lancia il suo affondo all’autodeterminazione
delle donne firmando un dispositivo che prevede per l’Umbria il
ricovero di tre giorni per le donne che utilizzano la Pillola abortiva
RU486. Inutile qui ricordare come l’Italia sia da decenni l’unico paese
in Europa in cui, vista la particolare attenzione verso le posizioni del
mondo cattolico integralista, si prevede necessariamente, per le donne
che vogliono assumere questa pillola abortiva, un passaggio in ospedale
in Day Hospital (sempre che gli ospedali ne siano dotati: proprio in
Umbria nella gran parte degli ospedali da tempo questa pillola non c’è).
Se questa situazione caratterizza storicamente il nostro paese tale che
esiste una anomalia italiana nel campo dell’aborto farmacologico
-perché le donne, si sa, nella cultura egemone dominante devono
partorire e eventualmente abortire nel dolore- la variazione d’intensità
a cui ci sottopone oggi la giunta leghista è quella del ricovero
ospedaliero coatto di tre giorni per le donne che vi facciano ricorso.
Ricordiamo che l'IVG non riguarda solo le vite precarie delle donne
umbre bianche, borghesi o proletarie, ma una quantità di donne migranti:
badanti, braccianti, sex workers, che hanno gravidanze indesiderate,
spesso da rapporti sessuali altrettanto indesiderati e hanno difficoltà
non solo ad attuare l’IVG ma anche a essere raggiunte da informazioni su
come/cosa fare.
Se questa faccenda non fosse drammaticamente lesiva
della dignità e della libertà delle donne, potremmo cogliere il lato
tragicomico della faccenda, visto che la sanità dei tagli neoliberisti
ci ha abituato da tempo a norme e procedure “spiccialetti” per le
degenze anche in caso di bisogni significativi. Un attacco della Lega,
questo, che arriva proprio nel corso di una crisi pandemica che ha
pesantemente condizionato la vita generale e in un momento in cui
dovrebbe essere chiaro ormai a tutt* l’importanza fondamentale del
lavoro di cura e riproduttivo svolto storicamente dalle donne. Siamo
stat* a casa e ci siamo pres*, infatti, cura le une (e gli uni) delle
altr* anche per sopperire alle difficoltà di un sistema sanitario
ridotto sul lastrico dalle scelte politiche precedenti, neoliberiste e
di privatizzazione, soprattutto nelle regioni caratterizzate
maggiormente dalle giunte leghiste, ma non solo. Siamo state a casa e il
lavoro femminile e femminilizzato si è amplificato a dismisura: non
solo nelle cucine, ma nei dispositivi smartphone del telelavoro,
nell’aiuto e nel sostegno a figl* confinat* a casa.
Molte donne sono
rimaste “a casa”, nella “casa patriarcale” e per questo hanno subito in
quelle mura nascoste ancora di più violenze psicologiche, fisiche,
economiche.
Nonostante siano diminuite le denunce delle violenze, le
aggressioni e i femminicidi sono in questi mesi aumentate. Il momento
fase due si annuncia ancora più drammatico, perché molt* hanno perso
lavoro, perché il reddito è insufficiente, perchè le disuguaglianze sono
aumentate: d’altra parte dovremmo aver imparato che la riproduzione
della vita si basa su valori comuni come mutualismo e solidarietà e non
su competizione, merci, imprenditorialità. Invece in questo preciso
momento la “ripartenza” sembra di nuovo decollare sulle spalle del
lavoro riproduttivo e invisibilizzato delle donne.
Un filo nero lega
l’attacco fascista alla determinazione delle donne su RU in Umbria, e
l’incuria con cui lo stesso governo ha posto scarsa attenzione e
soprattutto scarsi finanziamenti al welfare, a partire ad esempio dalla
questione scuola.
Ma anche a proposito della sanità chiediamo con forza
il rifinanziamento della medicina territoriale e dei consultori (dove si
dovrebbe garantire l’IVG e la gratuità dei mezzi contraccettivi) che da
anni ormai sono trascurati e vedono ridotte funzioni e personale,
mentre dovrebbero essere ripensati per affrontare nuovi bisogni e
desideri riguardo a salute e sessualità.
La ripartenza ha di fatto
delineato ancora una volta una dicotomia tra il “mondo ritenuto
produttivo delle imprese” e il “mondo della riproduzione e del welfare”.
Abbiamo sentito la cantilena che è necessario che la produzione
riparta, e solo in seconda battuta che dovevano riattivarsi i cosiddetti
“servizi” (magari meglio privati o privatizzati).
Come femministe
riteniamo che il welfare, la riproduzione, il lavoro di cura siano
centrali per la vita e che non siano un “servizio” subalterno a quella
che viene definita dal patriarcato la “produzione”.
Non faremo un passo
indietro, per questo né di fronte al governo fascista della Tesei, né di
fronte ad alcun governo.
La libertà delle donne è per noi
imprescindibile: essa si costruisce materialmente insieme rivendicando
diritti per la salute riproduttiva, una casa non patriarcale per tutte,
welfare e reddito.
NON UNA DI MENO Perugia
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