30/04/22

Il rapporto di ActionAid non può che confermare la condizione di super sfruttamento, quasi schiavitù, delle donne nella campagne del sud, soprattutto delle immigrate

METTERE FINE A QUESTA BARBARIE SENZA FINE!
ORGENIZZIAMOCI PER RIBELLARCI!

Il rapporto è realizzato intervistando e incontrando 119 donne rumene e bulgare al lavoro in Puglia, Basilicata e Calabria.
Catalina, una delle tante rumene al lavoro nelle campagne della Basilicata racconta: «Guadagno trentotto euro al giorno. Chi riesce lavora senza interruzioni, dal lunedì alla domenica. Gli uomini ricevono due euro in più all’ora perché hanno compiti più pesanti. Stamattina mi sono alzata presto, cominciamo alle sei: prepariamo il terreno per piantare le fragole, lo concimiamo. Devo stare sempre piegata e adesso che sono incinta è faticoso. Mi sento sfiancata, però sono obbligata ad andarci, ho bisogno di soldi». Ma non soltanto le braccianti.
... le molestie sessuali, i ricatti, le paghe da fame, le liste nere dei caporali sono un fenomeno radicato anche nell’Arco Ionico, l’area che comprende le provincie di Matera, Taranto e Cosenza. Qui sono le donne a essere richieste per garantire maggiore cura per le stagioni di raccolta e lavorazione della frutta più delicata.
«Sono le donne – sostiene Action Aid - soprattutto le straniere originarie della Romania e Bulgaria, a vedere violati i propri diritti più elementari. Le operaie agricole regolari sono 22.702, 16.801 italiane e 5.901 straniere, di cui il 76 per cento è costituito da comunitarie, soprattutto rumene e bulgare. Un altro elemento che peggiora la vita di queste lavoratrici è la disparità salariale con gli uomini. Nelle campagne le donne arrivano a guadagnare anche solo 25/28 euro al giorno mentre gli uomini ne ricevono 40. Non solo, ma i datori di lavoro scorretti dichiarano in busta paga un numero inferiore di giornate rispetto a quelle lavorate e ciò impedisce alle donne di accedere alle indennità di infortunio, malattia, disoccupazione agricola e anche a quella di maternità».
L’altro aspetto, non secondario, è legato alle molestie. «Nel barese, da anni va avanti un metodo collaudato. La mattina, quando nelle piazze arrivano i furgoni per portare le operaie agricole nei campi, la “prescelta” viene fatta salire davanti, nello spazio accanto al guidatore. Sul cruscotto vengono messi un cornetto e un caffè caldo, comprati al bar. Mangiare la colazione significa accettare l’avances sessuale e, quindi, ottenere l’ingaggio. Rifiutando, invece, il giorno dopo si viene lasciate a casa», spiega Annarita Del Vecchio, psicologa e collaboratrice di ActionAid in Puglia. «Le donne in agricoltura subiscono violenza e molestie sui luoghi di lavoro, sui mezzi di trasporto che le conducono sui campi, nelle serre, nei magazzini o nelle fabbriche di confezionamento, negli alloggi messi a disposizione dai datori di lavoro».
«I caporali si telefonano l’uno con l’altro per segnalare le piantagrane. C’è uno scambio di manodopera e quindi di informazioni. Il sistema è sofisticato: ad esempio, quando finisce la stagione dei mandaranci e inizia la semina delle fragole, i caporali organizzano i trasporti fino alla Basilicata. Vengono preferite le donne perché sono più prostrate e obbligate a sopportare con rassegnazione», spiega Maurizio Alfano, ricercatore ed esperto Immigrazione anche per la Regione Calabria. 
Un altro problema riguarda la maternità e la gestione dei figli, soprattutto se sono piccoli. «Le operaie agricole non possono più essere escluse o lasciate ai margini degli interventi delle istituzioni, ad oggi attuati senza una chiara prospettiva di genere. Continuare a farlo significa non mettere fine deliberatamente alle violazioni dei diritti e alle violenze che subiscono», spiega Grazia Moschetti, responsabile dei progetti ActionAid nell’Arco Ionico. Ad Adelfia, in provincia di Bari, come esito del Patto di collaborazione.

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