In questi mesi governo e padroni si sono scagliati contro noi donne e la nostra vita in modo sempre più pesante, pressante, affiancati attivamente dalla Chiesa con le sue crociate clerico/fasciste, ma nello stesso tempo questi mesi hanno anche visto in diverse forme tante donne, lavoratrici, precarie, operaie, studentesse scendere in campo a protestare e lottare.
E’ sempre più chiara sotto i nostri occhi l’impellenza e la necessità di una ripresa a tutto campo della lotta di noi donne contro una condizione complessiva che rapidamente diventa sempre più insopportabile, e soprattutto per le donne più sfruttate e disagiate.
Anche il dibattito che ha caratterizzato l’incontro nazionale del tavolo 4 “Lavoro/precarietà/reddito” del 24 gennaio scorso a Roma, ha messo in evidenza come non si può avere una visione ristretta sugli attacchi alle condizioni economiche delle donne, perché ogni attacco, come si è scritto nel resoconto dell’incontro, “significa più oppressione, più subordinazione, più attacchi ideologici, più legittimazione di un clima da moderno medioevo – vera fonte delle violenze sessuali – aumento della condizione di oppressione familiare, una famiglia che in questo sistema capitalista diventa sempre più da un lato strumento di ammortizzatore sociale dall’altro strumento di controllo e normatività, e per questo principale luogo di violenza e di assassini contro le donne”
Da ciò la necessità di una lotta che intrecciando la questione di genere alla questione di classe non è “economica” ma complessiva contro un attacco alle nostre condizioni di vita che è a 360°, una lotta su tutti gli aspetti che affermi il protagonismo dirompente e indipendente delle donne.
Da ciò la proposta e l’appello allo “sciopero delle donne” come risposta forte e generale alla guerra generale che vogliono scatenare contro di noi, per unire sempre più donne alla lotta, quelle donne “di tutti i giorni”, la maggioranza, da conquistare e coinvolgere con il lavoro quotidiano nelle diverse realtà e ambiti.
Ma su tutto questo c’è oggi chi non solo non vuole vedere e chiude gli occhi ma sta lavorando per una nuova incursione tra le donne in nome della conciliazione e “normalizzazione” della lotta.
Ci riferiamo all’appello alle donne messo in rete da Lea Melandri dal titolo “ Sessismo: la violenza che tutti evitano di nominare”
E’ di fresca memoria l’assemblea nazionale che si svolse a Roma dopo la grande manifestazione contro la violenza sulle donne: lì tra i tanti interventi la stessa Melandri disse di essere “uscita” da un’organizzazione come “Usciamo dal Silenzio” perché la radicalità della manifestazione del 24 novembre e il grande protagonismo in essa delle donne le aveva “aperto gli occhi”.
Oggi infatti che si fa? Si lancia un “nuovo” appello alle donne che di fronte alla necessità di trovare “un’adeguata analisi critica e misure preventive minimamente efficaci” per affrontare la questione della violenza non fa altro che riproporre come soluzione il confronto e l’interlocuzione addirittura “con tutti gli schieramenti politici e dei singoli che si candidano per ruoli istituzionali in Italia e in Europa” ai quali viene nuovamente richiesto un “occhio di riguardo” per i bisogni delle donne e per le politiche e la cultura “di genere”.
Ma quando mai abbiamo visto “schieramenti politici o singoli candidati…” fare una battaglia reale, concreta, visibile, men che meno “minimamente efficace” contro le politiche clerico/fasciste? Abbiamo sentito in proposito soltanto proclami di programmi tanto altisonanti quanto vuoti nelle campagne elettorali riempiti poi da fatti che si sono rivelati l’esatto contrario dei veri bisogni e interesse delle donne.
Invece di denunciare tutto questo e riprendere e rilanciare le iniziative di lotta, con questo appello di fatto si tenta nuovamente di frenare il sempre più necessario percorso di lotta delle donne, la nuova possibile mobilitazione delle donne cercando di rinchiuderle nuovamente in un recinto filo istituzionale al servizio dei propri obiettivi elettorali.
Non, quindi, una risposta di lotta, ma una nuova e nefasta incursione tra le donne spinte ad affidare, in nome di un necessario “cambiamento culturale” per contrastare la violenza, la propria lotta “a tutte le donne impegnate in un ruolo istituzionale” alle quali si chiede di “proporre, seguire, curare a ogni livello le misure necessarie a questa improrogabile svolta di civiltà”
Nella realtà quotidiana la maggioranza delle donne resta subalterna all'uomo e oppressa due volte. L'uguaglianza tra uomo e donna in questa società capitalistica è una mistificazione, la sua base economica che trova nella donna una forza lavoro di riserva e un mero strumento per la riproduzione della forza-lavoro stessa determina il reale ruolo delle donne nell'attuale società che si basa sull'oppressione della gran massa delle donne, che o non lavorano o lavorano per farsi sfruttare due volte, al lavoro e in famiglia e che sono le prime a pagare in questa fase di acuta crisi globale.
Nessun cambiamento culturale, proposto e auspicato nell’appello per mezzo di provvedimenti legislativi e amministrativi, potrà realizzarsi senza una reale trasformazione della società in cui viviamo.
mfpr palermo
E’ sempre più chiara sotto i nostri occhi l’impellenza e la necessità di una ripresa a tutto campo della lotta di noi donne contro una condizione complessiva che rapidamente diventa sempre più insopportabile, e soprattutto per le donne più sfruttate e disagiate.
Anche il dibattito che ha caratterizzato l’incontro nazionale del tavolo 4 “Lavoro/precarietà/reddito” del 24 gennaio scorso a Roma, ha messo in evidenza come non si può avere una visione ristretta sugli attacchi alle condizioni economiche delle donne, perché ogni attacco, come si è scritto nel resoconto dell’incontro, “significa più oppressione, più subordinazione, più attacchi ideologici, più legittimazione di un clima da moderno medioevo – vera fonte delle violenze sessuali – aumento della condizione di oppressione familiare, una famiglia che in questo sistema capitalista diventa sempre più da un lato strumento di ammortizzatore sociale dall’altro strumento di controllo e normatività, e per questo principale luogo di violenza e di assassini contro le donne”
Da ciò la necessità di una lotta che intrecciando la questione di genere alla questione di classe non è “economica” ma complessiva contro un attacco alle nostre condizioni di vita che è a 360°, una lotta su tutti gli aspetti che affermi il protagonismo dirompente e indipendente delle donne.
Da ciò la proposta e l’appello allo “sciopero delle donne” come risposta forte e generale alla guerra generale che vogliono scatenare contro di noi, per unire sempre più donne alla lotta, quelle donne “di tutti i giorni”, la maggioranza, da conquistare e coinvolgere con il lavoro quotidiano nelle diverse realtà e ambiti.
Ma su tutto questo c’è oggi chi non solo non vuole vedere e chiude gli occhi ma sta lavorando per una nuova incursione tra le donne in nome della conciliazione e “normalizzazione” della lotta.
Ci riferiamo all’appello alle donne messo in rete da Lea Melandri dal titolo “ Sessismo: la violenza che tutti evitano di nominare”
E’ di fresca memoria l’assemblea nazionale che si svolse a Roma dopo la grande manifestazione contro la violenza sulle donne: lì tra i tanti interventi la stessa Melandri disse di essere “uscita” da un’organizzazione come “Usciamo dal Silenzio” perché la radicalità della manifestazione del 24 novembre e il grande protagonismo in essa delle donne le aveva “aperto gli occhi”.
Ma capita anche che la vista torni ad annebbiarsi!
Oggi infatti che si fa? Si lancia un “nuovo” appello alle donne che di fronte alla necessità di trovare “un’adeguata analisi critica e misure preventive minimamente efficaci” per affrontare la questione della violenza non fa altro che riproporre come soluzione il confronto e l’interlocuzione addirittura “con tutti gli schieramenti politici e dei singoli che si candidano per ruoli istituzionali in Italia e in Europa” ai quali viene nuovamente richiesto un “occhio di riguardo” per i bisogni delle donne e per le politiche e la cultura “di genere”.
Ma quando mai abbiamo visto “schieramenti politici o singoli candidati…” fare una battaglia reale, concreta, visibile, men che meno “minimamente efficace” contro le politiche clerico/fasciste? Abbiamo sentito in proposito soltanto proclami di programmi tanto altisonanti quanto vuoti nelle campagne elettorali riempiti poi da fatti che si sono rivelati l’esatto contrario dei veri bisogni e interesse delle donne.
Invece di denunciare tutto questo e riprendere e rilanciare le iniziative di lotta, con questo appello di fatto si tenta nuovamente di frenare il sempre più necessario percorso di lotta delle donne, la nuova possibile mobilitazione delle donne cercando di rinchiuderle nuovamente in un recinto filo istituzionale al servizio dei propri obiettivi elettorali.
Non, quindi, una risposta di lotta, ma una nuova e nefasta incursione tra le donne spinte ad affidare, in nome di un necessario “cambiamento culturale” per contrastare la violenza, la propria lotta “a tutte le donne impegnate in un ruolo istituzionale” alle quali si chiede di “proporre, seguire, curare a ogni livello le misure necessarie a questa improrogabile svolta di civiltà”
- Si parla di “programma di educazione/formazione”, ma chi dovrebbe metterlo in pratica, la Gelmini forse con la sua scuola medievale/reazionaria?
- Si dice di fare “campagne di sensibilizzazione”, e chi se ne dovrebbe occupare forse i Comuni che permettono le pubblicità all'insegna della cultura maschilista e di istigazione allo stupro?
- Si propone la promozione di “ azioni in positivo per le uguaglianze di genere nei vari campi del vivere associato da rispettare rigorosamente…” dovrebbero forse darci una mano il Ministero delle pari opportunità della Carfagna o dall’altra parte la ministra ombra Vittoria Franco che dà il suo assenso al nuovo potenziale pesante attacco alla vita delle donne relativo alla proposta di allungamento dell’età pensionabile ?
Nella realtà quotidiana la maggioranza delle donne resta subalterna all'uomo e oppressa due volte. L'uguaglianza tra uomo e donna in questa società capitalistica è una mistificazione, la sua base economica che trova nella donna una forza lavoro di riserva e un mero strumento per la riproduzione della forza-lavoro stessa determina il reale ruolo delle donne nell'attuale società che si basa sull'oppressione della gran massa delle donne, che o non lavorano o lavorano per farsi sfruttare due volte, al lavoro e in famiglia e che sono le prime a pagare in questa fase di acuta crisi globale.
Nessun cambiamento culturale, proposto e auspicato nell’appello per mezzo di provvedimenti legislativi e amministrativi, potrà realizzarsi senza una reale trasformazione della società in cui viviamo.
E’tutta la nostra vita che deve cambiare!
Nessuna delega alla politica dei palazzi ma lotta e protagonismo delle donne in prima linea!
Nessuna delega alla politica dei palazzi ma lotta e protagonismo delle donne in prima linea!
PER UNO SCIOPERO DELLE DONNE VERSO L'8 MARZO!
mfpr palermo
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