04/02/09

VERSO LO SCIOPERO DELLE DONNE


Una lettera al tavolo 4


Ciao sono Luisa da Bologna,

volevo solo aggiungere alcune considerazioni. Le donne non sono fuori dall’organizzazione del lavoro.

Bisogna però che riconosciamo che la divisione sessuale del lavoro nasce prima della divisione di classi e che l’organizzazione capitalistica ha usufruito e utilizzato ai propri fini quella divisone del lavoro. Non si capisce altrimenti perché in tutte le società industriali avanzate la famiglia mononucleare ha preso il sopravvento. Proprio perché il lavoro delle donne, quello non retribuito, quello di riproduzione sociale degli individui, degli spazi etc. è considerato gratuito e quindi non ricompreso nella definizione del salario. Se infatti consideriamo il salario come quel reddito minimo per la riproduzione dei lavoratori (oggi forse neanche quello) vediamo quanto il lavoro gratuito delle donne è considerato nelle nostre economie. Quale sarebbe il salario se tutti (non a caso uso il maschile) gli individui dovessero riprodursi ricorrendo alle lavanderie, alle mense ed ai ristoranti, ad agenzie esterne per i rapporti con le istituzioni, a collaboratrici domestiche per la cura delle proprie case?

Ne sanno qualcosa nelle grandi città del Giappone, dove nel giro di pochi decenni si è passati dalla famiglia allargata alla famiglia mononucleare, proprio perché più utile ed efficiente al modello di produzione capitalistica, all’organizzazione industriale del lavoro.

Ma non solo. Le donne grazie ai movimenti femministi , sono entrate nel mondo del lavoro senza però, poter ricontrattare le regole. Quelle regole dell’organizzazione del lavoro che si basavano e si basano essenzialmente sulla figura del maschio, bianco e riprodotto.

Questo ha portato le donne ad attuare diverse strategie:
  • La riduzione delle nascite,
  • La contrazione del lavoro di cura
  • La richiesta del part-time
  • La ricerca di un lavoro nella Pubblica AmministrazioneGiustifica
Certo si sono avute negli anni delle leggi di tutela, la maternità i permessi per motivi familiari etc, ma proprio quelle leggi, se non nel Pubblico impiego e nelle aziende con una forte presenza sindacale si sono ritorte contro le donne. La lettera di dimissioni in bianco all’atto dell’assunzione, la preferenza data agli uomini nelle assunzioni, la precarizzazione del lavoro, le assunzioni delle donne a parità di mansioni a uno e due livelli inferiori, la mancanza di opportunità di avanzamento professionale e di formazione.

La percentuale di donne assunte oggi in Italia è del 46 – 47% e le donne che si affacciano al mercato del lavoro sono poco più del 50%.

Tutto questo ha prodotto ad esempio che i tempi di lavoro complessivi delle donne (retribuito e non) si siano dilatati enormemente lasciando alle donne poco o nessun tempo per sé. L’Italia, da un indagine ormai datata (1998) era al secondo posto al mondo per tempi di lavoro complessivi delle donne e l’Emilia Romagna era al primo posto in Italia. Non è un caso che sia l’Emilia dove il tasso di occupazione delle donne è al primo posto in Italia.

Oggi ci ritroviamo che anziché modificare l’organizzazione ed i tempi del lavoro retribuito ed aumentare ed ampliare il welfare per permettere alle donne che lavorano pari dignità e reddito si attacchino sempre di più quelle leggi di tutela e si tagli sempre di più lo stato sociale

Possiamo credo affermare che i vari provvedimenti di legge (età pensionabile, nuovo modello contrattuale, libro verde sul welfare, scuola etc) non comportano le stesse ricadute per uomini e donne proprio per quel lavoro di riproduzione a cui accennavo.

I provvedimenti del ministro Brunetta e della Gelmini: l’allungamento delle fasce di reperibilità in caso di malattia, la negazione del tempo prolungato, l’allungamento dell’età pensionabile, la riforma pensionistica, il nuovo modello contrattuale sono solo gli ultimi esempi di una condizione lavorativa delle donne sempre più faticosa e affannosa.

Credo quindi che abbiamo molto da chiedere all’organizzazione del lavoro perché smetta di non considerare il lavoro riproduttivo sia per reddito che per tempo di lavoro.

Mi scuso per la lunghezza del messaggio e ricordo che non abbiamo neanche accennato al contratto delle lavoratrici domestiche, alla riproduzione sessuale degli uomini, al lavoro delle donne immigrate chiuse all’interno delle nostre case spesso senza neanche il diritto di esistere e spesso vittime di molestie sessuali se non violenza.

Ho scritto di getto questi appunti, mi scuso per le imprecisioni e per l’eventuale grossezza espressiva, ma sono al lavoro e tocca lavorare.

Ciao

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