22/10/08

DONNE CONTRO L'ILVA DI PADRON RIVA

Margherita Pillinnini, lavoratrice dell'Ilva di Taranto il 6 maggio per varie ore ha tenuto testa agli avvocati dell'azienda e di un sindacalista della Uilm nel processo contro il suo licenziamento e il mobbing che sta subendo da anni, smascherando le vere ragioni della persecuzione nei suoi confronti: far fuori una lavoratrice che con altre sue compagne di lavoro anni fa aveva denunciato un alto dirigente dell'Ilva per molestie sessuali, maltrattamenti, fino ad una violenza sessuale verso un'altra lavoratrice – punta di iceberg di un atteggiamento offensivo, persecutorio più generale tenuto dai capi verso le donne,impiegate in Ilva; in quell'occasione le lavoratrici dello slai cobas e del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario avevano fatto una grossa campagna di mobilitazione che aveva portato ad una vittoria: per la prima volta uno dei massimi capi, vicino a Riva, veniva licenziato, processato e condannato.
Questo non era evidentemente andato giù all'azienda. Tra l'altro Margherita era una delle lavoratrice che, insieme a 79 lavoratori, nel '98 era stata messa in un reparto confino (la famigerata Palazzina Laf), perchè non volevano assoggettarsi ai diktat di padron Riva; ma i lavoratori anche allora si erano ribellati e avevano fatto condannare Riva dopo un lungo, duro e memorabile processo.
In tutte queste vicende era anche venuto chiaro il ruolo squallido, complice, di copertura della politica dell'Ilva, dei capi violentatori del sindacato confederale e in particolare proprio della Uilm.
Margherita era rientrata a testa alta in fabbrica al suo posto di lavoro.
L'azienda a questo punto ha cercato di portare avanti un piano per incastrare Margherita e farla di nuovo fuori. Il dirigente del personale dell'Ilva, Biagiotti e un sindacalista della Uilm, Oliva, hanno indotto con promesse un giovane operaio parente del sindacalista a firmare una dichiarazione contro Margherita sostenendo che lei gli avrebbe chiesto 1000 euro per modificare il suo contratto da tempo determinato a T.I.
Ma la determinazione di Margherita, che nel processo si è costituita parte civile, sta facendo crollare anche questa manovra, lo stesso operaio ora ammette che ha ricevuto pressioni per firmare quella dichiarazione e di averlo fatto per le promesse dategli di un posto di lavoro sicuro. Ora, appuntamento alla nuova udienza del 28 ottobre.

Una donna di un quartiere di Taranto, ammalatasi di leucemia nel 2006, ha querelato Riva, perchè l'Ilva con la sua micidiale produzione di diossina, pm 10 e pcb è la causa della sua malattia.
Per la prima volta, una donna sta sfidando sia l'Ilva dimostrando il legame diretto tra cancro e leucemie e il mortale inquinamento ambientale della fabbrica , sia la magistratura che in un primo momento aveva chiesto l'archiviazione del procedimento penale
Sono tante le donne di Taranto che pur non lavorando in Ilva si sono ammalate, sono morte nel silenzio per effetto delle micidiali sostanze emesse nell'aria in ogni momento della giornata dalla fabbrica, per il pulviscolo di minerale, carbone che copre i quartieri vicino all'Ilva, che copre i corpi, che entra nei polmoni, per aver lavato in passato le tute di amianto dei loro mariti, ecc.
L'Ilva di padron Riva, che aumenta i suoi profitti ogni anno, ma che dichiara di non poter spendere un centesimo neanche per infossare le montagnette di carbone, ha il primato nazionale di morti e di tumori, soprattutto dei bambini.
Queste donne che non esistono neanche nei dati dei morti provocati dall'Ilva, oggi trovano finalmente chi le dà voce, e nei giorni scorsi ha ottenuto una prima vittoria, il processo a padron Riva si fa!

E poi ci sono Franca, Vita, Patrizia, le grandi donne che hanno trasformato il loro dolore per la morte per infortunio del loro marito (Antonino Mingolla, Silvio Murri), del loro figlio (Paolo Franco) in rabbia, forza, combattività.
Non hanno accettato che ancora una volta omicidi per il profitto seguissero la routine burocratica di processi silenti che facilmente vanno in prescrizione o che al massimo finiscono con la condanna di qualche capetto.
Hanno respinto con sdegno anche offerte di denaro fatte dall'azienda per metterle a tacere.
Hanno cambiato la loro vita – e non è stato facile - per mantenere “vivi” sempre i loro mariti, i loro figli, e si sono trasformate, sono diventate forti, coraggiose, per amore e per ribellione, per volontà di giustizia, sono uscite dalle case e ora parlano nelle assemblee, viaggiano, mettono sotto pressione i giudici, ecc.
Insieme allo slai cobas e ad altri familiari hanno formato l'Associazione “12 Giugno” (anniversario della morte di due giovani operai, Paolo e Pasquale, in Ilva). In questa Associazione, nei processi che si stanno tenendo anche in questi giorni, portano una diversità: nessun personalismo, nessun atteggiamento questuante verso le istituzioni (anch'esse complici di quanto succede in Ilva); ma la forza, la possibilità, la rappresentanza di fatto di tutte le altre donne, mogli, madri, sorelle, figlie di operai morti; ma la dignità e la sfida verso padron Riva e le istituzioni.
Queste donne non vogliono neanche essere delle figure cristallizzate di mogli, madri di cui ogni tanto i giornali, le televisioni si ricordano e danno la parola, ma essere donne vive - Franca una volta ha detto: basta a parlare di come è morto mio marito, voglio parlare di cosa dobbiamo fare ora!. LORO, SONO DONNE BELLE!

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario – TA. 11.5.08

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