29/12/15

DOPO LA MARCIA DELLE DONNE DEL MFPR ALLA SATA DI MELFI - UNA STUDENTESSA CI SCRIVE... "Cosa accade davvero in fabbrica?"

Dopo il nostro intervento l'11 dicembre alla Fca Sata di Melfi – prima tappa della marcia delle lavoratrici del Movimento femminista proletario rivoluzionario – una studentessa ci ha scritto:

...Sto portando avanti delle ricerche per la mia tesi di laurea sulla Fca di Melfi, su come la riorganizzazione del processo produttivo tramite introduzione del Wcm ed Ergo Uas abbia influito sulle condizioni di lavoro. Se le aspettative di miglioramento della qualità del lavoro e dell'ergonomia delle postazioni nonché il paventato coinvolgimento dell'operaio fiero di dare un suo attivo contributo, abbiano avuto risultato, riscontro nella realtà o siano solo il risultato di un'ampia pubblicistica manageriale atta ad occultare un'intensificazione dello sfruttamento.
Vorrei capire cosa accade davvero in fabbrica, secondo la letteratura manageriale, ogni gerarchia dovrebbe essere annullata...
Ovviamente da altri riscontri si deduce l'esatto contrario. Sto cercando di capire di più.
So che l'11 vi siete incontrate a Melfi con le operaie Fca. Vorrei chiedervi se possibile quali sono le criticità più dibattute, i malumori.
Mi hanno detto operaie di Melfi che puntate molto su una protesta da far partire proprio da Melfi, come stabilimento simbolo, ma perchè più sotto i riflettori, giusto, dato che è l'unico a ciclo continuo?...”

Cerchiamo di rispondere sinteticamente, anche se c'è molto da dire.

In generale alla Fca-Sata di Melfi si costruisce una fabbrica in cui conta solo il padrone e il suo profitto, e gli operai vengono quasi obbligati a privarsi di diritti e libertà sindacali che non siano compatibili con i piani e gli interessi di Marchionne. Turnazioni, salari, condizioni di lavoro e sicurezza vengono stabiliti nell'esclusivo interesse del mercato e per estrarre il massimo profitto.
Dignità e condizioni dei lavoratori non contano nulla.
Una fabbrica in cui gli operai e le operaie si devono sentire 'fortunati e felici' di lavorare perchè i profitti del padrone vadano bene.
Una fabbrica la cui l'organizzazione del lavoro Ergo-Uas, WCM, ha lo scopo di estorcere il massimo sfruttamento e la riduzione dell'operaio a un'appendice della macchina produttiva.
Una fabbrica laboratorio delle leggi del Jobs act del governo Renzi, per trasformarla nella fabbrica modello dei licenziamenti individuali e collettivi senza articolo 18.
Una fabbrica in cui in cambio di assunzioni precarie si afferma un lavoro senza diritti, stabilità e sicurezza per tutti. Una fabbrica in cui i giovani sono assunti come carne fresca da sfruttare a minimi costi.
Una fabbrica in cui le donne operaie sperimentano l'unica “parità” che i capitalisti sono in grado di dare, quella di essere ugualmente sfruttate ma doppiamente penalizzate come operaie e come donne, nel corpo, nella dignità, nelle condizioni di lavoro e di vita.
Una fabbrica in cui gli scioperi sono “disciplinati” dall'azienda. Lo sciopero può essere indetto solo se approvato dalla maggioranza dei delegati di fabbrica. A chi non la rispetta si sospendono pro tempore i diritti sindacali.
Una fabbrica in cui di fatto è vanificata la contrattazione aziendale, perchè c'è “la possibilità automatica, laddove ce ne fosse bisogno, di aumentare o cambiare i turni settimanali senza alcuna contrattazione. Quindi l'azienda potrà manovrare meglio sulla contrattazione individuale anche del singolo dipendente. Si dice: “In fabbrica ci sarà meno gerarchia”, ma questo vuol dire solo che la gerarchia è una sola, quella di Marchionne.

Quindi, alle tue domande: “Se le aspettative di miglioramento della qualità del lavoro e dell'ergonomia delle postazioni, nonché il paventato coinvolgimento dell'operaio fiero di dare un suo attivo contributo, abbiano avuto risultato, riscontro nella realtà o siano solo il risultato di un'ampia pubblicistica manageriale atta ad occultare un'intensificazione dello sfruttamento”, la risposta è decisamente NO per la prima, e SI per la seconda: c'è una intensificazione scientifica dello sfruttamento degli operaie e delle operaie!

Il Sistema Ergo Uas e WCM (vedi approfondimento a fine articolo) è fino in fondo oggi scienza del capitale. Apparentemente presentata asettica, volta anzi a mettere in relazione il lavoro con il rispetto delle possibilità del corpo dell'operaio, quindi una disciplina che studierebbe una migliore integrazione tra lavoro umano, macchina e ambiente di lavoro, finalizzata, quindi, al maggior rendimento del lavoro stesso e al rispetto dell'operaio; in realtà essa è finalizzata unicamente ad analizzare ogni parte del corpo, quasi ogni muscolo, ogni nervo, ogni movimento delle braccia, delle gambe, del torace, ecc., sia singolarmente che nelle loro relazioni, per spremere da essi il massimo di utilizzo, di sfruttamento, per raggiungere il limite massimo, per spingerlo all'estremo...
Quindi, si potrebbe dire, il massimo sviluppo delle forze produttive corrisponde nel sistema del capitale al massimo uso dell'operaio come appendice delle macchine; si può dire che alla massima divisione del lavoro corrisponde una massima divisione dello stesso operaio.

La condizione degli operai della Sata già pesante anni fa con il sistema del TMC, sta diventando sempre più dura.
La questione pesantissima delle pause, dei turni ne è l'esempio più chiaro.
Gli operai sono soprattutto stanchi fisicamente. Alle ridotte pause (in cui non c'è tempo neanche per andare nei bagni, perchè posti anche lontano), si aggiunge l'intensità del lavoro (nel reparto verniciatura si è passati da 170 pezzi a più di 500 pezzi), la pretesa del lavoro anche nel pomeriggio della domenica, ecc. Dopo alcune ore di lavoro – dicono gli operai - ci si sente già esauriti.

Per le operaie gli effetti sono più pesanti, più complessi e più generali (vedi inchiesta a fine articolo)

A Melfi si sta sperimentando la fabbrica sempre in produzione. Gli operai sono la carne per farla andare, per quattro soldi, a ritmi impossibili, lavorando sempre, vivendo per lavorare, senza più riposi di sabato e domenica, le turnazioni sono programmate in modo tale da utilizzare consecutivamente la forza lavoro senza soluzione di continuità e gli operai avranno riposi infrasettimanali di due giorni durante l’arco della settimana, arrivando ad avere in alcuni casi un solo un giorno tra un turno e l’altro.
Nel nuovo sistema retributivo anche il salario viene sempre più calcolato sulla base dell'efficienza produttiva dello stabilimento, parametrato all'indice raggiunto del sistema Wcm.
E' una sorta di neo automatismo salariale realizzato direttamente dall'azienda, che oscilla tra un valore medio del 5% del salario base e, in caso di over performance, e un massimo del 7,2%. Sostanzialmente una sorta di “scala mobile” di efficienza e produttività e Wcm, a totale misura degli obiettivi e degli interessi dell'azienda.

La campagna, quasi ideologica, portata avanti da Marchionne tra gli operai e soprattutto tra le operaie che stanno da anni e anni, e dove “il più sano” ha quanto meno una tendinite, ecc., non sta, nella maggioranza degli operai, ottenendo i risultati di coinvolgimento voluti dall'azienda. Timore, paura, sì, c'è; a volte speranza (ma nel momento in cui lo dicono già sembra che neanche loro ci credano) che questa intensificazione del lavoro, questa fatica duri solo per un certo periodo, finchè Marchionne raggiunga i suoi obiettivi economici, e che dopo finisca; c'è a volte rassegnazione. Ma in generale si tratta di una rassegnazione rabbiosa, del tipo: "Ma è possibile che...".

Tra i giovani, dopo le prime illusioni, ora molti vorrebbero andarsene. Non ce la fanno. Si confidano di nascosto con gli operai e operaie “anziani”. Molti hanno iniziato con entusiasmo, altri con rassegnazione: ma ora anche loro fanno i conti con la fatica e non sono pochi quelli che hanno già abbandonato la fabbrica. E cominciano a voler capire come è veramente la situazione.

Potremmo dire che gli operai si vanno dividendo in tre fasce, una “destra”, minoritaria nei fatti, che segue i sindacati di Marchionne e affida al padrone, ad essi e a Renzi il futuro del proprio lavoro e della propria vita; un centro rappresentato da operai che non sono d'accordo con quello che succede, non si uniscono ai sindacalisti partecipativi (come dicono loro stessi), sentono tutto il peso dello sfruttamento e della dittatura che esiste in fabbrica ma non hanno ancora la forza di ribellarsi e soprattutto non vedono come farlo; e una sinistra che denuncia la situazione e cercano di ribellarsi – questo, come si vede, soprattutto le operaie.
Per questo, noi diciamo che le operaie possono essere il “tallone di Achille” di Marchionne.

Per questo vogliamo che parta dalle operaie della Fca Sata il nuovo sciopero delle donne. Che non è una “protesta”, ma molto di più.
Proprio dalla condizione delle operaie di Melfi – ma anche dalla condizione delle lavoratrici più sfruttate, discriminate e oppresse negli altri settori, vedi le braccianti donne sono colpite, non solo in alcuni aspetti della loro vita, ma a 360° gradi! Non ne possiamo più! E hanno non una ma mille catene da spezzare.
Quindi, uno "sciopero delle donne", costruendo dal basso una nuova piattaforma contro padroni e governo, contro i doppi attacchi che le lavoratrici sia come classe che come donne; e in cui le operaie, le lavoratrici più sfruttate e oppresse prendono in mano la loro condizione, siano le protagoniste, non solo le partecipanti della lotta sindacale. In questo modo lo sciopero delle donne diventa anche una rottura nell'andazzo del movimento sindacale, e pone anche tra gli operai la necessità di un cambiamento.
Uno sciopero delle donne visto come una marcia, che abbia una sua prima realizzazione intorno all'8 marzo, ma che vada avanti e si estenda, trasformando ogni scintilla in nuovi fuochi, uno sciopero a "macchia di leopardo", che colleghi via via i vari fuochi e rafforzi nelle iniziative la rete diretta tra le varie realtà delle lavoratrici.

COSA E' E QUALI EFFETTI HA SUGLI OPERAI IL
SISTEMA ERGO-UAS E WCM.

ERGO-UAS è un sistema di progettazione e misurazione del lavoro pensato per la 
definizione di tempi di lavorazione manuale che:
– analizza e definisce la sequenza di movimenti necessari per eseguire un compito lavorativo utilizzando un set di movimenti base di riferimento (prendere e piazzare, azionare, maneggiare un attrezzo ecc.) di cui è noto un tempo standard di riferimento predeterminato;
– misura il livello di stress fisico (carico biomeccanico) causato dai movimenti richiesti;
– incrementa i tempi per compiere i movimenti e genera pause per il lavoratore in base al livello di fatica.
ERGO-UAS misura e controlla la fatica del lavoratore, ossia il carico biomeccanico sul sistema muscolo scheletrico tendineo.
Il sistema operativo WCM (World Class Manufacturing) affronta le problematiche, siano esse manutentive, logistiche, qualitative, di sicurezza, organizzative, di organizzazione del posto di lavoro, sulle base della loro incidenza economica. Le attività sono orientate alla realizzazione di progetti i cui obiettivi sono: zero difetti, zero guasti, zero incidenti e zero scorte, finalizzate ad una generale riduzione dei costi dello stabilimento.
La ricerca del miglioramento continuo della produttività e dell’eccellenza operativa, rappresentata dal sistema operativo WCM , impone di concentrare le azioni dell’operaio sulle attività che trasformino il prodotto piuttosto che sulle azioni accessorie. Queste ultime hanno infatti il solo scopo di creare le condizioni per eseguire le azioni produttive. Le cosiddette attività a non valore aggiunto sono per lo più rappresentate dagli spostamenti del corpo per raggiungere i componenti da assemblare o gli attrezzi, da controlli estetici o verifiche funzionali, da attività gestionali (letture documenti e istruzioni) e così via. Tutte azioni di cui l’azienda farebbe volentieri a meno perché costano ma non trasformano il prodotto .
La parola World Class Manufacturing per gli operai della Sata è quasi un incubo. È un piano che prevede una organizzazione della fabbrica partendo da due aspetti: “Just in time” ed il coinvolgimento degli operai. Contestualmente il piano prevede anche una sensibile riduzione dei “fattori di riposo”, ovvero la zona pause (come detto) e il tempo per la mensa. L’obiettivo del piano è ridurre al minimo le scorte di magazzino, lavorando quindi “in time” e allineando la produzione alla richiesta di mercato. Ma è anche un piano per controllare ritardi, errori e situazioni sgradevoli in tempo reale su ogni punto della linea.
Ne deriva un sistema dalla flessibilità non prevedibile, con gli operai stessi che devono risolvere eventuali problemi. In quest’ottica quindi lavorare di squadra, come un pit-stop, nelle fasi di costruzione delle auto è fondamentale per ridurre a zero i tempi morti.

Grazie al “sistema migliorativo Ergo Uas” - racconta un'operaia - tutto il materiale ci arriva direttamente in postazione su carrellini trainati dai robot automatizzati che spesso perdono pezzi per strada o si fermano e non vogliono saperne di ripartire. Loro non sentono le minacce dei capi, decidono di non lavorare più e così è se vi pare. Le operazioni sono tutte cronometrate e le postazioni saturate; in teoria dovremmo star ferme ad assemblare comodamente tutto ciò che ci arriva ma in realtà si cammina, anzi, si insegue la linea e ci si “imbarca”, ossia ci si allontana sempre di più dai confini della postazione disegnati sul pavimento. Basta un qualunque imprevisto, una vite sfilettata o un semplice starnuto, per rendere spasmodica la risalita”. 

PERCHE’ ERGO-UAS
Per il capitale, in un contesto competitivo come quello dell’auto (ma il ragionamento è valido per quasi tutti i settori) è fondamentale utilizzare un sistema di definizione dei tempi di lavoro che sia solido e trasparente. Solido perché deve essere oggettivamente collegato alle azioni richieste al lavoratore: data una certa azione infatti ne consegue un tempo di esecuzione certo ed equo. Trasparente perché il tempo di esecuzione complessivo è frutto di aggregazioni di fasi di lavoro di cui è noto il singolo tempo di esecuzione. Questo tempo a sua volta è frutto di aggregazioni sottostanti (operazioni, sotto-operazioni ecc.) fino a raggiungere la più piccola unità in cui il lavoro può essere scomposto: il movimento elementare.
Il metodo Ergo Uas consente di spingere al massimo la cadenza della linea e di ridurre le pause fino al massimo consentito dalla fisiologia umana.
Da un’inchiesta della FIOM basata su interviste realizzate con 100.000 operai, risulta che il 68% degli intervistati lamenta movimenti ripetuti delle braccia e delle mani, mentre il 32% (ma la percentuale sale al 44% tra gli operai di 3° livello) lamenta posizioni disagiate che provocano dolore. Soprattutto, il 40% degli intervistati, 47% tra le donne, ritiene che la propria salute sia stata compromessa dalla condizione di lavoro. Alla Sata già con i precedenti sistemi (TMC – TMC2) le operaie hanno subito pesanti conseguenze sull'apparato riproduttivo, disfunzioni, interruzioni del ciclo mestruale, problemi durante le gravidanze.
Teoricamente la metodologia ERGO-UAS dovrebbe consentire di valutare il rischio da sovraccarico biomeccanico di tutto il corpo, mediante un sistema molto sofisticato, in modo da definire il tempo esatto che una certa funzione richiede e il tempo di riposo necessario per evitare di pesare sulla salute degli operai.
In realtà tale metodo ha il solo obiettivo di far lavorare di più gli operai, riducendo i tempi morti o quelle operazioni “a non valore aggiunto”, pesando alla fine moltissimo sulla salute.

Il sistema Ergo Uas introduce una maggiore scientificità rispetto al sistema Tmc2: l’oggetto e lo scopo sono sempre quelli: come e quanto la Fiat deve far lavorare gli operai per aumentare la produttività; tradotto in termini poveri: fino a quando e fino a quanto si può spremere un operaio perché garantisca il massimo del pluslavoro, senza morirvi. Col sistema Ergo Uas viene stabilito un rapporto tra la misurazione dei tempi alla catena di montaggio e l’effetto che movimenti, sforzi e posizioni provocano sulla struttura muscolo-scheletrica. Sulla base di questo sistema verranno calcolati i tempi di pausa: “più alto sarà il carico in riferimento ad una determinata operazione, più lungo sarà il recupero o il tempo necessario per compierla”.
Anche volendo accettare il rapporto tra misurazione dei tempi di lavorazione ed effetti sulla salute, i tempi di pausa dovrebbero già essere piuttosto aumentati che ridotti – visto che il più “sano” degli operai alla Fiat Sata soffre già almeno di un problema muscolo-scheletrico, che 2000 operai hanno subito danni fisici irreversibili e 300 sono con Ridotte Capacità Lavorative a causa dei ritmi e carichi di lavoro. Invece le pause vengono ridotte a prescindere!
Il risultato, quindi, dell’applicazione dell’Ergo Uas non è affatto una maggiore attenzione del rapporto tra metrica del lavoro e effetti sulla salute dei lavoratori – come viene presentato dalla Fiat - ma un aumento dei ritmi produttivi e un aumento dell’attacco alla salute.

Su cosa cambia con l’Ergo Uas rispetto al recente passato, il direttore, Gabriele Caragnano, dell’Ami, dove si studiano e approntano i sistemi per definire i tempi standard di esecuzione di una lavorazione, spiega: “Il sistema precedente aveva una conoscenza limitata di ergonomia. La maggiorazione, ad esempio, veniva applicata a ogni singolo movimento, il che impediva di conoscere le sequenze di determinate azioni. Con Uas (Universal Analyzing System) si utilizzano aggregazioni di movimenti elementari pre-determinati per descrivere sequenze di operazioni”. “Per semplificare con un’immagine è la differenza che passa tra un’azione fotografata e un’azione filmata. E’ chiaramente più facile determinare il ritmo, e la relativa incidenza e tolleranza del carico di lavoro, passando da un’analisi “a scatto” a una dei flussi. La nuova tecnica ha però bisogno dello strumento che predetermini il livello di carico massimo per le più importanti aggregazioni di movimenti”, posture, movimenti degli arti superiori, ecc. Quindi, “attraverso una scala di punteggi che va da 0 a 50 e un semaforo verde, giallo e rosso, si misurerà il carico e i tempi di pausa”.
Ma considerando il carico solo sui movimenti aggregati, di fatto si guardano solo le posizioni più disagiate che sono le meno frequenti e non la fatica dei singoli movimenti e quindi viene fuori solo una riduzione di ognuna delle pause e nel totale.

LE INCHIESTE DELLA LAVORATRICI MFPR SULLE
OPERAIE DI MELFI

Vi è stata una prima inchiesta fatta attraverso un questionario, compilato soprattutto davanti ai cancelli della Fiat, in cui viene fuori che per le donne gli effetti del sistema lavorativo alla Sata – chiamato allora TMC2 e oggi diventato Ergo Uas - sono più pesanti e generali, con danni sia fisici che psichici.
Le donne, a causa dell’organizzazione del lavoro e dei ritmi lavorativi, subiscono disturbi del ciclo mestruale che talvolta sparisce per mesi.
Le operaie accusano una “indescrivibile stanchezza”. non solo fisica ma anche mentale.
Molte operaie dichiarano di soffrire di mal di testa sempre più frequenti quando stanno al lavoro.
I ritmi di lavoro poi incidono inevitabilmente sull’insieme della condizione di vita, in quanto le donne non possono riposare dopo il turno lavorativo, perché a casa devono ricominciare con le faccende domestiche, i figli, ecc.
Tante hanno accusato di sentirsi sempre sull’orlo dell’esaurimento nervoso, di sentirsi già vecchie, nonostante siano tutte di età giovane, di uscire dalla fabbrica esaurite senza voglia di fare altro.
Alcune hanno detto che, nonostante il disagio di lavorare di notte, preferiscono questo turno perché almeno c’é di meno l’assillo del controllo e della presenza dei capi e si sentono più tranquille.

IL QUESTIONARIO:

- descrivi una tua giornata di lavoro;
- descrivi le mansioni che fai, i movimenti che fai;
- descrivi la postazione in cui lavori, i macchinari, impianti, attrezzature su cui operi;
- da quanti anni stai nella stessa postazione e fai gli stessi movimenti;
- per quante ore devi assumere la stessa posizione;
- fai movimenti ripetitivi, fai sforzi ripetuti, quali;
- negli anni sono aumentati i ritmi di velocità delle linee;
- hai problemi di disturbo del ciclo mestruale o legati alla maternità, causati
dal lavoro, e, in particolare da: sforzo fisico, ripetitività dei movimenti,
postazioni non normali di parti del corpo, intensità di ritmi lavorativi,
tensione nervosa, o altro;
- qual’è il turno lavorativo più pesante;
- quando vai a casa, dopo il lavoro, che fai;
- hai un aiuto in casa da tuo marito, da tuo compagno.

Il nuovo sistema degli orari, la riduzione delle pause, la nuova metrica e la turnistica determinano un notevole peggioramento dei carichi di lavoro e dell’affaticamento sulle linee di produzione.
L’organizzazione degli orari e dei turni, insieme all’intensificazione dei ritmi di lavoro, sovraccarico di lavoro, straordinario anche di sabato e domenica, sottrae tempo al riposo, al tempo libero, al tempo in famiglia.
"Loro - hanno detto delle operaie Fiat Sata - non sanno cosa significa catena di montaggio.
Sulle pause ridotte, dicono: "che cosa sono 10 minuti di pausa in meno...", ma quando, come alla Sata, i bagni stanno a inizio e fine del reparto, per chi sta in mezzo ci vogliono 10 minuti solo per arrivarci! E per le donne? Chi ha il ciclo mestruale come deve fare?".
Quando si avvicina la pausa c’è il conto alla rovescia dei minuti e scherzando ci chiediamo cosa riusciremo a fare in quei 10 minuti: andiamo al bagno, fumiamo o mangiamo qualcosa? Magari potremmo fare la fila davanti al bagno mangiando il panino, nella peggiore delle ipotesi almeno una cosa l’avremo fatta! I bagni sono pochi rispetto al numero delle persone, così anche i distributori di caffè e merende circondati da sei o sette sedie – pochissime – a creare una piccola area relax; le file sono lunghe e il caffè conviene dividerlo con uno o due colleghi. Abbiamo chiesto più bagni o qualche minuto in più di pausa: qualche capo spiritoso ci ha suggerito di non bere per ridurre le esigenze fisiologiche. Chi trascorre la pausa in postazione si appoggia ai cassoni o si siede su una cassettina vuota e, anche se non si potrebbe fare, mangia qualcosa. I primi dieci giorni consecutivi di lavoro sono stati devastanti, avevamo i polsi, i polpastrelli e tutti i muscoli indolenziti. I due giorni di riposo li avremmo dedicati alle faccende di casa, in teoria, ma la stanchezza era tanta e non siamo riuscite a fare tutto...”.
Faccio i turni - racconta una operaia della Fiat di Termoli - di mattina e pomeriggio ma sono del tutto inconciliabili con l'orario spezzato di mio marito. Tutte le mie richieste di cambiare orario sono rimaste inascoltate”.
In una sola linea del 'Montaggio' le macchine sono passate da 276 a 291, ben 15 in più e neanche un operaio in più. Ai motori, per 25 macchine sta solo 1 operaio. E' aumentata la velocità della linea.
L'aumento del carico alla catena di montaggio, si riflette inevitabilmente su tutte le postazioni di lavoro collegate; le due operaie, per esempio che si occupano della preparazione del materiale utilizzato alla catena, devono ora essere più svelte e preparare più pezzi di prima: 30 pezzi in più per due linee.
Ma non c'è solo l'aumento dei carichi e la riduzione dei tempi di lavoro, l'azienda diminuisce anche i lavoratori nelle postazioni. Prima – hanno raccontato le operaie – vi erano 2 operai per tutto il turno, ora restano 2 solo fino alle 18 e poi per le altre 3 ore e mezza vi è una sola persona.
Le operaie e gli operai non ce la fanno già più! La fatica aumenta, le braccia, le gambe, il corpo sono indolenziti già dopo poche ore.

Gli effetti sulla salute dei ritmi e carichi di lavoro si vedono in un semplice dato: “sono aumentati del 50% gli operai con “Ridotte Capacità Lavorative”, un aumento di 300 casi in un solo anno!

A tutto questo si è aggiunta per le operaie la questione delle tute, come una sorta di “goccia che fa traboccare il vaso”. Ma essa è soprattutto espressione di una battaglia di dignità, e quindi ha un senso ideologico, anche tra gli stessi operai.
"La questione della macchiatura della tuta - dice Pina imbrenda operaia Sata e unica delegata Fiom - è cominciata a diventare un problema di tante operaie e quasi quotidiano. Vi erano le operaie che per non uscire con la tuta macchiata rimanevano chiuse nei bagni, poi dovevano chiamare il capo per avere un'altra tuta, questi lo diceva ad un altro, che quando veniva con la tuta cominciava a dire in presenza di tutti: per chi è...? Quindi, tutti sapevano..."

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