BARLETTA: Condannati i responsabili del crollo
Il palazzo crollò il 3 ottobre 2011 a causa dei lavori sulla casa adiacente: da un maresciallo al direttore dei lavori, tutti gli imputati condannati con pene da 4 mesi a 5 anni e mezzo. Nel crollo morirono quattro operaie di un opificio, che lavoravano in nero per pochi euro all'ora, e la figlia 14enne dei datori di lavoro.
MA NON TUTTI SONO STATI CONDANNATI!
Il palazzo crollò il 3 ottobre 2011 a causa dei lavori sulla casa adiacente: da un maresciallo al direttore dei lavori, tutti gli imputati condannati con pene da 4 mesi a 5 anni e mezzo. Nel crollo morirono quattro operaie di un opificio, che lavoravano in nero per pochi euro all'ora, e la figlia 14enne dei datori di lavoro.
MA NON TUTTI SONO STATI CONDANNATI!
IL VOLANTINO di allora del MFPR:
“DOMANI,
QUANDO ANDRANNO VIA DOVRANNO ESSERE BELLE. BELLISSIME. BELLE E FIERE.
INSOMMA DOVRANNO ESSERE DONNE”. ha detto la madre di una
operaia. Perchè questo è un assassinio di donne.
Le
lavoratrici, disoccupate del Movimento Femminista Proletario
Rivoluzionario di Taranto sono a Barletta, per stringersi attorno a
Matilde, Giovanna, Antonella, Tina, e a Maria.
UCCISE
DALLA SPECULAZIONE EDILIZIA DEI PADRONI, DALLA COMPLICITA' E
MENEFREGHISMO DELLE ISTITUZIONI, DAL LAVORO NERO, DAI PROFITTI DELLE
GRANDI AZIENDE, e, come denunciano dei parenti, dai soccorsi lenti.
“Se avessimo continuato a scavare
saremmo riusciti a salvarle. Dopo sono stati troppo lenti”; “Sono
arrivati lì con le loro
giacche e cravatte e ci hanno tenuti oltre le transenne, gridandoci
contro, senza dirci quello che stava accadendo. Ieri c'è stata una
sfilata di gente in cravatta, mentre loro morivano sotto le macerie”.
Anche Vendola - il Presidente di una Regione che è piena di
laboratori tessili a nero, fuori norma - anche lui è arrivato in
cravatta...
Donne operaie costrette a lavorare a
nero, dalle 8 alle 12 ore al giorno per 3,95/4 euro all'ora, per
confezionare maglioni e felpe da padroncini che devono tagliare su
tutto; operaie che devono accontentarsi della miseria per produrre la
ricchezza per la “Grandi marche”, che incassano “l'oro” dal
“fango”, e, come ora, dal sangue...
Donne operaie uccise dal menefreghismo
delle Istituzioni. “Non mi sento di criminalizzare – ha detto il
sindaco Maffei - chi, in un momento di crisi come questo viola la
legge assicurando, però, il lavoro”. Questo sindaco che nonostante
le denunce fatte più volte da alcuni abitanti, aveva detto che non
c'era pericolo...
Donne operaie uccise dalla speculazioni
delle imprese edili, come l'impresa Giannini che aveva demolito la
palazzina adiacente, lasciando da un anno solo ammasso di detriti...
Donne che però come Matilde, Giovanna,
Antonella, Tina, riuscivano a far emergere il bello anche dal “nero”,
con la loro unità, complicità, anche allegria, con la loro
determinazione a resistere...
LA CRONACA DEL FUNERALE DAL RACONTO DELLE LAVORATRICI, DISOCCUPATE DEL MFPR DI TARANTO CHE PARTECIPARONO
“CON
MATILDE, GIOVANNA, ANTONELLA, TINA E MARIA.
LE
NOSTRE VITE VALGONO DI PIÙ DEI VOSTRI AFFARI E COMPLICITÀ”.
Gli atti
della Commissione parlamentare sulla morte della bracciante Paola di S.
Giorgio ora scoprono (!?) come ci si ammazza di lavoro e come si muore
in campagna
Una
delegazione di lavoratrici, disoccupate del Movimento Femminista
Proletario Rivoluzionario da Taranto è andata ieri a Barletta...
Quando siamo arrivate, abbiamo trovato
il primo grosso contrasto: da un lato arrivavano da varie vie nella
piazza A. Moro tanti spezzoni di gente che sembravano quasi dei
cortei, soprattutto gruppi di donne, la maggior parte giovani, tante
ragazze che portavano il loro dolore, calore, rabbia; dall'altra una
piazza resa volutamente ferma, silente dall'intreccio apparati della
Chiesa – tutti presenti ai massimi livelli e che hanno imposto
durante la cerimonia funebre un clima da “sepolcri imbiancati” -
e apparati delle forze dell'ordine.
Da un lato le operaie delle altre
fabbriche tessili... venute con il loro striscione, che
volevano stringersi intorno alle loro compagne uccise e ai loro
familiari, operai di fabbriche che erano usciti prima dal lavoro per
partecipare al funerale, ma anche commercianti che avevano tutti
chiuso per lutto, e poi migliaia e migliaia di persone, sicuramente
più di 10 mila solo nella piazza, ma vi era tante gente anche nelle
strade laterali... da un lato i familiari, i parenti,
le amiche delle 5 donne che esprimevano la loro disperazione, ma
anche, alcuni, la loro denuncia per quelle morti annunciate.
Dall'altra arrivavano quelli in “giacca e cravatta”... complici, o forse di più,
per questi omicidi e giustificatori della “normalità” del lavoro
in quelle condizioni di tutto nero; arrivavano scortati i politici e
rappresentanti delle istituzioni regionali, Vendola, e nazionali,
Carfagna; e uguali a questi sono arrivati anche i segretari sindacali
Bonanni e Camusso, che hanno detto parole scontate. E l'ipocrisia è
andata in scena!...
Intanto, le gerarchie della Chiesa
all'inizio ogni 5 minuti facevano dal palco appelli al “silenzio”,
quasi preoccupati che così non potesse essere.
Ma la stessa preoccupazione aveva la
polizia, ed essa si è subito manifestata verso la nostra delegazione
che aveva aperto in piazza uno striscione che diceva: “CON MATILDE,
GIOVANNA, ANTONELLA, TINA E MARIA. LE NOSTRE VITE VALGONO DI PIÙ DEI
VOSTRI AFFARI E COMPLICITÀ”. Striscione davanti a cui si fermavano
tante persone, donne, e soprattutto le operaie della Vinci Shoes,
operaie di altre fabbriche tessili, delegate sindacali, per parlare,
prendere il nostro volantino/messaggio, rimanere in contatto.
Ma quella scritta, "...le nostre
vite valgono di più dei vostri affari e complicità", guastava
il clima di “silenzio-rassegnazione” imposto; ad un certo punto è
arrivata la polizia che si è accanita sullo striscione, ha provato a
strapparlo e poi a sequestrarlo, cercando anche di portare in
questura una compagna di Taranto. Solo la nostra ferma determinazione
e l'isolamento del dirigente della polizia dalle donne e persone
vicine lo ha impedito...
Con le operaie abbiamo
parlato della necessità, anche di fronte alla morte di Giovanna,
Matilde, Antonella, Tina, Maria – ma c'era stata un'altra morte
pochi giorni fa in Puglia tra le braccianti – dell'unità, della
lotta, di uno “sciopero delle donne”, per dire Basta!, per
sentirci forti, per non accettare questa vita!...
Il momento più emozionante è stato
verso la fine della pomposa, lunga celebrazione religiosa. Un grande, fortissimo applauso di tutta
la piazza ha salutato le bare che andavano via. Ma nello stesso tempo all'applauso si è
unita la ribellione. Striscioni sono calati dai palazzi nella piazza:
da un terrazzo, lo striscione nero “E ora vogliamo la verità!!”;
da un balcone di un altro palazzo: “Muore chi fa il suo dovere per
colpa di chi non ha mai fatto il suo”. I rappresentanti istituzionali sono
stati “accompagnati” alla fine dalle grida di gente comune, dal
minimo “Bella figura che avete fatto”, a frasi molto più pesanti
“Bastardi”, “Assassini”, “Andate in galera”. La rabbia poi si è trasferita da parte
di tanti cittadini sotto il Comune, verso il sindaco che si è
barricato dentro e non ha voluto neanche incontrare una delegazione.
La parola principale era “Dimettetevi”, “i Profitti non valgono
la vita di 5 operaie Dimettetevi” - diceva uno striscione.
Noi prima di tornare a Taranto siamo
andate sul luogo del disastro, vicinissimo a p.zza A. Moro, per
lasciare su quelle maledette pietre il nostro striscione, come
saluto, insieme ai fiori e ai cartelli, e ad altri striscioni.
Un padre ci ha detto: “grazie di
essere venute. Avete fatto una cosa bella!”.
Sulla morte della bracciante Paolo Clemente
Gli atti della Commissione parlamentare sulla morte della bracciante
Paola di S. Giorgio (TA) ora scoprono (!?) come ci si ammazza di lavoro e
come si muore in campagna
Paola Clemente quel giorno era partita alle 3,10, insieme ad altre braccianti, per raggiungere il luogo di lavoro dopo quasi 2 ore e mezza, alle 5,30, facendo un viaggio di 150 Km.
Già durante il viaggio Paola non si sente bene, ma appena arriva deve lavorare. Alle 7,30 ha un malore. Le sue colleghe le prestano i primi soccorsi. Solo tempo dopo arriva un'ambulanza, ma non ha le attrezzature adeguate, quindi si attende una seconda ambulanza. E, intanto, Paola muore! Poteva essere salvata.
Ma dietro vi è soprattutto la tragica "normalità" di essere considerate braccia, corpi che devono lavorare a più non posso;
vi è il nuovo caporalato delle moderne Agenzie interinali, che si comportano esattamente come i caporali, solo con un giro di molti più soldi dato che "manovrano" anche 6000 braccianti, come l'Agenzia Inforgroup di Paola - ma queste Agenzie sono "legali" anche per le Istituzioni...;
vi è l'estrema stanchezza di fare ogni giorno circa 5 ore di viaggio;
vi è la fatica di dover lavorare per ore ed ore in piedi, con le braccia alzate, con una temperatura quest'estate di 40 gradi che diventavano 50 sotto i teloni, respirando i veleni...
Vi sono i grandi padroni che morta una bracciante ne prendono un'altra...
Ma contro tutto questo non sarà certo una commissione parlamentare che serve, ma la ribellione e la lotta delle braccianti!
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