Le operaie della Montello in lotta contro padrone, sindacati collaborazionisti, ma anche verso quei lavoratori che godono di privilegi sulle discriminazioni operate dal padrone verso le donne
"Durate l’epidemia anche noi alla Montello abbiamo lavorato a rischio. Non solo per il lavoro che facciamo, ma perché ci hanno fatto lavorare senza mascherine, addirittura quando andavano al bagno non trovavamo neanche il sapone per lavarci le mani.
Ma adesso il problema è che hanno approfittato del corona virus. Prima lavoravamo 4 giorni a settimana e due di riposo, oggi lavoriamo quando ci chiamano, e dicono che non c’è lavoro. Ma altri lavorano anche due turni al giorno.
Abbiamo fatto scioperi per protesta, perché siamo vicini al cambio appalto e noi vogliamo sapere che cosa succederà del nostro lavoro, se restiamo con questa cooperativa o andremo ad altra cooperativa, non lo sappiamo.
È una situazione davvero grave, ma l’azienda si rifiuta di incontrare i nostri rappresentanti. Per questo oggi abbiamo fatto sciopero.
Alla fine dello sciopero, poi, l’azienda non ha fatto rientrare le lavoratrici che avevano scioperato!
Anche prima del lockdown abbiamo fatto tante lotte. Abbiamo protestato anche contro i sindacati confederali, contro la CGIL.
Perché qualsiasi cosa la cooperativa decide, la CGIL fa un accordo. Nella nostra cooperativa siamo più di 100 iscritti Slai cobas per il sindacato di classe, ma la cooperativa non vuole incontrare il nostro sindacato. Noi vogliano che la cooperativa riconosca il nostro sindacato, gli accordi devono essere fatti con il nostro sindacato, invece li fanno solo con la CGIL che accetta tutto.
Per questo non solo abbiamo fatto sciopero contro la cooperativa ma lo stesso giorno siamo andati a protestare davanti la sede della CGIL per chiedere conto degli accordi che hanno fatto.
Le lavoratrici stanno sotto il terrore dei delegati che le minacciano, se non si accetta l'accordo, di perdere il posto di lavoro.
Il nostro problema alla Montello è iniziato da un pò di mesi e andiamo sempre peggio. Tirano via le persone dai nastri, aumentano la velocità dei nastri e noi lavoriamo il doppio. Ci hanno mandato in cassa integrazione però il lavoro c'è tutti i giorni, non si è mai fermato, però loro dicono che non c'è lavoro e adesso da un mese hanno dato buone uscite per far andare via la gente. Gli uomini invece lavorano anche 12 ore, per loro non c'è covid, non c'è cassintegrazione, c'è solo per noi le donne. Noi siamo disposte anche a fare altri lavori, come lavorare sui muletti, perché la legge non dice che noi non possiamo lavorare sui muletti.
Da tanti anni sono sempre contro noi donne. Da un po' di settimane ho sentito che hanno preso 8 uomini al lavoro, invece da noi che siamo donne hanno licenziato alcune donne con la buonuscita. Ma noi non vogliamo la buonuscita, anche perché sono pochi soldi. Noi vogliamo fare battaglie per le donne! Come ha detto Maria, noi vogliamo imparare a usare il muletto così anche noi possiamo caricare le ceste, se no noi donne perdiamo un lavoro per niente.
Gli uomini fanno 12 ore e fanno anche 7 giorni di lavoro alla settimana. Nel nostro contratto noi lavoriamo sei giorni e due giorni di riposo, adesso il contratto non è cambiato ma da alcune settimane noi lavoriamo quattro giorni, alcune settimane 5 giorni..., ma adesso non c'è più lavoro; invece gli uomini lavorano e a noi ci stanno buttando in strada. Noi dobbiamo lavorare perché dobbiamo mangiare anche con i nostri bambini.
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Sulla questione della contraddizione, a volte anche scontro necessario con i lavoratori maschi sui posti di lavoro, da un lato, il fatto che questo avviene, pone la necessità per noi, anche su questo terreno, di non passarci sopra, non possiamo non tenerne conto solo perché si tratta di compagni di lavoro. Quindi, anche su questo dobbiamo portare la nostra battaglia. E in questo caso è una battaglia sia pratica che ideologica, perché nessuno, neanche il nostro compagno di lavoro, si può permettere di trattare le donne, le lavoratrici in maniera secondaria, in maniera offensiva, fino ad alcuni casi anche di molestie sessuali, di difendere le sue condizioni di lavoro sul peggioramento delle condizioni, sulle discriminazioni o addirittura licenziamento delle donne.
Dall'altro lato, anche questo mostra che “le donne hanno e devono avere una marcia in più”; una marcia in più che viene chiaramente dal fatto che la nostra condizione è 'l'oppressione senz'altro' che raccoglie tutte le oppressioni.
Questa "marcia in più" a volte è necessario anche imporla a partire dei posti di lavoro dove sono in atto evidenti discriminazioni.
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