14/12/20

Gli interventi dalle assemblea donne/lavoratrici del 17 settembre e 19 novembre - 3 - Le lavoratrici in lotta di Palermo: "Nella lotta noi lavoratrici abbiamo una marcia in più..."


Questa pandemia ha colpito ancora di più la nostra condizione di lavoro. Siamo assistenti igienico personale agli studenti disabili nelle scuole statali, perchè ormai rappresentiamo le lavoratrici precarie di tutta la Sicilia che si stanno man mano unendo alla lotta esemplare dello Slai cobas sc  e delle lavoratrici di Palermo.
Noi è da marzo che non lavoriamo più, il lockdown ci ha rinchiuso a casa forzatamente, però nonostante questo abbiamo usato altri mezzi per contrastare i danni che subiamo tutti i giorni.
Il 9 marzo comunque siamo scese in piazza in occasione dello sciopero delle donne. Abbiamo dovuto fare i conti con le restrizioni dei DPCM però abbiamo dato ugualmente un segnale forte e non ci siamo arrese. Siamo tornate poi di nuovo in campo più aperto da giugno. In questo momento viviamo una condizione assurda perché non abbiamo più disoccupazione, non abbiamo percepito ancora mesi di cassa integrazione o fis, e in questo momento siamo disoccupate.
La lotta per il nostro lavoro è una lotta che dura da tantissimi anni e in questo momento è una lotta molto più serrata, la regione Sicilia e quindi il presidente della Regione e i suoi Assessori, hanno deciso di cancellare questo nostro servizio e di trasferirlo illegittimamente ad altre figure che sono già all’interno della scuola tra cui i collaboratori scolastici, una decisione chiaramente solo per mero risparmio che ci danneggia ulteriormente, cioè noi siamo lavoratrici che prestiamo questo servizio da più di 25 anni, ognuna di noi ha famiglia, figli, ci sono donne separate, donne che hanno difficoltà ad andare avanti, un pò come tutte, come in tanti settori. Abbiamo continuato a portare avanti la nostra battaglia all’interno dei palazzi del potere abbiamo fatto varie  manifestazioni, incontri su incontri. Ci sono stati  momenti abbastanza caldi e concitati perché la rabbia è tantissima contro i palazzi del potere che ci vogliono relegare a casa, che ci privano del nostro diritto al lavoro e della nostra dignità di vita. Ma ci fa sempre più forti questa rabbia, noi non ci stiamo e continuiamo a lottare. 
Abbiamo conosciuto tante realtà siciliane di assistenti come noi che si trovano a fare i conti con un lavoro che è già precario. Ma porto un esempio concreto: abbiamo delle lavoratrici di Aci Sant’Antonio, un comune in provincia di Catania, che grazie alla lotta hanno ripreso a lavorare ma solo per per due ore al giorno, cioè due ore al giorno significa portare forse 300 euro al mese a casa che non consentono assolutamente di fare nulla, quindi la precarietà nella precarietà, sì hai un lavoro ma questo non ti consente di vivere in maniera dignitosa.
Tra l’altro l’emergenza covid sta facendo un favore alla Regione perché ci impedisce un pò di muoverci come ci muovevamo solitamente noi, molte lavoratrici che vengono dai paesi non si possono spostare per partecipare attivamente alla lotta. Però questo se da un lato ci ha un poco preoccupate, dall'altro abbiamo trovato comunque il modo per agire lo stesso, poi alla fine la giustezza di quello che facciamo è talmente grande che anche se in un numero più ridotto sicuramente non ci fermiamo.  
Noi siamo pure lavoratrici che abbiamo subito repressione, il 30 ottobre a noi è iniziato il processo per una iniziativa che avevamo messo in campo. Ma anche da questo punto di vista siamo riuscite a trovare la grinta per affrontare questa repressione ingiusta che è uno strumento che la borghesia, i padroni e i governi  utilizzano per intimorirci, per non portare avanti quelle che sono le nostre ragioni in difesa dei nostri diritti. Noi abbiamo detto durante l’iniziativa che abbiamo fatto il 30 ottobre in occasione dell’inizio del processo: se toccano una toccano tutte! Io credo che questo sia un punto sul quale dovremmo trovare la forza, una unione per attivarci tutte insieme e contrastare la repressione, perché fa parte della lotta più generale, è un altro aspetto di questa lotta. A Palermo guardiamo sempre anche alle altre realtà di lavoratrici che vengono represse perché, non bisogna mai guardare solo al proprio orticello, la solidarietà è importantissima. Noi siamo state lavoratrici che in occasione del processo alle lavoratrici dell’Italpizza abbiamo fatto nelle varie città delle iniziative di solidarietà, a Palermo in particolare abbiamo  messo degli striscioni nei vari punti della città, in altre città come Taranto hanno messo dei cartelli al tribunale, a Catania, dove abbiamo partecipato il 3 ottobre alla manifestazione per il processo che c’è stato contro Salvini, abbiamo portato un volantino appunto in solidarietà alle lavoratrici dell’Italpizza.  
...siamo comunque “gocce di uno stesso mare” che sicuramente vede in un contesto più generale tante lavoratrici, precarie represse, perchè lottano per i propri diritti, per la propria dignità, per una vita migliore.
Le donne ancora oggi danno fastidio, non solo ai padroni, ai governi, danno fastidio agli uomini, un poco a tutti in generale, probabilmente perché abbiamo sempre quella marcia in più. E quindi su questo bisogna fare fronte comune. Ci processino pure! La repressione è uno strumento così vile che utilizzano proprio perché ci vogliono fermare
Dobbiamo andare avanti, stiamo andando avanti con forza con determinazione anche se è dura e difficile. Il nostro è un cobas più di donne lo dico per far capire che realmente abbiamo una forza in più nonostante i nostri acciacchi, i problemi di salute, famiglia. In piazza mostriamo sempre quella marcia in più e ci distinguiamo anche dagli uomini, checché se ne dica dei nostri lavoratori, anche con un temperamento non indifferente... 
Il lavoro per noi donne è ancora più importante di qualsiasi altra cosa, perché ci aiuta ad essere più indipendenti e ci può aiutare anche a sganciarci da situazioni familiari pesanti che si possono vivere, è il caso di alcune precarie che lottano. E’ quindi è una lotta doppiamente necessaria anche se difficile... Alcune di noi, infatti, devono lottare doppiamente: mentre alcune si ritrovano a casa familiari, mariti che comprendono la necessità di difendere il posto di lavoro, altre invece si devono scontrare anche con i mariti, con i figli, con chi vive sotto lo stesso tetto, ma anche con altri familiari. A volte quando una parla della lotta magari con orgoglio, perché è un orgoglio lottare per la difesa del posto di lavoro per la difesa dei propri diritti, gli altri quasi quasi ti guardano come per dirti: ma sì, ma dai, ma va “lavati i piatta” - detto proprio in siciliano - perché è come se non comprendessero la necessità di quello che è giusto fare.
Noi abbiamo tutte le ragioni di portare avanti tutta la nostra rabbia, le nostre lotte per affermare i nostri diritti... la solidarietà che abbiamo ricevuto da parte di tutte, di tante lavoratrici precarie ci fortifica, ci fa andare avanti con maggiore forza e ci dà coraggio. 

Nessun commento: