01/12/20

Ricordo di Kozeta - femminista albanese "sindaca" di Albania

Vi sono morti "leggere" e morti che pesano. Questa di Kozeta Noti pesa.
Da Giuseppe, un compagno di Milano, che la ricorda così:



Kozeta Noti era una grande donna albanese, di enorme talento e generosità, figlia di un partigiano comunista (poi dirigente dei primi passi del Partito comunista albanese, poi giornalista di rilievo e indipendente del suo Paese). Kozeta ha attraversato il cambio di Regime prima restando sempre libera e critica verso le storture e l’autoritarismo dell’epoca di Hoxa e poi non cedendo mai al revisionismo anti-comunista e al liquidazionismo storico e sociale della nuova epoca di democrazia capitalista, così come alle sirene di chi voleva imbarcarla come “volto giovane” della nuova politica locale. Per me e per tanti era la “sindaca” dell’Albania per quante persone conosceva e per quanto amore e solidarietà sapeva dare ad ognuna. Non era famosa anche se era nota per il suo lavoro come docente universitaria, come guida turistica e per il suo impegno civile. Un anno fa, in occasione del terremoto in Albania, era in prima linea nelle raccolte umanitarie per gli aiuti di emergenza; ma il suo impegno e aiuto verso chi era in difficoltà era quotidiano e a 360gradi. Chiedete in giro se vi capita di passare dall’Albania.
Aveva studiato in Italia e conosceva perfettamente la lingua italiana; da noi aveva tantissimi amici e della nostra cultura e storia sapeva più di tanti italiani. Ma non ha mai voluto abbandonare Tirana per venire da noi o da qualche altra parte a fare l’immigrata. Al suo Paese era legata da un affetto viscerale, ne conosceva ogni angolo, storie e tradizioni, as
coltare i suoi racconti era sempre un’esperienza incredibile. Come Frida Kalo amava vestirsi con abiti tradizionali forse per omaggiare la sua cultura d’origine ma allo stesso tempo era una donna assolutamente libera e indipendente, una vera femminista non solo di nome e di opinioni ma soprattutto di esempio concreto e di stile di vita. Una donna che in gioventù si era ribellata al moralismo sessuale e di costume del regime di zio Enver (Hoxa) e che dopo aveva respinto l’idea capitalista della femminilità solo come merce o come strumento di affermazione personale. Kozeta era una persona di una generosità a fior di pelle e di un’intelligenza fuori dal comune. Una grande intellettuale modesta, troppo modesta, che amava più stare con il popolo che con i professori, più con i vicini di quartiere che con i parrucconi sulle poltrone importanti, più parlare con la pratica che mostrarsi con le parole, anche se le parole erano il suo pane quotidiano. I suoi studenti la ricordano
come una bravissima pedagoga. Io come una guida turistica eccezionale.
Kozeta era mia amica, una delle migliori, sempre allegra e ironica e tremendamente affettuosa; con lei si parlava di tutto, si passava dal trash ai massimi sistemi, era una popolana nel senso migliore del termine e una filosofa che argomentava sempre a partire dall’esperienza personale e dall’empatia con l’interlocutore. Ascoltare i suoi racconti era un piace
re unico. Lei aveva tantissimi amici perché le piacevano le persone, perché non giudicava, perché sapeva capire al primo colpo chi eri, di chi fidarsi e di chi non fidarsi, sapeva dirti quello che ti serviva in quel momento. Certo a volte era proprio cocciuta e non seguiva quasi mai il buon senso anche quando poteva essere per il suo bene e si trascurava. E tutto questo faceva arrabbiare tanto i suoi affetti più quotidiani.
Kozeta era un cuore grande, aperto a tutti come la sua casa a Tirana dove immancabilmente - come scrive Marco Zappa, un suo amico cantautore Italo-svizzero in una canzone dedicata proprio a lei - “i tuoi amici diventano i miei amici”, dove si ricreava ogni giorno la sua Grande Famiglia e dove ognuno che aveva la fortuna di entrarci ne diventava parte.



Grazie Kozi, mi mancheranno le tue "improvvisate" in Italia, i tuoi arrivi a sorpresa. Ci eravamo promessi che la prossima Pasqua l'avremmo festeggiata insieme a Tirana. Sarà dura tornare in Albania sapendo di non poterti più abbracciare. Buon viaggio sorella, ti voglio tanto bene e piango la tua morte.
Maledetto virus. Maledetto sistema
Giuseppe

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