DALLA DICHIARAZIONE AL
PROCESSO DE L'AQUILA DELLA COMPAGNA DEL MFPR
La compagna del Mfpr ha rifiutato interrogatorio al processo e invece ha depositato, tramite l'Avv. Caterina Calia, una sua dichiarazione (di cui riportiamo stralci).
Caterina Calia ha letto la lettera "incriminata" - che, ricordiamo, diceva che l'Avvocato Valentini dello stupratore/quasi assassino di 'Rosa', Tuccia, non potesse, non dovesse partecipare ad un Convegno nella Casa internazionale delle donne - soffermandosi sui 3 punti considerati oggetto di "diffamazione", insistendo molto sull'aspetto della militarizzazione, della desertificazione del territorio in quel periodo a L'Aquila, sull'atteggiamento predatorio dei militari, sulla conduzione di un processo per stupro che ci riporta indietro di 50 anni, quando oggi ci sono giudici (ed ha fatto riferimento esplicito al processo di Firenze contro i carabinieri stupratori) che se vogliono, possono condurre un processo per stupro senza colpevolizzare e vittimizzare una seconda volta la donna violentata.
L'Mfpr fuori e dentro il
processo, in tutte le udienze, tramite la compagna de L'Aquila
processata, ha sempre detto chiaro che non abbiamo nulla da
cui difenderci e non riconosciamo questo processo a donne, che
hanno espresso solidarietà attiva verso 'Rosa', stuprata
orribilmente e quasi uccisa dall’ex militare Francesco Tuccia.
Vogliamo piuttosto ricordare:
-
L’aumento di stupri e femminicidi, che spesso non trovano giustizia verso le donne, ma anzi, vedono loro sul banco degli imputati
-
Le atrocità commesse sul corpo di Rosa da un militare impiegato nell’operazione “L’Aquila sicura”: un crimine di violenza inaudita, che ha colpito e colpisce tutte le donne
-
Il clima di un processo per stupro, scandito da una linea difensiva tutta tesa a screditare la parte lesa e a negare la consistenza della violenza. Invece di trovare nelle aule di giustizia un clima sereno, 'Rosa' ha continuato ad essere violentata per tutto il processo. Un processo in cui la sua identità e intimità sono state violate una seconda volta, cercando di far apparire lei complice e responsabile delle violenze subite e rivelandone in pubblico la località segreta dove si era rifugiata per cercare di ricostruirsi una vita.
-
Non solo 'Rosa', ma tutte le donne solidali presenti hanno potuto sentire le accuse, le insinuazioni ed esternazioni misogine della difesa dello stupratore
Pertanto
rivendichiamo la piena legittimità della mobilitazione di
solidarietà di tante donne.
Rivendichiamo la
piena legittimità della richiesta alla Casa Internazionale
delle Donne di Roma, di non far intervenire l’avvocato di F.
Tuccia. Una richiesta sostenuta e fatta da tantissime donne e
che ha portato la Casa Internazionale delle Donne di Roma a
revocare l’invito.
Sono, invece, le donne che hanno reclamato un
elementare diritto democratico, imprescindibile delle donne,
ad essere messe sotto processo, nel tentativo di zittirle e
cancellare la solidarietà e la lotta femminista. Sono, con le 3 femministe, le
tante, troppe donne offese, violentate, discriminate,
oppresse, ad essere trascinate sul banco degli imputati per
aver denunciato ed essersi ribellate a queste violenze.
Pensiamo che ben
altro dovrebbe essere giudicato e condannato: le complicità e
coperture verso chi stupra e uccide le donne, quelle parole
indegne, che continuano ad uccidere la stessa vita delle donne
ed uccidono così anche la giustizia.
STRALCI DALLA
DICHIARAZIONE DEPOSITATA DALLA COMPAGNA DEL MFPR
PROCESSATA.
"Dichiaro
Che il giorno 12/11/15 alle ore 2, un giorno
prima dello svolgimento del Convegno in cui si dava ormai per
scontata la presenza dell’avvocato Valentini alla Casa
Internazionale delle donne di Roma, sottoponevo all’attenzione
delle donne iscritte nella mailing list, la lettera oggetto del
presente procedimento. Quella lettera pertanto è stata scritta
di getto, dettata dalla necessità e urgenza di impedire che alla
Casa Internazionale delle Donne di Roma, luogo simbolo del
contrasto alla violenza di genere, entrasse il difensore di
Francesco Tuccia, autore di uno dei più efferati stupri degli
ultimi 10 anni in Italia.
Quella lettera è stata scritta come extrema
ratio, come un grido di rabbia e di dolore, con la spontaneità
con cui si scrive una poesia, ma anche con la consapevolezza che
contro le donne si combatte una guerra, sia pur di bassa
intensità, e che le trincee delle donne vanno difese, con ogni
mezzo necessario.
Ed è con quello stato d’animo che ho scritto
tutto ciò che di quegli anni - dal terremoto al processo Tuccia
- avevo percepito e mi era rimasto dentro, come un tarlo che ti
assilla fin quando non lo fai uscire, come un boccone amaro che
non riesci a mandar giù.
Ed io l’ho fatto uscire e l’ho sputato quel
boccone, in pace con la mia coscienza...
Ma oggi le mie percezioni, la mia coscienza e la
mia rabbia vengono processate, dissezionate, decontestualizzate.
Di quella poesia, del clima generale di un infernale processo
per stupro, si devono riportare solo alcuni versi, sulla
veridicità dei quali sono chiamata a rispondere, chiamando a
raccolta i ricordi di questa brutta storia, prima che diventi
una soap opera di pessima qualità.
Relativamente
alle frasi di cui si contesta contenuto diffamatorio, e in
particolare:
-
Riguardo al periodo - Ora l’Avv. Valentini, che è amico di tutti, doveva correggere il tiro e conquistare quelli più potenti, quelli del braccio armato dello Stato. Così si offrì di difendere gratuitamente lo stupratore avellinese Francesco Tuccia - circa la gratuità del servizio reso a Tuccia;
Dichiaro di
aver desunto tale circostanza dalle dichiarazioni dell’avv. A.
Valentini nel corso dell’udienza di appello a porte aperte, il 6
dicembre 2013. Nel corso della sua arringa l’avv. A. Valentini
più volte sostenne che lo stupratore Francesco Tuccia era di
origini umili, che non poteva permettersi certe spese legali, e
facendo appello alla Corte, chiese di tener conto di questa
condizione nel valutare lo sforzo economico che quella famiglia
di operai avrebbe potuto sostenere;
-
Relativamente al periodo - Ricordo che in aula, alla seconda udienza, l’avvocato Valentini, che è amico di tutti, avvicinò il testimone che salvò Rosa da morte certa per offrirgli una “dritta” per una buona occasione di lavoro lontano da L’Aquila - circa la poca professionalità nell’avvicinare testimoni...
Quel giorno (19
novembre 2012) entrai in aula durante la pausa pranzo, nel
frattempo entrò Valentini, che parlava a voce alta con un altro
uomo. Non ricordo testualmente le sue parole, ma manifestava
preoccupazione circa l’eventuale crisi dell’attività economica
di un locale in seguito all’impatto mediatico che aveva avuto
una certa vicenda e affermò di avere delle conoscenze, tra i
gestori di locali a Pescara, cui poter proporre la prestazione
di vigilanza del personale addetto alla sicurezza nel locale in
questione. Si era nel corso del processo Tuccia e pensai si
riferisse al buttafuori del Guernica.
-
Riguardo al periodo: - Ricordo le minacce di stampo mafioso e fascista indirizzate all’avvocata di “Rosa”, Simona Giannangeli: “Ti passerà la voglia di difendere le donne […] Stai attenta e guardati sempre le spalle, da questo momento questo posto non è più sicuro per te
Preciso che i
riferimenti alle minacce alla Giannangeli stavano in quella
lettera come anche altri passaggi, in cui si denunciava il clima
di insicurezza e di militarizzazione del territorio, che
tuttavia non sono stati oggetto di censura.
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