da www.livesicilia.it su 8 marzo a Palermo
“Siamo solo una goccia nel mare. Ma il mare è fatto di gocce” ha detto qualcuna di loro. Donne di tutte le età sono scese per strada, questa mattina a Palermo, donne che questa festa hanno voluto trasformarla in un’opportunità, di sciopero e di protesta. Poche decine, tra loro anche uomini, ma che non hanno intenzione di rassegnarsi. Lavoratrici delle cooperative sociali, precarie della scuola, disoccupate che vogliono difendere il loro “posto di lavoro” e la loro “dignità”.
Le assistenti igienico-sanitarie, dipendenti di cooperative sociali, che assistono gli alunni disabili nelle scuole della provincia, come la Nido d’Argento, Azione Sociale, MediCare, dopo aver visto il loro contratto passare a tempo determinato, non sanno se l’appalto verrà loro rinnovato l’anno prossimo: “I problemi sono sia relativi ai fondi – spiega Stefania Costa, 37 anni – che alle modifiche che la Provincia, modifiche che neanche noi abbiamo ben capito. Le voci che girano sono quelle di un albo che introdurrebbe anche nuove figure professionali, altri lavoratori” e l’incertezza per la loro posizione dopo 12 anni e mezzo di lavoro: “Ci hanno tirato la terra sotto i piedi” protesta Stefania. Alcune di loro sono divorziate, pagano affitti, mantengono figli.”Mio marito è disabile e non lavora, ma sembra che di persone come lui lo Stato non se ne prenda cura. Noi dobbiamo pagare anche un affitto, mia figlia è all’università” spiega Francesca Armetta, 55 anni, anche lei assistente igienico sanitaria. ”Stiamo puzzando di fame” ha detto Epifania Ippolito, 55 anni, che ancora non riesce a percepire il Tfr dalla cooperativa che ha lasciato qualche tempo fa.
Ma c’è chi il lavoro non lo ha mai avuto, e nonostante le qualificazioni, si trova costretta a vivere con i genitori senza potersi permettere una famiglia: “Nel ‘92 ho preso un attestato come assistente socio-sanitaria al Policlinico, ma non ho mai lavorato. Ho lottato per sette anni si seguito per il posto che mi spettava. Abbiamo ottenuto un’ulteriore qualifica, ma ancora niente, così abbiamo occupato anche la Regione. Su 500, in 320 sono riusciti a entrare”. Lei, Enza Librè, 42 anni, no, ma dice di continuare a sperare: “Abbiamo fatto causa all’assessorato al Lavoro e alla Sanità, perché secondo noi non ci sono state assunzioni regolari. Se pagavamo anche noi – chiosa – entravamo tutti”.
Anche poche giovanissime, come Sabrina, 18 anni, studentessa di Ragioneria, hanno preso parte al corteo: “Penso anche al mio futuro e so che è necessario manifestare tutti insieme”. Spiega di vivere sulla propria pelle l’esperienza della sorella maggiore: “Precaria, molto spesso licenziata, anche con orari estenuanti: diritti zero”.
E ancora, chi uno stipendio ce l’ha ma si sente “umiliata”, perchè non lavora. Regina Milone ha 55 anni ed è un assistente tecnico ex-enti locali: “Eravamo collaboratori scolastici sotto il Comune. Abbiamo fatto un concorso per passare ad assistente tecnico di quarto livello, ma nel 2000 siamo passati allo Stato in terzo livello. Abbiamo fatto causa e siamo nuovamente passati al quarto”. Risultato? “Adesso siamo a scuola senza fare niente, prendiamo stipendio senza lavorare!”. È un crescendo la sua rabbia fino a queste ultime parole. La rabbia di ”persone fantasma” che si sentono “umiliate” e “non apprezzate”. Lei dovrebbe aiutare nella gestione di laboratori, come quelli informatici, ma non ha le qualifiche. ”Lo sanno tutti che nel 2000 Orlando ha voluto trasferirci allo Stato per poter inserire gli Lsu” continua la signora prima di scusarsi per lo sfogo, aggiungendo che ”siamo in molti, ma non hanno più la forza, sono depressi e amareggiati”.
E ancora a scuola, donne che dopo gli ultimi tagli non sanno se il prossimo anno avranno un lavoro. Caterina Lo Iacono da 11 anni ha incarichi annuali nelle segreterie, ma da quest’anno dice di essere nel “buio più totale”: “Dopo i tagli a scuola le segreterie hanno un peso di lavoro eccessivo. Io ho cinquantadue anni, sono vedova e non so se l’anno prossimo sarò richiamata. E come me molti altri”.
Infine le lavoratrici delle Poste Italiane che hanno lavorato solo tre mesi nel 2000 e che da allora chiedono “il posto di lavoro cui abbiamo diritto da contratto”. Qualcuna accanto al marito, è venuta anche solo per esprimere la propria solidarietà: “Ci tenevo che anche lui fosse presente. Io sono a tempo indeterminato, ma vedo a scuola questi ragazzi che vivono doppiamente questo disagio: da una parte la consapevolezza che non ci sarà futuro anche con i meriti, e dall’altra quella delle famiglie, dei loro genitori precari”, spiega Antonella Milici in coda ad un corteo che lei vede “una goccia nell’acqua, in un mare che però è fatto da gocce”.
Il corteo, partito da Piazza Principe di Camporeale si è concluso alla Prefettura: “Chiederemo al prefetto di aprire un tavolo – afferma Donatella Anello, rappresentante sindacale Slai Cobas – con Provincia e Regione per le precarie delle cooperative, con il Provveditorato per le precarie della scuola e chiederemo alla Regione di istituire un fondo sociale minimo esistenziale per le disoccupate”.
“Siamo solo una goccia nel mare. Ma il mare è fatto di gocce” ha detto qualcuna di loro. Donne di tutte le età sono scese per strada, questa mattina a Palermo, donne che questa festa hanno voluto trasformarla in un’opportunità, di sciopero e di protesta. Poche decine, tra loro anche uomini, ma che non hanno intenzione di rassegnarsi. Lavoratrici delle cooperative sociali, precarie della scuola, disoccupate che vogliono difendere il loro “posto di lavoro” e la loro “dignità”.
Le assistenti igienico-sanitarie, dipendenti di cooperative sociali, che assistono gli alunni disabili nelle scuole della provincia, come la Nido d’Argento, Azione Sociale, MediCare, dopo aver visto il loro contratto passare a tempo determinato, non sanno se l’appalto verrà loro rinnovato l’anno prossimo: “I problemi sono sia relativi ai fondi – spiega Stefania Costa, 37 anni – che alle modifiche che la Provincia, modifiche che neanche noi abbiamo ben capito. Le voci che girano sono quelle di un albo che introdurrebbe anche nuove figure professionali, altri lavoratori” e l’incertezza per la loro posizione dopo 12 anni e mezzo di lavoro: “Ci hanno tirato la terra sotto i piedi” protesta Stefania. Alcune di loro sono divorziate, pagano affitti, mantengono figli.”Mio marito è disabile e non lavora, ma sembra che di persone come lui lo Stato non se ne prenda cura. Noi dobbiamo pagare anche un affitto, mia figlia è all’università” spiega Francesca Armetta, 55 anni, anche lei assistente igienico sanitaria. ”Stiamo puzzando di fame” ha detto Epifania Ippolito, 55 anni, che ancora non riesce a percepire il Tfr dalla cooperativa che ha lasciato qualche tempo fa.
Ma c’è chi il lavoro non lo ha mai avuto, e nonostante le qualificazioni, si trova costretta a vivere con i genitori senza potersi permettere una famiglia: “Nel ‘92 ho preso un attestato come assistente socio-sanitaria al Policlinico, ma non ho mai lavorato. Ho lottato per sette anni si seguito per il posto che mi spettava. Abbiamo ottenuto un’ulteriore qualifica, ma ancora niente, così abbiamo occupato anche la Regione. Su 500, in 320 sono riusciti a entrare”. Lei, Enza Librè, 42 anni, no, ma dice di continuare a sperare: “Abbiamo fatto causa all’assessorato al Lavoro e alla Sanità, perché secondo noi non ci sono state assunzioni regolari. Se pagavamo anche noi – chiosa – entravamo tutti”.
Anche poche giovanissime, come Sabrina, 18 anni, studentessa di Ragioneria, hanno preso parte al corteo: “Penso anche al mio futuro e so che è necessario manifestare tutti insieme”. Spiega di vivere sulla propria pelle l’esperienza della sorella maggiore: “Precaria, molto spesso licenziata, anche con orari estenuanti: diritti zero”.
E ancora, chi uno stipendio ce l’ha ma si sente “umiliata”, perchè non lavora. Regina Milone ha 55 anni ed è un assistente tecnico ex-enti locali: “Eravamo collaboratori scolastici sotto il Comune. Abbiamo fatto un concorso per passare ad assistente tecnico di quarto livello, ma nel 2000 siamo passati allo Stato in terzo livello. Abbiamo fatto causa e siamo nuovamente passati al quarto”. Risultato? “Adesso siamo a scuola senza fare niente, prendiamo stipendio senza lavorare!”. È un crescendo la sua rabbia fino a queste ultime parole. La rabbia di ”persone fantasma” che si sentono “umiliate” e “non apprezzate”. Lei dovrebbe aiutare nella gestione di laboratori, come quelli informatici, ma non ha le qualifiche. ”Lo sanno tutti che nel 2000 Orlando ha voluto trasferirci allo Stato per poter inserire gli Lsu” continua la signora prima di scusarsi per lo sfogo, aggiungendo che ”siamo in molti, ma non hanno più la forza, sono depressi e amareggiati”.
E ancora a scuola, donne che dopo gli ultimi tagli non sanno se il prossimo anno avranno un lavoro. Caterina Lo Iacono da 11 anni ha incarichi annuali nelle segreterie, ma da quest’anno dice di essere nel “buio più totale”: “Dopo i tagli a scuola le segreterie hanno un peso di lavoro eccessivo. Io ho cinquantadue anni, sono vedova e non so se l’anno prossimo sarò richiamata. E come me molti altri”.
Infine le lavoratrici delle Poste Italiane che hanno lavorato solo tre mesi nel 2000 e che da allora chiedono “il posto di lavoro cui abbiamo diritto da contratto”. Qualcuna accanto al marito, è venuta anche solo per esprimere la propria solidarietà: “Ci tenevo che anche lui fosse presente. Io sono a tempo indeterminato, ma vedo a scuola questi ragazzi che vivono doppiamente questo disagio: da una parte la consapevolezza che non ci sarà futuro anche con i meriti, e dall’altra quella delle famiglie, dei loro genitori precari”, spiega Antonella Milici in coda ad un corteo che lei vede “una goccia nell’acqua, in un mare che però è fatto da gocce”.
Il corteo, partito da Piazza Principe di Camporeale si è concluso alla Prefettura: “Chiederemo al prefetto di aprire un tavolo – afferma Donatella Anello, rappresentante sindacale Slai Cobas – con Provincia e Regione per le precarie delle cooperative, con il Provveditorato per le precarie della scuola e chiederemo alla Regione di istituire un fondo sociale minimo esistenziale per le disoccupate”.
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