09/03/11

La forza delle donne del maghreb e medioriente

da infoaut.org

"Abbiamo tradotto questo articolo che riteniamo utile per registrare le direzioni delle trasformazioni sociali, politiche e culturali che sono in corso nei paesi arabi in questi giorni di mobilitazioni di massa e di lotte contro i regimi e la crisi. Nascosto e trascurato dalla narrazione del mainstreem occidentale il ruolo della donna nei movimenti arabi assume, come ci spiega questo articolo, la centralità che ha nel creare e organizzare la mobilitazione, e come in Egitto ed in Tunisia avviare processi rivoluzionari. Nella foto Sally Zahran, a 23 anni uccisa dalla polizia egiziana durante le grandi proteste del primo venerdì della collera d’Egitto, il 28 gennaio 2011."

NELLE RIVOLTE IN MAGHREB E MEDIORIENTE LE DONNE EMERGONO COME UNA FORZA CAPACE DI GUIDARE LA RIVOLTA

Pubblicato su Middle East Online da Natacha Yazbeck – Beirut

Decine di migliaia di donne hanno fatto e continuano a far sentire la propria voce nelle proteste in Tunisia, Egitto, Bahrain, Yemen e Libia.

Mentre le rivolte popolari continuano a far tremare i regimi autocratici in tutto il mondo arabo, le donne determinano sia i taboo che gli stereotipi ed emergono come una forza capace di guidare e di continuare le proteste.

“Le donne hanno avuto, e continuano ad avere, un ruolo decisivo nelle rivolte e nelle rivoluzioni nella regione, e ciò che è centrale è che loro sono lì, fisicamente presenti sulle strade, mostrando i propri numeri” dichiara Nadim Houry, ricercatore di rilievo di Human Rights Watch.

“Questo è un segnale che fa ben sperare”, afferma Houry. “Ora dovrebbero rivestire anche un ruolo chiave all’interno delle strutture governative che nasceranno da queste rivoluzioni”.

In t-shirt e jeans, o in abito nero lungo e velo, decine di migliaia di donne hanno fatto sentire la propria voce sulle strade, da Tunisi al Cairo, da Manama a Sanaa, per chiedere riforme in una regione da troppo tempo governata dalle autocrazie.

Ispirate dalla rivolta tunisina che ha rovesciato Zine El Abidine Ben Ali, le donne egiziane si sono riversate in massa a Piazza Tahrir per settimane chiedendo l’espulsione di Hosni Mubarak, che se n’è andato l’11 febbraio dopo 30 anni al potere.

Anche il Bahrain, dove decine di migliaia di persone di maggioranza sciita sono scese in piazza esigendo la caduta della dinastia sunnita Al-Khalifa, è stato testimone di una mobilitazione di massa delle donne, che nei cortei continui divisi per genere hanno formato una marea nera nei propri abiti e veli tradizionali.

Nei paesi conservatori di Yemen e Libia le donne hanno ribaltato le norme sociali, unendosi alle insurrezioni contro Ali Abdullah Saleh e Moamer Gatafi, marciando liberamente per le strade e parlando con i giornalisti e alle telecamere.

“Le donne ricoprono un ruolo decisivo nella regione, dalla Tunisia all’Egitto alla Libia, e rappresentano un elemento cardine nel far scoppiare la rivoluzione in ogni città” dichiara Tawakkul Karman, attivista yemenita che promuove la partecipazione delle donne alle proteste di Sanaa.

“La rivoluzione aspira a rovesciare i regimi, ma è riuscita anche a ribaltare quelle tradizioni arcaiche che per troppo tempo ci hanno imposto che le donne stessero in casa, fuori dalla vita pubblica” afferma Karman.

Ma non è solo sulle strade che le donne hanno fatto sentire la propria voce.

Mentre donne di ogni provenienza si uniscono alle proteste, un pezzo di società giovane e qualificata guarda ai nuovi media e li utilizza per portare il cambiamento nei propri paesi.

Asma Mahfouz, una giovane donna egiziana che sul proprio blog o vlog ha pubblicato un appello alla sollevazione in Egitto riscuotendo enorme successo, è da molti ritenuta una fonte d’ispirazione per le e gli Egiziane/i che si sono ripresi le strade, a dispetto di un regime autarchico che durava da troppo tempo.

“Sto realizzando questo video per lanciare un messaggio: se abbiamo ancora un onore, una dignità in questo paese, dobbiamo scendere in strada il 25 gennaio” afferma l’attivista dal viso fresco con il velo.

“Se sei un uomo, scendi in strada” dice in arabo in un video pubblicato su Youtube il 18 gennaio.

“Chiunque dica che le donne non dovrebbero protestare... dovrebbe essere uomo abbastanza da venire con me il 25 gennaio”.

Voci di dissenso dall’Arabia Saudita, che non ha ancora vissuto proteste di massa, cominciano ad apparire su Facebook e Twitter, molte pubblicate da nickname femminili.

“Esorto le donne saudite ad agire ora. I nostri fratelli sauditi ci hanno tradito perchè sono dei codardi. Dobbiamo agire ora, prima che sia troppo tardi!” si legge in un tweet #SaudiWomenRevolution.

E mentre la futura situazione politica della regione è ancora poco definita, le rivolte rivelano il malcontento rispetto alla struttura politica esistente, così come rispetto a quella sociale - secondo gliesperti.

“Al momento non si può parlare di un movimento di donne separato”, dichiara Munira Fakhro, accademica del Bahrain nonché ex candidata al Parlamento.“Non si tratta di una sollevazione di genere, ma di una sollevazione dell’intera società, di cui le donne sono da lungo tempo parte attiva” dichiara. “L’importanza delle rivolte in Egitto e Libia, ad esempio, non sta solo nel liberarsi del fantoccio, nel costringere il dittatore alle dimissioni: sta nel liberarsi di tutti gli “ismi” che hanno fatto sì che questa regione restasse indietro: dal sessismo al confessionalismo, eccetera”.

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